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La terza guerra mondiale può essere evitata?Svegliatevi! 1981 | 8 novembre
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La terza guerra mondiale può essere evitata?
“PER amore di Dio, dei vostri figli e della civiltà a cui appartenete, rinunciate a questa follia!” Queste sentite parole sono state recentemente rivolte ai capi degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica, attualmente impegnati nella più grande corsa agli armamenti della storia. Non è stato un allarmista disinformato a dirle. È stato George F. Kennan, ex ambasciatore americano a Mosca.
“Nessuno capirà il pericolo che tutti corriamo”, ha fatto rilevare Kennan, “se non si riconosce che i governi di questo mondo moderno non hanno ancora imparato a creare e mantenere grandi forze militari, particolarmente quelle che includono armi di distruzione in massa, senza diventare servi anziché padroni delle loro creazioni”.
Molti sono d’accordo con Kennan nella sua agghiacciante valutazione dell’attuale politica mondiale. Un funzionario della Repubblica Popolare Cinese ha osservato che la guerra tra le superpotenze è “inevitabile”, aggiungendo: “I prossimi dieci anni saranno molto, molto pericolosi. Sono spaventosi. Non dobbiamo mai dimenticare questo fatto”.
Perché tutto questo allarme?
Negli ultimi anni si è parlato molto di “distensione”, o di allentamento delle tensioni esistenti fra le superpotenze del mondo, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica. In questo periodo molti si erano fatti l’idea che una guerra mondiale fosse meno probabile. Il primo Trattato per la Limitazione delle Armi Strategiche (SALT) fu firmato tra Stati Uniti e Unione Sovietica nel 1972 e fu seguito dalla firma del SALT II nel 1979, per cui la gente parlò fiduciosa di “una generazione di pace”.
Ora non più. “Nell’arco di trent’anni la tensione politica non aveva mai raggiunto un punto così pericoloso come oggi”, ha fatto notare Kennan alla fine del 1980, solo diciotto mesi dopo la firma del SALT II. “In tutto questo tempo non c’era mai stato un così alto grado di incomprensione, di sospetti, di perplessità e di semplici timori militari”.
Cos’ha creato questa tensione? Perché la terza guerra mondiale, un tempo considerata remota, appare improvvisamente così vicina? Dipende da fattori politici, economici e tecnologici che tutti insieme contribuiscono a creare una corsa agli armamenti che gli esperti temono non si possa arrestare. Eppure molti dicono che, se non viene fermata, questa corsa agli armamenti può solo portare alla guerra.
“Nella storia moderna non c’è nessun caso di potenze rivali che abbiano mantenuto forze armate di enormi proporzioni senza alla fine dare inizio alle ostilità”, avverte Kennan. “E non c’è nessuna ragione di credere che noi siamo più grandi, o più saggi, dei nostri predecessori”.
Perché la corsa agli armamenti non si può fermare?
Al principio dell’era nucleare i missili non erano molto precisi. Potevano colpire bersagli molto grandi, come città, ma non bersagli piccoli, come i silos dei missili nemici. Il risultato fu quello che Winston Churchill definì “equilibrio del terrore”. Entrambe le parti puntarono i missili sulle città dell’altra, stabilendo, in effetti, uno scambio di ostaggi. Entrambe le parti sapevano che dare inizio alla guerra nucleare significava la distruzione delle proprie città.
Questa dottrina strategica, detta della “sicura distruzione reciproca”, può avere contribuito a impedire la terza guerra mondiale per un’importante ragione. Non contava quale parte sferrava il primo colpo. La guerra nucleare sarebbe sempre stata disastrosa per entrambe le parti. Quindi nei precedenti periodi di tensione c’era meno incentivo a sganciare la prima bomba, come ad esempio durante la crisi dei missili a Cuba nel 1962.
