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  • “Maggiolini” made in Germany
    Svegliatevi! 1979 | 8 dicembre
    • I preparativi per la mia nascita furono sia estesi che elaborati. Non solo si doveva costruire un nuovo stabilimento, ma furono fatti anche i progetti per far sorgere una città di 90.000 abitanti completamente nuova! La posa della prima pietra della città si ebbe il 1º luglio 1938, circa cinque settimane dopo che era cominciata la costruzione degli stabilimenti dove dovevo nascere io. Questa città nuova, ubicata strategicamente quasi al centro del Reich tedesco, ricevette il nome poco fantasioso e piuttosto buffo di “Città dell’automobile della forza attraverso la gioia”. Oggi chiamata Wolfsburg, è una città moderna di 130.000 abitanti e non sospettereste proprio che abbia solo poco più di 40 anni.

      Anche se non sono altro che un “maggiolino”, oso dire che sono pochi i bambini per la cui nascita sono stati fatti tanti preparativi! Il futuro si prospettava davvero luminoso!

      Il disastro

      Poi scoppiò la seconda guerra mondiale, ponendo fine precocemente al luminoso futuro di molti, incluso il mio, almeno per quel tempo. Nato da poco, fui messo da parte sotto la stretta di questioni più urgenti. Tutti gli impianti preparati per me vennero ora utilizzati per scopi militari.

      Infatti, questa svolta degli avvenimenti mise addirittura in dubbio la legittimità della mia esistenza. Un’ombra scese su di me, poiché fui accusato d’essere parte di una gigantesca truffa. William L. Shirer, autore del libro Storia del Terzo Reich (ed. Einaudi, 1962, Torino, trad. dall’inglese), spiega:

      “Poiché l’industria privata non era in grado di produrre un’automobile per 396 dollari [990 marchi tedeschi], Hitler ordinò che la costruisse lo Stato, e ne affidò l’incarico al Fronte del Lavoro. . . . Il Fronte del Lavoro anticipò 50 milioni di marchi di capitale, ma non doveva essere questo il finanziamento maggiore; l’ingegnoso piano del dott. Ley era che i lavoratori stessi fornissero il capitale, per mezzo di quello che fu chiamato il piano di rateizzazione ‘con pagamento anticipato’: cinque marchi la settimana, o, se qualcuno se lo poteva permettere, dieci o quindici. Quando erano stati pagati settecentocinquanta marchi, l’acquirente riceveva un numero d’ordine, che gli dava diritto ad entrare in possesso di una macchina non appena fosse uscita dalla fabbrica. Sfortunatamente per i lavoratori, non una sola macchina uscì mai per alcun cliente durante il Terzo Reich. Decine di milioni di marchi furono sborsati dai salariati tedeschi e nemmeno un pfennig sarebbe stato mai loro restituito”.

      Che il governo, come affermano alcuni, usasse consapevolmente o no questo stratagemma per raccogliere fondi da utilizzare nello sforzo bellico, resta il triste fatto che circa 170.000 persone persero i loro soldi. Sebbene non sia colpa mia, questo è un capitolo della mia storia di cui non sono fiero. Ero deciso a far dimenticare la mia vergogna, e — permettetemi di vantarmi un pochino — penso d’esserci riuscito piuttosto bene.

      Rinascita

      Alla fine della guerra, gli stabilimenti di Wolfsburg erano nel caos, semidistrutti. Nessuna delle potenze di occupazione li voleva come risarcimento danni. In seguito appresi che tutti i fabbricanti d’auto degli Alleati mi consideravano troppo semplice e — è una parola che non mi piace — troppo brutto per prendermi sul serio.

      Nondimeno, le truppe inglesi d’occupazione ordinarono di riaprire gli stabilimenti con una gestione tedesca, e la produzione dell’“automobile per il popolo” rimandata tanto a lungo cominciò. Fu a quell’epoca che gli americani e gli inglesi mi soprannominarono “maggiolino”, un nomignolo destinato a rimanere. E in tutta onestà devo ammettere che una certa somiglianza c’è. Ma i maggiolini non sono poi così brutti, non è vero?

