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‘I morti in Cristo risusciteranno per primi’La Torre di Guardia 1979 | 15 dicembre
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‘I morti in Cristo risusciteranno per primi’
1. Affinché i morti umani tornino a vivere di nuovo in un qualsiasi luogo, perché è necessaria una risurrezione? Come provvide Dio la base per tale risurrezione?
CHE speranza vi sarebbe mai per i morti del genere umano se non fosse per la risurrezione promessa? La risurrezione dei morti è un’assoluta necessità, dal momento che l’anima umana non è immortale. Per cui alla morte del corpo essa non può entrare in una vita più piena, ad un livello superiore, in un mondo invisibile. (Ezec. 18:4, 20; Isa. 53:12) Perché i morti umani vivano di nuovo in qualche luogo, è necessaria la risurrezione. Per questo Dio ha posto la base che rende possibile questo miracolo a tempo debito. Quando il terzo giorno destò dai morti il Figlio che si era sacrificato, aprì a questo Figlio meritevole la strada per ascendere nuovamente dov’era prima, in cielo. Il Figlio portò con sé il pieno valore espiatorio del suo sacrificio umano. Gesù Cristo non morrà mai più. Ha offerto un unico sacrificio umano per i peccati degli uomini, una volta per sempre. Quindi, allorché viene per la seconda volta, non deve affrontare la morte. — Ebr. 9:28; Rom. 6:9.
2. In che modo I Corinti 15:22, 23 mostra che Dio rispetta un certo ordine nella risurrezione?
2 Geova Dio segue un certo ordine nella risurrezione dei morti. Questo è portato alla nostra attenzione dall’apostolo Paolo, che vide la gloria del risuscitato Gesù e gli parlò. Circa diciott’anni dopo, Paolo scrisse alla congregazione cristiana di Corinto, in Grecia, e fece questa domanda: “Se ora si predica che Cristo è stato destato dai morti, come mai alcuni fra voi dicono che non vi è risurrezione dai morti?” (1 Cor. 15:12) Facendo seguito a questa domanda, Paolo diede la risposta ispirata. Andando avanti egli dice: “Come in Adamo tutti muoiono, così anche nel Cristo tutti saranno resi viventi. Ma ciascuno nel proprio ordine: Cristo la primizia, poi quelli che appartengono al Cristo durante la sua presenza [greco: parousía]”. (1 Cor. 15:22, 23) La risurrezione di Gesù fu dovuta soltanto a Dio.
3. In che modo Gesù divenne “primo” in quanto alla risurrezione?
3 Gesù Cristo fu risuscitato il 16 nisan del 33 E.V., il giorno in cui il sommo sacerdote ebreo offriva le primizie del raccolto dell’orzo. Questo corrisponde esattamente al fatto che Gesù è la “primizia” nella risurrezione dei morti umani. (1 Cor. 15:20) Questo pose Gesù nel primo “ordine”. Come nel caso dell’orzo gli ebrei avevano il resto del raccolto da mietere, così devono esserci altri frutti anche nella risurrezione dei morti. Ma siccome Gesù Cristo è il primo nell’ordine, Paolo lo chiama “il primogenito dai morti, affinché divenga colui che è primo in tutte le cose”. — Col. 1:18.
4. Anche la risurrezione dei primi fra i morti umani doveva attendere l’inizio di quale avvenimento ufficiale, e quando ebbe luogo questo?
4 Con la sua morte di sacrificio, Gesù Cristo ricomprò o redense tutta la famiglia umana che muore “in Adamo”. Quindi, tutti “appartengono al Cristo”. Comunque, anche la risurrezione dei primi fra i morti umani deve attendere che inizi la “presenza” o parusia di Gesù Cristo. Questa presenza ufficiale comincia con la sua seconda venuta. In base al “segno” che Gesù predisse e anche secondo alcuni calcoli cronologici biblici, la sua invisibile “presenza” o parusia cominciò nell’autunno del 1914 E.V. — Matt. 24:3a.
5, 6. In che modo I Tessalonicesi 4:13-17 mostra che Dio rispetta l’“ordine” e il rango nella raccolta di quelli che muoiono “in Adamo”?
5 Geova Dio rispetterà l’“ordine” e il rango nel risuscitare quelli che muoiono “in Adamo” e che vengono raccolti come frutti successivi della risurrezione. L’apostolo Paolo, specialmente per confortare i cristiani del I secolo che avevano perso ‘quelli che si erano addormentati nella morte per mezzo di Gesù’, scrisse:
6 “Questo vi diciamo per la parola di Geova, che noi [cristiani generati dallo spirito] viventi che sopravvivremo alla presenza del Signore non precederemo affatto quelli [cristiani generati dallo spirito] che si saranno addormentati nella morte; perché il Signore stesso scenderà dal cielo con una chiamata di comando [con un forte comando, NIV],b con voce di arcangelo e con tromba di Dio, e quelli che son morti unitamente a Cristo sorgeranno per primi. In seguito noi viventi che sopravvivremo, saremo rapiti insieme con loro nelle nubi per incontrare il Signore nell’aria; e così saremo sempre col Signore”. — 1 Tess. 4:13-17.
