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    Ausiliario per capire la Bibbia
    • della procreazione, si può giustamente attribuire a Lui la propria vita, non direttamente, ma indirettamente per mezzo dei propri genitori. — Confronta Giobbe 10:9-12; Salmo 139:13-16; Ecclesiaste 11:5.

      La forza vitale o spirito è impersonale

      Come si è visto le Scritture parlano di rùahh o forza vitale presente non solo negli esseri umani ma anche negli animali. (Gen. 6:17; 7:15, 22) Ecclesiaste 3:18-22 spiega che l’uomo muore proprio come le bestie, poiché “tutti hanno un solo spirito [rùahh], così che non c’è nessuna superiorità dell’uomo sulla bestia”, vale a dire in quanto alla forza vitale comune a entrambi. Da questo è evidente che lo “spirito” o forza vitale (rùahh) usato in questo senso è impersonale. Per fare un esempio, si potrebbe paragonarlo a un’altra forza invisibile, l’elettricità, che può far funzionare vari tipi di macchine — stufe per produrre calore, ventilatori per fare vento, calcolatori per risolvere problemi, televisori per trasmettere immagini, voci e altri suoni — eppure la corrente elettrica non assume mai le caratteristiche delle macchine che attiva o fa funzionare.

      Perciò il Salmo 146:3, 4 dice che quando ‘lo spirito [rùahh] dell’uomo se ne esce, egli torna alla sua terra; in quel giorno periscono i suoi pensieri’. Lo spirito, o forza vitale, che è attivo nelle cellule del corpo umano non ritiene alcuna delle caratteristiche di quelle cellule, per esempio le cellule del cervello e la parte che hanno nei processi mentali. Se lo spirito o forza vitale (rùahh, pnèuma) non fosse impersonale, i figli di quelle vedove israelite risuscitati dai profeti Elia ed Eliseo avrebbero effettivamente avuto un’esistenza cosciente in qualche posto durante il periodo in cui erano morti. E anche Lazzaro, che fu risuscitato circa quattro giorni dopo la morte. (I Re 17:17-23; II Re 4:32-37; Giov. 11:38-44) Se le cose fossero andate così, sarebbe ragionevole pensare che avrebbero ricordato l’esistenza cosciente di quel periodo e una volta risuscitati l’avrebbero descritta, ne avrebbero parlato. Ma non c’è nessuna indicazione che abbiano fatto qualcosa del genere. Quindi la personalità del defunto non si perpetua nella forza vitale o spirito che smette di funzionare nelle cellule del suo corpo.

      Ecclesiaste 12:7 dice che alla morte il corpo torna alla polvere “e lo spirito stesso torna al vero Dio che l’ha dato”. La persona non è mai stata in cielo con Dio: quello che “torna” a Dio è dunque la forza vitale che l’aveva tenuta in vita.

      Data la natura impersonale della forza vitale o spirito che si trova nell’uomo (e anche negli animali) è evidente che le parole di Davide nel Salmo 31:5, citate da Gesù in punto di morte (Luca 23:46), “nelle tue mani affido il mio spirito”, erano un’invocazione a Dio affinché ne custodisse la forza vitale o se ne prendesse cura. (Confronta Atti 7:59). Per questo non è necessario che avvenga un’effettiva e letterale trasmissione di forza da questo pianeta alla celeste presenza di Dio. Proprio come viene detto che Geova “sentiva” il profumo dei sacrifici animali (Gen. 8:20, 21), mentre quel profumo senza dubbio rimaneva all’interno dell’atmosfera terrestre, così pure Dio poteva ‘accogliere’ lo spirito o forza vitale affidata a lui in senso figurativo, cioè senza alcuna letterale trasmissione di forza vitale dalla terra. (Giob. 34:14; Luca 23:46) Quindi affidare il proprio spirito a Dio significa evidentemente riporre in Lui la speranza che in futuro quella forza vitale verrà restituita mediante una risurrezione. — Confronta Numeri 16:22; 27:16; Giobbe 12:10; Salmo 104:29,30.

