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  • ‘Accoglietevi gli uni gli altri’
    La Torre di Guardia 1981 | 1° dicembre
    • ‘Accoglietevi gli uni gli altri’

      “Accoglietevi perciò gli uni gli altri come Cristo accolse voi, per la gloria di Dio”. — Rom. 15:7, La Bibbia di Gerusalemme.

      1. (a) Quanti paesi sono stati finora accolti nelle Nazioni Unite? (b) Che cosa non sono riuscite a produrre, e quindi quale continuo timore esiste?

      LE NAZIONI UNITE hanno finora accolto 154 nazioni. I paesi membri non hanno tutti la stessa ideologia politica. Anzi, sono piuttosto ostili gli uni agli altri, ma all’O.N.U. cercano di comportarsi da “amichevoli nemici”. Sembrano capire la veracità di ciò che disse un giornalista americano: “Uniti stiamo in piedi. Divisi cadiamo”. L’O.N.U. dice di essere un’organizzazione per la pace e la sicurezza del mondo. Ma dopo tutti questi anni trascorsi dalla fine della seconda guerra mondiale nel 1945, essa non ha portato a ciò che un uomo politico americano, Wendell Wilkie, chiamò “un mondo, un governo”. Perciò si teme sempre più lo scoppio di una terza guerra mondiale con l’impiego di armi nucleari.

      2. Anche all’interno di una stessa nazione, quali cose impediscono a certuni di essere bene accolti dai loro concittadini?

      2 Anche all’interno di una stessa nazione appartenente all’O.N.U. può capitare che alcuni cittadini non vogliano accogliere nel loro gruppo sociale altri cittadini. Ci sono pregiudizi. I ricchi non accolgono i poveri. I seguaci di una religione non accolgono quelli di un’altra religione. Gli aderenti a un partito non vogliono accogliere quelli del partito opposto. Persone molto istruite guardano dall’alto in basso quelli che hanno poca istruzione o che non ne hanno affatto. Il colore della pelle può essere motivo di ostilità da parte di quelli la cui pelle è di un altro colore. La diversità di razza può causare discriminazione. L’individuo non viene accettato in modo generale e uniforme in base al semplice fatto che appartiene all’unica grande famiglia umana. Quindi sono i gusti e i pregiudizi personali a determinare se una persona viene accettata o no.

      3. (a) In che modo la cristianità non ha fatto eccezione sotto questo aspetto? (b) L’O.N.U. si è mostrata forse migliore della Lega delle Nazioni in quanto a essere l’espressione politica del regno di Dio retto da Cristo?

      3 La cristianità non fa eccezione, anche se si suppone che sia una società di nazioni cristiane. Essendo cristiane soltanto di nome, hanno ripetutamente violato il principio di Isaia 2:4, dov’è profetizzato: “Dovranno fare delle loro spade vomeri e delle loro lance cesoie per potare. Nazione non alzerà la spada contro nazione, né impareranno più la guerra”. Nella cristianità, persone che sono cristiane solo di nome sono pronte a combattere patriotticamente per il loro sentimento nazionale fino alla morte loro o a quella dei loro nemici. Non hanno alcun valido motivo per rallegrarsi dell’organizzazione delle Nazioni Unite, anche se nel dicembre del 1918 il Consiglio Federale delle Chiese di Cristo in America definì l’allora proposta Lega delle Nazioni “l’espressione politica del regno di Dio sulla terra”. Le Nazioni Unite non hanno certo dato prova di essere un’espressione del regno di Dio retto da Cristo.

      4. Paolo, che citava spesso le profezie di Isaia, cosa disse circa “le cose scritte anteriormente”?

      4 Le suddette parole secondo cui nazione non alzerà più la spada contro nazione né impareranno più la guerra si stanno adempiendo fra coloro che imitano veramente Gesù Cristo. Il pacifico Figlio di Dio citò molte volte le profezie di Isaia, scritte molto tempo prima. Lo fece per istruire i suoi seguaci. Uno di loro, l’apostolo Paolo, scrisse nel primo secolo ai discepoli di Cristo che si trovavano a Roma, e rammentò loro: “Tutte le cose che furono scritte anteriormente furono scritte per nostra istruzione, affinché per mezzo della nostra perseveranza e per mezzo del conforto delle Scritture avessimo speranza”. — Rom. 15:4.

      5. Circa la perseveranza, chi è stato il miglior esempio per Paolo e per gli altri cristiani?

      5 In adempimento di cose scritte anteriormente nelle Sacre Scritture, Gesù Cristo sopportò il biasimo e la persecuzione e fu disposto a subire una morte ignominiosa su un palo come se fosse stato un criminale politico. Per la sua perseveranza fino a tal punto egli divenne un esempio perfetto per i suoi discepoli, che ne avrebbero tratto la forza per perseverare fedelmente sino alla fine.

      6. (a) Cosa mostra che anche sul palo di tortura Gesù conservò la sua speranza, e come fu rafforzato per perseverare? (b) Come nel caso di Gesù, cosa può dirsi dei suoi seguaci riguardo alla speranza e alla perseveranza?

