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OtnielAusiliario per capire la Bibbia
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Chenaz”. (AT, Mo; vedi anche Mar, nota in calce). Inoltre Caleb era “figlio di Iefunne”, quindi non era figlio di Chenaz come Otniel. — Num. 32:12; I Cron. 4:15.
Il matrimonio di Otniel con Acsa, figlia di Caleb, avvenne in seguito alla sua vittoria sulla roccaforte cananea di Debir. Caleb padre di Acsa aveva promesso di dare la figlia al conquistatore della città. (Gios. 15:16-19; Giud. 1:11-15) Otniel ebbe un figlio di nome Atat e fu il capostipite di una famiglia della tribù di Giuda. Anni dopo, durante il regno di Davide, un discendente di questa famiglia venne scelto come capo di un gruppo di servizio di 24.000 uomini. — I Cron. 4:13; 27:1, 15.
La prima volta che Israele fu oppresso da re stranieri per la sua disubbidienza, l’oppressione durò otto anni. Ma quando “invocavano l’aiuto di Geova”, egli suscitò Otniel per liberarli, e, avendo su di sé lo spirito di Geova, Otniel sconfisse Cusan-Risataim, “re di Siria”, assunse la sorveglianza e prese decisioni giudiziarie tra i suoi fratelli. — Giud. 3:8-11.
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OtreAusiliario per capire la Bibbia
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Otre
Recipiente per acqua, olio, latte, vino, burro e formaggio. Nell’antichità si usavano per questo scopo recipienti diversi. Gli egiziani usavano vasi decorati fatti di alabastro, osso, bronzo, vetro, oro, avorio, porcellana, argento o pietra. Bottiglie di vetro venivano usate nell’antica Assiria, e vasi di terracotta erano comuni in vari paesi biblici sin dall’antichità. Comunque gli antichi si servivano soprattutto di otri.
Normalmente per fare un otre si uccideva un animale, si tagliavano via la testa e le zampe, e poi lo si scuoiava con cura senza sventrarlo. La pelle era conciata e poi si cucivano tutte le aperture meno una. Il collo o forse la sporgenza di una delle zampe rimaneva scucita e serviva da apertura, che poteva esser chiusa con un tappo o con una corda. Pelli di pecora, capra e a volte di bue, erano usate allo scopo e, in certi casi, si lasciava il pelo sulle pelli che servivano per conservare latte, burro, formaggio e acqua. Ma una concia più accurata era necessaria quando gli otri servivano per l’olio e il vino. Anche in tempi più recenti molti otri vengono fatti in modo simile nel Medio Oriente. Quando la pelle dell’otre non è conciata dà un sapore sgradevole all’acqua che contiene.
I gabaoniti dissero a Giosuè: “Questi sono gli otri di vino che empimmo da nuovi, ed ecco, son laceri”. (Gios. 9:13) Una cosa del genere poteva accadere col tempo perché la crescente pressione dovuta alla fermentazione del vino li faceva scoppiare. Eliu disse: “Ecco, il mio ventre è come il vino che non ha sfogo; come otri nuovi vuole scoppiare”. (Giob. 32:19) In genere però gli otri nuovi erano in grado di resistere alla pressione interna dovuta alla fermentazione del vino, mentre gli otri vecchi col tempo si induriscono, perdono la loro elasticità ed è più facile che scoppino. Perciò Gesù Cristo disse appropriatamente: “[Non] si mette vino nuovo in otri vecchi; e se vi si mette, gli otri si rompono e il vino si versa e gli otri si rovinano. Ma si mette il vino nuovo in otri nuovi, e l’uno e gli altri si conservano”. (Matt. 9:17; Mar. 2:22; Luca 5:37, 38) Qui ricorre il termine greco àskos, che indica un otre fatto con un’intera pelle di animale.
