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  • Date indebita importanza alle creature?
    La Torre di Guardia 1973 | 15 febbraio
    • Il divertimento e l’esercizio sono ottimi al loro giusto posto. L’apostolo Paolo mise le cose nel corretto ordine dicendo: “Addestrati avendo di mira la santa devozione. Poiché l’addestramento corporale è utile per un poco; ma la santa devozione è utile per ogni cosa, giacché ha la promessa della vita d’ora e di quella avvenire”. — 1 Tim. 4:7, 8.

      Possiamo pertanto vedere che le visioni di Ezechiele hanno oggi un’applicazione molto vigorosa. Come alcuni Israeliti furono presi nel laccio, così lo sono molti professanti cristiani. Essendo stati attirati all’adorazione di animali e di altri “idoli di letame”, quegli uomini d’Israele pensavano che ‘Geova non li vedesse’, che non sarebbero stati chiamati a render conto. Oggi, benché i cristiani sappiano che Geova è ‘un Dio che esige esclusiva devozione’ e che ‘non darà la sua gloria a nessun altro, né la sua lode alle immagini scolpite’, alcuni si lasciano indurre a pratiche idolatre. — Isa. 42:8.

      Perciò, il vero cristiano deve stare in guardia contro questa trappola molto insidiosa, “la superbia della vita”, che, dice l’apostolo Giovanni, non viene “dal Padre, ma viene dal mondo”. Cercando la propria gloria o glorificando gli uomini si sarà indotti all’idolatria. Ed è una gloria passeggera. Giovanni dice ancora: “Il mondo passa e la sua concupiscenza pure; mentre chi fa la volontà d’Iddio dura in eterno”. — 1 Giov. 2:16, 17, La Sacra Bibbia di F. Nardoni.

  • Che specie di pentimento reca “stagioni di ristoro”?
    La Torre di Guardia 1973 | 15 febbraio
    • Che specie di pentimento reca “stagioni di ristoro”?

      A una folla radunata nel colonnato di Salomone nel tempio di Gerusalemme, l’apostolo Pietro rivolse l’invito: “Pentitevi, perciò, e convertitevi affinché i vostri peccati siano cancellati, onde vengano dalla persona di Geova stagioni di ristoro”. — Atti 3:11-19.

      Che cosa significò per loro ‘pentirsi e convertirsi’? Come avrebbe portato a “stagioni di ristoro”? E oggi si applica questo a noi?

      CHE COSA SIGNIFICA IL PENTIMENTO

      Nel giorno di Pietro, il popolo giudaico parlava sia ebraico che greco. In entrambe le lingue le parole che contengono l’idea del “pentimento” si riferiscono a un cambiamento, a un cambiamento di pensiero, attitudine o scopo.

      Per esempio, il termine greco me·ta·noeʹo è formato di due parole: me·taʹ, che significa “dopo” e no·eʹo, affine a nous, che significa mente, la disposizione o consapevolezza morale. Quindi me·ta·no·eʹo significa letteralmente ripensamento. Avere un ripensamento vuol dire pensare nuovamente a una cosa, cambiando attitudine. Spesso questo cambiamento è accompagnato o motivato da un sentimento di rammarico, rimorso, insoddisfazione o perfino disgusto per la cosa riguardo a cui abbiamo un ripensamento.

      Ma Pietro non parlava di un comune cambiamento di attitudine. Precedentemente aveva mostrato al suo uditorio che erano complici della morte di Gesù Cristo, che Dio aveva reso “il principale Agente della vita”. Benché avessero agito nell’ignoranza, come i loro governanti, erano sempre colpevoli perché avevano sostenuto e cooperato con quelli che resistevano alla verità, incluse le profezie delle Scritture Ebraiche che predicevano la venuta del Messia.

      Quale specie di “cambiamento” li invitava Pietro a fare? Semplicemente a provare rimorso per la morte di un innocente e decidere di non rendersi mai più responsabili di un simile delitto? Era tutto lì? Niente affatto! Il cambiamento doveva essere così penetrante che li avrebbe fatti ‘convertire’ non solo da un particolare atto malvagio, ma da un intero modo di vivere che era contrario al dichiarato proposito di Dio. Il pentimento doveva farli volgere da quella condotta e far loro seguire un diverso modo di vivere. La loro condotta li allontanava da Dio. Ma ora dovevano volgersi a Dio per mezzo del suo “principale Agente della vita”. Pietro rese ulteriormente chiaro che non ascoltare quel Mandato da Dio significava distruzione, mentre l’ubbidienza al suo messaggio recava benedizioni. Sì, avendo fede in lui quale principale divino Agente della vita potevano cominciare ad avere “stagioni di ristoro” perché ora Dio avrebbe perdonato la loro condotta errata, ‘cancellato’ i loro peccati ed essi sarebbero stati liberati dal peso di una coscienza colpevole. Sarebbero venuti nel favore di Dio, egli avrebbe volto verso di loro la sua faccia con approvazione e li avrebbe benedetti e li avrebbe condotti alla vita eterna. — Atti 3:19-26.