      FORZA ATTIVANTE

      Rùahh e pnèuma sono usati entrambi per indicare la forza che permette di manifestare un determinato atteggiamento o sentimento o di seguire una determinata linea d’azione. Tale forza insita nella persona è invisibile, ma produce effetti visibili. Questo uso dei termini ebraico e greco resi “spirito”, e fondamentalmente attinenti all’alito o aria in movimento, trova un parallelo in diverse espressioni italiane. Infatti diciamo che uno ‘si dà delle arie’, oppure che ha ‘un’aria calma’ o ‘un cattivo spirito’. Parlando di un gruppo di persone e della forza attivante o motivante prevalente fra loro si può dire di ‘entrare nello spirito dell’occasione’ per cui sono riunite, o riferirsi allo ‘spirito di violenza’ di cui sono pervase. Metaforicamente possiamo riferirci a ‘un’atmosfera di malcontento’ o a ‘venti di trasformazione o rivoluzione che investono una nazione’. Con tutte queste espressioni ci riferiamo a questa invisibile forza attivante, che opera nei singoli individui e li spinge a parlare e agire in un determinato modo.

      Similmente leggiamo dell’“amarezza di spirito” provata da Isacco e Rebecca a motivo del matrimonio di Esaù con donne ittite (Gen. 26:34, 35), e dello ‘spirito triste’ che aveva pervaso Acab, togliendogli l’appetito. (I Re 21:5) Uno “spirito di gelosia” poteva indurre un uomo a vedere la moglie con sospetto, al punto di accusarla di adulterio. — Num. 5:14, 30.

      Il significato fondamentale di forza incentivante che determina le parole e le azioni di una persona è evidente anche nella descrizione di Giosuè come di un “uomo in cui c’è spirito” (Num. 27:18), e di Caleb che aveva manifestato uno “spirito diverso” da quello della maggioranza degli israeliti demoralizzati dalle cattive notizie avute dai dieci esploratori. (Num. 14:24) Elia era un uomo molto energico e vigoroso nel servizio zelante che rendeva a Dio, ed Eliseo, suo successore, chiese di avere “due parti” dello spirito di Elia. (II Re 2:9, 15) Giovanni il Battezzatore manifestò lo stesso vigoroso ed energico zelo di Elia e per questo faceva una profonda impressione sui suoi ascoltatori; quindi si poteva dire che era venuto “con lo spirito e la potenza di Elia”. (Luca 1:17) Viceversa la ricchezza e la potenza di Salomone fecero rimanere senza fiato la regina di Saba tanto che “non ci fu più spirito in lei”. (I Re 10:4, 5) Con questo stesso significato fondamentale, il proprio spirito o forza attivante può essere ‘eccitato’ o ‘destato’ (I Cron. 5:26; Esd. 1:1, 5; Agg. 1:14; confronta Ecclesiaste 10:4), ‘agitarsi’ o essere ‘irritato’ (Gen. 41:8; Dan. 2:1, 3; Atti 17:16), ‘calmarsi’ (Giud. 8:3), essere ‘angustiato’, ‘venir meno’ (Giob. 7:11; Sal. 142:2, 3; confronta Giovanni 11:33; 13:21), essere ‘ravvivato’ o “ristorato”. — Gen. 45:27, 28; Isa. 57:15, 16; I Cor. 16:17, 18; II Cor. 7:13; confronta II Corinti 2:13.

      Viene dato grande risalto all’assoluta necessità di dominare il proprio spirito. “Come una città diroccata, senza mura, è l’uomo che non tiene a freno il suo spirito”. (Prov. 25:28) Alla minima provocazione può agire come lo stupido che, impaziente, ‘emette tutto il suo spirito’, mentre il saggio lo “tiene calmo sino alla fine”. (Prov. 29:11; confronta 14:29, 30). Una volta Mosè, eccessivamente irritato dagli israeliti che ‘avevano amareggiato il suo spirito’, ‘parlò aspramente con le sue labbra’, a suo proprio danno. (Sal. 106:32, 33) Quindi “chi è lento all’ira è migliore di un uomo potente, e chi controlla il suo spirito di uno che cattura una città”. (Prov. 16:32) Per questo ci vuole umiltà (Prov. 16:18, 19; Eccl. 7:8, 9); infatti “chi è umile di spirito afferrerà la gloria”. (Prov. 29:23) Conoscenza e discernimento permettono di essere ‘freddi di spirito’, controllando la propria lingua. (Prov. 17:27; 15:4) Geova “fa una stima degli spiriti” e giudica quelli che non ‘si guardano rispetto al proprio spirito’. — Prov. 16:2; Mal. 2:14-16.

