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  • “Non sono venuto a distruggere, ma ad adempiere”
    La Torre di Guardia 1978 | 15 settembre
    • Il sermone del monte

      “Non sono venuto a distruggere, ma ad adempiere”

      NEL sermone del monte, Gesù espresse profondo amore e rispetto per la scritta Parola di Dio. Egli disse: “Non pensate che io sia venuto a distruggere la Legge o i Profeti [cioè le intere Scritture Ebraiche]. Io non sono venuto a distruggere, ma ad adempiere”. — Matt. 5:17.

      Sia con le parole che con le opere Gesù mostrò d’essere diverso dai capi religiosi giudei del suo giorno. Parlò di un tempo in cui gli uomini non avrebbero più adorato Dio nel tempio di Gerusalemme. (Giov. 4:21) Paragonò il suo insegnamento a “vino nuovo” che “otri vecchi” non potevano contenere. (Luca 5:37) Gesù prese anche dei pasti con “esattori di tasse e peccatori” e compì miracoli di guarigione durante il Sabato settimanale. (Mar. 2:13-17; 3:1-5) Così facendo non trasgrediva nessuna legge di Dio, ma andava contro le tradizioni giudaiche considerate più importanti delle Scritture Ebraiche.a Poiché secondo loro Gesù trasgrediva la legge di Dio, i Farisei e gli Erodiani avevano complottato di ucciderlo anche prima che pronunciasse il suo famoso sermone del monte. — Mar. 3:6.

      Tuttavia, il Figlio di Dio assicurò ai suoi ascoltatori che non era venuto a “distruggere” la Legge. Non disubbidì ai suoi comandamenti né dichiarò che gli Israeliti fossero esonerati dall’osservarne qualche parte. Invece, Gesù venne “ad adempiere” quella legislazione divina. Essendo senza peccato, la osservò alla perfezione, “fino alla morte, sì, la morte su un palo di tortura”. (Filip. 2:8; Ebr. 4:15; 1 Piet. 2:22) Con la sua morte di sacrificio adempì inoltre prefigurazioni profetiche provvedute dal sistema di sacrifici animali della Legge. — Dan. 9:26, 27; Ebr. 10:1-9.

      Gesù adempì non solo la lettera, ma anche lo spirito della Legge. Mentre la Legge proibiva gli atti peccaminosi, Gesù condannò gli atteggiamenti che spingono a compiere tali atti. Per esempio, assassinio e adulterio erano violazioni della legge di Dio; ma Gesù mostrò che continuare a provare ira verso qualcuno e guardare una donna con bramosia sono le disposizioni di mente che portano a tali trasgressioni. (Matt. 5:21, 22, 27, 28; Giac. 1:13-15) Inoltre, sacrificando volontariamente la sua vita umana per il bene dell’umanità Gesù diede una suprema dimostrazione di amore, qualità che la Bibbia chiama “l’adempimento della legge”. — Rom. 13:8-10; confronta Giovanni 15:13.

      Proseguendo il sermone Gesù dichiarò: “Veramente vi dico che il cielo e la terra passeranno piuttosto che una minima lettera o una particella di lettera passi in qualche modo dalla Legge senza che tutte le cose siano adempiute”. — Matt. 5:18.

      Come mostra la Traduzione Interlineare del Regno (inglese), qui Gesù usò la parola “Amen”, che significa “veramente”, “così sia”. Come unto Figlio di Dio, come Messia promesso, poté certamente assicurare che le sue dichiarazioni erano veraci. — Confronta II Corinti 1:20; Rivelazione 3:14.

      La legge di Dio sarebbe stata adempiuta fino alla “minima lettera o . . . particella di lettera”. Nell’alfabeto ebraico d’allora, la lettera più piccola era yod (י). Certe lettere ebraiche avevano un puntino o un apice. Gli scribi e i Farisei consideravano molto importanti non solo le parole e le lettere della legge di Dio, ma anche questi segni o ‘minime particelle’. Secondo una leggenda rabbinica, Dio dice: “Salomone e mille come lui passeranno, ma non permetterò che sia tolto neppure un apice da te (la Torah [Pentateuco])”.