Questa illustrazione faceva parte della risposta di Gesù sul perché i suoi discepoli non osservassero tutte le vecchie usanze e consuetudini dei farisei. Egli evidentemente voleva dire che la verità del cristianesimo era troppo potente e vigorosa per essere ritenuta dal vecchio sistema del giudaismo, che mancava di vitalità ed elasticità, e ben presto sarebbe giunto alla sua fine. — Matt. 9:14-16.
Davide, fuggiasco incalzato dagli avversari, accennò figurativamente all’otre. Chiedendo a Dio in cui confidava di non dimenticare le sue lacrime, Davide disse: “Metti le mie lagrime nel tuo otre”. (Sal. 56:8) Pare che gli otri pieni di vino a volte venissero appesi dove potevano essere affumicati per proteggerli da insetti o per conferire rapidamente al vino certe caratteristiche desiderate. Viceversa, quando non erano in uso, gli otri potevano essere appesi in una stanza senza camino e così essere anneriti dal fumo dei fuochi che vi erano accesi. Tali otri presto avrebbero perso la loro elasticità e si sarebbero raggrinziti. Forse con questo in mente, il salmista assalito dalle prove disse: “Son divenuto come un otre nel fumo”. — Sal. 119:83.
[Figura a pagina 922]
Otre
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Ottone
Vedi RAME.
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Ovest
Gli ebrei indicavano i punti cardinali dal punto di vista di una persona rivolta a E. Perciò l’ovest era dietro di loro e poteva essere indicato dal termine ebraico ’ahhòhr, che significa “dietro”. — Isa. 9:12.
Il più delle volte l’“ovest” (o “occidente, occidentale”) è indicato dal termine ebraico yam (che significa “mare”, per esempio in Giosuè 1:4), evidentemente perché il Mar Grande o Mediterraneo si trovava in quella direzione rispetto alla Terra Promessa. (Gen. 28:14; Eso. 10:19; 38:12; Num. 34:6; Zacc. 14:4) Si deve esaminare il contesto per capire se yam significa “mare” o si riferisce all’ovest. — Gios. 15:8-12; II Cron. 4:2-4, 15.
Un altro termine ebraico (ma‘aràv) viene usato per indicare il ponente (Isa. 43:5; 59:19) o l’ovest. (I Cron. 26:30; II Cron. 32:30) Viene usato per rendere l’idea di grande distanza con la confortante assicurazione che Geova ha misericordia degli esseri umani imperfetti: “Quanto il levante dista dal ponente, tanto distanti da noi egli ha posto le nostre trasgressioni”. — Sal. 103:12.
Quando Gesù disse che molti sarebbero venuti “da luoghi orientali e occidentali” per giacere a tavola nel Regno con Abraamo, Isacco e Giacobbe, il testo greco in Matteo 8:11 dice letteralmente “da albe e tramonti”. Qui il termine greco dysmè (Int) si riferisce alla direzione del tramonto, cioè l’ovest. Dysmè ricorre anche altrove nel senso di ovest. — Matt. 24:27; Luca 12:54; 13:29; Riv. 21:13.
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OvileAusiliario per capire la Bibbia
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Ovile
Recinto in cui si chiudevano le pecore durante la notte per proteggerle da ladri e animali da preda. A volte si usavano anche caverne e altri ripari naturali, ma spesso gli ovili erano recinti permanenti con muretti di pietra (Num. 32:16; I Sam. 24:3; Sof. 2:6) e un’entrata. (Giov. 10:1) Come in tempi più recenti, sui muretti di pietra si mettevano rami di piante spinose. Nella parte più riparata del recinto ci potevano essere anche edifici bassi, dove le pecore erano tenute al riparo durante il cattivo tempo. Anche se greggi di diversi pastori potevano essere rinchiusi nello stesso ovile, non c’era pericolo di confonderli. Le pecore rispondevano solo alla voce del rispettivo pastore. All’entrata dell’ovile c’era un portiere che apriva ai pastori la mattina. — Giov. 10:2-4.
