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  • Tempo della fine
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Dan. 9:2) Similmente il profeta Daniele ebbe una visione anticipata di avvenimenti che dovevano accadere nel lontano futuro. Poi gli fu detto: “E in quanto a te, o Daniele, rendi segrete le parole e sigilla il libro, fino al tempo della fine. Molti lo scorreranno, e la vera conoscenza diverrà abbondante”. — Dan. 12:4.

      L’espressione “tempo della fine” ricorre anche a proposito di avvenimenti particolari. In Daniele 11:40 si legge: “Nel tempo della fine il re del sud s’impegnerà con [il re del nord] in uno scontro, e contro di lui il re del nord si riverserà con carri e con cavalieri e con molte navi”. Poi la profezia parla delle azioni del “re del nord” e indica che giungerà alla sua fine. (Dan. 11:41-45) Quindi in questo caso il “tempo della fine” va evidentemente inteso come un periodo di tempo culminato con la distruzione del “re del nord”. Questo è confermato dal fatto che in precedenza il “re del nord” era stato raffigurato nell’atto di perseguitare i servitori di Dio, “che hanno perspicacia”, fino al “tempo della fine”, cioè fino al tempo della sua fine. — Dan. 11:33-35.

      Un altro aspetto del “tempo della fine” è l’affermarsi di un “re d’aspetto fiero” che si sarebbe schierato contro il “Principe dei principi”, finendo così per essere “rotto” o distrutto. Questo “re” doveva affermarsi nella parte finale dei regni sorti dalle quattro parti in cui doveva essere diviso l’impero greco. (Dan. 8:8-25) Poiché il “re del nord” e il “re del sud” avevano la stessa origine, ne consegue logicamente che il “re d’aspetto fiero” corrisponde a uno di questi “re” nel suo “tempo della fine”.

      L’espressione “tempo della fine” non significa ‘fine del tempo’, ma indica un periodo di tempo che culmina con la fine o distruzione non di tutte le cose, ma delle cose menzionate nella profezia. Che il tempo stesso non finirà è reso chiaro dalle Scritture. Per esempio, il salmista disse a proposito della terra: “Non si farà vacillare a tempo indefinito, o per sempre”. (Sal. 104:5) Poiché la terra continuerà a esistere, ne consegue necessariamente che il tempo, in quanto misura o “dimensione” terrena, non finirà. È vero che Rivelazione 10:6 si può rendere “non vi sarebbe più tempo”, ma il contesto indica che significa nessun’altra concessione di tempo; quindi termina un periodo di tempo preciso o stabilito. (Di) In altre traduzioni infatti si legge: “Non ci sarebbe più indugio”. (VR) “Non vi sarà più indugio”. (CEI, NM) Commentando questo versetto, A. T. Robertson osserva: “Questo non significa che il chronos (tempo) . . . cesserà di esistere, ma solo che non ci sarà più indugio nell’adempimento della settima tromba (versetto 7), in risposta alla domanda: ‘Fino a quando?’ (6:10)”. — World Pictures in the New Testament, Vol. VI, p. 372.

  • Tempo indefinito
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Tempo indefinito

      Il termine ebraico ‘ohlàm (‘olàm) si riferisce al “tempo” e deriva da una radice verbale che significa “nascondere, celare”. Visto al presente, ‘ohlàm dà l’idea di un tempo nascosto, indefinito o incerto. Un lessicografo lo definisce “tempo nascosto, cioè oscuro e lungo, di cui è incerto o indefinito il principio o la fine”. (W. Gesenius, A Hebrew and English Lexicon of the Old Testament, nella traduzione dal latino di E. Robinson, 1836, p. 746) Quindi espressioni come “tempo indefinito” (Sal. 25:6), “durata indefinita” (Abac. 3:6), “dell’antichità” (Gen. 6:4), “molto tempo fa”, “di molto tempo fa” (Gios. 24:2; Prov. 22:28; 23:10) e “di lunga durata” (Eccl. 12:5) rendono in modo corretto l’idea espressa dal termine nella lingua originale.

