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VeritàAusiliario per capire la Bibbia
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unto e poté compiere opere potenti. — Giov. 1:32-34; 10:37, 38; Atti 10:38; vedi SPIRITO.
LA PAROLA DI DIO È VERITÀ
La Parola di Dio presenta le cose come realmente sono, rivela gli attributi, i propositi e i comandi di Geova, e anche il vero stato di cose esistente fra gli uomini. La Parola di verità di Dio indica cosa ci vuole per essere santificati o resi santi, separati per il servizio di Geova, e per rimanere poi in una condizione di santità. Perciò Gesù poté pregare per i suoi seguaci: “Santificali per mezzo della verità; la tua parola è verità”. (Giov. 17:17; confronta Giacomo 1:18). La loro ubbidienza alla rivelata verità della Parola di Dio li portò alla santificazione, essendo la verità il mezzo mediante il quale purificarono la propria anima. (I Piet. 1:22) Così dimostrarono di non essere “parte del mondo” che non aderiva alla verità di Dio. — Giov. 17:16.
‘CAMMINARE NELLA VERITÀ’
Chi desidera avere l’approvazione di Dio deve camminare nella sua verità e servirlo in verità. (Gios. 24:14; I Sam. 12:24; Sal. 25:4, 5; 26:3-6; 43:3; 86:11; Isa. 38:3) Questo richiede di attenersi ai requisiti di Dio e di servirlo con fedeltà e sincerità. A una samaritana Gesù Cristo disse: “L’ora viene, ed è questa, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre con spirito e verità, poiché veramente, il Padre cerca tali adoratori. Dio è Spirito, e quelli che l’adorano devono adorarlo con spirito e verità”. (Giov. 4:23, 24) Questa adorazione non poteva essere frutto della fantasia, ma doveva conformarsi a ciò che è in armonia con l’effettivo stato di cose, secondo ciò che Dio ha rivelato di sé e dei suoi propositi.
Il cristianesimo è la “via della verità” (II Piet. 2:2), e coloro che aiutano altri promuovendo gli interessi del cristianesimo diventano “compagni d’opera nella verità”. (III Giov. 8) Tutto l’insieme degli insegnamenti cristiani, inclusi poi nella scritta Parola di Dio, è la “verità” o la “verità della buona notizia”. Per conseguire la salvezza è indispensabile attenersi a questa verità o “camminare nella verità”. (Rom. 2:8; II Cor. 4:2; Efes. 1:13; I Tim. 2:4; II Tim. 4:4; Tito 1:1, 14; Ebr. 10:26; II Giov. 1-4; III Giov. 3, 4) In quanto a coloro che si comportano bene, la verità, il conformarsi alla Parola di Dio e i risultati effettivi del loro comportamento, attesta che sono esempi da imitare. (III Giov. 11, 12) Viceversa chi si allontana dagli insegnamenti fondamentali del cristianesimo, sia comportandosi in modo scorretto sia sostenendo dottrine false, non ‘cammina’ più nella verità. Questa era la situazione di coloro che insistevano sulla necessità della circoncisione per essere salvati. Il loro insegnamento era contrario alla verità cristiana e chi lo accettava non ubbidiva più alla verità o non camminava nella verità. (Gal. 2:3-5; 5:2-7) Similmente, quando l’apostolo Pietro, con le sue azioni, fece una distinzione fuori luogo fra ebrei e non ebrei, l’apostolo Paolo lo corresse perché non ‘camminava’ in armonia con la “verità della buona notizia”. — Gal. 2:14.
LA CONGREGAZIONE CRISTIANA, “COLONNA E SOSTEGNO DELLA VERITÀ”
La congregazione cristiana serve come “colonna e sostegno della verità”, preservando la purezza della verità, difendendola e sostenendola. (I Tim. 3:15) Per questa ragione è particolarmente importante che coloro ai quali è affidata la sorveglianza della congregazione siano in grado di maneggiare rettamente la “parola della verità”. Servendosi in modo corretto della Parola di Dio possono combattere falsi insegnamenti nella congregazione, istruendo “quelli che non sono favorevolmente disposti; se mai Dio conceda loro il pentimento che conduce all’accurata conoscenza della verità”. (II Tim. 2:15-18, 25; confronta II Timoteo 3:6-8; Giacomo 5:13-20). Non tutti sono in grado di impartire questo genere di istruzione o insegnamento nella congregazione. Gli uomini che hanno amara gelosia e sono inclini a contendere non hanno ragione di vantarsi di essere in grado di insegnare. — Giac. 3:13, 14.