      6 Avendo perseverato saldamente sino al termine della sua vita terrena, Gesù si attenne alla speranza datagli da Dio. Poté quindi dire al ladro compassionevole appeso a un palo al suo fianco: “Veramente ti dico oggi: Tu sarai con me in Paradiso”. (Luca 23:43) Durante le estenuanti ore trascorse sul palo di tortura, Gesù trasse grande conforto ripensando alle cose “scritte anteriormente” con riferimento a lui, e questo lo rafforzò grandemente. Come lui, i suoi devoti seguaci che soffrono i biasimi accumulati su Geova Dio e su Gesù Cristo mantengono una salda presa sulla loro speranza basata sulle Scritture. Anch’essi traggono enorme conforto dalle cose “scritte anteriormente”. La loro speranza, basata sulle più fidate Scritture, “non conduce alla delusione”. — Rom. 5:5.

      7. L’intera congregazione dovrebbe avere l’attitudine mentale di chi, e che effetto ha questo sul glorificare Dio?

      7 Dovremmo avere la stessa disposizione di mente che ebbe Gesù Cristo durante tutte le sue sofferenze in un mondo ostile. In armonia con ciò l’apostolo Paolo fece questa preghiera: “Ora l’Iddio che fornisce perseveranza e conforto vi conceda d’avere fra voi stessi la medesima attitudine mentale che ebbe Cristo Gesù, affinché di comune accordo glorifichiate con una sola bocca l’Iddio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo”. (Rom. 15:5, 6) Sviluppando tale attitudine mentale a imitazione del nostro Esempio, Gesù Cristo, rimarremo uniti come congregazione dei suoi discepoli. Se i componenti di un gruppo hanno la stessa attitudine mentale, si esprimeranno in modo simile. Così è come se l’intera congregazione parlasse “con una sola bocca”, e quindi con maggiore forza e incisività. Questo è molto appropriato. Non si metterà mai abbastanza in risalto l’importanza di glorificare unitamente l’Iddio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo. Le nostre voci dovrebbero esprimersi all’unisono per quanto riguarda Colui che deve essere glorificato. Altrimenti chi ci ascolta rimarrebbe confuso circa il messaggio che dobbiamo trasmettere.

      UN’ACCOGLIENZA COME QUELLA DI CRISTO

      8. Quali fattori forse turbavano l’unità della congregazione di Roma a cui Paolo scrisse la sua lettera?

      8 In molte organizzazioni o associazioni di questo sistema di cose, non c’è una disponibilità ad accogliere di buon grado i nuovi venuti per via di pregiudizi nazionali o razziali. Anche la diversità di istruzione può avere il suo peso. O forse ci sono differenze religiose. Nella Roma del primo secolo E.V. c’erano forse delle cause naturali che favorivano tali divisioni.

      9. Da chi era composta a quel tempo la congregazione di Roma, e cosa poteva dar luogo a preferenze in quanto alla scelta delle compagnie?

      9 L’apostolo Paolo non era ancora giunto a Roma, la cosmopolita città imperiale, ma sperando di arrivarvi presto scrisse la sua lettera ispirata alla congregazione che vi si trovava. Dopo aver richiamato l’attenzione sul perfetto esempio di Gesù Cristo, Paolo proseguì dicendo: “Perciò accoglietevi gli uni gli altri, come anche il Cristo accolse noi, in vista della gloria di Dio”. (Rom. 15:7) Per esempio ‘tutti quelli che erano a Roma come diletti di Dio, chiamati ad esser santi’, includevano circoncisi giudei naturali e incirconcisi gentili o non giudei, liberi e schiavi. (Rom. 1:7; 3:1-6; Filip. 4:22) Perciò fra i cristiani di Roma esistevano diversità in quanto a precedenti religiosi e sociali, e tutto questo produceva una varietà di punti di vista e di decisioni di coscienza. Di conseguenza potevano esserci preferenze nella scelta delle proprie compagnie.

      10. In che modo Gesù stabilì il modello di come dovremmo accoglierci gli uni gli altri, e lo fece in vista di che cosa?

      10 Mettendo da parte tutto ciò, Paolo li esortò ad ‘accogliersi gli uni gli altri’, e a farlo in modo caloroso, cordiale, sincero, con vero apprezzamento per i conservi cristiani, i compagni di fede. C’era un modello perfetto da seguire sotto questo aspetto, poiché Paolo disse di farlo “come anche il Cristo accolse noi”. Quando era sulla terra, Gesù non disse forse: “Chi viene a me io non lo allontanerò affatto”? (Giov. 6:37) Sì! Come uomo perfetto, avrebbe potuto mantenere le distanze, viste le nostre imperfezioni e la nostra peccaminosità. Ma non lo fece. Perché? Paolo ne indica la ragione, aggiungendo: “In vista della gloria di Dio”. Accogliendo tutti i credenti, Cristo recava gloria a Dio, perché ciò esaltava la generosità di Dio e il suo desiderio che tutti gli uomini fossero salvati mediante il sacrificio di riscatto di suo Figlio Gesù Cristo. Era proprio come aveva detto Gesù stesso: “Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il suo unigenito Figlio, onde chiunque esercita fede in lui non sia distrutto ma abbia vita eterna”. — Giov. 3:16.