7. Di quali particolari morti stava parlando qui Paolo, e in che modo Rivelazione 14:12, 13 indica un tempo speciale per la loro risurrezione?
7 Qui l’apostolo Paolo non sta parlando dei morti del genere umano in generale, ma di “quelli che si sono addormentati nella morte” per mezzo di Cristo, “quelli che son morti unitamente a Cristo”. Nell’ultimo libro della Bibbia l’apostolo Giovanni dice qualcosa in merito al tempo in cui questi cristiani morti vengono destati dal sonno della morte. In Rivelazione 14:12, 13 Giovanni scrive: “‘Qui [in relazione all’organizzazione mondiale per la pace e la sicurezza internazionale] sta la perseveranza dei santi, quelli che osservano i comandamenti di Dio e la fede di Gesù’. E udii una voce dal cielo dire: ‘Scrivi: Felici i morti che da ora in poi muoiono unitamente al Signore. Sì, dice lo spirito, si riposino dalle loro fatiche, poiché le cose che fecero vanno direttamente con loro’”. Ebbene, quando si applica l’espressione “da ora in poi”?
8. Perché l’espressione “da ora in poi” significa durante la presenza del Signore in spirito, e la loro morte pone termine alle loro opere?
8 Alla luce di quanto l’apostolo Paolo scrive in I Tessalonicesi 4:16, 17, dev’essere durante la “presenza” o parusia di Gesù Cristo, non prima che cominci, ma dopo. Anche durante la sua invisibile presenza in spirito ci sarebbero stati sulla terra cristiani generati dallo spirito che sarebbero ‘morti unitamente al Signore’. Questi, morendo durante la sua “presenza”, sono specialmente “felici”. La loro morte nella carne non pone fine alle loro ‘opere’, nemmeno per breve tempo. Perché no? Perché “le cose che fecero vanno direttamente con loro”, o letteralmente, secondo il testo greco, ‘li seguono’.
9. Perché, secondo Rivelazione 14:13, i “santi” che muoiono in quel tempo sono “felici”?
9 Questo richiede un trasferimento di attività, da opere compiute in carne ed ossa sulla terra a opere nello spirito nel reame celeste. Riguardo a quelli che “muoiono unitamente al Signore”, l’apostolo Paolo dice: “Così è anche la risurrezione dei morti È seminato nella corruzione, è destato nell’incorruzione È seminato nel disonore, è destato nella gloria. È seminato nella debolezza, è destato nella potenza. È seminato corpo fisico, è destato corpo spirituale. Se vi è un corpo fisico, ve n’è anche uno spirituale”. (1 Cor. 15:42-44) Quindi questi “felici” risuscitati continuano le loro “fatiche” terrene con opere compiute con un corpo spirituale nel reame spirituale. Non devono dormire nella morte in attesa della presenza di Cristo.
CIÒ CON CUI IL SIGNORE DISCENDE DAL CIELO
10. Con che cosa scende dal cielo il Signore Gesù Cristo al tempo della risurrezione dei suoi discepoli generati dallo spirito?
10 L’apostolo Paolo ci spiega cosa accompagna la discesa spirituale del Signore dal cielo, dicendo: “Noi viventi che sopravvivremo alla presenza [parusia] del Signore non precederemo affatto [in quanto a ricevere una risurrezione in spirito] quelli che si saranno addormentati nella morte; perché il Signore stesso scenderà dal cielo con una chiamata di comando, con voce di arcangelo e con tromba di Dio, e quelli che son morti unitamente a Cristo sorgeranno per primi”. — 1 Tess. 4:15, 16.
11. Chi sente la “chiamata di comando” del Signore Gesù Cristo alla sua discesa dal cielo e gli ubbidisce?
11 Chi ode la “chiamata di comando” con cui il Signore Gesù Cristo scende dalla sua celeste posizione alla destra di Dio? Evidentemente i cristiani generati dallo spirito che fino ad allora sono morti “unitamente al Signore”. Sappiamo che nessun uomo vivente sulla terra ha sentito direttamente la sua voce dalla sua discesa spirituale, cioè da quando ai primi dell’autunno del 1914 cominciò la sua invisibile “presenza” o parusia. Ma i “morti in Cristo” (Versione Riveduta) lo hanno udito e gli hanno ubbidito.
12. (a) Quando comincia quell’“ultimo giorno” di cui Gesù parlò in Giovanni 6:53, 54, e in che modo quei discepoli entrano nella “vita eterna”? (b) Da quale altro “ultimo giorno” questo differisce?