      I miei primi anni furono difficili, ma furono contrassegnati da costante progresso. Da meno di 2.000 automobili nel 1945, le cifre della produzione salirono al principio degli anni sessanta a più di 2.000.000 di vetture all’anno. Nel 1974 erano stati prodotti quasi 18.000.000 di simili “maggiolini”, tutti con l’emblema di un lupo e un castello sul volante. Vi chiedete perché? Semplicemente perché Wolfsburg, il mio luogo di nascita, significa “castello del lupo” in tedesco.

      Sì, noi “maggiolini” ci assomigliamo. Il concetto originale e il mio aspetto generale non sono cambiati nel corso degli anni, ma questo non ha escluso i miglioramenti tecnici. Infatti, ognuno degli oltre 5.000 pezzi che compongono ciascuna vettura sono stati in un modo o nell’altro migliorati o modificati nel corso degli anni.

      Non passò molto che ero una cosa comune in tutta la Germania. Ma cominciavo a piacere anche a molti stranieri, e nel 1947 mi potevate già trovare in uno dei paesi vicini, l’Olanda. Nel 1949 attraversai per la prima volta l’Atlantico per recarmi negli Stati Uniti. Molti militari americani si portarono a casa un “maggiolino” quando finirono il servizio in Germania.

      In certi luoghi come gli Stati Uniti si cercavano macchine più piccole e più economiche, per cui la mia popolarità crebbe. Il numero dei “maggiolini” esportati aumentava di continuo; infatti, durante gli anni sessanta e settanta, in certi periodi quasi due terzi dell’intera produzione erano destinati all’esportazione. Per facilitare il lavoro a Wolfsburg e negli altri cinque stabilimenti che intanto erano sorti in Germania furono costruite fabbriche in paesi stranieri.

      Che bei ricordi! Come quello del 1955, quando dalla catena di montaggio uscì il milionesimo “maggiolino”, o quando alla 15 milionesima vettura fu assegnato un posto di onore nello Smithsonian Institution, a Washington. Ma il momento culminante giunse il 17 febbraio 1972. Avevo battuto il primato di poco più di 15 milioni di vetture stabilito nel 1927 dalla famosa utilitaria della Ford, la “Tin Lizzy”. Ero ora la nuova campionessa, la macchina più riuscita di tutti i tempi! Per essere un “maggiolino” avevo fatto molta strada!

      La fine di un’èra

      Mentre in molti paesi continuava a prevalere la richiesta di macchine piccole, nella mia terra d’origine c’era la tendenza opposta. I tedeschi, diventati più ricchi — ironicamente, ero io che vi avevo contribuito in notevole misura — volevano auto più grandi, più potenti e più comode. Devo ammettere che non sono la macchina più comoda del mondo, e le mie piccole dimensioni e il mio peso leggero possono essere uno svantaggio in caso di incidente o quando sono guidata in condizioni rischiose. Ma, dopo tutto, chi è perfetto?

      19 gennaio 1978: il giorno più triste della mia vita, il giorno in cui cessò in Germania la produzione del “maggiolino”. Da quel momento in poi nei sei stabilimenti nazionali della Volkswagen sarebbero stati prodotti solo modelli più sofisticati. L’ultimo “maggiolino made in Germany” non avrebbe mai provato l’ebbrezza della velocità, ma era destinato a trascorrere il resto dei suoi giorni al sicuro in un museo. Tuttavia sono orgoglioso del fatto che il “maggiolino” originale si fabbrica ancora negli stabilimenti della Volkswagen in Messico, Brasile, Nigeria e Repubblica Sudafricana.

      Questa svolta degli avvenimenti pone il tedesco patito del “maggiolino” in una situazione paradossale: se vuole comprare un “maggiolino” nuovo — che ora è il simbolo della Germania quasi quanto lo sono i calzoncini di cuoio, i boccali per la birra e gli orologi a cucù — deve importarlo! Immaginate! Sarebbe quasi come dire agli americani che da ora in poi dovranno far venire dall’estero hamburger, “hot dog” e gelato!

      Scusatemi se piango sulla vostra spalla. Suppongo che tutte le persone importanti abbiano la tendenza a ricordare il loro passato glorioso. Forse sto solo invecchiando e diventando sentimentale. Chi vuol essere messo da parte e dimenticato? Naturalmente, ci sono ancora milioni del mio tipo che corrono rombando sulle autostrade tedesche e sulle strade e vie secondarie di oltre 140 paesi del mondo. Quindi anche se il mio momento di gloria è passato, sono ancora in piedi, vivo e vegeto, forse però non così forte come prima. Ma almeno potete essere sicuri di una cosa: Passerà molto tempo prima che ci si dimentichi di noi “maggiolini” made in Germany!

