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    Ausiliario per capire la Bibbia
    • fede nell’efficacia della sua preghiera a Dio ordinando al suo servitore di salire sul Carmelo per andare a guardare il cielo sette volte prima che comparisse una nuvola di pioggia. (I Re 18:42-44) Il lebbroso Naaman doveva bagnarsi sette volte nel Giordano. Lui, un potente generale siro, dovette avere notevole umiltà per seguire la procedura raccomandata dal profeta Eliseo ma, per aver ubbidito facendolo, Geova lo purificò. (II Re 5:10, 12) La purezza, completezza, perfezione e bellezza dei detti di Geova sono paragonate con intensità e forza poetica all’argento raffinato in un “forno fusorio”, purificato sette volte. (Sal. 12:6) La misericordia di Geova viene magnificata affermando: “Il giusto può cadere pure sette volte, e per certo si leverà”. (Prov. 24:16) Il fatto che Egli meriti ogni lode è ben espresso dal salmista: “Sette volte al giorno ti ho lodato”. — Sal. 119:164.

      Multipli di sette sono usati con significato simile di completezza. Il settanta (dieci volte sette) è usato profeticamente nella profezia di Daniele delle “settanta settimane”, relativa alla venuta del Messia. (Dan. 9:24-27; vedi SETTANTA SETTIMANE). Gerusalemme e Giuda rimasero desolate per settant’anni, a motivo della disubbidienza a Dio, “finché il paese non ebbe scontato [completamente] i suoi sabati”. — II Cron. 36:21; Ger. 25:11; 29:10; Dan. 9:2; Zacc. 1:12; 7:5.

      Settantasette, numero in cui il sette è ripetuto, equivaleva a dire “all’infinito” o “senza limite”, come Gesù consiglia ai cristiani di perdonare i loro fratelli. (Matt. 18:21, 22) Poiché Dio aveva stabilito che chiunque uccidesse Caino, un assassino, doveva “subire vendetta sette volte”, Lamec, che evidentemente aveva ucciso un uomo per legittima difesa, disse: “Se Caino dev’essere vendicato sette volte, quindi Lamec settanta volte e sette”. — Gen. 4:15, 23, 24.

      OTTO

      Il numero otto era pure usato per dare maggior risalto alla completezza di qualche cosa (uno più di sette, il numero usato generalmente per indicare completezza), e pertanto a volte indicava abbondanza. Geova assicurò che avrebbe liberato il suo popolo dalla minaccia dell’Assiria, dicendo che contro gli assiri sarebbero stati suscitati “sette pastori, sì, [non solo sette, ma] otto duchi del genere umano”. (Mic. 5:5) A degno coronamento dell’ultima festa dell’anno sacro, la festa delle capanne, l’ottavo giorno si doveva tenere un santo congresso, una solenne assemblea: un giorno di completo riposo. — Lev. 23:36, 39; Num. 29:35

      DIECI

      Il dieci è il numero che indica pienezza, totalità; l’insieme, la somma di tutto ciò che esiste di una data cosa. Si noti inoltre che, quando i numeri sette e dieci sono usati insieme, il sette rappresenta ciò che è più alto o superiore e il dieci qualche cosa di natura subordinata.

      Le dieci piaghe riversate sull’Egitto espressero pienamente i giudizi di Dio sulla nazione e furono tutto quel che ci voleva per umiliare completamente i falsi dèi d’Egitto e infrangere l’autorità che l’Egitto esercitava sul popolo di Dio, Israele. Le “Dieci Parole” erano le leggi fondamentali del patto della Legge; infatti le altre 600 leggi circa non facevano che ampliarle e chiarirle, spiegandone l’applicazione. (Eso. 20:3-17; 34:28) Gesù usò il numero dieci in diverse illustrazioni per indicare la totalità o l’intero numero di qualche cosa. — Matt. 25:1, Luca 15:8; 19:13, 16, 17