12 Quelli in tal modo risuscitati da Gesù Cristo appartengono ai discepoli riguardo ai quali egli disse: “Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete vita in voi. Chi si nutre della mia carne e beve il mio sangue ha vita eterna [dal momento in cui è destato dai morti], e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”. (Giov. 6:53, 54) In quell’“ultimo giorno”, la sua “chiamata di comando” ha il potere di destare dal sonno della morte i suoi discepoli che hanno condiviso questo speciale privilegio relativo alla sua carne e al suo sangue. Per i discepoli che hanno avuto questo privilegio, l’“ultimo giorno” comincia quando entrano nella “vita eterna” in cielo essendo risuscitati con un “corpo spirituale” come quello di Cristo. Dato che questo “ultimo giorno” si applica alla risurrezione dei fedeli cristiani generati dallo spirito con una speranza celeste, differisce dall’“ultimo giorno” che aveva in mente Marta di Betania, poiché a quel tempo lei non aveva alcuna idea di una risurrezione spirituale in cielo.
13. (a) Di chi è la voce che i “morti in Cristo” sentono e chi è l’“arcangelo”? (b) Quale prova scritturale ne abbiamo?
13 Il glorificato Signore Gesù Cristo scende anche con “voce di arcangelo”. È la sua stessa voce. È lui l’“arcangelo”. Nella parabola delle pecore e dei capri Gesù descrisse se stesso nell’incarico di arcangelo dicendo: “Quando il Figlio dell’uomo sarà venuto nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, sederà quindi sul suo glorioso trono. E tutte le nazioni saranno radunate dinanzi a lui”. (Matt. 25:31, 32) Nella sua condizione preumana in cielo il suo nome era Michele. Non c’è dubbio che è lui quello indicato nella profezia precristiana di Daniele 12:1, 2: “Durante quel tempo sorgerà Michele, il gran principe che sta a favore dei figli del tuo popolo [il popolo di Daniele]. E per certo accadrà un tempo d’angustia tale come non se ne sarà fatto accadere da che ci fu nazione fino a quel tempo. E durante quel tempo il tuo popolo scamperà, chiunque si troverà scritto nel libro. E molti di quelli addormentati nella terra della polvere si sveglieranno, questi alla vita di durata indefinita e quelli ai biasimi e all’aborrimento di durata indefinita”.
14. Qual è il nome dell’arcangelo secondo Rivelazione 12:7, e in che modo Giuda 9 fa riferimento a una precedente contesa che lo implicava?
14 Anche Rivelazione 12:7 mostra che gli angeli sono sottoposti a Michele. dicendo: “Scoppiò la guerra in cielo: Michele e i suoi angeli [non i cristiani generati dallo spirito risuscitati] guerreggiarono”. Inoltre, Giuda 9 lo definisce un arcangelo, dicendo: “L’arcangelo Michele ebbe una controversia col Diavolo e disputava intorno al corpo di Mosè”. Il Diavolo non ottenne il corpo.
15. Come andò a finire per Satana il Diavolo la guerra con l’arcangelo Michele, e può egli impedire la risurrezione dei discepoli di Cristo e la loro ascesa al cielo per essere con Gesù Cristo?
15 Nella millenaria contesa Satana il Diavolo ha sempre perso. Nella guerra in cielo fu sconfitto e sia lui che i suoi angeli demonici furono scagliati nelle vicinanze della terra, mentre l’arcangelo Michele, cioè il Signore Gesù Cristo, e i suoi angeli rimasero vittoriosi nei cieli. Dal momento che il vittorioso Gesù Cristo fa uso della “voce di arcangelo” quando ordina di venir fuori a quelli morti unitamente a Cristo, la sua “chiamata di comando” ha maggiore autorità e un effetto più vigoroso. Lo sconfitto Satana il Diavolo non è così potente da impedire la risurrezione in spirito di quelli morti unitamente a Cristo e non è in grado di impedirne l’ingresso nel reame spirituale né l’ascesa al cielo per essere col vittorioso Gesù Cristo.
16. Perché suona la “tromba di Dio” al tempo della discesa del Signore dal cielo, e chi sono i primi a rispondere?
16 Un’altra cosa che accompagna la discesa di Cristo dal cielo è il suono della “tromba di Dio”. (1 Tess. 4:16) In questo caso la tromba non è un segnale di guerra per raccogliere le truppe onde combattano e uccidano il nemico. Piuttosto, il suono della “tromba di Dio” è pacifico, per radunare il popolo di Geova, come quando al tempo di Mosè si suonavano le due trombe d’argento per radunare le dodici tribù d’Israele. (Num. 10:1-10) Altrove, in I Corinti 15:52, l’apostolo Paolo mette in relazione con la risurrezione dei cristiani morti tale squillante “tromba” per congregare quando dice: “Durante l’ultima tromba. Poiché la tromba suonerà, e i morti saranno destati incorruttibili, e noi saremo mutati”. Chi sono i primi a rispondere a quell’“ultima tromba” quando, come “tromba di Dio”, suona per richiamare in vita i morti? In risposta, I Tessalonicesi 4:16 dice: “E quelli che son morti unitamente a Cristo sorgeranno per primi”.