      Qual è dunque il vero scopo del pentimento, come mostra ciò? Quello di stringere la giusta relazione con Dio non solo temporaneamente ma in modo permanente.

      Questo è reso chiaro da ciò che disse un altro apostolo, Paolo, a un uditorio di Atene, non a un uditorio giudaico ma a un uditorio composto di Greci, che adoravano molti dèi e dee.

      RESPONSABILI VERSO IL DATORE DELLA VITA

      Nell’efficace discorso che pronunciò sull’Areopago (o colle di Marte), Paolo additò al suo uditorio di politeisti il solo vero Dio, il Fattore del cielo e della terra. I Greci si vantavano della loro logica e Paolo dimostrò quanto era illogico “immaginare che l’Essere Divino sia simile all’oro o all’argento o alla pietra, simile a qualche cosa di scolpito dall’arte e dall’ingegno dell’uomo”. Quindi dichiarò che, benché Dio avesse permesso per qualche tempo tale errata condotta, tuttavia “ora dice al genere umano che tutti, in ogni luogo, si pentano”. — Atti 17:29, 30.

      Sarebbe quindi bastato che quei Greci si pentissero del loro idolatra uso di statue e della loro adorazione di una grande schiera di divinità? Potevano quindi continuare a vivere la loro vita sotto altri aspetti come prima? No, non era questo che Paolo diceva.

      Egli aveva prima solidamente stabilito la verità che tutto il genere umano deve la vita, e la continuazione della vita, a Dio, la Fonte di tutta la vita. Tutto il genere umano è in debito verso Dio, deve rendergli conto, è responsabile verso di lui. Quale Creatore e Datore della vita, Dio ha il diritto di chiedere che tutte le sue creature servano al suo proposito, vivano in armonia con la sua suprema volontà. Paolo mise in risalto il bisogno che questi Greci considerassero seriamente tale responsabilità dicendo ancora: “Perché [Dio] ha stabilito un giorno in cui si propone di giudicare la terra abitata con giustizia mediante un uomo [Cristo Gesù] che ha costituito, e ne ha fornito garanzia a tutti in quanto lo ha risuscitato dai morti”. — Atti 17:22-31.

      Questa fondamentale verità che riguarda la responsabilità di tutti gli uomini verso il solo vero Dio per la vita che vivono era un nuovo insegnamento per i Greci. Metteva il pentimento in una nuova luce. Theological Dictionary of the New Testament (Vol. IV, pag. 979) lo indica, dichiarando che fra gli antichi Greci il “pentimento” (me·taʹnoi·a) “non fa mai pensare a un’alterazione della completa attitudine morale, a un profondo cambiamento nella direzione della vita, a una conversione che influisce sull’intera condotta”.

      Oh, quei Greci potevano “pentirsi” (me·taʹno·eʹo) di una certa azione, parola, piano o progetto, respingendolo come insoddisfacente o deplorevole. Potevano anche andare davanti alla statua di uno dei loro dèi ed esprimere rimorso a questo riguardo. Ma ora l’apostolo Paolo mostrava loro che dovevano a Dio tutta la loro vita. Erano responsabili verso di lui dell’intero corso della loro vita. Quale profondo cambiamento poteva significare il “pentimento” in considerazione di quell’insegnamento! Se ora cominciavano a ‘cercare Dio’ come Paolo aveva mostrato loro che potevano fare, avrebbero acquistato conoscenza e, alla luce di quella conoscenza, avrebbero riscontrato di aver fatto tante, tante cose contrarie alla volontà e al proposito del vero Dio, il Datore della vita!

      CHE DIRE DI OGGI?

      Non solo i Greci che udivano Paolo, ma “tutti” quelli del genere umano, “in ogni luogo”, avevano e hanno bisogno proprio di questo pentimento. Oggi la maggioranza delle persone, particolarmente nella cristianità, ha l’idea che per il semplice fatto di nascere stringa una relazione con Dio come parte della sua famiglia. Le Scritture mostrano che questa veduta è del tutto priva di valore.

      È vero che tutti iniziano la vita con la relazione di debitori verso Dio, avendo ricevuto la vita da lui, ma non come membri approvati della sua famiglia universale. Come mostra chiaramente l’apostolo Paolo, con il peccato di Adamo tutti i suoi discendenti furono venduti nella schiavitù e vennero a trovarsi sotto il ‘Re’ Peccato e la ‘Regina’ Morte. (Rom. 5:12-14, 21; 7:14) Il genere umano in generale si è allontanato da Dio e ha bisogno di riconciliarsi con Lui. Per questo motivo l’apostolo poté dire delle nazioni gentili, che erano estranee al patto di Dio con Israele, che allora non avevano “nessuna speranza ed [erano] senza Dio nel mondo”. (Efes. 2:11, 12) Mediante il sacrificio propiziatorio di suo Figlio, Cristo Gesù, Dio provvide il mezzo per riconciliare a sé tutti quelli che mostrano fede in quel sacrificio. (Col. 1:19-23) La supplica degli apostoli, quali ambasciatori di Cristo, fu quindi: “Siate riconciliati con Dio”. — 2 Cor. 5:20.