      11. In che modo tale caloroso benvenuto rivolto ai nuovi contribuisce a glorificare Dio, e quindi il risuscitato Gesù cosa disse ai suoi discepoli in Galilea di fare?

      11 In modo analogo, quando noi, imitando Gesù Cristo, accogliamo nella congregazione tutti coloro che lo desiderano indipendentemente da razza, colore, religione precedente, condizione sociale o istruzione secolare, questo opera per la gloria di Dio. Aiuta tutti coloro che abbiamo accolto ad avere il giusto concetto di Geova Dio. Mostrando il suo desiderio di accogliere tutti i veri credenti nella congregazione di cui era il Capo spirituale, il risuscitato Gesù disse ai discepoli nella “Galilea delle nazioni” cosa dovevano fare: “Andate dunque e fate discepoli delle persone di tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello spirito santo, insegnando loro ad osservare tutte le cose che vi ho comandate”. — Isa. 9:1; Matt. 28:16-20.

      12. (a) In che modo avere in mente la gloria di Dio ci è d’aiuto nell’accogliere altri? (b) In che senso andando di porta in porta si evita che qualcuno accusi Dio della colpa del sangue?

      12 Nell’accogliere senza distinzione tutti quelli che vengono, ci è di grande stimolo ricordare che lo facciamo “in vista della gloria di Dio”. La persona bene accolta è spinta ad apprezzare la calorosa generosità di Dio e a glorificarlo. Quando usciamo dai nostri luoghi di adunanza e andiamo di porta in porta a proclamare la buona notizia del regno di Dio a tutti quelli che incontriamo, diamo prova di ‘accoglierci gli uni gli altri, come anche Cristo accolse noi in vista della gloria di Dio’. Questo reca gloria all’Iddio del quale siamo testimoni indipendentemente dal fatto se quelli ai quali parliamo apprezzano o no il messaggio del Regno. Quelli che accolgono il messaggio alla fine si uniranno a noi nel glorificare l’Iddio che ha mandato loro i messaggeri del suo regno. Quelli che non accolgono di buon grado il messaggio della salvezza affidatoci da Dio si renderanno conto in qualche tempo futuro che Geova Dio aveva pensato a loro e aveva mandato da loro i suoi fedeli testimoni, e quindi non avranno alcun motivo per prendersela con Lui. (Ezec. 33:33) Dio sarà quindi libero da accusa per quanto concerne il loro sangue.

      DA FALEGNAME A “MINISTRO”

      13. Perché non si può accusare Dio di parzialità per aver concesso la prima opportunità a un popolo molto meno numeroso degli altri?

      13 Chi ricevette la prima opportunità di trarre beneficio dal provvedimento di Dio? Il popolo mediante il quale abbiamo ricevuto la Sacra Bibbia, cioè i giudei naturali. Non fu questa una parzialità da parte di Dio, soprattutto se si tiene conto che anche 1.900 anni fa i non giudei erano di gran lunga più numerosi dei circoncisi giudei? Apparentemente potrebbe sembrare così. Ma Dio doveva pur cominciare da qualche parte, e cominciò da quelli ai quali aveva fatto particolari promesse tramite i loro antenati, cioè dai circoncisi giudei. Ma i benefìci finali di questo modo di procedere di Dio non sarebbero stati limitati ai soli giudei naturali o ebrei. Esiste quindi un valido motivo per lamentarsi di ciò? Niente affatto!

      14. Quindi il celeste Figlio di Dio fu obbligato a nascere come uomo in quale popolo, e come fu accolto da quelli del suo stesso popolo?

      14 Non dimentichiamo che Dio aveva fatto promesse inviolabili a uomini meritevoli in relazione ai loro discendenti naturali, gli ebrei. In armonia con ciò il Figlio di Dio dovette scendere dal cielo perché potessero adempiersi le promesse del suo Padre celeste. A tal fine dovette nascere in una razza odiata in tutto il mondo, il popolo col quale Dio aveva stipulato un patto nazionale. Ma nonostante fosse un giudeo, il Figlio di Dio non fu bene accolto dalla maggioranza dei giudei, proprio come riferisce uno scrittore della sua vita terrena: “Egli è venuto nella sua casa, ma i suoi non l’hanno fatto entrare”. — Giov. 1:11.

      15. Che tipo di lavoro svolgeva Gesù a Nazaret, e questo significava forse servire come “ministro di quelli che sono circoncisi”?