      Una delle bestie della visione di Daniele e certe bestie descritte in Rivelazione avevano dieci corna. Queste evidentemente rappresentavano tutte le potenze o i “re” della terra che costituivano la disposizione raffigurata da tali bestie. (Dan. 7:7, 20, 24; Riv. 12:3; 13:1; 17:3, 7, 12) La pienezza della prova o del periodo di prova che Dio stabilisce per i suoi servitori, o permette che subiscano, è espressa in Rivelazione 2:10: “Non aver timore delle cose che stai per soffrire. Ecco, il Diavolo continuerà a gettare alcuni di voi in prigione affinché siate pienamente messi alla prova, e affinché abbiate tribolazione per dieci giorni”.

      DODICI

      Il patriarca Giacobbe ebbe dodici figli, che diventarono i capostipiti delle dodici tribù di Israele. I loro discendenti furono organizzati da Dio come Sua nazione sotto il patto della Legge. Il dodici sembra dunque rappresentare un ordinamento completo, equilibrato, divinamente costituito. (Gen. 35:22; 49:28) Geova scelse dodici apostoli, che costituirono le fondamenta secondarie della Nuova Gerusalemme, edificata su Gesù Cristo. (Matt. 10:2-4; Riv. 21:14) Dodici sono le tribù ‘dei figli dell’Israele spirituale’, ciascuna delle quali ha 12.000 componenti. — Riv. 7:4-8.

      Anche i multipli di dodici a volte sono importanti. Davide istituì le ventiquattro divisioni sacerdotali che avrebbero prestato servizio a turno nel tempio costruito poi da Salomone. (I Cron. 24:1-18) Questo può aiutare a identificare le “ventiquattro persone anziane” sedute intorno al trono di Dio, vestite di bianco e con corone sul capo. (Riv. 4:4) Ai fedeli seguaci di Gesù Cristo, i suoi fratelli spirituali, sono promessi regno e sacerdozio con lui nei cieli. Le persone anziane non potevano essere unicamente gli apostoli, che erano solo dodici. Dovevano perciò rappresentare l’intero “regal sacerdozio”, i 144.000 (rappresentati dalle ventiquattro divisioni sacerdotali che prestavano servizio nel tempio) nella loro rispettiva posizione nei cieli, quali sacerdoti e re incoronati. — I Piet. 2:9; Riv. 7:4-8; 20:6.

      QUARANTA

      In alcuni casi sembra che il numero quaranta si riferisca a periodi di giudizio o di punizione. (Gen. 7:4; Ezec. 29:11, 12) A Ninive furono concessi quaranta giorni per pentirsi. (Giona 3:4) In un altro caso il numero quaranta indica un’analogia fra la vita di Gesù Cristo e quella di Mosè, che tipificava Cristo: entrambi osservarono periodi di digiuno di quaranta giorni. — Eso. 24:18; 34:28; Deut. 9:9, 11; Matt. 4:1, 2.

  • Nuora
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    • Nuora

      Moglie del proprio figlio. Sia il termine ebraico (kallàh) che quello greco (nỳmphe) per “nuora” in certi casi vengono tradotti anche “sposa”: “Ti mostrerò la sposa, la moglie dell’Agnello”. — Riv. 21:9; Cant. 4:8-12; Isa. 61:10; Ger. 7:34; Giov. 3:29; Riv. 18:23; 21:2; 22:17

  • Nuoto
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    • Nuoto

      Presso gli antichi era comune saper nuotare. (Ezec. 47:5; Atti 27:42, 43) In un’antica iscrizione egiziana, un padre dice che i suoi figli prendevano lezioni di nuoto, e su alcuni bassorilievi assiri sono raffigurati soldati che nuotano, spesso con l’aiuto di pelli gonfiate.