      La possibilità che anche il più piccolo particolare della legge di Dio non si adempisse era così remota che ‘piuttosto, sarebbero passati il cielo e la terra’. Era come dire “mai”, poiché le Scritture indicano che i cieli e la terra letterali rimarranno per l’eternità. — Sal. 78:69; 119:90.

      Gesù mise ulteriormente in risalto l’alta considerazione in cui teneva la legge di Dio dicendo: “Chi viola perciò uno di questi minimi comandamenti e insegna così agli uomini, sarà chiamato ‘minimo’ riguardo al regno dei cieli. In quanto a chi li osserva e li insegna, sarà chiamato ‘grande’ riguardo al regno dei cieli”. — Matt. 5:19.

      Si poteva ‘violare’ un comandamento disubbidendo volontariamente. O si poteva fare ciò che era considerato anche peggio, cioè insegnare ad altri Giudei soggetti alla Legge che alcuni suoi comandi non erano vincolanti. Mentre era in vigore, il patto della Legge esprimeva la volontà di Dio per il suo popolo. Trasgredire comandamenti che alcuni consideravano sia pure di ‘minima’ importanza o insegnare cose contrarie ad essi era apostasia. — Confronta Giacomo 2:10, 11.

      La Legge fu data per condurre gli Israeliti al Messia, il quale sarebbe stato il principale governante del regno di Dio. (Gal. 3:24; Isa. 11:1-5; Dan. 7:13, 14) Quindi, per quanto concerneva l’entrare nel regno di Dio, chi violava i comandi di Dio sarebbe stato “chiamato ‘minimo’”. Non sarebbe entrato affatto nel regno. — Matt. 21:43; Luca 13:28.

      D’altra parte, chi osservava la legge mosaica come meglio poteva sarebbe stato “chiamato ‘grande’ riguardo al regno dei cieli”. Queste persone avrebbero accettato Gesù come Messia e sarebbero state in seguito invitate a partecipare con lui al dominio del Regno. (Luca 22:28-30; Rom. 8:16, 17) Un fatto interessante è che le Scritture definiscono “grandi” i re. — Prov. 25:6; Luca 1:32.

      Successivamente Gesù fece una dichiarazione che poté meravigliare i suoi uditori: “Vi dico che se la vostra giustizia non abbonda più di quella degli scribi e dei Farisei, non entrerete affatto nel regno dei cieli”. — Matt. 5:20.

      Gli “scribi” del giorno di Gesù erano una classe di uomini specialmente eruditi nella Legge. Sebbene alcuni di essi facessero forse parte dei Sadducei, molti scribi erano della “setta” dei Farisei, che in quanto a purezza morale, pagamento delle decime e altri doveri religiosi erano più esigenti della stessa legge mosaica. — Atti 15:5.

      Quei capi religiosi avevano una veduta ristretta e legalistica del modo di conseguire la giustizia. Credevano che si potesse raggiungere solo compiendo opere conformi alla lettera della Legge. Secondo la tradizione giudaica, ogni volta che un individuo osservava un comandamento, guadagnava un “merito”. Ogni trasgressione, invece, comportava un “debito”. L’idea era che l’individuo era “giusto” se aveva un eccesso di meriti, e “malvagio” se aveva sovrabbondanza di debiti.

      Tale veduta legalistica, però, era di gran lunga inferiore alla norma divina di ciò che è giusto. (Rom. 10:2, 3) Davano poca importanza a coltivare qualità come amore, giustizia, mansuetudine, benignità e fedeltà. Tuttavia Dio considera queste qualità più importanti dell’osservanza letterale dei precetti legali. (Deut. 6:5; Lev. 19:18; Mic. 6:8) Con ragione Gesù esclamò: “Guai a voi, scribi e Farisei, ipocriti! perché date la decima della menta e dell’aneto e del comino, ma avete trascurato le cose più importanti della Legge, cioè la giustizia e la misericordia e la fedeltà”. — Matt. 23:23; confronta Luca 11:42.

