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ScettroAusiliario per capire la Bibbia
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regale nel modo giusto, il suo è uno scettro di giustizia. — Sal. 45:6, 7; Ebr. 1:8, 9.
Salmo 125:3 dichiara che “lo scettro di malvagità non continuerà a riposare sulla sorte dei giusti”. Queste parole assicurano che i giusti non saranno oppressi per sempre da coloro che esercitano autorità in modo malvagio.
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SchernoAusiliario per capire la Bibbia
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Scherno
L’atto di schernire o esporre a disprezzo, derisione o beffe. Diversi vocaboli ebraici e greci esprimono vari gradi di scherno, e la scelta delle parole dipende dalle circostanze. Infatti leggiamo nella Bibbia di persone che si prendono gioco, si fanno beffe di altri, li deridono, li scherniscono, ridono o si burlano di loro.
Gli schernitori, in particolare quelli che dileggiano i principi e i consigli della Parola di Dio, sono definiti detestabili nella Bibbia. (Prov. 24:9) Se non accettano la riprensione andranno incontro al disastro. (Prov. 1:22-27) E come sono spregevoli coloro che deridono i poveri, o i propri genitori! (Prov. 17:5; 30:17) Gli schernitori spesso rifiutano di ascoltare un rimprovero (Prov. 13:1) e non amano chi li riprende. (Prov. 9:7, 8; 15:12) Tuttavia devono essere disciplinati per il bene altrui. (Prov. 9:12; 19:25, 29; 21:11) Invece di stare in compagnia di simili malvagi è meglio allontanarli: è molto più felice chi rifiuta di sedere con gli schernitori. - Sal. 1:1; Prov. 22:10.
SCHERNO CONTRO I SERVITORI DI DIO
I fedeli servitori di Geova subiscono scherni ingiustificati d’ogni genere. Giobbe fu falsamente accusato di deridere altri (Giob. 11:3), mentre in realtà era lui a essere deriso, schernito e beffeggiato per il suo comportamento integro. (Giob. 12:4; 17:2; 21:3) Davide fu deriso e beffeggiato. (Sal. 22:7; 35:16) Così pure Eliseo (II Re 2:23), Neemia e quelli che erano con lui (Nee. 2:19; 4:1), e molti altri “ricevettero la loro prova mediante beffe”. (Ebr. 11:36) Quando Ezechia re di Giuda mandò corrieri in tutte le città di Efraim e Manasse, esortando gli abitanti a venire a Gerusalemme per celebrare la Pasqua, molti si fecero beffe dei messaggeri e li derisero. (II Cron. 30:1, 10) Infatti gli apostati di entrambe le case di Israele trattarono proprio così i messaggeri e i profeti di Dio finché il furore di Geova non li spazzò via tutti. - II Cron. 36:15, 16.
Scherniti Gesù e i discepoli
Durante il suo ministero sulla terra Gesù Cristo, Servitore e Profeta di Dio, fu beffeggiato, deriso, insolentito e persino sputacchiato. (Mar. 5:40; Luca 16:14; 18:32) Particolarmente astiosa era la derisione dei governanti e dei sacerdoti ebrei. (Matt. 27:41; Mar. 15:29-31; Luca 23:11, 35) Anche i soldati romani si fecero beffe di lui quando venne consegnato loro. - Matt. 27:27-31; Mar. 15:20; Luca 22:63; 23:36.
I discepoli di Gesù Cristo furono pure derisi da persone male informate e non credenti. (Atti 2:13; 17:32) L’apostolo Paolo, parlando della derisione di cui erano stati oggetto altri discepoli da parte degli ebrei, si rifà a un antico quadro profetico, in cui Isacco, quando aveva circa cinque anni, fu deriso dal fratellastro diciannovenne Ismaele che, per gelosia, “si prendeva gioco” (“si faceva beffe”, Di) di lui. (Gen. 21:9) Paolo ne fa l’applicazione profetica, dicendo: “Ora noi, fratelli, siamo figli appartenenti alla promessa, come lo fu Isacco. Ma come allora quello generato secondo la carne perseguitava quello generato secondo lo spirito [essendo Dio intervenuto per rendere possibile la nascita di Isacco], così anche ora”. (Gal. 4:28, 29) Più tardi Paolo scrive: “Infatti, tutti quelli che desiderano vivere in santa devozione riguardo a Cristo Gesù saranno anche perseguitati”. - II Tim. 3:12.