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La tecnologia spinge il mondo verso la guerraSvegliatevi! 1981 | 8 novembre
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La tecnologia spinge il mondo verso la guerra
La tecnologia ha cambiato il vecchio “equilibrio del terrore”. I missili d’oggi sono molto più precisi di quelli di ieri. Quindi non vengono più puntati solo sulle città. Moltissimi sono puntati contro altri missili. I sistemi di guida a mezzo computer enormemente perfezionati hanno prodotto cambiamenti. Il risultato? La teoria della sicura “distruzione reciproca” è stata sostituita nel pensiero militare dalle strategie antiforze in base alle quali, teoricamente, le guerre nucleari non sono più scoraggiate ma combattute e vinte.
Ma come può l’una o l’altra parte sperare di vincere una guerra nucleare? Sferrando il primo colpo e distruggendo non le città ma i missili nemici. Poi, secondo questa teoria, il nemico sarebbe alla mercé della parte che ha sferrato il primo colpo e dovrebbe accettare qualsiasi condizione venisse imposta.
Questo modo di ragionare vi sembra pericoloso? Per molti esperti lo è. “Più le due grandi potenze fanno assegnamento sulle strategie antiforze, maggiore è la possibilità che scoppi una guerra mondiale nucleare”, dice il dott. Frank Barnaby dell’Istituto Internazionale per le Ricerche sulla Pace, con sede a Stoccolma. “Il dilemma dell’era nucleare è che, malgrado il desiderio delle leadership politiche di evitare tale guerra, siamo spinti verso di essa dall’incontrollata tecnologia militare”.
Durante gli anni ottanta, mentre i missili diverranno sempre più precisi, abbastanza per essere impiegati nella guerra antiforze, il mondo diventerà sempre più pericoloso. Come fece notare il New York Times, Robert McNamara, segretario di Stato alla Difesa degli U.S.A. negli anni sessanta, “era contrario a mettere le forze nucleari americane nella condizione di minacciare quelle sovietiche. Se una o entrambe le superpotenze pensassero che i suoi missili sono diventati vulnerabili a un attacco di sorpresa, egli sosteneva, la spinta a lanciarli in un momento di crisi diverrebbe quasi irresistibile”. L’incubo di McNamara sta per trasformarsi in realtà.
Le strategie antiforze potrebbero veramente contribuire a spingere il mondo alla guerra? La storia recente indica di sì. Considerate ciò che accadde dopo il Trattato Navale di Washington del 1922 in base al quale Stati Uniti, Giappone e Gran Bretagna concordarono di limitare la costruzione delle loro corazzate. Anziché fermare la corsa agli armamenti, il trattato “favorì lo sviluppo della portaerei, una nuova arma trascurata dagli ammiragli delle corazzate che allora occupavano i posti più importanti nella marina di ogni maggiore paese”, osserva Charles Fairbanks, professore di scienze politiche. “Come fece capire Pearl Harbor, la portaerei era un’arma che, in paragone con la corazzata, incoraggiava a sferrare il primo colpo in caso di crisi, e perciò accresceva notevolmente le probabilità che scoppiasse la guerra”.
Come i moderni missili, le portaerei erano vulnerabili all’attacco nemico perché non erano dotate della spessa armatura delle corazzate ed erano cariche di benzina. Come i moderni missili, le portaerei erano efficacissime quando venivano usate per sferrare il primo colpo con gli aerei, pur rimanendo a debita distanza. Nel 1941, mentre i rapporti fra Stati Uniti e Giappone peggioravano, l’impulso di sferrare il primo colpo divenne irresistibile per i giapponesi. Cosa accadrà se i rapporti fra Stati Uniti e Unione Sovietica continueranno a peggiorare? La storia si ripeterà?
Laser, satelliti e falsi allarmi
Non una ma tre volte in meno di un anno un computer ha registrato missili sovietici in viaggio verso l’America. Immediatamente gli equipaggi dei bombardieri FB-111 e B-52 accesero i motori, mentre la flotta americana di sottomarini a propulsione nucleare fu messa in stato di all’erta, come lo furono anche gli equipaggi dei 1.000 silos americani di missili Minuteman. Ogni volta si è riscontrato che il dato del computer era errato. In due casi il falso allarme è stato fatto risalire a un piccolo circuito elettronico da mezzo dollaro. Gli equipaggi di bombardieri, sottomarini e missili hanno ricevuto ordine di fermarsi . . . fino alla prossima occasione.