Perché la congregazione cristiana sia “colonna e sostegno della verità”, coloro che ne fanno parte devono, con la loro condotta eccellente, manifestare la verità nella propria vita. (Efes. 5:9) Devono essere coerenti e non discostarsi dalla condotta retta, come se avessero i “lombi cinti di verità”. (Efes. 6:14) Oltre a rimanere personalmente puri, i cristiani devono preoccuparsi della purezza della congregazione. Per sottolineare la necessità di mantenere la congregazione cristiana pura dalla contaminazione di persone immorali, l’apostolo Paolo scrisse: “Eliminate il vecchio lievito, affinché siate una nuova massa, secondo che siate liberi da fermento. Poiché, in realtà, Cristo, la nostra pasqua, è stato sacrificato. Quindi osserviamo la festa non con vecchio lievito, né con lievito di malizia e malvagità, ma con pani non fermentati di sincerità e verità”. (I Cor. 5:7, 8) Poiché Gesù Cristo è stato sacrificato una volta per sempre (confronta Ebrei 9:25-28) essendo la realtà prefigurata dall’agnello pasquale, l’intera vita del cristiano, paragonabile alla festa dei pani non fermentati, deve essere esente da malizia e malvagità. Bisogna essere pronti a eliminare ciò che è peccaminoso per conservare la purezza propria e della congregazione e così ‘osservare la festa con pani non fermentati di sincerità e verità’.
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Verme
Nome generico di animali che strisciano, dal corpo allungato, di solito molle, e privi di zampe o quasi. Nelle Scritture, per ‘verme’ spesso s’intende un insetto allo stadio di larva, specie il baco. (Eso. 16:20, 24; Isa. 14:11; 66:24) Altre volte non si tratta di bachi ma di vermi che infestano la vegetazione. — Deut. 28:39; Giona 4:7.
Il termine “verme” ricorre anche in un contesto illustrativo. Bildad parlò con disprezzo dell’uomo come di un verme. (Giob. 25:6) Inoltre fu predetto che il Messia sarebbe stato considerato un essere spregevole, un verme. (Sal. 22:6) Geova Dio si riferì a Israele come a un verme, un animale inferiore, indifeso, apparentemente alla mercé di qualunque passante. Ma Geova assicurò gli israeliti che li avrebbe aiutati e li incoraggiò a non avere timore. — Isa. 41:14.
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Versioni
Traduzioni delle Scritture dall’ebraico, dall’aramaico e dal greco in altre lingue. Il lavoro di traduzione ha reso la Parola di Dio alla portata di centinaia di migliaia di persone che non sono in grado di capire le lingue bibliche originali. Le prime versioni della Bibbia erano scritte a mano ed erano perciò in forma di manoscritto. Ma dopo l’introduzione delle macchine da stampa sono apparse molte altre versioni o traduzioni e queste in genere sono state pubblicate in gran numero. Alcune versioni sono state fatte direttamente dal testo ebraico e greco della Bibbia, mentre altre sono versioni di traduzioni precedenti.
Le Scritture sono state pubblicate, per intero o in parte, in oltre 1.600 lingue. Questo significa che, per quanto riguarda la lingua, il 97 per cento della popolazione della terra ha accesso almeno a qualche parte della Bibbia. Le seguenti informazioni sulle versioni o traduzioni delle Scritture possono eliminare pregiudizi e infondere sentimenti di gratitudine verso Geova Dio per il modo meraviglioso in cui ha preservato la sua Parola a beneficio di milioni di esseri umani.
ANTICHE VERSIONI DELLE SCRITTURE EBRAICHE
Esistono tuttora oltre 1.700 antichi manoscritti delle Scritture Ebraiche, scritti in ebraico (tranne alcune parti in aramaico). Esistono anche molti manoscritti di antiche versioni o traduzioni delle Scritture Ebraiche in varie lingue. Alcune erano a loro volta traduzioni di precedenti versioni dall’ebraico. Per esempio la parte delle Scritture Ebraiche dell’antica versione latina (Vetus Latina) era tradotta dalla Settanta, traduzione delle Scritture Ebraiche in greco. Comunque alcune antiche versioni delle Scritture precristiane (la Settanta, i Targum aramaici, la Pescitta siriaca e la Vulgata latina) furono tradotte direttamente dall’ebraico e non da una versione in greco o in qualche altra lingua.
Il “Pentateuco” samaritano
L’Assiria, dopo la deportazione degli abitanti di Samaria e del regno delle dieci tribù di Israele nel 740 a.E.V., vi insediò popolazioni pagane provenienti da altre zone dell’impero assiro. (II Re 17:22-33) In seguito questi furono chiamati “Samaritani”. Essi accettavano i primi cinque libri delle Scritture Ebraiche e verso il IV secolo a.E.V. produssero il Pentateuco samaritano, non proprio una traduzione dell’originale Pentateuco ebraico, ma una traslitterazione in caratteri samaritani, con interpolazioni samaritane. Pochi manoscritti tuttora esistenti del Pentateuco samaritano sono anteriori al XIII secolo E.V. Delle circa 6.000 discrepanze fra il testo ebraico e quello samaritano, la grande maggioranza è irrilevante. Una variante di un certo interesse è quella di Esodo 12:40, dove il Pentateuco samaritano corrisponde alla Settanta. — Vedi CRONOLOGIA, p. 292.