  • Dominatrici degli abissi
    Svegliatevi! 1979 | 8 dicembre
    • Dominatrici degli abissi

      Dal corrispondente di “Svegliatevi!” in Australia

      LA SUPERFICIE dell’oceano è liscia e tranquilla. All’improvviso c’è un’esplosione d’acqua e di spruzzi. Un bestione nero di 40 tonnellate sembra stia per slanciarsi in aria. Esita un attimo al culmine dell’impennata. Poi, con un rumore fragoroso, scompare sott’acqua.

      È qualcosa di indimenticabile. Abbiamo avuto il privilegio di vedere una delle più grandi creature della terra, una balena, sollevarsi sopra l’acqua per prendere una boccata d’aria.

      Per centinaia d’anni la balena ha suscitato meraviglia nell’uomo, il quale un tempo credeva che la sua comparsa vicino alle coste o alle spiagge presagisse importanti avvenimenti. Sebbene le superstizioni sulle balene siano in gran parte scomparse, questo non può dirsi della meraviglia e dello stupore che suscitano. Uno sguardo ravvicinato alla forma e alle abitudini di questo gigante mostrerà perché.

      Che cos’è una balena?

      Non è un pesce ma un mammifero cetaceo a sangue caldo. Respira aria, allatta i piccoli ed è munita anche del pelo esterno così tipico dei mammiferi. Tuttavia, la sola volta che la balena esce dall’acqua è per lanciare in aria uno zampillo di vapore acqueo e per inspirare altra aria che le è indispensabile per stare in vita.

      A differenza di altri mammiferi acquatici, le balene non possono sostare presso i litorali. Per alcuni dei cetacei più grossi, rimanere anche temporaneamente arenati significa morte sicura. Se non c’è l’acqua per sostenere quell’enorme mole, le costole cedono e ne segue la morte per soffocamento.

  • Scuse sincere
    Svegliatevi! 1979 | 8 dicembre
    • Scuse sincere

      La sede centrale dei testimoni di Geova ha ricevuto la seguente lettera da un dottore in filosofia e consulente di psicologia:

      Cari testimoni di Geova,

      Vi scrivo per scusarmi con i testimoni di Geova di qualcosa a cui partecipai nella primavera del 1942 a Brookhaven, nel Mississippi. Avevo 16 anni ed ero troppo giovane per arruolarmi, ma ero pieno di ardore per la guerra. Avendo sentito che alcuni testimoni di Geova si erano accampati con le roulotte fuori città e che esortavano altri a non fare il militare, una decina di miei compagni delle scuole superiori e io ci armammo di pistola e andammo al campo. Facemmo loro quelli che a nostro giudizio erano discorsi patriottici dicendo che per la sera successiva avrebbero fatto meglio a esser lontani dalla città. Ciò che fecero. Non ricordo di aver discusso coi miei amici su ciò che avremmo fatto se non se ne fossero andati.

      Lo spirito di quei tempi si rispecchia nel fatto che il “Daily News” di Jackson pubblicò un articolo di fondo per elogiare il nostro ignobile gesto.

      Negli anni sessanta l’atrocità dell’invasione americana in Indocina causò la mia completa conversione al pacifismo e fu il colmo dell’ironia che i soli due ragazzi della scuola superiore di mio figlio che per ragioni morali rifiutarono di partecipare ai R.O.T.C. [Corpi di Addestramento degli Ufficiali della Riserva] furono mio figlio . . . e un testimone di Geova.

      Dal tempo del mio discorso “patriottico” del 1942 ho imparato molto sulla libertà e sulla democrazia nonché sul pacifismo dei cristiani vissuti nei primi 400 anni da che venne Cristo e desidero scusarmi con tutti i testimoni di Geova, anche se con 37 anni di ritardo. Distinti saluti. [Firmato] F.H.W.

      Siamo certi che quei testimoni di Geova che furono direttamente coinvolti nell’episodio accetteranno queste scuse sincere, imitando il loro Maestro, Cristo Gesù. — Luca 23:34.

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