      Per i pescatori era indispensabile saper nuotare. Quando pescavano con la rete a strascico a volte, probabilmente come in tempi più recenti, si tuffavano in acqua e tiravano sotto il resto della rete la parte a cui erano fissati i pesi per formare una sacca. Una volta Pietro, un pescatore, si mise a camminare sull’acqua ma, benché fosse un buon nuotatore (Giov. 21:7, 8), cominciò ad affondare e gridò affinché Gesù Cristo lo salvasse. Questo probabilmente accadde perché il mare era insolitamente burrascoso, e anche per il timore provato dallo stesso Pietro. — Matt. 14:27-31.

      In una profezia contro Moab, Isaia allude ai movimenti che si compiono nel nuoto: “La mano di Geova si poserà su questo monte, e Moab dev’esser calpestato nel suo luogo come quando un mucchio di paglia è calpestato in un letamaio. Ed egli deve stendere le sue mani in mezzo a esso come quando un nuotatore le stende per nuotare, e deve abbassarne la superbia con gli abili movimenti delle sue mani”. (Isa. 25:10, 11, NW) Questa versione, come quella della Settanta, fa pensare che Geova allunghi le mani contro Moab per infliggergli duri colpi. Secondo un’altra lezione sarebbe Moab a nuotare. Per esempio la versione della CEI dice: “‘La mano del Signore si poserà su questo monte’. Moab invece sarà calpestato al suolo, come si pesta la paglia nella concimaia. Là esso stenderà le mani, come le distende il nuotatore per nuotare; ma il Signore abbasserà la sua superbia, nonostante l’annaspare delle sue mani”.

  • Nuova Gerusalemme
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    • Nuova Gerusalemme

      Questa espressione ricorre due volte, e solo nel libro di Rivelazione, altamente simbolico. (Riv. 3:12; 21:2) Verso la fine di quella serie di visioni, e dopo aver visto “Babilonia la Grande” distrutta, l’apostolo Giovanni dice: “E vidi la città santa, la Nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, e preparata come una sposa adorna per il suo marito”. (Riv. 21:2) Ovviamente non si tratta di una città eretta da uomini, con edifici e strade letterali, costruita nel Medio Oriente al posto dell’antica Gerusalemme, distrutta nel 70 E.V.

      LA SPOSA DELL’AGNELLO

      Alla luce di altri passi biblici è possibile identificare con sicurezza la Nuova Gerusalemme. Di questa città viene detto che è “come una sposa”. Più avanti Giovanni scrive: “Uno dei sette angeli . . . mi parlò, dicendo: ‘Vieni qui, ti mostrerò la sposa, la moglie dell’Agnello’. E mi trasportò nella potenza dello spirito su un grande e alto monte, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da Dio, avendo la gloria di Dio. Il suo fulgore era simile a pietra preziosissima, quale pietra di diaspro splendente come cristallo”. — Riv. 21:9-11.

      Di chi è la sposa la Nuova Gerusalemme? Dell’Agnello di Dio, Gesù Cristo, che sparse il suo sangue in sacrificio per il genere umano. (Giov. 1:29; Riv. 5:6, 12; 7:14; 12:11; 21:14) Quali sono le sue caratteristiche? È composta di coloro che fanno parte della congregazione cristiana. La congregazione cristiana sulla terra è paragonata a una “casta vergine” da presentare al Cristo. (II Cor. 11:2) Un’altra volta l’apostolo Paolo paragona la congregazione cristiana a una moglie, di cui Cristo è il Marito e Capo. — Efes. 5:23-25, 32.

      Inoltre in Rivelazione 3:12 Cristo stesso si rivolge alla congregazione, promettendo a chi è fedele e vince: “Scriverò su di lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio, la nuova Gerusalemme che discende dal cielo e dal mio Dio, e quel mio nuovo nome”. La moglie prende il nome del marito. Perciò coloro che si vedono in piedi con l’Agnello sul monte Sion, 144.000 di numero, che hanno il nome dell’Agnello e quello del Padre suo scritti sulla fronte, sono evidentemente lo stesso gruppo, la sposa. — Riv. 14:1.