      Il termine ‘ohlàm a volte si riferisce a qualche cosa di eterno. Il profeta Isaia scrisse: “Geova, il Creatore delle estremità della terra, è Dio a tempo indefinito”. (Isa. 40:28) Geova è “da tempo indefinito a tempo indefinito”. (Sal. 90:2) Dal momento che è immortale e non muore, Geova continuerà a essere Dio per tutta l’eternità. (Abac. 1:12; I Tim. 1:17) Tuttavia l’espressione ebraica ‘ohlàm non significa di per sé “per sempre”. Spesso si riferisce a cose che hanno fine, ma la durata della cui esistenza può essere ‘a tempo indefinito’, perché non è precisato il tempo della loro fine. Per esempio, il patto della Legge ‘di durata indefinita’ ebbe fine con la morte di Gesù e l’istituzione di un nuovo patto. (Eso. 31:16, 17; Rom. 10:4; Gal. 5:18; Col. 2:16, 17; Ebr. 9:15) Anche il sacerdozio aaronnico ‘di durata indefinita’ ebbe fine. — Eso. 40:15; Ebr. 7:11-24; 10:1.

      Un altro termine ebraico, ʽadh, indica un futuro illimitato, qualcosa che sta per sempre o è eterno. (I Cron. 28:9; Sal. 19:9; Isa. 9:6; 45:17; Abac. 3:6) A volte, come nel Salmo 45:6(7), ‘ohlàm e ʽadh ricorrono insieme e si possono rendere “per sempre, in eterno” (Co, PIB), “in eterno e sempre” (Ga, Moraldi), “a tempo indefinito, sì, per sempre”. (NM) A proposito della terra il salmista affermò: “Non si farà vacillare a tempo indefinito, o per sempre”. — Sal. 104:5.

      Anche il termine ebraico nètsahh può indicare eternità. È stato reso fra l’altro “per sempre” (Giob. 4:20; 14:20), “in perpetuo” (Isa. 57:16) e “sempre”. (Sal. 9:18) A volte nètsahh e ‘ohlàm ricorrono in parallelismi (Sal. 49:8, 9), oppure compaiono insieme nètsahh e ʽadh. (Amos 1:11) Tutti e tre ricorrono nel Salmo 9:5, 6: “Hai rimproverato le nazioni,.. Hai cancellato il loro nome a tempo indefinito [‘ohlàm], sì, per sempre [ʽedh (ʽadh)]. O nemico, giunte alla loro perpetua [nètsahh] fine sono le tue desolazioni”.

      Nelle Scritture Greche Cristiane il termine aiòn può indicare un periodo di tempo di durata indefinita o indeterminata, un periodo di tempo remoto, ma non infinito. Per esempio, in Luca 1:70 e Atti 3:21 aiòn può essere tradotto “d’un tempo” o “dall’antichità” (CEI), “dei tempi antichi” o “dell’antichità” (Ga), “dell’antichità” (NM). Spesso tuttavia il contesto indica che aiòn va inteso riferito a un periodo di tempo di durata indefinita perché senza fine. (Luca 1:55; Giov. 6:50, 51; 12:34; I Giov. 2:17) Similmente l’aggettivo aiònios (derivato da aiòn) può, com’è evidente dal contesto, significare sia “lunga durata” (Rom. 16:25; II Tim. 1:9; Tito 1:2) che “eterno”. (Matt. 18:8; 19:16, 29) Anche un altro aggettivo greco, aìdios, può significare ‘eterno’ o ‘sempiterno’. — Rom. 1:20; Giuda 6, CEI, NM; per un ulteriore approfondimento di aiòn, vedi SISTEMI DI COSE.

  • Tenda
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Tenda

      [ebr. ’òhel; gr. skenè].

      Rifugio smontabile di stoffa o pelle, sostenuto da pali. Le tende furono una delle più antiche abitazioni di fattura umana (Gen. 4:20; 9:21) ed erano comunemente usate dai popoli nomadi del Medio Oriente. — Gen. 9:27; Sal. 83:6.

