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  • Ofel
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • proporzioni; in questo senso ricorre sia nella Bibbia che nella Stele Moabita (“Ho costruito . . . le mura dell’Ofel”). Una forma dello stesso termine si riferisce al gonfiore o dilatazione delle vene che si manifesta con le emorroidi. — Deut. 28:27; I Sam. 5:6, 9, 12; 6:4, 5.

      A Gerusalemme o nei dintorni c’era un particolare rilievo o colle chiamato ha-‘Òphel, cioè l’Ofel. Le indicazioni scritturali come pure le osservazioni di Giuseppe Flavio pongono l’Ofel all’estremità SE del Moria. (II Cron. 27:3; 33:14; Nee. 3:26, 27; 11:21) Nel I secolo E.V. Giuseppe Flavio disse che l’Ofel si trovava dove le mura a E “si congiungevano col colonnato orientale del Tempio”. L’Ofel era evidentemente una sporgenza del terreno che si allungava verso E dall’estremità SE della collina del tempio di Gerusalemme.

      Le mura e la sua posizione prospiciente la valle del Chidron rendevano l’Ofel quasi inespugnabile. Tuttavia Isaia profetizzò che l’“Ofel”, evidentemente quello di Gerusalemme, sarebbe diventato ‘campagna spoglia’. — Isa. 32:14; confronta il riferimento alla torre e alla “collina” (‘Òphel) in Michea 4:8.

  • Offerte
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    • Offerte

      Fin dai primissimi tempi gli uomini hanno fatto offerte a Dio. Il primo caso documentato è quello di Caino, figlio maggiore di Adamo, che offrì le primizie della terra, e del figlio minore Abele, che offrì i primi nati del gregge. Evidentemente il comportamento e i motivi dei due fratelli erano diversi, dato che Dio approvò l’offerta di Abele mentre non accolse con favore quella di Caino. (Più tardi il patto della Legge avrebbe previsto offerte sia di animali che di cereali). È chiaro che Abele aveva fede nella divina promessa di liberazione per mezzo del seme promesso (Gen. 3:15) e riconosceva la necessità di sacrificare una vita per la redenzione dal peccato. Sapendo di essere peccatore, fu spinto dalla fede a presentare un’offerta che richiedeva spargimento di sangue, prefigurando in tal modo il vero sacrificio per i peccati, quello di Gesù Cristo. — Gen. 4:1-4; Ebr. 11:4.

      NELLA SOCIETÀ PATRIARCALE

      Il capofamiglia Noè, appena uscito dall’arca, offrì a Geova un sacrificio di ringraziamento dall’“odore riposante” (che placava, calmava), dopo il quale Geova fece il patto dell’“arcobaleno” con Noè e la sua progenie. (Gen. 8:18-22; 9:8-16) Leggiamo che in seguito i fedeli patriarchi facevano offerte a Geova. (Gen. 8:20; 31:54) Giobbe, come capofamiglia, fungeva da sacerdote per la propria famiglia, e offriva olocausti a Dio a loro favore. (Giob. 1:5) Il più notevole e significativo degli antichi sacrifici fu quello di Abraamo che, per ordine di Geova, fu sul punto di sacrificare Isacco. Geova, vista la fede e l’ubbidienza di Abraamo, benignamente provvide un montone al posto del figlio. L’azione di Abraamo prefigurò l’offerta dell’unigenito Figlio Gesù Cristo da parte di Geova. — Gen. 22:1-14; Ebr. 11:17-19.

      SOTTO LA LEGGE

      I sacrifici comandati sotto il patto della Legge additavano tutti Gesù Cristo e il suo sacrificio futuro, o i benefici che ne sarebbero derivati. (Ebr. 8:3-5; 9:9; 10:5-10) Come Gesù Cristo era un uomo perfetto, così tutti i sacrifici animali dovevano essere fatti con esemplari sani, senza difetto. (Lev. 1:3, 10; 3:1) Le varie offerte venivano fatte sia per gli israeliti che per i residenti temporanei che adoravano Geova. — Num. 15:26, 29.

      Olocausti

      Gli olocausti (offerte completamente bruciate) erano offerti per intero a Dio; nessuna parte dell’animale era trattenuta dall’adoratore. (Confronta Giudici 11:30, 31, 39, 40). Costituivano una supplica a Geova affinché accettasse, o indicasse di gradire, l’offerta per il peccato che a volte li accompagnava. Come “olocausto” Gesù Cristo diede tutto se stesso. Alcuni aspetti di tali offerte erano:

      I Venivano presentate regolarmente: Ogni mattina e sera (Eso. 29:38-42; Lev. 6:8-13; Num. 28:3-8); ogni sabato (Num. 28:9, 10); il primo giorno del mese (Num. 10:10); a Pasqua e nei sette giorni dei pani non fermentati (Lev. 23:6-8; Num. 28:16-19, 24); il giorno di espiazione (Lev. 16:3, 5, 29, 30; Num. 29:7-11); a Pentecoste (Lev. 23:16-18; Num. 28:26-31); ogni giorno della festa delle capanne. (Num. 29:12-39)