      Spirito mostrato collettivamente

      Come un singolo individuo può manifestare un determinato spirito, così anche un gruppo di persone può collettivamente mostrare un determinato spirito. (Gal. 6:18; I Tess. 5:23) La congregazione cristiana doveva essere unita nello spirito, riflettendo lo spirito del proprio Capo, Cristo Gesù. — II Cor. 11:4; Filip. 1:27; confronta II Corinti 12:18; Filippesi 2:19-21.

      Paolo menziona “lo spirito del mondo” in contrasto con lo spirito di Dio. (I Cor. 2:12) Dominato dall’avversario di Dio (I Giov. 5:19), il mondo mostra uno spirito che accarezza i desideri della carne decaduta, uno spirito di egoismo che causa inimicizia con Dio. (Efes. 2:1-3; Giac. 4:5) Come avvenne all’Israele infedele, l’impura motivazione del mondo produce fornicazione, sia fisica che spirituale, e idolatria. — Osea 4:12, 13; 5:4; Zacc. 13:2; confronta II Corinti 7:1.

  • Spugna
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Spugna

      Scheletro elastico, resistente e assorbente di certi animali acquatici che si trovano in abbondanza nelle acque del Mediterraneo orientale e altrove. Probabilmente la pesca delle spugne (nel passato come tuttora) era effettuata da uomini che immergendosi le staccavano a mano dalle rocce sottomarine. Dopo che l’animale all’interno dello scheletro era morto e imputridito, la spugna veniva lavata accuratamente finché rimaneva solo lo scheletro.

      La capacità della spugna di assorbire e cedere liquidi ha contribuito sin dall’antichità alla sua importanza commerciale per l’utilità che aveva in operazioni di pulitura e igiene personale. A Gesù Cristo sul palo di tortura venne offerta in cima a una canna una spugna imbevuta di aceto. — Matt. 27:48; Mar. 15:36; Giov. 19:29.

  • Sputare
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    • Sputare

      Sputare la propria saliva addosso o in faccia a qualcuno era un atto molto umiliante di estremo disprezzo, inimicizia o indignazione. (Num. 12:14) Giobbe, nella sua avversità, fu oggetto di questa manifestazione di odio irriducibile. (Giob. 17:6; 30:10) In Israele, sotto la legge mosaica, per umiliare pubblicamente l’uomo che si rifiutava di contrarre il matrimonio del cognato, la vedova respinta doveva togliergli un sandalo dal piede e sputargli in faccia in presenza degli anziani della città. — Deut. 25:7-10.

      Gesù Cristo venne sputacchiato quando comparve davanti al Sinedrio (Matt. 26:59-68; Mar. 14:65) e dai soldati romani dopo esser stato processato da Pilato. (Matt. 27:27-30; Mar. 15:19) Gesù aveva predetto che avrebbe subito questo trattamento oltraggioso (Mar. 10:32-34; Luca 18:31, 32), che adempiva le parole profetiche: “Non nascosi la mia faccia dagli insulti e dallo sputo”. — Isa. 50:6.

      Invece, la Bibbia ricorda tre occasioni in cui Gesù Cristo usò la propria saliva nel compiere guarigioni miracolose. (Mar. 7:31-37; 8:22-26; Giov. 9:1-7) Poiché i risultati ottenuti da Gesù erano miracolosi e i suoi miracoli erano compiuti sotto l’influenza dello spirito di Dio, l’uso che fece in questi casi della propria saliva non era semplicemente un efficace rimedio terapeutico naturale.

