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L’ascensore, un sicuro mezzo di trasportoSvegliatevi! 1977 | 8 luglio
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L’ascensore, un sicuro mezzo di trasporto
PERMETTETE che mi presenti: sono l’ascensore. Sì, sono proprio quello che vi porta su e giù facendovi risparmiare decine e decine di gradini; sono tanto amato dalle persone anziane e un po’ meno da quelle giovani le quali, invece di usarmi, forse per mostrare la loro esuberanza giovanile preferiscono fare i gradini a due a due, facendomi sentire inutile.
Alcuni brevi cenni sulla mia nascita . . ., volevo dire sulla mia origine. Il sollevamento di pesi mediante mezzi meccanici a mano risale al tempo dell’Impero Romano, al 236 a.E.V. circa. A Vitruvio, architetto romano dell’epoca di Augusto, 26 a.E.V. circa, è attribuito il merito della descrizione dei primi dispositivi cui veniva applicata l’energia umana o animale o la forza dell’acqua. Il mio antenato più efficiente, a funzionamento idraulico, fu presentato all’Esposizione di Parigi nel 1867; il primo elettrico risale al 1880. Tuttavia mi fu possibile essere veramente utile all’umanità, col mio impiego negli edifici, solo grazie ai perfezionamenti apportati da vari tecnici, in particolare da uno Statunitense che introdusse i sistemi di sicurezza e i pulsanti di manovra, e da un Tedesco che realizzò l’ascensore elettrico del tipo oggi più comune.
Devo ammettere, tuttavia, che molti non mi vedono di buon occhio: alcuni hanno paura che possa stancarmi, e quindi fermarmi, prima di essere arrivato al piano desiderato. Ma tranquillizzatevi, questo non mi succede frequentemente se sono ben trattato, sia da voi che mi usate che da coloro che sono preposti al mio controllo. Questi ultimi fanno il loro lavoro molto bene, dato che dalle disposizioni vigenti è previsto che siano persone qualificate, munite di apposita patente per potermi periodicamente visitare con attenzione, come farebbe il vostro medico curante. Principalmente la visita, o il controllo, viene eseguita sui tanti dispositivi di sicurezza di cui sono fornito. È grazie a questi che posso dire di essere uno dei mezzi di trasporto più sicuri finora costruiti dall’uomo, anche se la maggior parte di voi può credere il contrario a causa di alcuni incidenti in cui di solito sono stato coinvolto involontariamente per l’imperizia o la leggerezza di coloro che mi manovravano.
Fidatevi di me! Non sono poi fatto tanto male e ve ne darò la prova se mi ascolterete.
La mia ossatura, o scheletro, è formata da consistenti travi di ferro, dove sono alloggiati dei pattini che mi permettono di scorrere nel vano di corsa su due robusti binari, o guide, di acciaio fresato, lungo i quali scivolo allegramente grazie a degli oliatori posti sopra la mia testa, scusatemi . . . sopra il tetto della cabina, oliatori che vengono costantemente riempiti.
Forse non lo sapevate, ma sono provvisto anche di paracadute, non certamente quello che di solito conoscete, cioè un grosso telo di seta, ma un congegno automatico che mi impedisce di cadere anche se dovessero spezzarsi le due o più corde di acciaio di cui sono provvisto. Questo avviene per mezzo di due rulli dentati che porto sempre con me e che al momento del bisogno faccio incastrare nelle guide, mordendole; quindi niente paura, non cado, ma se dovesse capitarmi di scivolare oltre, possiedo anche degli ammortizzatori a molla o idraulici, che mi fermano dolcemente.
Possiedo anche un complesso e sicuro sistema che mi permette di non muovermi, se questo dovesse costituire un pericolo per voi che mi state usando. Ciò vuol dire che se tutte le porte interne ed esterne non sono perfettamente chiuse, e se tutti gli apparecchi di sicurezza non sono efficienti, io testardamente non mi muoverò per portarvi su e giù. Quando questo succede voi siete costretti a salire o scendere le scale con la forza delle vostre gambe, mentre io me ne starò fermo, con un vistoso cartello che certamente avrete avuto occasione di vedere: “Fuori servizio”. In questi casi vi consiglio di non insistere nel chiamarmi o voler a tutti i costi aprire la porta, perché diventerebbe pericoloso per voi e per coloro che mi stanno controllando.
Se volete che svolga sempre il mio compito con zelo, vi prego di usarmi, la prossima volta che lo fate, in modo saggio, per evitarvi dei guai e affinché io possa funzionare in modo perfetto e continuo; questo significa: non forzare inutilmente le porte se io non sono al piano; se queste sono automatiche, evitate che gambe, braccia, carrozzelle, borse o altre cose vengano a trovarsi in mezzo ad esse quando stanno per chiudersi. Sarebbe per me come il dolore che provereste voi addentando accidentalmente una posata durante il pasto; molto spiacevole, non è vero?
Inoltre, se sono il tipo di ascensore installato negli edifici di abitazione, quando leggete l’indicazione “occupato”, è inutile che continuiate a chiamarmi con furia, come spesso fate, tanto io non vi sento. In quella condizione è come se fossi completamente sordo. Ancora, è inutile che cerchiate di aprire la porta scuotendomi, se io non vi do il segnale di “presente”: non si aprirebbe assolutamente, e questo è un bene per la vostra sicurezza oltre che per la mia dignità di mezzo di trasporto sicuro.