17. Perché la risurrezione di quelli “morti unitamente a Cristo” non è visibile agli occhi umani?
17 La risurrezione di quelli “morti unitamente a Cristo” non è però visibile agli uomini sulla terra. Perché no? Perché essi sono benedetti con una risurrezione in spirito, essendo ciascuno destato “corpo spirituale”. (1 Cor. 15:44) Siccome gli occhi umani non sono sufficientemente forti da vedere i corpi spirituali, la risurrezione dei “morti in Cristo” è invisibile agli uomini. Ecco perché, dall’inizio della “presenza” o parusia di Cristo dal 1914 in poi, il genere umano non lo ha visto né si è reso conto della risurrezione dei suoi discepoli.
18, 19. (a) Con ciò che disse in I Tessalonicesi 4:17, Paolo intendeva forse che quei cristiani non sarebbero morti prima d’esser “rapiti”? (b) In che senso dunque sono “rapiti”, e con quale corpo ascendono per incontrare “felici” il Signore?
18 L’apostolo Paolo parla di sé come di uno sopravvissuto sulla terra fino a quel felice evento per i cristiani generati dallo spirito, quando dice: “In seguito noi viventi che sopravvivremo, saremo rapiti insieme con loro nelle nubi per incontrare il Signore nell’aria; e così saremo sempre col Signore”. — 1 Tess. 4:17.
19 Con questo l’apostolo Paolo non voleva dire che i cristiani generati dallo spirito come lui non sarebbero morti ma sarebbero stati “rapiti” col corpo umano e tutto il resto nei cieli fra le nubi letterali. Paolo morì. Similmente i cristiani generati dallo spirito che oggi sopravvivono durante la “presenza” o parusia di Cristo devono morire. Come un seme piantato nel suolo, ciascuno di loro dev’essere “seminato corpo fisico” morendo di morte umana. (1 Cor. 15:44) In che senso allora sono ‘rapiti nelle nubi’ insieme con quelli “morti unitamente a Cristo” che furono risuscitati per primi? In questo senso: quando vengono seminati come corpi fisici, non entrano nel sonno della morte. Ricevono istantaneamente una risurrezione spirituale, lasciando il loro corpo umano qui sulla terra ed essendo destati ciascuno “corpo spirituale”. È come corpi spirituali che ascendono per incontrare il loro celeste Signore. Per questi motivi, secondo Rivelazione 14:13, possono ritenersi specialmente “felici”.
20. In quale specie di ‘‘nubi” sono “rapiti” i cristiani che sopravvivono, e ciò a indicare che cosa riguardo alla loro ascensione?
20 Ma cosa significa il fatto che vengono rapiti “nelle nubi”? Le nubi sono sospese in alto nel cielo e denotano altezza. Inoltre, nascondono a noi che siamo sulla terra ciò che è in esse o sopra di loro. I corpi spirituali non hanno bisogno di nubi letterali per essere invisibili a noi. Quindi quelle di I Tessalonicesi 4:17 sono nubi simboliche, che, per così dire, nascondono a chi sta sulla terra il rapimento dei cristiani risorti che vanno ad incontrare il loro elevato Signore. Ricordiamo che il quarantesimo giorno dalla sua risurrezione Gesù Cristo ascese di nuovo al cielo, e durante la sua ascensione “una nube lo nascose alla loro vista [cioè dei discepoli che stavano ad osservare]”. — Atti 1:9.
21. La discesa del Signore dal cielo ha forse come risultato il suo diretto contatto personale con la nostra terra, e quando ha termine l’“ultimo giorno” in cui egli desta i suoi discepoli generati dallo spirito?
21 Cosa dimostra tutto questo? Dimostra che quando il Signore Gesù Cristo scende, non viene in diretto contatto con la nostra terra. Le nubi, in cui si raffigura che avviene l’incontro fra i cristiani risuscitati e il loro celeste Signore, sono sospese molto in alto rispetto alla superficie terrestre. Inoltre è “nell’aria” che i cristiani risuscitati incontrano il loro Signore, non quaggiù sulla terra, né a Gerusalemme sul Monte degli Ulivi, né in qualsiasi altro luogo del nostro pianeta. Inoltre, l’“ultimo giorno” in cui ha luogo questo rapimento non è un giorno terrestre di ventiquattro ore. È un periodo di tempo che termina quando l’ultimo di quei cristiani generati dallo spirito che partecipano alla “prima risurrezione” è destato alla vita celeste. (Riv. 20:4, 6; Giov. 6:54) L’adempimento della profezia biblica indica che stiamo già vivendo in quell’“ultimo giorno”.