Sopportare gli scherni col giusto spirito
Gesù Cristo aveva sempre saputo che sarebbe stato schernito, e che ciò sarebbe culminato con la sua condanna a morte. Ma riconobbe che in realtà era Geova, che lui rappresentava, a essere vituperato, e questo era ancora più penoso per lui che ‘aveva sempre fatto le cose che piacevano al Padre suo’ (Giov. 8:29), e che si preoccupava della santificazione del nome del Padre suo più di qualsiasi altra cosa. (Matt. 6:9) Perciò “quando era oltraggiato, non rese oltraggio. Quando soffriva, non minacciò, ma continuò ad affidarsi a colui che giudica giustamente”. L’apostolo Pietro esprime questo punto di vista quando scrive ai cristiani, in particolare agli schiavi, esortandoli a non lasciarsi indurre a contraccambiare un trattamento del genere, poiché Cristo è il loro esempio, “un modello”, dice Pietro, “onde seguiate attentamente le sue orme”. - I Piet. 2:18-23; Rom. 12:17-21.
Geremia, profeta di Dio, a un certo punto della sua carriera disse: “Divenni oggetto di derisione per tutto il giorno; si fanno tutti beffe di me”. Per un momento s’indebolì e pensò di smettere la sua opera profetica a motivo degli incessanti vituperi e scherni. Ma anch’egli si rese conto che la derisione era dovuta alla “parola di Geova”, e nel suo cuore la parola di Dio divenne come un fuoco ardente che non poteva contenere. Per la sua fedeltà Geova fu con lui “come un terribile potente”, e Geremia fu rafforzato a perseverare lealmente. - Ger. 20:7-11.
Giobbe fu un uomo che giustamente mantenne la propria integrità nonostante i molti scherni. Ma assunse un atteggiamento sbagliato e fece un errore, per cui venne corretto. Eliu disse di lui: “Quale uomo robusto è come Giobbe, che beve la derisione come l’acqua?” (Giob. 34:7) Giobbe si preoccupava troppo di giustificare se stesso anziché Dio, e aveva la tendenza a esaltare la propria giustizia più di quella di Dio. (Giob. 35:2; 36:24) Essendo oggetto degli aspri scherni dei suoi tre “compagni”, Giobbe fu incline a considerarli rivolti a lui anziché a Dio. In questo era come una persona che beve acqua con piacere, come uno che cede alla derisione e allo scherno e se ne compiace. Dio spiegò poi a Giobbe che quegli schernitori in realtà (e in ultima analisi) dicevano cose non vere contro Dio. (Giob. 42:7) Similmente, quando Israele chiese un re, Geova disse al profeta Samuele: “Non hanno rigettato te, ma hanno rigettato me dall’esser re su di loro”. (I Sam. 8:7) E Gesù disse ai discepoli: “Sarete odiati da tutte le nazioni [non per colpa vostra, ma] a motivo del mio nome”. (Matt. 24:9) Avendo in mente queste cose, il cristiano potrà sopportare gli scherni col giusto spirito e ciò gli permetterà di essere premiato per la sua perseveranza. - Luca 6:22, 23.