      II Altre occasioni: Alla consacrazione del sacerdozio (Lev. 8:18-21; vedi INSEDIAMENTO); all’insediamento dei leviti (Num. 8:6, 11, 12); quando si stipulavano patti (Eso. 24:5; vedi PATTO); con le offerte di comunione e con certe offerte per il peccato e per la colpa (Lev. 5:6, 7, 10; 8:18; 16:3, 5); quando si facevano voti (Num. 15:3, 8); in relazione alle purificazioni. (Lev. 12:6-8; 14:2, 30, 31; 15:13-15, 30)

      III Animali offerti e procedimento: Tori, montoni, capri, tortore o piccioni. (Lev. 1:3, 5, 10, 14) Se si trattava di un animale, l’offerente gli metteva la mano sulla testa (riconoscendo l’offerta come sua, fatta per lui, a suo favore). (Lev. 1:4) L’animale veniva ucciso; il sangue veniva spruzzato sull’altare dell’olocausto (Lev. 1:5, 11); l’animale veniva spellato e tagliato nelle varie parti; gli intestini (nessun rifiuto veniva bruciato sull’altare) e le zampe venivano lavati; la testa e le altre parti venivano tutte sistemate sull’altare (il sacerdote officiante riceveva la pelle [Lev. 7:8]). (Lev. 1:6-9, 12, 13) Se si trattava di un volatile, venivano tolti gozzo e penne, la testa e il resto venivano bruciati sull’altare. (Lev. 1:14-17)

      Offerte di comunione (offerte di pace)

      Le offerte di comunione gradite a Geova erano segno di pace con lui. L’adoratore e la sua famiglia vi prendevano parte (nel cortile del tabernacolo; secondo una tradizione, capanne erano state erette tutt’intorno all’interno della cortina che circondava il cortile; nel tempio c’erano sale da pranzo). Il sacerdote officiante riceveva una porzione, e il sacerdote in servizio un’altra porzione. A Geova Dio in effetti andava il piacevole odore del grasso bruciato, e il sangue che, rappresentando la vita, apparteneva a lui. Perciò era come se i sacerdoti, gli adoratori e Geova consumassero insieme un pasto, segno che fra loro c’erano rapporti pacifici. Chi vi avesse partecipato pur essendo impuro (per qualsiasi impurità menzionata nella Legge) o avesse mangiato la carne dopo che era stata conservata oltre il tempo prescritto (in un clima caldo cominciava ad andare a male) doveva essere stroncato dal suo popolo. (Lev. 7:20, 21) Essendo impuro lui stesso o mangiando quello che era ripugnante agli occhi di Geova Dio, contaminava o profanava il pasto e mostrava mancanza di rispetto per le cose sacre. — Lev. 7:16-19; 19:5-8; vedi PASTO SERALE DEL SIGNORE.

      Nell’offerta di rendimento di grazie, che era un’offerta di comunione alla lode di Dio per i suoi provvedimenti e la sua amorevole benignità, si mangiava carne e pane sia lievitato che senza lievito. L’adoratore celebrava dunque l’occasione consumando quello che si potrebbe definire “cibo quotidiano”. (Tuttavia il pane lievitato non veniva mai posto sull’altare per essere offerto a Dio). Inoltre in questa espressione di grazie e lode a Dio la carne si doveva consumare quel giorno, non l’indomani. (In altre offerte di comunione la carne si poteva mangiare il secondo giorno). (Lev. 7:11-15) Questo ricorda la preghiera che Gesù Cristo insegnò ai suoi seguaci: “Dacci oggi il nostro pane per questo giorno”. — Matt. 6:11.

      Alcuni aspetti delle offerte di comunione:

      I Occasioni: Quando si stipulavano patti (Eso. 24:5); periodi festivi e inizio di ogni mese (Num. 10:10; Eso. 12:2-14; Lev. 23:15-19; Num. 29:39), e altre occasioni.

      II Scopi: Ottenere l’approvazione di Dio; anche implorazione o supplica a Dio in momenti di sventura. (Lev. 19:5; Giud. 20:26; 21:4; I Sam. 13:9; II Sam. 24:25)

      III Animali usati e procedimento: Bovini, pecore, capre maschi o femmine (non volatili, considerati insufficienti per costituire un pasto sacrificale). (Lev. 3:1, 6, 12) L’offerente metteva la mano sulla testa dell’animale; l’animale veniva ucciso; il sacerdote spruzzava il sangue sull’altare dell’olocausto (Lev. 3:2, 8, 13); il grasso (inclusa la coda grassa della pecora) veniva posto sull’altare dell’olocausto (Lev. 3:3-5, 9); il petto andava ai sacerdoti, la zampa destra al sacerdote officiante. (Eso. 29:26, 28; Lev. 7:28-36)

      IV Genere: Rendimento di grazie o lode; voti (vedi Numeri 6:13, 14, 17); offerte volontarie.