      La Bibbia fornisce alcuni particolari sul modello e l’uso delle tende. Questi sono integrati dalla conoscenza delle tende usate dagli arabi in anni più recenti, dato che non sembrano differire sostanzialmente da quelle del periodo biblico. Molti studiosi ritengono che le tende più antiche fossero fatte con pelli di animali. (Gen. 3:21; Eso. 26:14) I beduini usano tuttora tende di tessuto nerastro di pelo di capra. (Confronta Esodo 36:14; Cantico di Salomone 1:5). Strisce di questo materiale vengono cucite insieme, e le dimensioni della tenda rettangolare dipendono dalla ricchezza del proprietario e dal numero degli occupanti. La tenda è sostenuta da un certo numero di pali alti da 1,50 a 2 m circa, i più alti al centro; è assicurata contro il vento da funi fissate a pioli. (Giud. 4:21) Per proteggersi dal vento e dagli intrusi, a lato della tenda vengono tesi dei teli, che possono essere alzati o tolti per lasciar passare l’aria.

      Sembra che in tempi biblici le tende più grandi di solito fossero divise almeno in due scompartimenti mediante appositi teli. La “tenda di Sara” menzionata in Genesi 24:67 poteva essere il suo scompartimento o una tenda che occupava lei sola; infatti i ricchi avevano diverse tende, e a volte le donne avevano tende separate. (Gen. 13:5; 31:33) Per terra all’interno della tenda venivano probabilmente stese delle stuoie.

      Le tende caratterizzavano la vita nomade, a differenza delle case di coloro che avevano una dimora stabile. Viene detto che Abraamo ‘dimorava in tende’ mentre “aspettava la città che ha reali fondamenta”. (Ebr. 11:9, 10) Sembra che durante la loro permanenza in Egitto gli israeliti vivessero principalmente in case, non in tende. (Eso. 12:7) Ma lasciato l’Egitto tornarono alle tende (Eso. 16:16) e le usarono per tutti i quarant’anni trascorsi nel deserto. (Lev. 14:8; Num. 16:26) In quel periodo due tende particolari assunsero speciale importanza: il “tabernacolo” e la tenda di Mosè. (Eso. 25:8, 9; 26:1; 33:7; vedi TABERNACOLO; TENDA DI ADUNANZA). Anche dopo che gli israeliti occuparono la Terra Promessa tende venivano ancora usate da pastori o agricoltori nei campi. (Cant. 1:8) Probabilmente Zaccaria 12:7 si riferisce a tende del genere, le prime a essere attaccate e avere bisogno di protezione se una nazione nemica invadeva il paese per attaccare Gerusalemme. Inoltre tende venivano usate da comandanti militari e truppe durante le spedizioni in paesi lontani. — I Sam. 17:54; II Re 7:7; confronta Daniele 11:45.

      La dimestichezza che gli israeliti avevano avuto per tanto tempo con le tende diede senza dubbio origine all’uso poetico di “tenda” per indicare qualsiasi abitazione, anche una casa normale. — Eso. 12:23. 30; I Sam. 13:2; I Re 12:16; Sal. 78:51.

      USI FIGURATIVI

      La familiarità con le tende è evidente anche nei numerosi riferimenti biblici alle tende in senso figurativo. Parlando di quando stava per morire, Ezechia scrisse: “La mia propria abitazione è stata divelta e da me rimossa come la tenda dei pastori”. (Isa. 38:12) Come una tenda che occupava un dato posto, una volta divelti i pali e i pioli, poteva essere rapidamente smontata e portata via, così il posto di Ezechia nel paese dei viventi sembrava transitorio e facilmente rimosso. Elifaz paragonò la morte all’atto di strappare la corda di una tenda, facendola crollare. (Giob. 4:21) In modo simile Paolo usò la metafora di una tenda nel parlare del corpo umano dei cristiani generati dallo spirito. Una tenda smontabile è una dimora più fragile e temporanea di una casa normale. Pur vivendo sulla terra in un corpo mortale di carne, i cristiani che hanno ricevuto lo spirito come caparra della futura vita celeste aspettano “da Dio un edificio”, un corpo celeste eterno, incorruttibile. — I Cor. 15:50-53; II Cor. 5:1-5; confronta II Pietro 1:13, 14.

      Per descrivere la distruzione che si sarebbe abbattuta sugli ebrei, Geremia ricorse alla figura di una tenda. (Ger. 4:20) Paragonò la nazione desolata a una donna la cui tenda era stata abbattuta, le corde tagliate. A peggiorarne la condizione patetica, i suoi figli erano in esilio, quindi non c’era più nessuno che potesse aiutarla nel lavoro di rizzare e tendere la tenda. (Ger. 10:20) Quando i babilonesi distrussero Gerusalemme, la città come insieme di abitazioni poteva essere definita la “tenda della figlia di Sion” su cui Dio aveva versato il suo furore. — Lam. 2:4.