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Pace
L’ebraico shalòhm ha significato più ampio del termine italiano “pace”. Oltre a indicare l’assenza di guerra o disordini (Giud. 4:17; I Sam. 7:14; I Re 4:24; II Cron. 15:5; Giob. 21:9; Eccl. 3:8), shalòhm può rendere l’idea di salute o sicurezza (Gen. 37:14, NW, ed. 1953, nota in calce), benessere (Gen. 41:16), amicizia (Sal. 41:9) e completezza. (Ger. 13:19) Il termine greco per pace (eirène) pure può significare benessere. Per esempio, il saluto “va in pace” corrisponde all’augurio che ciò che si fa abbia successo. — Mar. 5:34; Luca 7:50; 8:48; Giac. 2:16; confronta I Samuele 1:17; 20:42; 25:35; 29:7; II Samuele 15:9; II Re 5:19.
Dato che “pace” non sempre è l’esatto equivalente dei termini corrispondenti nelle lingue originali, si deve tener conto del contesto per determinarne il significato. Per esempio, essere “mandato via in pace” poteva significare essere mandato via in modo amichevole, senza paura di interferenze da parte di chi ha dato il permesso di andarsene. (Gen. 26:29; 44:17; Eso. 4:18) ‘Tornare in pace’, per esempio da una battaglia, significava tornare incolume o vittorioso. (Gen. 28:21; Gios. 10:21; Giud. 8:9; 11:31; II Cron. 18:26, 27; 19:1) ‘Chiedere riguardo alla pace’ di uno significava informarsi della sua salute. (Gen. 29:6; 43:27, NW, ed. 1953, note in calce) ‘Operare per la pace’ di qualcuno significava agire per il suo bene. (Deut. 23:6) Morire in pace poteva significare fare una morte tranquilla dopo aver avuto una vita piena o aver realizzato un’ambita speranza. (Confronta Genesi 15:15; Luca 2:29; I Re 2:6). La profezia secondo la quale Giosia sarebbe sceso ‘nel sepolcro in pace’ indicava che sarebbe morto prima che la calamità predetta si abbattesse su Gerusalemme. (II Re 22:20; II Cron. 34:28; confronta II Re 20:19). In Isaia 57:1, 2 viene detto che il giusto trova pace nella morte, sfuggendo così alla calamità.
RAGGIUNGERE LA PACE
Geova è Dio di pace (I Cor. 14:33; II Cor. 13:11; I Tess. 5:23; Ebr. 13:20) e Fonte di pace (Num. 6:26; I Cron. 22:9; Sal. 4:8; 29:11; 147:14; Isa. 45:7; Rom. 15:33; 16:20), che è un frutto del suo spirito. (Gal. 5:22) Perciò solo coloro che sono in pace con Dio possono avere vera pace. Trasgressioni gravi rendono tesa la relazione di un individuo con Dio e possono causargli turbamento. Il salmista disse: “Non c’è pace nelle mie ossa a motivo del mio peccato”. (Sal. 38:3) Chi desidera cercare e perseguire la pace deve dunque ‘dipartirsi da ciò ch’è male e fare ciò che è bene’. (Sal. 34:14) Senza giustizia non ci può essere pace. (Sal. 72:3; 85:10; Isa. 32:17) Perciò i malvagi non possono avere pace. (Isa. 48:22; 57:21; confronta Isaia 59:2-8). Viceversa la possiedono coloro che sono pienamente devoti a Geova, amano la sua legge (Sal. 119:165) e osservano i suoi comandamenti. — Isa. 48:18.