I Targum
I “Targum” erano parafrasi o traduzioni libere delle Scritture Ebraiche in aramaico. Probabilmente assunsero l’attuale forma definitiva non prima del V secolo E.V. Uno dei principali, il “Targum di Onkelos” del Pentateuco, è piuttosto letterale. Un altro, il cosiddetto “Targum di Jonathan” dei Profeti, è meno letterale, essendo una parafrasi dei libri di Giosuè, Giudici, Samuele, Re, Isaia, Geremia, Ezechiele e dei dodici cosiddetti “Profeti minori”. Ci sono pervenuti Targum del Pentateuco, dei Profeti e, di data posteriore, degli Agiografi.
La “Settanta”
La Settanta (spesso designata LXX) era usata in Egitto e altrove da ebrei e cristiani di lingua greca. A quanto si dice, l’opera fu iniziata in Egitto ai giorni di Tolomeo Filadelfo (285-246 a.E.V.), quando, secondo la tradizione, il Pentateuco fu tradotto in greco da settantadue dotti ebrei. Poi, per qualche ragione si cominciò a usare il numero settanta, e la versione del Pentateuco venne chiamata la Settanta. Gli altri libri delle Scritture Ebraiche (opera di altri traduttori il cui stile variava da una versione molto letterale a una piuttosto libera) furono tradotti un po’ alla volta finché, nel II secolo a.E.V. e forse verso il 150 a.E.V., tutte le Scritture Ebraiche erano state tradotte. L’intera opera prese quindi il nome di versione dei Settanta. Questa versione è stata spesso citata dagli scrittori delle Scritture Greche Cristiane. Gli scritti apocrifi furono evidentemente aggiunti in seguito. — Vedi APOCRIFI.
Uno dei più antichi manoscritti esistenti della Settanta è il papiro 957, papiro Rylands III, 458, conservato nella John Rylands Library di Manchester in Inghilterra. È del II secolo a.E.V. e consiste di frammenti di Deuteronomio (23:24-24:3; 25:1-3; 26:12, 17-19; 28:31-33). Un altro manoscritto del II o I secolo a.E.V. è il Papiro Fouad 266 (proprietà della Société Royale de Papyrologie del Cairo), che contiene brani dell’ultima parte di Deuteronomio secondo la Settanta. Vi ricorre più volte il Tetragramma del nome divino in antichi caratteri ebraici, inserito direttamente nel testo greco.
La Settanta è stata quindi preservata in numerosi manoscritti, molti frammentari, altri quasi completi. Degno di nota è il fatto che testi della Settanta sono preservati in tre famosi manoscritti onciali su velino, il Manoscritto Vaticano 1209 e il Manoscritto Sinaitico, entrambi del IV secolo E.V., e il Manoscritto Alessandrino del V secolo E.V. La versione dei Settanta, come si trova nel Manoscritto Vaticano 1209, è quasi completa; molto del Manoscritto Sinaitico è andato perduto e il Manoscritto Alessandrino è abbastanza completo, benché manchino parti di Genesi, I Samuele e Salmi.
Versioni greche posteriori
All’inizio del II secolo (forse verso il 130 E.V.) Aquila, un proselito del Ponto, fece una nuova traduzione greca delle Scritture Ebraiche, molto letterale. Tranne alcuni frammenti e le citazioni fatte da altri scrittori antichi, è andata perduta. Un’altra traduzione greca dello stesso secolo è quella di Teodozione. A quanto pare era una revisione della Settanta o di qualche altra versione greca delle Scritture Ebraiche, benché egli consultasse anche il testo ebraico. Non esistono copie complete della versione di Teodozione. Un’altra versione greca delle Scritture Ebraiche di cui non esistono copie complete è quella di Simmaco. La sua traduzione, probabilmente della fine del II secolo E.V., voleva rendere il senso più che essere letterale.
Verso il 245 E.V. Origene, noto studioso di Alessandria d’Egitto, portò a termine un’imponente versione multipla delle Scritture Ebraiche chiamata Èsapla (che significa “sestuplice”). Ne esistono alcuni frammenti, ma non ci è pervenuto nessun manoscritto completo. Origene dispose il testo in sei colonne parallele contenenti (1) il testo consonantico ebraico; (2) una traslitterazione del testo ebraico in greco; (3) la versione greca di Aquila; (4) la versione greca di Simmaco; (5) la Settanta, riveduta da Origene per renderla più aderente al testo ebraico; e (6) la versione greca di Teodozione. Nei Salmi, Origene si servì di versioni anonime definite Quinta, Sesta e Settima. La Quinta e la Sesta furono usate anche in altri libri.
ANTICHE VERSIONI DELLE SCRITTURE GRECHE CRISTIANE
Traduzioni delle Scritture Greche Cristiane in siriaco (un dialetto aramaico) vennero fatte dal II secolo in poi. Una versione siriaca particolarmente degna di nota è il Diatessaron di Taziano, fusione dei quattro Vangeli del II secolo E.V. Può darsi, ma non è sicuro, che in origine sia stato scritto in greco a Roma e poi in Siria tradotto in siriaco da Taziano stesso. Il Diatessaron ci è pervenuto in una traduzione araba, e anche in un piccolo frammento
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