      La giustizia cristiana doveva abbondare “più di quella degli scribi e dei Farisei”. Secondo Gesù, tutti quelli che desiderano essere veri adoratori di Dio devono ‘adorare il Padre con spirito e verità’. (Giov. 4:23, 24) La loro adorazione deve consistere non di semplici atti esteriori di devozione conformi a un codice legale, ma dev’essere resa “con spirito”, scaturendo da un cuore colmo di fede e d’amore. — Matt. 22:37-40; Gal. 2:16.

      [Nota in calce]

      a L’antico codice della legge giudaica chiamato Mishnah dichiara: “C’è più severità circa [l’osservanza] delle parole degli Scribi che circa [l’osservanza] delle parole della Legge [scritta]”. — Trattato Sinedrio, 11:3, tradotto in inglese da Herbert Danby.

  • Domande dai lettori
    La Torre di Guardia 1978 | 15 settembre
    • Domande dai lettori

      ● Comprendo che, dal punto di vista biblico, l’aborto è errato, poiché significa togliere deliberatamente la vita. Sapevo che Esodo 21:22, 23 sosteneva questo fatto. Ma di recente ho letto una versione della Bibbia che dà a questi versetti un significato diverso. Cosa dicono e cosa significano veramente questi versetti?

      La Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture rende Esodo 21:22, 23 in questo modo: “E nel caso che degli uomini dovessero lottare l’uno con l’altro e realmente urtano una donna incinta e i figli di lei in effetti escono fuori ma non accade alcun incidente mortale, gli si devono imporre senza fallo i danni secondo ciò che gli possa imputare il proprietario della donna; ed egli li deve dare per mezzo dei giudici. Ma se dovesse accadere un incidente mortale, devi dare anima per anima”.

      Alcune altre traduzioni, però, rendono questo passo in modo tale che qualcuno potrebbe pensare che l’aborto non sia così grave. Per esempio, la versione della C.E.I. dice: “Quando alcuni uomini rissano e urtano una donna incinta, così da farla abortire, se non vi è altra disgrazia, si esigerà un’ammenda. . . . Ma se segue una disgrazia, allora pagherai vita per vita”. Si potrebbe avere l’impressione che ci si preoccupi seriamente solo della donna, non del feto. Qualcuno potrebbe concludere da una simile traduzione che se l’urto causava un aborto senza recare alcun altro danno alla donna, il colpevole doveva essere semplicemente multato. Quindi l’aborto poteva non sembrare grave.

      Forse su tali versioni ha influito il modo in cui Giuseppe Flavio, storico giudeo del primo secolo, parafrasò questi versetti: “Chi prende a calci una donna incinta, così che la donna abortisce, paghi una multa in denaro, come stabiliranno i giudici, perché ha diminuito la moltitudine [della nazione] distruggendo ciò che era nel seno di lei; e chi l’ha presa a calci dia del denaro anche al marito della donna; ma se essa muore per il colpo, sia anch’egli messo a morte, in quanto il giudice reputerà giusto che sia data vita per vita”. Il prof. William Whiston, che ha tradotto gli scritti di Giuseppe Flavio, dice che questo intendimento di Esodo 21:22, 23 rifletteva “la spiegazione data dai Farisei ai giorni di Giuseppe Flavio”. — Antichità giudaiche, Libro IV, Capitolo viii, paragrafo 33, e nota in calce.

      D’altra parte, i traduttori della Settanta greca considerarono la cosa in modo diverso. Nella loro traduzione, Esodo 21:22, 23 dice che “se due uomini lottano e colpiscono una donna incinta, e il suo bambino nasce non perfettamente formato [o “espelle un embrione”], egli sarà costretto a pagare un’ammenda”. Quindi essi pensavano che se quanto veniva abortito era troppo piccolo per presentare caratteristiche

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