Quando Cristo Gesù era sulla terra, né gli ebrei naturali né i non ebrei erano in pace con Geova Dio. Avendo trasgredito la legge di Dio, gli ebrei erano incorsi nella maledizione della Legge. (Gal. 3:12, 13) In quanto ai non ebrei, estranei al patto di Dio, ‘non avevano nessuna speranza ed erano senza Dio nel mondo’. (Efes. 2:12) Tuttavia, per mezzo di Cristo Gesù sia agli uni che agli altri era offerta l’opportunità di avere una relazione pacifica con Dio. Questo era stato indicato dall’annuncio angelico fatto ai pastori alla nascita di Gesù: “Sulla terra pace fra gli uomini di buona volontà”. — Luca 2:14.
Il pacifico messaggio proclamato da Gesù e dai suoi seguaci attirava gli ‘amici della pace’, cioè coloro che desideravano essere riconciliati con Dio. (Matt. 10:13; Luca 10:5, 6; Atti 10:36) Allo stesso tempo questo messaggio provocava divisione nelle famiglie, dato che alcuni lo accettavano mentre altri lo rifiutavano. (Matt. 10:34; Luca 12:51) La maggioranza degli ebrei rifiutò il messaggio e perciò non poté discernere “le cose che hanno relazione con la pace”, che evidentemente includevano il pentimento e il riconoscimento di Gesù quale Messia. (Confronta Luca 1:79; 3:3-6; Giovanni 1:29-34). La distruzione di Gerusalemme da parte degli eserciti romani nel 70 E.V. ne fu la conseguenza. — Luca 19:42-44.
Comunque anche gli ebrei che accettarono la “buona notizia della pace” erano peccatori e per poter essere in pace con Geova Dio avevano bisogno che le loro trasgressioni fossero espiate. A questo provvide la morte di Gesù quale sacrificio di riscatto. (Isa. 53:5) La sua morte in sacrificio sul palo di tortura provvide anche a revocare la legge mosaica, che separava gli ebrei dai non ebrei. Perciò, una volta diventati cristiani, sia gli uni che gli altri potevano essere in pace con Dio e fra di loro. — Efes. 2:14-18; confronta Romani 2:10, 11; Colossesi 1:20-23.
La “pace di Dio”, cioè la calma e tranquillità che derivano da una preziosa relazione con Geova Dio, salvaguarda il cuore e le facoltà mentali del cristiano impedendogli di essere ansioso per le sue necessità, ma dandogli l’assicurazione che Geova Dio provvede per i suoi servitori ed esaudisce le loro preghiere. Questo gli tranquillizza il cuore e la mente. (Filip. 4:6, 7) Similmente, la pace che Gesù Cristo diede ai suoi discepoli, basata sulla fede che avevano in lui quale Figlio di Dio, servì a calmare il loro cuore e la loro mente. Benché Gesù avesse detto loro che sarebbe venuto il tempo in cui non sarebbe più stato personalmente con loro, non avevano ragione di preoccuparsi né di cedere al timore. Non li lasciava senza aiuto, ma promise di inviare loro lo spirito santo. — Giov. 14:26, 27; 16:33; confronta Colossesi 3:15.
I cristiani non dovevano prendere per scontata tale pace. Per preservare la pace fra loro, dovevano stare attenti di non far inciampare i compagni di fede. (Rom. 14:13-23) Fu consigliato loro di perseguire la pace e di fare tutto il possibile per essere in pace con Dio. (II Tim. 2:22; Ebr. 12:14; I Piet. 3:11; II Piet. 3:14) Perciò dovevano combattere contro i desideri della carne, che avrebbero causato inimicizia con Dio. (Rom. 8:6-8) Il fatto che per avere l’approvazione di Dio bisognava rimanere in una buona relazione con lui dà maggior peso all’espressione più volte ripetuta: ‘Abbiate pace’. — Rom. 1:7; I Cor. 1:3; II Cor. 1:2; Gal. 1:3; 6:16; Efes. 1:2; 6:23; Filip. 1:2.
I cristiani inoltre desideravano che altri avessero pace. Perciò, “calzati con la preparazione della buona notizia della pace”, combattevano il loro combattimento spirituale.
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