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Stiamo vivendo in quell’“ultimo giorno” della risurrezioneLa Torre di Guardia 1979 | 15 dicembre
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Stiamo vivendo in quell’“ultimo giorno” della risurrezione
1. Per decenni si era pensato che la glorificazione del rimanente dei cristiani sopravvissuti avrebbe avuto luogo in quale tempo, ma ciò che era stato predetto in I Tessalonicesi 4:16, 17 si adempì a cominciare da allora?
POICHÉ i “morti in Cristo” sono destati in quell’“ultimo giorno” con corpi spirituali invisibili agli occhi umani, noi uomini dobbiamo camminare per fede, non per visione, per credere che ciò sta accadendo ora. Ricordiamo che per alcuni decenni non pochi pensavano che la glorificazione di tutti i membri sopravvissuti della congregazione cristiana avrebbe avuto luogo alla fine dei Tempi dei Gentili, verso il 1º ottobre 1914. (Luca 21:24) Tuttavia in quel tempo non si verificò nulla di quanto descritto in I Tessalonicesi 4:16, 17. Scoppiò invece la guerra in cielo e i perdenti, Satana e i suoi demoni, furono rapidamente scagliati sulla terra. (Riv. 12:7-13) È interessante il fatto che un buon numero di cristiani generati dallo spirito che erano vivi e attivi sulla terra nel 1914 sono ancora con noi in carne ed ossa. Evidentemente qualcosa non andava nell’identificazione dell’“ultimo giorno” in cui la congregazione generata dallo spirito doveva essere glorificata.
2, 3. In quale periodo deve aver luogo la glorificazione, e quindi quale domanda sorge circa l’adempimento di I Corinti 15:50-57?
2 Ciò nonostante, alla fine dei Tempi dei Gentili nel 1914 cominciò l’invisibile “presenza” o parusia del glorificato Gesù Cristo. Perciò, da allora in poi è il periodo di tempo in cui deve verificarsi quanto predetto in I Tessalonicesi 4:16, 17 circa i cristiani generati dallo spirito sopravvissuti, per corrispondere all’“ultimo giorno”. — Giov. 6:54.
3 Per logica, quando comincia ad adempiersi I Corinti 15:50-57? “Carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio, né la corruzione eredita l’incorruzione. Ecco, vi dico un sacro segreto: Non tutti ci addormenteremo nella morte [alla morte del corpo umano corruttibile], ma tutti saremo mutati, in un momento, in un batter d’occhio, durante l’ultima tromba. Poiché la tromba suonerà, e i morti saranno destati incorruttibili, e noi [cristiani come Paolo] saremo mutati. Poiché questo che è corruttibile deve rivestire l’incorruzione, e questo che è mortale deve rivestire l’immortalità. Ma quando questo che è corruttibile avrà rivestito l’incorruzione e questo che è mortale avrà rivestito l’immortalità, allora sarà adempiuta la parola che è scritta: ‘La morte è inghiottita per sempre’. ‘Morte, dov’è la tua vittoria? Morte, dov’è il tuo pungiglione?’ Il pungiglione che produce la morte è il peccato, ma la potenza del peccato è la Legge [mosaica]. Ma grazie a Dio, poiché egli ci dà la vittoria per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo!”
4. Quando morì Gesù, e come ciò era stato indicato in Daniele 9:24-27?
4 Per calcolarne il tempo in base alle Scritture, possiamo paragonare certi avvenimenti paralleli o che per la loro natura corrispondono. Chiediamoci, dunque: Quando fu risuscitato Gesù Cristo per divenire “Cristo la primizia”? Fu la domenica 16 nisan del 33 E.V. Due giorni prima, a pasqua, il 14 nisan, era stato appeso a un palo e vi era stato lasciato morire. Il giorno del sacrificio di Cristo era un tempo contrassegnato nel programma degli eventi tracciato da Geova Dio e riportato in Daniele 9:24-27. Segnava la metà di quell’ultima settimana della serie di “settanta settimane”, settimane d’anni, non di giorni. La profezia di Daniele prediceva che durante quest’ultima o settantesima settimana d’anni “Messia sarà stroncato, senza nulla per lui stesso”. Ma a che punto di quest’ultima settimana d’anni, iniziata nell’autunno del 29 E.V.? Daniele 9:27 risponde: “Alla metà della settimana farà cessare sacrificio e offerta di dono”. Dopo la morte di Cristo, quindi, i sacrifici animali non ebbero più valore.
5. Come si calcola l’inizio della settantesima “settimana” d’anni, da cosa fu contrassegnato, e a quale periodo diede inizio per Gerusalemme e il sistema giudaico?