      15 Perciò alla congregazione cristiana di Roma, i cui componenti non erano tutti giudei naturali, l’apostolo Paolo, un giudeo, scrisse: “Poiché io dico che Cristo divenne effettivamente ministro di quelli che sono circoncisi a favore della veracità di Dio, onde confermasse le promesse che Egli aveva fatte ai loro antenati, e affinché le nazioni glorifichino Dio per la sua misericordia”. (Rom. 15:8, 9a) A Nazaret di Galilea, in casa del suo padre putativo (il giudeo circonciso Giuseppe), Gesù crebbe e imparò il mestiere di falegname. Essendo nato nella tribù di Giuda, Gesù non apparteneva alla famiglia sacerdotale né alla tribù addetta ai lavori del tempio, i leviti. Per nascita non poteva entrare nelle file dei servitori del tempio a Gerusalemme. Ma Gesù, il Figlio di Dio, era venuto sulla terra semplicemente per fare il falegname sino alla morte? No! Perciò per poter divenire “ministro di quelli che sono circoncisi” doveva fare molto più che il lavoro di falegname come il suo padre putativo Giuseppe.

      16. Per poter servire una popolazione più vasta di quella di Nazaret, e non semplicemente come falegname, cosa fece Gesù?

      16 Se nella vita Gesù non avesse fatto altro che il falegname a Nazaret, certamente non avrebbe compiuto il ministero predetto. Perciò il suo Padre celeste, Geova Dio, lo spinse a intraprendere qualcosa di diverso, onde potesse diventare “ministro di quelli che sono circoncisi”, non solo dei suoi concittadini di Nazaret, ma dell’intera nazione. Di conseguenza all’età di trent’anni Gesù lasciò definitivamente il mestiere di falegname.

      17. Cosa comprendiamo paragonando l’opera svolta da Gesù dopo essere stato battezzato e unto con il servizio svolto dal sommo sacerdote giudeo nel tempio?

      17 Che tipo di opera intraprese Gesù dopo essere stato battezzato da Giovanni il Battezzatore, un levita, ed essere stato battezzato con lo spirito santo di Dio? Fu un servizio inferiore a quello svolto dai sacerdoti e dai leviti del tempio, che erano effettivi “ministri” di Dio a Gerusalemme? Certamente chiunque conosca i fatti riconoscerà che egli intraprese un servizio ufficiale, un “ministero”, e non fece una semplice professione di fede. Secondo le parole della Versione Riveduta della Bibbia, “Cristo è stato fatto ministro de’ circoncisi a dimostrazione della veracità di Dio, per confermare le promesse fatte ai padri”. (Rom. 15:8) Innegabilmente egli svolgeva un servizio nazionale, assolveva un incarico ministeriale, non per nomina dell’uomo ma per nomina di Dio, il Sovrano Universale. Ciò che Gesù fece dopo aver cambiato occupazione sulla terra fu di gran lunga più importante del servizio religioso svolto dal sommo sacerdote giudeo a Gerusalemme.

      18. Pur non essendo riconosciuto come “ministro” da nessuna nazione terrena, perché Gesù divenne “ministro di quelli che sono circoncisi”?

      18 Gesù Cristo, come non avrebbe potuto svolgere alcun servizio religioso a Gerusalemme mettendosi in tal modo a competere con i sacerdoti e i leviti che vi si trovavano, non avrebbe potuto né voluto compiere servizi religiosi in qualsiasi tempio delle nazioni non giudaiche, a Roma, ad Atene o altrove. Eppure per amore della veracità di Dio fu obbligato a divenire “ministro di quelli che sono circoncisi”. Perché? Perché doveva ‘confermare le promesse che Dio aveva fatte ai loro antenati’, che erano ebrei e non gentili. Per esempio, il loro ‘antenato’ Abraamo aveva avuto molti figli da tre donne, ma Dio aveva scelto l’unico figlio di Abraamo nato dalla prima moglie, Sara, perché ricevesse la promessa abraamica. Questo figlio si chiamava Isacco. A sua volta Isacco ebbe due figli, ma Dio scelse il gemello minore, Giacobbe (in seguito chiamato Israele), perché trasmettesse la promessa abraamica relativa al “seme” per mezzo del quale sarebbero state benedette tutte le nazioni della terra. A suo tempo i dodici figli di Giacobbe diedero origine alle dodici tribù d’Israele, nazione con cui Dio stipulò un patto nazionale tramite il profeta Mosè quale mediatore.

      19. Perché Gesù non nacque nella tribù di Levi, e chi ne accolse con gioia la nascita sulla terra, e in che città?

      19 Successivamente, dopo che la nazione di Israele ebbe scelto di avere un re umano quale visibile rappresentante di Geova, Egli fece la Sua regale promessa al re Davide, della tribù di Giuda. Quindi il promesso Messia o Cristo sarebbe dovuto nascere nella famiglia di Davide. Per questo motivo Gesù, quale erede davidico, nacque a Betleem, città natale di Davide, dalla vergine giudea Maria. Celesti angeli ne accolsero con gioia la nascita sulla terra. Perciò il celeste Figlio di Dio non poteva che nascere giudeo. Le inviolabili promesse di Dio suo Padre dovevano essere confermate, mostrate veraci. Dio non poteva mentire.