      In alcuni casi una “tenda” era usata con un altro significato figurativo. La tenda era il luogo dove trovare riposo e protezione dalle intemperie. (Gen. 18:1) A motivo dell’abituale ospitalità, i visitatori accolti nella tenda di qualcuno avevano ragione di pensare che sarebbero stati benvoluti e rispettati. Perciò, quando Rivelazione 7:15 dice a proposito della “grande folla” che Dio “spiegherà su loro la sua tenda”, questo fa pensare a protezione e sicurezza. (Sal. 61:3, 4) Isaia parla dei preparativi che la moglie di Dio, Sion, deve fare per i figli che avrà. Le viene detto: “Rendi più spazioso il luogo della tua tenda”. (Isa. 54:2) Così essa amplia il luogo dove i suoi figli trovano protezione.

      In Rivelazione 21:1-3 Dio proiettò la visione di Giovanni nel regno millenario di Cristo, e disse: “Ecco, la tenda di Dio è col genere umano, ed egli risiederà con loro [o si attenderà con loro]”. Come prefigurato dalla tenda o tabernacolo nel deserto, Dio dimorerà, non rappresentativamente col genere umano verso il quale agisce per mezzo dell’“Agnello di Dio”, che è anche il grande Sommo Sacerdote. — Eso. 25:8; 33:20; Giov. 1:29: Ebr. 4:14.

  • Tenda della testimonianza
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Tenda della testimonianza

      Vedi TABERNACOLO.

  • Tenda di adunanza
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    • Tenda di adunanza

      Espressione riferita sia alla tenda di Mosè (Eso. 33:7) che al sacro tabernacolo eretto nel deserto. (Eso. 39:32, 40; 40:2, 6, 7, 22, 24, 26, 29, 30, 32, 34, 35) Per qualche tempo, fino all’erezione del tabernacolo, la tenda di Mosè servì come santuario temporaneo. Questo a motivo del fatto che la nuvola, la quale rappresentava la presenza di Geova, stava “all’ingresso” (probabilmente sul davanti) di quella tenda ogni volta che Mosè vi entrava, e lì Geova comunicava con Mosè. Veniva chiamata “tenda di adunanza” (NM) o “tenda dell’incontro” (PS) evidentemente perché il popolo doveva andare là per interrogare Geova e quindi, in effetti, vi incontrava Geova. (Eso. 33:7-11) A quanto pare per la stessa ragione il sacro tabernacolo veniva definito la “tenda di adunanza”. — Vedi TABERNACOLO.

  • Tende, fabbricante di
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Tende, fabbricante di

      In Atti 18:3 il mestiere che svolgevano Paolo, Aquila e Priscilla viene indicato col termine greco skenopoiòs. Varie ipotesi sono state avanzate circa il genere di attività indicata da questo termine (fabbricante di tende, tessitore di tappezzeria o cordaio); tuttavia numerosi studiosi riconoscono che “sembra non esserci alcuna ragione per discostarsi dalla traduzione ‘fabbricanti di tende’”. — The Expositor’s Greek Testament, Vol. II, p. 385.

      Durante la sua prima visita a Corinto, Paolo, “siccome era dello stesso mestiere”, alloggiò con Aquila e Priscilla. (Atti 18:1-3) L’apostolo Paolo era di Tarso, in Cilicia, zona famosa per il tessuto di pelo di capra chiamato cilicium di cui erano fatte le tende. (Atti 21:39) Gli ebrei del I secolo E.V. consideravano onorevole insegnare un mestiere a un ragazzo anche se doveva ricevere un’educazione superiore. Perciò Paolo probabilmente fece esperienza nella manifattura di tende quando era ancora ragazzo. Può darsi che la fabbricazione di tende fosse lo stesso genere di lavoro svolto dall’apostolo a Tessalonica (I Tess. 2:9; II Tess. 3:8) e altrove. (Atti 20:34, 35; I Cor. 4:11, 12) Non era un lavoro facile, poiché si dice che il cilicium fosse piuttosto rigido e grossolano, e quindi difficile da tagliare e cucire.

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