      Quindi, una fondamentale ragione per cui tutti devono pentirsi è che siamo tutti innati peccatori. Una seconda ragione è che, se abbiamo seguito il mondo del genere umano nella sua condotta, allora abbiamo seguito una condotta di opposizione a Dio, per la semplice ragione che il genere umano in generale ha trascurato e perfino combattuto la volontà e i propositi di Dio. Per questo motivo la storia umana è fondamentalmente un deprimente racconto di ripetuti atti di spargimento di sangue, oppressione, ingiustizia e immoralità. Rifiutarsi di vedere, riconoscere e ammettere la propria responsabilità in tutto ciò come volontari membri della comunità mondiale vorrebbe dire cercar di apparire quello che non si è. Come dice l’apostolo Giovanni: “Se facciamo la dichiarazione: ‘Non abbiamo peccato’, lo facciamo bugiardo [Dio] e la sua parola non è in noi”. — 1 Giov. 1:10.

      Anziché cercare di sottrarsi alla responsabilità o giustificarsi, comprendendo la sua vera situazione chi è sincero proverà vero dispiacere e cercherà di riconciliarsi con Dio. Rigetterà decisamente la sua passata condotta, quando si conformava volontariamente al mondo che è nemico di Dio, proverà sentito odio per quella condotta errata e per tutto ciò che è contrario alle giuste norme di Dio. (Giac. 4:4; Sal. 119:104; Rom. 12:9) Veramente pentito, si ‘convertirà’ e dimostrerà tale conversione con “opere degne di pentimento”. (Atti 26:20; Matt. 3:8) Si rivestirà della “nuova personalità che fu creata secondo la volontà di Dio in vera giustizia e lealtà”. — Efes. 4:17-24.

      Oggi, come nei tempi apostolici, il pentimento e la conversione portano a un altro passo, il battesimo. Il battesimo, secondo lo scritto ispirato dell’apostolo Pietro, simboleggia “la richiesta fatta a Dio d’una buona coscienza”. (1 Piet. 3:21) Sì, con esso si chiede formalmente a Dio di concedere di venire in buone relazioni con Lui e di ricevere i benefici di una buona coscienza verso di Lui. Avendo subìto i cattivi effetti della schiavitù al ‘Re’ Peccato in vista della morte, tale persona ora supplica Dio di comprarla come Sua schiava per mezzo del prezzo di riscatto amorevolmente pagato dal Figlio di Dio. — Rom. 6:16-18; 1 Cor. 7:22, 23.

      Avete fatto questo essenziale cambiamento? Riconoscete la vostra responsabilità verso il Datore della vita di vivere in armonia con la sua volontà? Vi sentite spinti a farlo per amore verso di lui e verso la giustizia?

      Ciò richiede che si studi la sua Parola. Dovete ‘aprire gli occhi e gli orecchi’ accettando le verità della Bibbia così che possiate ‘afferrarne il senso con il cuore’. Riguardo a quelli che fanno questo, Geova dice: ‘Io li sanerò’. (Isa. 6:9, 10; Matt. 13:13-15) Così facendo, avrete “stagioni di ristoro” e sarete condotti nelle “vie della piacevolezza” e nei ‘cammini di pace’ avendo una buona coscienza dinanzi a Dio. — Prov. 3:17; 1 Piet. 3:21.

  • Finite quello che cominciate?
    La Torre di Guardia 1973 | 15 febbraio
    • Finite quello che cominciate?

      Fatti utili che i giovani vogliono conoscere

      LA FELICITÀ umana deriva in gran parte dalle cose che facciamo. Chi decide di imparare a suonare uno strumento musicale e persevera finché non ha imparato, ne trae gioia. Chi smette subito dopo aver cominciato non prova mai quella gioia.

      La stessa cosa può dirsi delle arti manuali, lavorazione del legno, falegnameria, meccanica, cucito, o dei lavori di tipo mentale, come imparare una lingua o la matematica. In qualsiasi impresa, compito o lavoro, se lo portate a termine, ne traete soddisfazione e piacere.

      Comunque, quando si tratta di finire ciò che cominciamo, abbiamo tutti certe tendenze che dobbiamo superare o vincere.

      IN CHE COSA CONSISTE IL PROBLEMA

      Per esempio, da bambini, nei nostri

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