      20. Sebbene Gesù divenisse uno di “quelli che sono circoncisi”, cos’era in serbo per le nazioni non giudaiche, e perché?

      20 Gesù fu ben lieto di cooperare col suo Padre celeste. Perciò “divenne effettivamente ministro di quelli che sono circoncisi”. Anch’egli fu circonciso come loro. Per tre anni e mezzo dopo la morte e la risurrezione di Gesù, ai circoncisi giudei fu riservato un trattamento di favore. Ma anche gli incirconcisi gentili o non giudei stavano per essere accolti nella teocratica organizzazione di Geova, a conferma delle inviolabili promesse di Geova agli uomini.

  • “Rallegratevi, o nazioni, col suo popolo”
    La Torre di Guardia 1981 | 1° dicembre
    • “Rallegratevi, o nazioni, col suo popolo”

      1. Perché gli ebrei che ancora osservano la legge di Mosè non sono il “popolo” col quale tutte le nazioni sono invitate a ‘rallegrarsi’?

      CHI è il “popolo” col quale tutte le nazioni sono invitate a ‘rallegrarsi’? (Rom. 15:10) Non è il popolo ebraico. I giudei naturali che ancora cercano di osservare la legge di Mosè sono stati odiati e perseguitati nei 1.900 anni trascorsi dal 70 E.V., anno in cui le legioni romane al comando del generale Tito distrussero l’antica Gerusalemme. Fatto strano, nemmeno i giudei naturali si sono rallegrati col “suo popolo”, il popolo di Geova. Era stato il profeta ebreo Mosè, al termine di un cantico ispirato cantato nell’anno 1473 a.E.V., a dire: “Siate liete, o nazioni, col suo popolo, poiché egli vendicherà il sangue dei suoi servitori, e farà vendetta sui suoi avversari e in realtà farà espiazione per la terra del suo popolo”. — Deut. 32:43.

      2. Quando cominciò ad aver luogo il trasferimento dei seguaci di Gesù “dall’autorità delle tenebre . . . nel regno del Figlio del suo amore”?

      2 Verso il 56 E.V., quando Paolo citò queste parole di Mosè e le applicò, era passato diverso tempo dalla morte, risurrezione e ascensione di Gesù al cielo nel 33 E.V. Dalla Pentecoste di quell’anno il “suo popolo”, il popolo di Geova, erano i dedicati e battezzati discepoli di Gesù Cristo generati con lo spirito. Anni dopo, verso il 60/61 E.V., Paolo scrisse ai colossesi che appartenevano al “popolo” di Geova e disse: “[Ringraziate Geova,] il Padre che vi ha messi in grado di partecipare all’eredità dei santi nella luce. Egli ci ha liberati dall’autorità delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore”. (Col. 1:12, 13, Traduzione del Nuovo Mondo, ediz. inglese del 1971) Questo trasferimento cominciò nel giorno giudaico della Pentecoste (6 sivan) del 33 E.V., dopo il ritorno di Gesù in cielo.

      3. Con quel trasferimento nel regno spirituale del diletto Figlio di Dio, cosa divennero essi in relazione al Re?

      3 Quel giorno il Padre celeste, tramite il suo glorificato Figlio regale, versò il suo spirito santo prima sui circa 120 discepoli in attesa a Gerusalemme. Così furono trasferiti da sotto l’autorità delle tenebre del mondo al regno spirituale di Gesù Cristo, il diletto Figlio di Dio, la “luce del mondo”. (Giov. 8:12) Quel regno spirituale fu istituito da Geova Dio, e in esso Gesù Cristo, quale re spirituale, presta servizio in qualità di ministro di stato di Geova. Nel compiere questo ministero egli impiega i suoi discepoli generati con lo spirito che sono sulla terra come “ambasciatori in sostituzione di Cristo”. (II Cor. 5:20) Secondo le parole della Versione Riveduta (VR), essi sono “ambasciatori per Cristo”. Tali ambasciatori hanno effettivamente un ministero, svolgono un servizio governativo.

      4. (a) Da chi è composto quindi il “popolo” di Dio col quale le nazioni devono ‘rallegrarsi’? (b) A motivo di che cosa le nazioni gentili devono glorificare Dio?

      4 È con questi ambasciatori che tutte le nazioni non composte di israeliti spirituali devono ‘rallegrarsi’. Per cosa? Il ministro e ambasciatore cristiano Paolo dà la risposta quando, scrivendo alla congregazione di Roma, dice: “Cristo divenne effettivamente ministro di quelli che sono circoncisi [i giudei naturali] a favore della veracità di Dio, onde confermasse le promesse che Egli aveva fatte ai loro antenati, e affinché le nazioni glorifichino Dio per la sua misericordia”. (Rom. 15:8, 9a) Quale misericordia aveva mostrato Dio alle “nazioni” gentili?

      5. (a) Quale fu la “misericordia” di Dio verso gli incirconcisi gentili? (b) Quando e con chi ebbe inizio tale “misericordia”, con quale concessione?