      CELESTE, NON TERRENA

      La Nuova Gerusalemme è celeste, non terrena, poiché scende “dal cielo, da Dio”. (Riv. 21:10) Ai componenti di questa classe della sposa sulla terra viene detto che la loro “cittadinanza esiste nei cieli” e che la loro speranza è di ricevere “un’eredità incorruttibile e incontaminata e durevole”, che è “riservata nei cieli” per loro, dice l’apostolo Pietro. — Filip. 3:20; I Piet. 1:4.

      Nel 537 a.E.V. Geova aveva creato “nuovi cieli e nuova terra” quando il rimanente degli ebrei tornò a Gerusalemme dall’esilio in Babilonia. (Isa. 65:17) Evidentemente il governatorato retto da Zorobabele (discendente di Davide) con l’aiuto del sommo sacerdote Giosuè, a Gerusalemme, costituiva i “nuovi cieli” di allora. (Agg. 1:1, 14; vedi CIELO [Nuovi cieli e nuova terra]). Perciò la Nuova Gerusalemme, con Cristo sul trono in tale città simbolica, costituisce il “nuovo cielo” che domina sulla “nuova terra”, la società umana sulla terra.

      La Nuova Gerusalemme è senz’altro una città celeste, com’è ulteriormente confermato dalla visione che ne ebbe Giovanni. Solo una città simbolica poteva avere le dimensioni e lo splendore della Nuova Gerusalemme. La sua pianta quadrata misurava circa 555 km (375 miglia romane) per lato, avendo un perimetro di 2.220 km (1.500 miglia romane), cioè dodicimila stadi. Essendo a forma di cubo, l’altezza della città era uguale alla sua lunghezza e larghezza. Nessuna città costruita dall’uomo potrebbe mai raggiungere tale altezza nello spazio. Tutt’intorno c’era un muro alto 144 cubiti o 64 m. Il muro stesso, di diaspro, poggiava su dodici pietre di fondamento, pietre preziose di grande bellezza: diaspro, zaffiro, calcedonio, smeraldo, sardonico, sardio, crisolito, berillo, topazio, crisopraso, giacinto e ametista. Su queste dodici pietre di fondamento erano incisi i nomi dei dodici apostoli dell’Agnello. La città vera e propria all’interno di queste belle mura non era meno splendida, infatti viene detto che era d’“oro puro come puro vetro” e aveva un’ampia via d’“oro puro, come vetro trasparente”.

      GOVERNO PURO, BENEFICO

      Si entrava nella Nuova Gerusalemme passando per le dodici porte delle sue magnifiche mura, che avevano tre porte per lato, ciascuna fatta di un’enorme perla. Benché le porte non venissero mai chiuse, ‘non vi doveva entrare nulla che non fosse sacro né alcuno che praticasse cosa disgustante o menzogna, ma solo quelli scritti nel rotolo della vita dell’Agnello’. Una città davvero santa e sacra; eppure non si vedeva alcun tempio destinato all’adorazione, poiché “Geova Dio, l’Onnipotente, è il suo tempio”. E non c’era bisogno che ‘risplendessero su di essa né il sole né la luna, poiché la gloria di Dio la illuminava’. Il suo dominio sulle nazioni sarà per il loro stesso bene, poiché “le nazioni cammineranno mediante la sua luce”. — Riv. 21:12-27.

  • Nuovo Patto
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    • Nuovo Patto

      VEDI PATTO.

  • Obab
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    • Obab

      (Obàb) [diletto].

      Cognato di Mosè; madianita della tribù dei cheniti figlio di Reuel (Ietro). (Num. 10:29; Eso. 3:1; Giud. 1:16) Quando giunse per gli israeliti il momento di partire dalla regione del Sinai diretti verso la Terra Promessa, Mosè chiese a Obab di accompagnarli per “servire da occhi”, cioè

  • Nutrice
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      Vedi BALIA, BALZO.

  • Nuvola
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    • Nuvola

      Vedi NUBE, NUVOLA.

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