  • Stacte
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    • Stacte

      Uno degli ingredienti dell’incenso usato esclusivamente per scopi sacri. (Eso. 30:34-37) Le gocce di stacte forse erano il prodotto dello storace, alberello che dalle incisioni praticate nel fusto e nei rami trasuda una resina bruna, dal sapore di vaniglia. Un’altra possibile fonte poteva essere l’opobalsamo, arbusto sempreverde che produce una resina oleosa giallo-verdognola.

  • Stadio
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    • Stadio

      Lo stàdion greco era una misura lineare pari a circa 185 m, cioè un ottavo del miglio romano (1.480 m). (Riv. 14:20; 21:16) Questa è la lunghezza approssimativa sia dello stadio attico che di quello romano. In I Corinti 9:24 il termine stàdion è reso “corsa, dato che in Grecia la pista era lunga uno stadio. Lo stadio olimpico però era lungo 192 m.

  • Stagno
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    • Stagno

      Il termine ebraico originale bedhìl significa ciò che è separato o allontanato dai metalli preziosi mediante fusione. Ricorre in Isaia 1:25: “Fonderò le tue schiumose scorie come col detersivo, e rimuoverò tutti i tuoi prodotti di rifiuto [bedhìl]”. La prima volta che viene menzionato, subito dopo l’Esodo, lo stagno è incluso nel prezioso bottino di guerra preso ai madianiti. (Num. 31:2, 22) In Palestina non c’erano miniere di stagno; il pesante, nerastro biossido di stagno chiamato “cassiterite” proveniva dalla sabbia dei fiumi di Tarsis e dell’Inghilterra. (Ezec. 27:12) Fra i sei prodotti degli antichi forni metallurgici lo stagno era quello che aveva il più basso punto di fusione, solo 232°C. (Ezec. 22:18, 20) Lo stagno, sembra, veniva usato per fare piombini; infatti in Zaccaria 4:10 (dove si parla del “piombino”) il testo masoretico ha “pietra [o peso], stagno”. In Amos 7:7, 8 il termine ebraico tradotto “piombino” può significare stagno o piombo. Comunque lo stagno veniva utilizzato più che altro per la sua proprietà di rendere più dura la lega con altri metalli: in antichi esemplari di bronzo si è riscontrato dal 2 al 18 per cento di stagno in Jega col rame.

  • Stanza superiore
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    • Stanza superiore

      Vedi CASA.

  • Statere
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    • Statere

      (statère).

      Moneta d’argento con cui si pagò la tassa del tempio per Gesù e l’apostolo Pietro. Equivalente a quattro dramme, a quel tempo ammontava più o meno a quattro giorni di salario. (Matt. 17:24, 27) Secondo molti studiosi corrisponderebbe al tetradramma coniato ad Antiochia (Siria) o a Tiro. Il tetradramma di Tiro, poco più grande delle 100 lire italiane, aveva sul diritto la testa del dio Melqart, sul verso un’aquila appollaiata sul timone di una nave e l’iscrizione “Tiro la [città] santa e invincibile”. Un’effigie dell’imperatore Augusto appariva sul tetradramma di Antiochia.

  • Statuto
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    • Statuto

      Legge o regolamento scritto e formalmente stabilito, divino o umano. (Gen. 26:5; Sal. 89:30-32; Dan. 6:15) La Bibbia rivela che Geova Dio è il supremo Datore di statuti. — Isa. 33:22; vedi LEGGE; LEGISLATORE.

  • Stefano
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    • Stefano

      [corona, serto].

      Primo martire cristiano. Pur avendo un nome greco, faceva parte del fedele rimanente ebraico che riconobbe e seguì il Messia. — Atti 7:2

      IL SUO MINISTERO PARTICOLARE

      Il nome di Stefano è menzionato per la prima volta nella Bibbia a proposito della nomina di uomini a cui affidare speciali incarichi di servizio nella congregazione cristiana di Gerusalemme. (Atti 6:1-4) Può darsi che

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