5 Poiché Gesù sacrificò la sua perfetta vita umana “alla metà della settimana”, cioè il 14 nisan del 33 E.V., quella “settimana” era cominciata tre anni lunari e mezzo prima, il 15 tishri del 29 E.V. Ebbene, quale avvenimento segnò l’inizio di quella settantesima “settimana” d’anni? Gesù dimostrò d’essere il Messia, che significa “Unto”. Fu il tempo in cui Gesù venne battezzato da Giovanni il Battezzatore. Subito dopo, Gesù fu “unto” con lo spirito santo perché divenisse il Re messianico del popolo di Geova. Gesù aveva allora trent’anni. (Luca 3:21-23; 4:1-21) Questo avvenimento segnò veramente l’inizio del “tempo della fine” di Gerusalemme e del sistema giudaico di sacrifici. Meno di 41 anni dopo, nell’estate del 70 E.V., Gerusalemme e il suo tempio furono ridotti in rovina, desolati. Come predetto in Daniele 9:26, “il popolo di un condottiero [il generale Tito] che verrà [nel 70 E.V.] ridurrà in rovina la città e il luogo santo. E la fine d’essa sarà mediante l’inondazione [di legionari romani]. E sino alla fine ci sarà la guerra”.
6, 7. Cosa avvenne subito dopo la fine dei Tempi dei Gentili nel 1914, e quale annuncio fatto allora in cielo si avverò riguardo alla nostra terra e ai suoi morti?
6 In modo parallelo, quando nell’autunno del 1914 finirono i Tempi dei Gentili, cominciò il “tempo della fine” di questo sistema di cose. (Dan. 12:4) Immediatamente dopo lo scadere dei Tempi dei Gentili l’unto Gesù fu intronizzato come re nei cieli, Erede permanente del suo antenato, il re Davide di Gerusalemme. Allora si avverò l’annuncio che segue il suono della settima tromba. In merito a questo leggiamo in Rivelazione 11:15-18:
7 “E il settimo angelo suonò la sua tromba. E vi furono alte voci in cielo, che dicevano: ‘Il regno del mondo è divenuto il regno del nostro Signore [il Sovrano Signore Geova] e del suo Cristo, ed egli [il Sovrano Signore Geova] regnerà per i secoli dei secoli’. . . . ‘Ti ringraziamo, Geova Dio, Onnipotente, che sei e che eri, perché hai preso il tuo gran potere e hai cominciato a regnare. Ma le nazioni si adirarono, e venne l’ira tua, e il tempo fissato di giudicare i morti, e di dare la ricompensa ai tuoi schiavi i profeti, e ai santi e a quelli che temono il tuo nome, i piccoli e i grandi, e di ridurre in rovina quelli che rovinano la terra’”.
8. (a) Contro chi si adirarono allora le nazioni e perché, e fino a che punto? (b) In che modo questo corrisponde a ciò che accadde all’unto Gesù “alla metà della settimana”?
8 Durante la prima guerra mondiale (1914–1918) “le nazioni si adirarono”, e sfogarono la loro ira sul dedicato popolo del Sovrano Signore Geova. Perché? Perché quei cristiani predicavano che nel 1914 avevano avuto luogo la fine dei Tempi dei Gentili e la piena istituzione del regno di Cristo nei cieli. L’ira delle nazioni giunse al culmine nella primavera del 1918, particolarmente negli Stati Uniti d’America. Questo avvenne tre anni e mezzo dopo la fine dei Tempi dei Gentili e l’intronizzazione dell’unto Gesù come Re celeste. Quel che accadde sulla terra ai proclamatori del Regno nel 1918 in pratica corrisponde a ciò che accadde a Gesù a Gerusalemme “alla metà della settimana”. Nel suo caso fu necessaria una risurrezione dai morti. In maniera corrispondente, nel 1918 i proclamatori del suo regno ricevettero ciò che i persecutori pensarono fosse il “colpo di grazia”, per cui la proclamazione del Regno ebbe bisogno d’esser riportata in vita, di una risurrezione.
9. (a) Perché il ravvivamento o simbolica risurrezione dei perseguitati proclamatori del Regno per compiere una rinnovata attività non è effettivamente un avvenimento parallelo alla risurrezione di Gesù avvenuta il 16 nisan del 33 E.V.? (b) Il loro ‘rapimento per incontrare il Signore’ non poteva precedere quale risurrezione in spirito?
9 La risurrezione di Gesù il 16 nisan del 33 E.V. fu in spirito, nel reame celeste, ma egli fu risuscitato da una tomba terrestre. Nel caso dei proclamatori del Regno ancora in carne ed ossa, essi tornarono in vita per compiere un’attività terrestre, per riprendere la predicazione di “questa buona notizia del regno” in tutta la terra abitata “in testimonianza a tutte le nazioni”. (Matt. 24:14) Non era ancora tempo che quei cristiani generati dallo spirito fossero glorificati in cielo, ‘rapiti nelle nubi per incontrare il Signore nell’aria’. Secondo il programma questo non poteva ‘precedere’ la risurrezione dei cristiani che si erano “addormentati nella morte per mezzo di Gesù” fino al 1918. Come indica I Tessalonicesi 4:14-17, “quelli che son morti unitamente a Cristo sorgeranno per primi”. La loro risurrezione avrebbe appropriatamente preceduto il ritorno alla vita o la rianimazione dei proclamatori del Regno in relazione all’ulteriore lavoro che dovevano compiere in carne ed ossa sulla terra in questo “tempo della fine”. Questo ravvivamento avvenne nella primavera del 1919.