      5 Nel primo secolo E.V. questa era stata la “misericordia” di Dio: Geova Dio aveva concesso agli incirconcisi gentili [persone delle nazioni] di beneficiare delle “promesse” che egli aveva fatte agli antenati dei circoncisi giudei. Nel caso degli incirconcisi non giudei, questo cominciò nel 36 E.V., quando a Cesarea il centurione romano Cornelio, la sua famiglia e i suoi amici accettarono il ministero dell’apostolo Pietro, furono unti con lo spirito santo di Dio e quindi battezzati. (Atti, cap. 10) Non sappiamo se Cornelio e la sua famiglia abbiano poi lasciato Cesarea per tornare in Italia e divenire membri della congregazione di Roma, fino ad allora composta da circoncisi credenti giudei e forse da “proseliti” giudei. (Atti 2:1-10) Ma da quel momento in poi Dio mostrò “misericordia” ai credenti gentili battezzati accogliendoli nel “regno” spirituale del suo diletto Figlio, nonostante fossero incirconcisi.

      6. (a) Ai giorni di Paolo la “misericordia” di Dio consisté nel permettere alle nazioni di entrare a far parte di che cosa? (b) Perché coloro che ricevono la “misericordia” di Dio non possono essere ministri dei governi del mondo?

      6 In questo modo le “nazioni”, sia che si trattasse di circoncisi samaritani, circoncisi egiziani, o incirconcisi non giudei, ebbero il privilegio di poter entrare a far parte del ‘seme di Abraamo’ per mezzo del quale tutte le famiglie della terra si benediranno. (Gen. 12:3; 22:15-18; Gal. 3:3-29) Pur essendo al presente nel regno spirituale del Figlio dell’amore di Dio, tutti quelli che si mostrano fedeli fino alla morte terrena saranno risuscitati nel celeste regno di Dio. Lì regneranno con Cristo per mille anni, al fine di benedire tutte le famiglie della terra. (Riv. 20:4-6) Nel frattempo, mentre sono ancora in carne ed ossa sulla terra, hanno il compito di svolgere il loro “ministero” in veste di “ambasciatori in sostituzione di Cristo”, impegnandosi nel “ministero della parola” riguardante il regno di Geova retto da Cristo. Per questo motivo non possono coerentemente diventare ministri dei regni politici di questo mondo dominato dal Diavolo. — Atti 6:4.

      PUBBLICO RICONOSCIMENTO FRA LE NAZIONI

      7. Che posizione assumono questi “ambasciatori” nei confronti dei conflitti del mondo, e perché continuano a rallegrarsi e invitano altri ad unirsi loro in questo?

      7 Gli “ambasciatori” del Regno assumono un atteggiamento di stretta neutralità nei confronti dei conflitti mondani. Sanno che agli inizi dell’autunno del 1914, mentre era in corso il terzo mese della prima guerra mondiale, finirono i “Tempi dei Gentili” o “fissati tempi delle nazioni”. (Luca 21:24; confronta VR). In quel tempo scadde il permesso concesso alle nazioni gentili di esercitare il dominio mondiale. Tali nazioni mondane, incluse quelle della cristianità, si rifiutano ostinatamente di riconoscere questo fatto. Perciò si oppongono ai cristiani testimoni di Geova, che richiamano l’attenzione su ciò, e li perseguitano. Tutta questa persecuzione era predetta nelle profezie bibliche. Nonostante ciò, gli “ambasciatori” dello stabilito regno di Dio continuano a rallegrarsi. Invitano le persone di tutte le nazioni a rallegrarsi con loro e a unirsi loro nell’annunciare il regno che Dio ha posto sulle spalle di Gesù Cristo.

      8. (a) Quando è iniziato il radunamento di una “grande folla” dalla parte dello stabilito regno di Dio? (b) Cosa comprendono chiaramente e di quale misericordiosa concessione desidererebbero beneficiare?

      8 Dalla primavera del 1935 (maggio) una “grande folla” di persone di tutte le nazioni ha cominciato a rallegrarsi col “popolo” unto con lo spirito di Geova, gli eredi del suo celeste regno. Le felici persone di ogni nazionalità che compongono questa “grande folla” desiderano vivamente diventare sudditi terreni del millenario regno di Dio retto da Cristo. (Riv. 7:9-17; 22:17) Comprendono chiaramente che nel 1914, alla fine dei Tempi dei Gentili, “il regno del mondo è divenuto il regno del nostro Signore [Geova] e del suo Cristo, ed egli regnerà nei secoli dei secoli”. (Riv. 11:15) Si rendono conto che viviamo nel tempo in cui avverrà il passaggio dai condannati governi politici di questo mondo al millenario regno del Messia o Cristo di Dio. Sarebbero molto felici di sopravvivere a questo periodo di transizione e, senza dover morire, entrare in quel nuovo ordine sulla terra, sotto il regno messianico. Ciò sarebbe per loro un grande atto di “misericordia” da parte di Geova Dio.

      9. (a) I componenti dell’internazionale “grande folla” hanno agito in base a quale invito, e come lo hanno simboleggiato? (b) Come persone simili a pecore, in che modo hanno fatto del bene ai “fratelli” spirituali di Cristo in questo termine del sistema di cose?