“Quello che qui non funziona non sono i meccanismi, ma la testa”, è stato il commento del New York Times. Alcuni militari non pensano più di potersi permettere il lusso di aspettare che i missili arrivino effettivamente prima di passare alla rappresaglia. Di conseguenza cresce il pericolo che falsi allarmi provochino dei contrattacchi autentici. Nel frenetico ambiente delle strategie antiforze, la terza guerra mondiale potrebbe cominciare per sbaglio. Non è molto rassicurante, vero?
La tecnologia destabilizza il mondo militare anche in altri modi. Eccone alcuni esempi:
Guerra di sottomarini: Non solo i missili sparati da terra stanno diventando abbastanza precisi da poter distruggere altri missili, ma anche i missili lanciati da sottomarini, come quelli della nuova flotta americana dei Trident, stanno diventando altrettanto precisi. Inoltre, sia Stati Uniti che Unione Sovietica sono impegnati a fondo nella costruzione di ogni tipo di sensori antisommergibili e di sottomarini da combattimento. Ma che accadrebbe se i sottomarini a propulsione nucleare fossero vulnerabili al “primo attacco”? “La tentazione di sferrare un attacco nucleare preventivo diverrebbe allora quasi irresistibile”, secondo il dott. Barnaby.
Guerra di satelliti: I satelliti sono gli occhi e gli orecchi delle odierne forze militari. In quest’era di nervosismo essi avvertono il più presto possibile del lancio di missili nemici, oltre a rendere possibili i controlli per i trattati sugli armamenti. Dal 70 all’80 per cento delle comunicazioni militari sono ora inviate a mezzo satellite. Data la grande importanza che stanno assumendo i satelliti, “un attacco ai satelliti di una nazione sfocerebbe quasi sicuramente in un attacco nucleare a oltranza, dal momento che la sua capacità di raccogliere informazioni verrebbe paralizzata”, secondo alcuni osservatori. È possibile un simile attacco?
“Negli scorsi 12 anni, a intervalli, l’Unione Sovietica ha messo in orbita almeno 15 satelliti killer”, dice un articolo della rivista Science 80. Gli Stati Uniti, a loro volta, stanno mettendo a punto un missile antisatellite che può essere lanciato da un caccia F-15. Specialmente minacciosi sono i nuovi tipi di armi che potrebbero istantaneamente accecare o distruggere satelliti anche in orbite molto distanti. Di che armi si tratta?
Fantascienza?
Se pensate che l’idea di un’arma laser che potrebbe distruggere un missile in volo sia fantascientifica, vi sbagliate. Tali armi esistono già! Dal 1973 sono stati impiegati laser in via sperimentale per mettere fuori combattimento aerei e missili in volo. L’Aeronautica americana ha dotato un aereo da trasporto di un massiccio laser per esperimenti a grandi altezze. Solo gli americani hanno speso un miliardo di dollari nella messa a punto di armi che impiegano il laser, e si afferma che i sovietici siano altrettanto avanti nelle ricerche.
Forse passerà molto tempo prima che un raggio laser con base terrestre possa colpire un satellite orbitante a notevole altitudine. Tale laser avrebbe bisogno di enormi quantità di energia. D’altra parte, “quantità di energia molto più modeste . . . possono accecare i sensori a raggi infrarossi di un satellite”, osserva la rivista New Scientist, “per cui non si avrebbe nessuna probabilità di individuare il lancio dei missili nemici”. Laser di tale potenza sono già realizzabili, il che rende ancora più incerto un mondo già inquieto.