10. Quale risurrezione, e in che tempo, sarebbe il vero avvenimento corrispondente alla risurrezione di Gesù il 16 nisan del 33 E.V.?
10 La risurrezione in spirito dei “morti in Cristo” che avvenne nella primavera del 1918, tre anni e mezzo dopo l’intronizzazione di Cristo alla fine dei Tempi dei Gentili nell’autunno del 1914, corrisponde alla risurrezione di Gesù stesso il 16 nisan del 33 E.V., “alla metà della settimana”. (Dan. 9:27) Così essi sono effettivamente ‘sorti per primi’. Questo fatto ‘precedette’ la risurrezione di quelli sopravvissuti alla “presenza” o parusia di Cristo e all’uccisione o soppressione della predicazione del Regno.
11. Quale simile periodo di tempo si riscontra in relazione ai profetici testimoni di Dio menzionati in Rivelazione capitolo 11, e la loro ascesa al cielo costituisce forse un adempimento di I Tessalonicesi 4:17?
11 Si riscontra un simile periodo di tempo in relazione ai profetici testimoni di Dio descritti in Rivelazione capitolo 11. Secondo Rivelazione 11:3-7, essi vennero uccisi dopo aver profetizzato per 1.260 giorni, cioè tre anni e mezzo. Ma ricevono una risurrezione: “Dopo i tre giorni e mezzo spirito di vita da Dio entrò in loro, ed essi si rizzarono in piedi, e grande timore cadde su quelli che li vedevano. Ed essi udirono un’alta voce dal cielo dir loro: ‘Salite quassù’. E salirono al cielo nella nube e i loro nemici li videro”. (Riv. 11:11, 12) Questo raffigurò profeticamente il ravvivamento, nella primavera del 1919, del rimanente dei cristiani generati dallo spirito per compiere il servizio del Regno. La loro ascesa a una condizione di preminenza mondiale non fu l’adempimento di I Tessalonicesi 4:17. A questo proposito, ricordiamo che i 120 discepoli di Gesù Cristo non furono ravvivati per compiere l’attività pubblica in Gerusalemme se non 51 giorni dopo l’uccisione e la sepoltura del loro Signore, Gesù Cristo.
12. In che modo quel ravvivamento del rimanente spirituale fu anche predetto nella visione descritta in Ezechiele 37:1-14?
12 Questo ravvivamento del rimanente sopravvissuto era stato predetto anche in Ezechiele 37:1-14. Geova diede al profeta Ezechiele una visione di una valle piena di ossa secche di israeliti. Le ossa vennero quindi ricomposte, formando israeliti viventi, pronti a lasciare l’esilio nella pagana Babilonia. Spiegando in che modo la visione si sarebbe adempiuta, Geova disse: “Ecco, io apro i vostri luoghi di sepoltura, e di sicuro vi trarrò fuori dai vostri luoghi di sepoltura, o mio popolo [esiliato a Babilonia], e vi condurrò sul suolo d’Israele. E dovrete conoscere che io sono Geova quando avrò aperto i vostri luoghi di sepoltura e quando vi avrò tratti fuori dei vostri luoghi di sepoltura, o mio popolo”. — Ezec. 37:12, 13.
13. Come si è adempiuta in tempi moderni questa visione della valle di ossa secche, e come corrisponde questo a ciò che accadde ai discepoli di Gesù dopo i fatti della “metà della settimana”?
13 Nell’adempimento moderno di quella visione, il rimanente degli israeliti spirituali fu ravvivato nella primavera del 1919 e liberato da Babilonia la Grande, l’impero mondiale della falsa religione, e dalla degradante servitù ai suoi amanti politici, giudiziari e militari che ne avevano eseguito gli ordini durante la prima guerra mondiale. Probabilmente con riferimento profetico allo svolgersi degli avvenimenti moderni, il ravvivamento dei primi discepoli di Gesù e la loro liberazione dall’oppressivo sistema di cose giudaico non ebbero luogo se non dopo la sua morte e sepoltura e dopo la sua risurrezione dai morti il terzo giorno, il 16 nisan del 33 E.V. Questo avvenne poco dopo la “metà della settimana” in cui Gesù era stato sacrificato come riscatto per tutto il genere umano.
14. A quale classe menzionata in I Tessalonicesi 4:15-17 appartengono questi testimoni ravvivati nei tempi moderni, e perché quello che Gesù chiamò l’“ultimo giorno” è per loro ‘felice’?