      Offerte per il peccato

      Tutte per peccati involontari, commessi per debolezza della carne imperfetta, non “con mano levata”, vale a dire non apertamente, con arroganza o “deliberatamente”. (Num. 15:30, 31, NM e NW, ed. 1953, nota in calce) Si facevano vari sacrifici animali, dal toro al piccione, secondo la posizione e situazione di colui (o coloro) il cui peccato si doveva espiare. Si noti che i peccati menzionati in Levitico capitolo 4 riguardano persone che hanno fatto una “delle cose che Geova comanda di non fare” e perciò si sono rese colpevoli. (Lev. 4:2, 13, 22, 27) Circa le offerte per il peccato del giorno di espiazione, vedi ESPIAZIONE, GIORNO DI. Alcune occasioni e aspetti delle offerte per il peccato sono:

      I Per un peccato del sommo sacerdote la cui colpa fosse ricaduta sulla popolazione (Lev. 4:3): Il sommo sacerdote portava un toro e gli metteva la mano sulla testa; il toro veniva ucciso; il sangue veniva portato nel Santo e spruzzato davanti alla cortina; parte del sangue veniva spalmato sui corni dell’altare dell’incenso; il resto era versato alla base dell’altare dell’olocausto; il grasso (come nelle offerte di comunione) veniva bruciato sull’altare dell’olocausto (Lev. 4:4-10) e l’animale (pelle inclusa) veniva bruciato in luogo puro fuori della città, dove si metteva la cenere dell’altare. (Lev. 4:11, 12)

      II Per un peccato dell’intera assemblea (peccato commesso dai capi [anziani] o dall’assemblea, di cui i capi non fossero al corrente) (Lev. 4:13): La congregazione portava un toro; gli anziani gli mettevano le mani sulla testa; uno lo uccideva; il resto del procedimento era come quello seguito per un peccato del sommo sacerdote. (Lev. 4:14-21)

      Un peccato commesso dal sommo sacerdote in carica e in qualità di rappresentante dell’intera nazione davanti a Geova faceva ricadere la colpa sull’intera assemblea. Poteva trattarsi di un errore nel giudicare o nell’applicare la Legge, oppure nel trattare una questione d’importanza nazionale. Per questo peccato o per un peccato dell’intera assemblea era richiesto il sacrificio di maggior valore, cioè quello di un toro.

      Nelle offerte per il peccato di singoli il sangue non veniva portato oltre l’altare. Tuttavia fra Geova e l’intera nazione come un “popolo santo” a Dio (non semplicemente con singoli individui) esisteva una relazione di patto. (Deut. 7:6-8) Perciò se si trattava di un peccato del sommo sacerdote o dell’intera assemblea, il sangue veniva portato anche nel Santo, il primo scompartimento del santuario, e veniva spruzzato davanti alla cortina, dall’altra parte della quale, nel Santissimo, ‘dimorava’ Geova, com’era rappresentato dall’Arca del patto. (Solo nelle offerte per il peccato compiute regolarmente nel giorno di espiazione il sangue veniva portato nel secondo compartimento, il Santissimo. [Lev. cap. 16]). Nessun sacerdote poteva mangiare parte delle offerte il cui sangue veniva portato nel Santo, perché l’offerta era per i peccati dell’intera nazione, sacerdoti inclusi. — Lev. 6:30.

      III Peccato di un capotribù: Si procedeva nello stesso modo, tranne che si usava un capro, e il sangue non veniva portato nel Santo; veniva messo sui corni dell’altare dell’olocausto; il resto veniva versato alla base di detto altare; il grasso si faceva fumare sull’altare (Lev. 4:22-26); i sacerdoti evidentemente ricevevano una porzione da mangiare, come nelle altre offerte per il peccato (Lev. 6:24-26, 29); i recipienti in cui si era bollita la carne dovevano essere strofinati (o frantumati, se di terracotta), affinché nulla della “cosa santissima” fosse profanato usando il recipiente per scopi ordinari, se mai parte del sacrificio vi fosse rimasta attaccata. (Lev. 6:27, 28)

      IV Peccato di un singolo israelita: Si usava una capretta o un’agnellina; si procedeva come per il peccato di un capotribù. (Lev. 4:27-35)

      Nel caso seguente, i peccati differivano dai precedenti in quanto il peccatore aveva commesso un errore e non aveva osservato ‘tutti i comandamenti di Dio’, quindi si trattava di un peccato di omissione. — Num. 15:22.

      V Per l’intera assemblea, si usava un capretto (Num. 15:23-26); per un singolo, una capretta che non aveva ancora un anno. (Num. 15:27-29)

      Sembra che nei casi in cui i sacerdoti dovevano mangiare parte dell’offerta per il peccato, mangiandone dovevano ‘rispondere per l’errore’ degli offerenti “in modo da far espiazione per loro dinanzi a Geova”, in virtù del loro santo incarico. — Lev. 10:16-18; 9:3, 15.

      Offerte per la colpa

      Anche le offerte per la colpa venivano fatte a motivo di un peccato, poiché ogni colpa è peccato. Si dovevano fare per particolari peccati di cui uno si fosse reso colpevole, ed erano un po’ diverse dalle altre offerte per il peccato in quanto sembra che servissero a fare ammenda o a ristabilire un diritto; infatti era stato

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