Ovviamente questo non esaurisce affatto la lista di progressi destabilizzanti della tecnologia militare. I missili da crociera che, se pure lenti, sono assai più precisi di qualsiasi ICBM, possono essere considerati un’arma da guerra antiforze. Sono molto adatti per attaccare piccoli bersagli militari. È stata ideata la “bomba al neutrone” che uccide mediante radiazioni le persone distruggendo relativamente poche cose. Alcuni esperti militari vorrebbero un nuovo gas nervino “perfezionato”, sebbene l’impiego di gas nervino in guerra sia stato vietato già dal 1925! Si parla anche di guerra biologica, con l’impiego di germi come l’antrace. Ma la tecnologia non è l’unica cosa che spinge il mondo verso la terza guerra mondiale.
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Le cause della crescente tensione mondialeSvegliatevi! 1981 | 8 novembre
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Le cause della crescente tensione mondiale
Nel settembre del 1979 un satellite americano osservò un luminoso lampo doppio vicino al Sudafrica. Questo lampo è tipico delle esplosioni nucleari. La Repubblica Sudafricana stava forse sperimentando qualche arma nucleare? Il governo sudafricano lo nega, ma il Sudafrica non ha mai firmato il Trattato di Non Proliferazione Nucleare del 1968.
Israele è un altro paese che non ha mai firmato il Trattato di Non Proliferazione Nucleare. Nel 1974 il presidente d’Israele dichiarò: “È sempre stata nostra intenzione procurarci i mezzi per la messa a punto di armi nucleari. Ora abbiamo questi mezzi”.
Né questo è tutto. “Specialisti del servizio segreto credono che nel giro di cinque anni varie nazioni, tra cui Taiwan, Corea del Sud, Pakistan, Repubblica Sudafricana, Brasile e Argentina, potrebbero unirsi ai sei o sette paesi che sono già membri del cosiddetto ‘club delle armi nucleari’”, scrive il New York Times.
Un aspetto particolarmente minaccioso del prossimo decennio non è semplicemente la quasi inevitabile diffusione delle armi atomiche, ma in quali paesi probabilmente quelle armi si diffonderanno. Molte di queste nazioni si considerano circondate da potenti nemici. “Stati che si sentono assediati, come Israele e Taiwan, tendono sempre più a considerare la capacità atomica come l’ultimo deterrente contro qualsiasi attacco di forze ostili”, osserva U.S. News & World Report. Difficilmente si può sperare che tali nazioni si trattengano dall’impiegare armi nucleari in caso di crisi.
Si può arrestare la proliferazione nucleare? C’è da dubitarne. Vi è in circolazione troppo plutonio con cui fabbricare le bombe, ed è facile procurarsi le cognizioni tecniche per fabbricarle. Un recente rapporto del gruppo dell’International Nuclear Fuel Cycle Evaluation afferma “che non esiste una soluzione tecnica del problema di impedire la diffusione di armi nucleari in paesi che non le hanno ancora”. — SIPRI (Istituto Internazionale per le Ricerche sulla Pace con sede a Stoccolma).
Da dove viene tutto questo plutonio? “Finora un totale di 100.000 chilogrammi di plutonio, allo stato grezzo, è stato accumulato da reattori nucleari civili”, fa notare il SIPRI. Ci vogliono solo pochi chili di plutonio per fabbricare una bomba come quella che ha distrutto Nagasaki! In un mondo a corto di petrolio, i paesi in via di sviluppo ricorrono all’energia atomica e finiranno per avere come sottoprodotto l’elemento base delle bombe atomiche.
Un paese in fase di sviluppo potrebbe realmente costruire una bomba atomica se avesse a disposizione il plutonio? Nel 1978 uno studente universitario americano finì sulle prime pagine dei giornali per avere progettato una bomba atomica realizzabile basandosi su documenti segreti resi pubblici che tutti avrebbero potuto procurarsi per 25 dollari. Gli esperti convengono che la bomba “aveva ottime probabilità di funzionare”. Se uno studente universitario è in grado di costruirla, perché non potrebbe esserlo un paese in fase di sviluppo?
Cooperazione o scontro?