14 Nei tempi moderni, quelli del rimanente ravvivato degli israeliti spirituali che intrapresero nuovamente l’opera di testimonianza nella primavera del 1919 furono coloro cui si riferiva l’apostolo Paolo dicendo: “Noi viventi che sopravvivremo alla presenza del Signore”. (1 Tess. 4:15) Si attendono, dopo aver terminato la finale testimonianza in tutto il mondo, di morire “unitamente al Signore” e durante la sua presenza. La loro morte avviene durante quell’“ultimo giorno” in cui, come disse Gesù, egli avrebbe destato dai morti quei discepoli che hanno il privilegio di nutrirsi della sua carne e di bere il suo sangue. Per loro questo significa essere “rapiti” per incontrare lui, il loro Signore, “nell’aria”. Questa loro istantanea risurrezione alla vita celeste è invisibile agli uomini che restano sulla terra, come se fosse nascosta da “nubi”. Sono davvero “felici” quelli “che da ora in poi muoiono unitamente al Signore” durante la “presenza del Signore”, non avendo bisogno di dormire nella morte in attesa della sua seconda venuta. — Riv. 14:13; Giov. 6:53, 54; 1 Cor. 15:52, 53.
15. Quali recenti collaboratori saranno presenti, al termine dell’“ultimo giorno”, alla partenza del rimanente sopravvissuto, e come potrà essere il distacco?
15 Essi lasceranno molti compagni cristiani, una “grande folla”. Durante questo “tempo della fine” e durante l’invisibile “presenza del Signore” essa ha collaborato col rimanente degli israeliti spirituali nel dare la finale testimonianza del Regno a tutte le nazioni. Questa “grande folla” si aspetta di sopravvivere alla “grande tribolazione” con cui perirà questo mondiale sistema di cose. (Riv. 7:9, 14) Saranno quindi presenti quando giungerà il felice momento in cui gli ultimi israeliti spirituali ‘saranno rapiti nelle nubi per incontrare il Signore nell’aria’. (1 Tess. 4:17) Come sarebbe amorevole da parte della “grande folla” vivente in quell’ultimo giorno della risurrezione dare l’addio ai sopravvissuti del rimanente mentre finiscono la loro vita terrena al termine dell’“ultimo giorno”! (Giov. 6:53, 54) Forse il distacco non sarà facile, ma potrebbe essere accompagnato da un sincero scambio di affetto fra quelli che se ne andranno e quelli che resteranno sulla terra paradisiaca. La “grande folla” non li rivedrà più.
16. Pur non avendo più fisicamente in mezzo a sé il rimanente, la “grande folla” avrà la gioia di accogliere chi nella terra paradisiaca?
16 Anche se non avrà più in mezzo a sé la presenza fisica del rimanente glorificato, la “grande folla” sarà confortata da innumerevoli nuovi abitanti della terra paradisiaca. Chi sono, e da dove vengono? Sono gli altri redenti del genere umano che saranno risuscitati dal paese dell’“ultimo nemico”, la morte adamica. (1 Cor. 15:26) Che gioia proverà allora la “grande folla” nell’incontrare risuscitati come Giobbe, Abraamo, Isacco, Giacobbe, Giovanni il Battezzatore, e anche i bimbi di Betleem consegnati al reame della morte dal loro nemico Erode il Grande. Che gioia incontrare cari amici, “altre pecore” del Pastore eccellente che non sono sopravvissute alla “grande tribolazione” e non sono entrate direttamente nel suo regno millenario. (Riv. 20:4, 6; Giov. 10:16) I membri dell’unto rimanente che sopravvivranno alla “grande tribolazione” continueranno forse a vivere nel nuovo ordine fino a vedere l’inizio della risurrezione dei morti alla vita terrena nel loro “ultimo giorno”? (Giov. 11:24) Le Scritture non si pronunciano chiaramente in merito.
17. (a) In quanto alla raccolta dei morti qui sulla terra, come potremmo definire quei risuscitati in paragone con Cristo? (b) Sebbene non abbiano bisogno di una risurrezione dalla tomba quelli della “grande folla” saranno simili ai risuscitati sotto quale aspetto, e quali benedizioni otterranno al termine del regno millenario di Cristo?
17 Questi risuscitati umani saranno raccolti come frutti successivi, rispetto ai quali il risuscitato Gesù divenne “Cristo la primizia”. (1 Cor. 15:20, 22, 23) La “grande folla” di sopravvissuti, anche se non avrà avuto bisogno di una risurrezione dalla tomba, sarà del tutto simile ai morti risuscitati, avendo ancora bisogno che le siano applicati ulteriori benefici del sacrificio propiziatorio di Gesù Cristo. Tutti gli effetti della morte ereditata dovranno essere eliminati. Che benedizione al termine del regno millenario di Cristo, quando, “come ultimo nemico, sarà ridotta a nulla la morte” per tutto il genere umano redento e ubbidiente, inclusa la “grande folla” dei sopravvissuti alla tribolazione. Allora, e più che meritatamente, Geova Dio sarà “ogni cosa a tutti”. — 1 Cor. 15:26, 28; Riv. 1:18; 20:11-14.
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