      9 Sì, anche il fatto che “questa buona notizia del regno” sia stata “predicata in tutta la terra abitata, in testimonianza a tutte le nazioni”, e che l’abbiano udita, è stato un particolare atto di “misericordia”. (Matt. 24:14) Dalla primavera del 1935 quelli che compongono la “grande folla” si sono valsi della “misericordia” di Dio accogliendo l’invito a dedicarsi a Geova Dio mediante Cristo e simboleggiando la loro dedicazione col battesimo in acqua. La parabola di Gesù circa le pecore e i capri, riportata in Matteo 25:31-46, mostra che ora, al “termine del sistema di cose”, essi devono fare del bene ai suoi eletti, ai suoi fratelli spirituali. (Matt. 24:3, 31) Questo include che aiutino i “fratelli” spirituali di Cristo a predicare “questa buona notizia del regno” fino allo scoppio della “grande tribolazione”, la quale sarà senza precedenti. (Matt. 24:14-22) Cooperando col rimanente degli “ambasciatori in sostituzione di Cristo”, essi vengono a trovarsi in una nuova condizione.

      10. In quale nuova condizione è entrata la “grande folla”, e quale servizio rende insieme agli “ambasciatori in sostituzione di Cristo”?

      10 La “grande folla” di persone simili a pecore che in segno di approvazione sono radunate alla destra di Cristo presta servizio col compito di inviati di Cristo nel sacro servizio del suo regno. Ricevono un “ministero” da svolgere per conto di un governo reale, “il regno dei cieli”. Con il glorioso servizio che rendono insieme agli “ambasciatori” del Regno, essi mostrano la loro gratitudine a Geova Dio.

      PREDETTA L’ALLEGREZZA DELLE NAZIONI

      11. Chi è Colui al cui nome Davide disse che avrebbe innalzato melodie, e che descrizione ce ne fa?

      11 Spiegando che le nazioni sarebbero venute a ‘glorificare Dio per la sua misericordia’, l’apostolo Paolo cita il salmista Davide, e dice: “Come è scritto: ‘Per questo ti riconoscerò apertamente fra le nazioni e innalzerò melodie al tuo nome’”. (Sal. 18:49; II Sam. 22:50; Rom. 15:9b) L’ispirato salmista descrisse chi era Colui al cui nome avrebbe innalzato melodie: “Colui che fa grandi atti di salvezza per il suo re ed esercita amorevole benignità verso il suo unto, verso Davide e il suo seme a tempo indefinito”. — II Sam. 22:51.

      12. (a) In che modo Gesù, quand’era sulla terra come uomo, ‘riconobbe apertamente’ Geova fra le nazioni? (b) In quale regione il risuscitato Gesù diede istruzioni ai suoi discepoli circa il loro compito di “ambasciatori”?

      12 Il più grande Davide, Gesù Cristo, non ebbe molte occasioni per ringraziare e lodare Geova Dio fra le nazioni gentili quand’era sulla terra come uomo perfetto. Tuttavia parlò del Regno a certi samaritani e a una donna sirofenicia la cui figlia egli aveva liberata da un demonio. Inoltre gran parte della sua predicazione si svolse in quella che Isaia 9:1 chiama “Galilea delle nazioni”. Lì a Capernaum, situata sul Mar di Galilea, egli stabilì il quartier generale della sua campagna di predicazione del Regno. (Matt. 4:12-15) Dopo la sua risurrezione dai morti, fu nella “Galilea delle nazioni” che disse ai discepoli quali “ambasciatori in sostituzione di Cristo”: “Andate dunque e fate discepoli delle persone di tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello spirito santo, insegnando loro ad osservare tutte le cose che vi ho comandate”. — Matt. 28:19, 20.

      13. (a) In che giorno e in che modo ai discepoli in attesa a Gerusalemme fu affidato il ministero di ambasciatori? (b) Dove cominciarono a ‘riconoscere’ pubblicamente Geova fra le nazioni?

      13 Alcuni giorni dopo che il risuscitato Gesù ebbe dato questo incarico ai suoi discepoli battezzati, ci fu la Pentecoste del 33 E.V. Quel giorno, di buon mattino, il glorificato Gesù trasmise lo spirito santo di Geova Dio a circa 120 discepoli riuniti a Gerusalemme. Come risultato della predicazione da loro svolta quel giorno, circa 3.000 giudei e proseliti accettarono la buona notizia del Regno e furono battezzati in acqua. In seguito questi che avevano ricevuto lo spirito santo intrapresero l’opera di ambasciatori in sostituzione di Cristo. Quando a Gerusalemme scoppiò la persecuzione, alcuni cominciarono a ‘riconoscere apertamente’ Geova fra i samaritani, e successivamente fra gli incirconcisi gentili di nazionalità romana e di altri paesi. Sentendo riconoscere e lodare apertamente Geova fra loro, persone di ogni nazionalità potevano invocare il suo nome mediante Cristo per ricevere la misericordiosa salvezza.