SCHERNI GIUSTIFICABILI
Lo scherno può essere giustificato e ben meritato. Chi non è previdente o trascura i buoni consigli può comportarsi scioccamente e diventare oggetto di scherni. Gesù fece un esempio del genere, di un uomo che aveva iniziato a costruire una torre senza prima calcolare il costo. (Luca 14:28-30) Geova pose Israele “come un biasimo ai [suoi] vicini, una derisione e una burla a quelli tutto intorno”, e giustamente, a motivo della sua ostinazione e disubbidienza a Dio, al punto di recare biasimo al nome di Dio fra le nazioni. (Sal. 44:13; 79:4; 80:6; Ezec. 22:4, 5; 23:32; 36:4, 21, 22) Il profeta Elia si prese giustamente gioco dei profeti di Baal che avevano sfidato Geova. (I Re 18:26, 27) Dopo che Sennacherib ebbe schernito e parlato ingiuriosamente di Geova davanti al re Ezechia e alla popolazione di Gerusalemme, le posizioni si capovolsero, e lo scherno, la derisione, il vituperio e una sconfitta ignominiosa si abbatterono su quell’arrogante re assiro e il suo esercito. (II Re 19:20, 21; Isa. 37:21, 22) In maniera simile Moab diventò oggetto di scherno. (Ger. 48:25-27, 39) Le nazioni della terra hanno passato i limiti nello schernire Dio, ma Geova ride di loro e li mette alla berlina per la loro impudente opposizione alla sua sovranità universale, poiché raccolgono il cattivo frutto del loro comportamento. - Sal. 2:2-4; 59:8; Prov. 1:26; 3:34.
SCHERNITORI NEGLI “ULTIMI GIORNI”
Uno dei segni degli “ultimi giorni” sarebbero stati gli “schernitori con i loro scherni, che procederanno secondo i propri desideri [“secondo i desideri della propria empietà” (Giuda 17, 18)] e diranno: ‘Dov’è questa sua promessa presenza? Infatti, dal giorno che i nostri antenati si addormentarono nella morte, tutte le cose continuano esattamente come dal principio della creazione’”. (II Piet. 3:3, 4) Ovviamente costoro non prestano ascolto al consiglio di Isaia 28:21, 22, che avverte del grave pericolo di schernire Geova.
“DIO NON È DA BEFFEGGIARE”
L’apostolo Paolo avverte del serio pericolo che incombe su chi tenta di beffeggiare Dio, cioè su chi pensa che i principi dell’amministrazione di Dio possano essere presi alla leggera o ignorati. Egli scrive ai cristiani della Galazia: “Se qualcuno pensa d’essere qualche cosa quando non è niente, egli inganna la propria mente.... Non siate sviati: Dio non è da beffeggiare. Poiché qualunque cosa l’uomo semini, questa pure mieterà; perché chi semina in vista della sua carne mieterà la corruzione dalla sua carne, ma chi semina in vista dello spirito mieterà la vita eterna dallo spirito”. - Gal. 6:3-8.
Qui l’apostolo spiega che non ci si dovrebbe illudere facendo una falsa valutazione dei propri meriti, ignorando in tal modo Dio e la sua Parola. Si dovrebbe purificare la propria vita per camminare secondo lo spirito come indica la Parola. Chi non fa questo, ma invece continua a seminare in vista di desideri carnali, ‘accetta l’immeritata benignità di Dio venendo meno al suo scopo’, e disprezza le istruzioni di Dio. (II Cor. 6:1) Egli può ingannarsi pensando di essere al sicuro. Tuttavia Dio conosce il suo cuore e lo giudicherà di conseguenza.
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SchiaffoAusiliario per capire la Bibbia
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Schiaffo
Vedi ATTEGGIAMENTI E GESTI.
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SchiavoAusiliario per capire la Bibbia
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Schiavo
Nelle lingue originali i termini che spesso vengono resi “schiavo” o “servitore” non si riferivano solo a persone che erano proprietà di altri.
I TERMINI NELLE LINGUE ORIGINALI
Il termine ebraico ʽèvedh si poteva riferire a persone che erano proprietà di loro simili. (Gen. 12:16; Eso. 20:17) Oppure poteva indicare i sudditi di un re (II Sam. 11:21; II Cron. 10:7), popoli soggiogati che pagavano un tributo (II Sam. 8:2, 6) e persone al servizio del re, fra cui coppieri, panettieri, marinai, ufficiali dell’esercito, consiglieri e simili, sia che fossero la proprietà di altri o no. (Gen. 40:20; I Sam. 29:3; I Re 9:27; II Cron. 8:18; 9:10; 32:9) Per forma di cortesia un ebreo, anziché usare il pronome personale di prima persona, a volte parlava di se stesso come di un servitore (ʽèvedh) di colui al quale si rivolgeva. (Gen. 33:5, 14; 42:10, 11, 13; I Sam. 20:7, 8) ʽÈvedh era usato a proposito dei servitori o adoratori di Geova in generale (I Re 8:36) e, in particolare, di speciali rappresentanti di Dio, come Mosè. (Gios. 1:1, 2; 24:29; II Re 21:10) Anche se non era adoratore di Geova, chi compiva un’azione che era in armonia con la volontà di Dio poteva essere chiamato servitore di Dio; ne è un esempio il re Nabucodonosor. — Ger. 27:6.