Gli esperti avvertono che un mondo con più nazioni in possesso di armi nucleari sarà sempre più instabile; sarà “un mondo di considerevoli timori e di profonda incertezza”, per usare le parole di uno specialista in materia di proliferazione nucleare, Joseph Nye, di Harvard. Un rimedio a questa instabilità potrebbe essere un’accresciuta cooperazione fra le superpotenze, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica. Una simile cooperazione è probabile? In un mondo a corto di risorse, molti pensano di no.
Ora gli Stati Uniti importano oltre il 40 per cento del loro fabbisogno di petrolio. Molti alleati americani devono importarne percentuali anche maggiori: il 90 per cento nel caso della Francia e il 97 per cento nel caso della Repubblica Federale di Germania. Queste nazioni hanno fatto capire d’essere disposte a correre il rischio della guerra pur di difendere le proprie scorte di petrolio. Il risultato? Le zone produttrici di petrolio del globo, come ad esempio il Golfo Persico, stanno assistendo a un’intensa rivalità militare fra le superpotenze: una situazione molto pericolosa.
Commentando il pericolo che la terza guerra mondiale scoppi in Medio Oriente, Richard Falk osserva che “in passato le guerre sono sempre scoppiate quando una grande potenza cercava di compensare il declino economico e politico con il ricorso a decisivi mezzi militari”. — The Bulletin of the Atomic Scientist, aprile 1979.
In altre parole, il tentativo di risolvere i problemi economici con il potenziamento militare porta alla guerra. Un esempio recente è quello della “soluzione” giapponese contro gli embarghi americani imposti sulle vitali scorte di petrolio nel 1941. “La costernazione suscitata dall’embargo spinse il comando navale giapponese . . . a cospirare con gli estremisti dell’esercito”. (Encyclopædia Britannica) Il risultato? Pearl Harbor.
Può il mondo permettersi un’altra Pearl Harbor?
Il petrolio non è l’unica cosa di cui gli Stati Uniti sono a corto. “Più di metà dei 23 materiali strategici consumati dall’industria americana sono importati”, dice U.S. News & World Report, che aggiunge: “Quel ch’è peggio, la maggioranza di questi minerali provengono da paesi politicamente instabili dell’Africa sub-sahariana”. Gli U.S.A. devono importare l’89 per cento del platino (usato nella raffinazione del petrolio greggio), il 90 per cento del cromo (usato per la corazza dei carri armati) e il 98 per cento del manganese (usato per fare leghe molto resistenti). Ciascun bene vitale che scarseggi rappresenta un conflitto potenziale, se le scorte fossero minacciate.
Le penurie non sono una sorpresa per alcuni
Prima della seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti producevano più petrolio che tutti gli altri paesi del mondo messi insieme. A quell’epoca si parlava comunemente della sconfinata ricchezza mineraria dell’America. Pochi prevedevano che nel giro di pochi decenni l’America non sarebbe più stata in grado di soddisfare il suo fabbisogno della maggioranza dei materiali strategici. Attenti studiosi della Bibbia, però, prevedevano guai.
Nel libro “Sia fatta la tua volontà in terra”,a l’Unione Sovietica era identificata con il “re del nord”, menzionato nell’11º capitolo di Daniele. “Il re del sud”, pure menzionato in quel capitolo, era identificato con il cosiddetto mondo libero, alla testa del quale c’erano Stati Uniti e Gran Bretagna. Questo capitolo della profezia biblica descrive una competizione fra questi due simbolici re, con le seguenti parole:
“E nel tempo della fine il re del sud s’impegnerà con [il re del nord] in uno scontro, e contro di lui il re del nord si riverserà con carri e con cavalieri e con molte navi . . . [il re del nord] effettivamente dominerà sui tesori nascosti dell’oro e dell’argento e su tutte le cose desiderabili d’Egitto”. — Dan. 11:40, 43.
Cosa significava questo? Il libro “Sia fatta la tua volontà in terra”, già 23 anni fa, faceva questa interessantissima previsione basata sulla Bibbia:
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