Negli uffici pubblici la mia fisionomia tecnica cambia alquanto e molto spesso siamo in due e ci dividiamo il lavoro; abbiamo in questo caso una memoria che ci permette di fare questo in modo ordinato e preciso, sempre se voi collaborate. Infatti, molte volte faticosamente mi fermo a un piano e non trovo nessuno perché avete già preso il mio gemello; sapete perché accade questo? Per la vostra fretta o perché mi conoscete poco; perciò la prossima volta che vedete una bottoniera con due frecce disposte una sull’altra in senso opposto, non spingetele tutt’e due, ma soltanto quella che indica il senso dove siete diretti; in questo modo io non farò viaggi inutili, non sprecherò energie e potrò sempre esser pronto quando veramente avete bisogno di me, evitandovi inutili attese.
Prima di salutarvi vorrei dire ancora qualcosa per rassicurarvi maggiormente sulla mia sicurezza. Difficilmente costituisco un pericolo in caso di incendio, in quanto che, prima di avere il permesso di portarvi su e giù, ho il piacere di ricevere la visita di una persona incaricata da appositi enti che mi controlla affinché non vi rechi danno se dovessi avere a che fare con il fuoco. Prima che sia rilasciato il certificato che mi permette di svolgere il mio lavoro in modo sicuro, il mio apparato viene infatti verificato per la prevenzione degli infortuni. Ah! dimenticavo. Se per caso mi dovessi fermare con voi a bordo, non vi innervosite, non siate impazienti; potreste commettere qualche stoltezza, come indica la scrittura biblica di Proverbi 14:29: “Chi è lento all’ira è abbondante in discernimento, ma chi è impaziente esalta la stoltezza”. Sì, potete rimanere calmi; vi do tutte le garanzie necessarie, tutto è “sotto controllo”: avete l’aria che filtra da apposite feritoie che potreste non vedere, ma che ci sono; inoltre, mancando la corrente, avete dell’energia elettrica in accumulatori che vi permette, spingendo l’apposito pulsante a vostra disposizione, di dare l’allarme al custode o all’incaricato.
Non abbiate timore di me; temete piuttosto alcuni uomini che a volte mi bloccano e vi assalgono a scopo di rapina, in questo mondo così malvagio come mai prima d’ora.
Rassicuratevi, sono veramente ciò che asserisco di essere: UN SICURO MEZZO DI TRASPORTO, e quindi, ora che mi conoscete più da vicino, spero che al nostro prossimo incontro mi tratterete meglio.
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Per me l’imprigionamento è stato una benedizioneSvegliatevi! 1977 | 8 luglio
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Per me l’imprigionamento è stato una benedizione
OTTENUTO il diploma della scuola superiore, mi impiegai presso la Banca Nazionale d’Etiopia, e divenni anche diacono nella Chiesa Greco-Ortodossa (copta). Infatti, ero fiero della mia conoscenza della Bibbia. Poi nel 1972 due testimoni di Geova vennero a casa nostra per parlare con me e mia moglie, e noi li invitammo a entrare per parlare delle Scritture. Mi lasciarono una copia del libro La Verità che conduce alla Vita Eterna, ma devo confessare che non lo lessi.
Al loro ritorno, si offrirono di iniziare uno studio biblico con me e la mia famiglia. Rifiutai, preferendo discutere certi soggetti che mi interessavano, come il battesimo e la Trinità. Nella mia chiesa si usava battezzare i neonati, i maschi a quaranta giorni, le femmine a ottanta giorni. Pensavo che i Testimoni avessero torto a non insegnare il battesimo dei neonati, ma, nonostante tutta la mia conoscenza della Bibbia, non potei dimostrare che fossero in errore.
Quando arrivammo all’insegnamento della Trinità, i Testimoni mi mostrarono I Corinti 15:28, dov’è detto che Gesù avrebbe consegnato il dominio al Padre. Non sapevo spiegare come questo fosse possibile e, nello stesso tempo, come potesse esser vero l’insegnamento della Trinità. Pensando che forse ero io a non capire bene l’argomento, menzionai questa scrittura e altre al sacerdote, che rappresentava la chiesa. Al che egli mi chiese immediatamente se avevo parlato con i Testimoni di Geova. “Sì”, gli risposi.
Egli replicò che i Testimoni stavano semplicemente riportando di moda gli insegnamenti di Ario, uno dei primi antitrinitari. Quando insistei per avere una risposta specifica alle scritture presentate, mi disse che aveva da fare e che avrei dovuto tornare più tardi per avere un appuntamento. Tornai quel giorno, solo per sentirmi dire che l’appuntamento era stato spostato a un altro giorno. Tornai più volte al suo ufficio senza poterlo vedere.
Sempre in attesa di incontrarmi con il sacerdote, decisi che non poteva venirmi nessun danno se assistevo alle adunanze dei Testimoni di Geova. Immaginate come mi sentii quando, dopo avere assistito alle adunanze per un mese soltanto, a un’adunanza dell’agosto 1972 arrivò la polizia e ci portò tutti in prigione! Erano stati i capi religiosi locali a istigarla a quest’azione di molestia.
In prigione, dove rimanemmo per un paio di settimane, potei vedere personalmente il vero amore che i discepoli di Cristo manifestano dal profondo del loro cuore. Tutti i Testimoni divisero in parti uguali ciò che avevano, e si mostrarono vera considerazione fra loro. Ci raparono, ciò che mi fece venire in mente l’umiliante trattamento inflitto dagli Ammoniti agli ambasciatori del re Davide. — 2 Sam. 10:1-5.
Le due settimane trascorse in prigione mi permisero di acquistare più conoscenza dei propositi di Geova Dio. Riflettei anche sull’odio (simile a quello manifestato contro Cristo e i suoi primi discepoli) che aveva spinto i capi religiosi locali a farci mettere in prigione.
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