      14. Cosa citò quindi l’apostolo Paolo da Deuteronomio 32:43, per cui cosa doveva fare il popolo di Geova?

      14 L’apostolo Paolo cita altre profezie a sostegno del suo argomento: “E di nuovo dice: ‘Rallegratevi, o nazioni, col suo popolo’”. (Rom. 15:10; Deut. 32:43) Ma come potevano persone di tutte le nazioni rallegrarsi col “popolo” di Geova se prima non sentivano parlare di Lui? Perciò quelli che appartenevano al “suo popolo” dovevano predicare loro il regno messianico. — Rom. 10:13-15.

      15. Affinché le nazioni possano accogliere l’invito di Salmo 117:1, citato da Paolo, quale azione deve essere compiuta e da parte di chi?

      15 L’apostolo Paolo fa altri riferimenti alle Scritture riportando ciò che Geova aveva detto tramite il Suo ispirato portavoce: “E di nuovo: ‘Lodate Geova, nazioni tutte, e tutti i popoli lo lodino’”. (Rom. 15:11; Sal. 117:1) Sì, è facile a dirsi, ma come possono farlo tutte le nazioni, i popoli e le tribù a meno che non parliamo loro di Geova e non spieghiamo perché dev’essere lodato? Di conseguenza è necessario predicare in tutto il mondo il suo regno retto da Cristo. Questo è il “ministero” affidato al rimanente degli eredi del Regno e alla “grande folla” di loro collaboratori. — Riv. 7:9-17.

      16. Come si adempirà la citazione che Paolo fa di Isaia 11:10 circa la “radice di Iesse”?

      16 L’apostolo Paolo cita una quarta testimonianza a sostegno del suo argomento: “E di nuovo Isaia dice: ‘Vi sarà la radice di Iesse, e uno che sorgerà per governare le nazioni; in lui le nazioni riporranno la loro speranza’”. (Rom. 15:12; Isa. 11:10) Iesse di Betleem era il padre di Davide, cioè di colui che Geova aveva costituito re sulle dodici tribù d’Israele. Davide non poteva essere “radice” di vita per suo padre. Perciò la vera “radice di Iesse” doveva essere Gesù Cristo, che nacque a Betleem dalla tribù reale di Giuda, la stessa tribù di Iesse. Gesù diverrà una “radice” vivificante per il suo antenato terreno Iesse risuscitando dai morti sia lui che suo figlio Davide durante il suo regno millenario. — Riv. 22:16.

      17. Chi è dunque la “radice di Iesse” in cui le nazioni possono riporre la loro speranza?

      17 Davide ‘governò nazioni’ dopo aver soggiogato le nazioni non giudaiche rimaste nella terra promessa. Ma Davide è morto dal 1037 a.E.V., e gli abitanti delle nazioni non possono riporre speranza in lui. Felicemente possono riporre la loro speranza nel più grande Davide attualmente regnante, Gesù Cristo, “la radice e la progenie di Davide”. (Riv. 22:16) L’aver riposto speranza in lui, l’antitipico Davide, non si mostrerà vano.

      18. Fra tutte le nazioni, chi ha già riposto speranza in quel promesso Governante, e su chi egli governa già?

      18 Dal 1935 centinaia di migliaia di appartenenti alla “grande folla” di ogni nazione, tribù, popolo e lingua hanno riposto la loro speranza nel Dominatore che non li deluderà. Lo dimostrano ubbidendo al suo comando di predicare “questa buona notizia del regno . . . in tutta la terra abitata, in testimonianza, a tutte le nazioni”. (Matt. 24:14) Anche la speranza di tutte le persone delle nazioni decedute da che il mortifero peccato invase il genere umano poggia sul regnante re celeste Gesù Cristo. Dalla sua intronizzazione, avvenuta nel 1914 alla fine dei Tempi dei Gentili, egli governa già su persone credenti e piene di speranza che provengono da tutte le nazioni. Ma deve ancora governare su moltissimi altri dopo la risurrezione di tutti i redenti dell’umanità.

      19. I credenti di ogni nazionalità hanno quindi valide ragioni per abbondare nella speranza e per rallegrarsi?

      19 Ci sono quindi buone ragioni perché persone di tutte le nazioni ‘si rallegrino’ col “popolo” di Geova, gli israeliti spirituali? Sì, ottime ragioni! Com’è quindi appropriata la bella benedizione con cui Paolo termina le sue citazioni dalle profezie: “L’Iddio che dà speranza vi empia di ogni gioia e pace mediante il vostro credere, affinché abbondiate nella speranza col potere dello spirito santo”. (Rom. 15:13) Al di là di qualsiasi obiezione, questa ispirata preghiera si sta adempiendo su tutti i cristiani testimoni di Geova in ogni parte del mondo. L’avverarsi delle profezie bibliche indica che la nostra splendida speranza sta per realizzarsi. “Rallegratevi”!

      “Chi mostra perspicacia in una faccenda troverà bene, e felice è chi confida in Geova”. — Prov. 16:20.

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