Il termine greco doùlos corrisponde all’ebraico ʽèvedh. È usato a proposito di persone che erano proprietà di loro simili (Matt. 8:9; 10:24, 25; 13:27), di devoti servitori di Dio e di suo Figlio Cristo Gesù, sia umani (Atti 2:18; 4:29; Rom. 1:1; Gal. 1:10) che angelici (Riv. 19:10, dove ricorre il termine sỳndoulos [compagno di schiavitù]) e, in senso figurativo, di persone schiave del peccato (Giov. 8:34; Rom. 6:16-20) o della corruzione. — II Piet. 2:19.
Il termine ebraico nàʽar, come il greco pàis, significa fondamentalmente ragazzo o giovane e si può riferire anche a un servitore. (I Sam. 1:24; 4:21; 30:17; II Re 5:20; Matt. 2:16; 8:6; 17:18; 21:15; Atti 20:12) Il sostantivo greco oikètes indica uno schiavo o un domestico (Luca 16:13), e una schiava o serva è indicata dal diminutivo paidìske. (Luca 12:45) La forma participiale della radice ebraica sharàth può essere resa “ministro” (Eso. 33:11) o “cameriere”. (II Sam. 13:18) Il sostantivo greco hyperètes, che letteralmente significa sottorematore o subordinato, può essere tradotto “servitore”, ‘servitore di corte’ o “servitore della casa”, domestico. (Matt. 26:58; Mar. 14:54, 65; Giov. 18:36) Il termine greco theràpon ricorre solo in Ebrei 3:5 e significa subordinato, servitore o ministro.
PRIMA DELL’ERA VOLGARE
Guerra, miseria e criminalità erano i fattori fondamentali che riducevano in uno stato di schiavitù. I prigionieri di guerra spesso diventavano schiavi dei conquistatori o venivano venduti schiavi da questi. (Confronta II Re 5:2; Gioe. 3:6). Nella società israelita chi diventava povero poteva vendere se stesso o i suoi figli come schiavi per far fronte ai debiti. (Eso. 21:7; Lev. 25:39, 47; II Re 4:1) Chi era colpevole di furto ma non era in grado di risarcire il danno veniva venduto per le cose rubate, e a quanto pare riacquistava la libertà una volta estinti tutti i debiti. — Eso. 22:3.
A volte gli schiavi avevano nella casa una posizione di grande fiducia e prestigio. L’anziano servitore del patriarca Abraamo (probabilmente Eliezer) amministrava tutti i possedimenti del suo padrone. (Gen. 24:2; 15:2, 3) A un discendente di Abraamo, Giuseppe, schiavo in Egitto, fu affidato tutto ciò che apparteneva a Potifar, funzionario di corte del faraone. (Gen. 39:1, 5, 6) In Israele c’era la possibilità che uno schiavo diventasse ricco e si affrancasse. — Lev. 25:49.
Circa la coscrizione di lavoratori, vedi LAVORI FORZATI.
Leggi che regolavano i rapporti schiavo-padrone
Presso gli israeliti la condizione dello schiavo ebreo era diversa da quella di uno schiavo straniero, residente forestiero o avventizio. Mentre i non ebrei rimanevano proprietà del padrone e potevano essere tramandati di padre in figlio (Lev. 25:44-46), lo schiavo ebreo veniva rimesso in libertà nel settimo anno di schiavitù o nell’anno del Giubileo, se veniva prima. Durante il periodo di schiavitù lo schiavo ebreo doveva essere trattato come un lavoratore salariato. (Eso. 21:2; Lev. 25:10; Deut. 15:12) L’ebreo che si vendeva schiavo a un
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