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Nuove sorprendenti prove portate alla luce!La Torre di Guardia 1978 | 1° settembre
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cominciarono a essere tradotte in greco, e ne risultò quella che è chiamata Versione dei Settanta (LXX) greca.
Allorché Gesù cominciò il suo ministero, questa versione era largamente usata dai Giudei di lingua greca. Dalle parole usate dagli apostoli nei loro scritti possiamo dedurre che conoscevano bene la Settanta, come la conosceva senz’altro anche Gesù.
Ma quella traduzione greca conteneva il nome di Dio? I manoscritti più completi della Settanta che ci sono pervenuti, risalenti al quarto secolo E.V., rivelano una situazione sorprendente. In tutti i punti in cui la Bibbia ebraica aveva il Tetragramma, la Settanta greca sostituì le parole “Dio” (Theos) e “Signore” (Kyrios). Quindi fra gli eruditi c’era l’idea che Gesù e gli apostoli non usassero il nome personale di Dio. Alcuni dicevano che essi, leggendo o citando le Scritture in ebraico, seguivano l’usanza di pronunciare invece le parole che stanno per “Signore” o “Dio”. E in quanto alla copia dei Settanta che usavano, non conteneva neppure il Nome.
La maggior parte dei teologi si sono attenuti fiduciosamente a questa idea. Ma che dire ora dell’indizio trovato nella Grotta degli Orrori?
L’INDIZIO TROVATO IN GIUDEA
Rammentate che nella Grotta degli Orrori, nel deserto della Giudea, c’erano alcuni frammenti di un rotolo in pelle contenente i Dodici Profeti scritto intorno all’epoca della nascita di Gesù. Era in greco, nella forma della Settanta. Ma che dire del nome di Dio? Notate il testo riprodotto qui a fianco.
Questi frammenti rinvenuti nel deserto della Giudea contenevano il nome divino in un antico stile di ebraico! Anche se il testo principale era in greco, il nome di Dio era stato conservato in lettere ebraiche. Il Tetragramma non era stato sostituito con il titolo greco Kyrios, come si fece con i manoscritti della Settanta nei secoli successivi.
Ma ancora più recentemente si è prestata attenzione a un altro importante indizio. Anch’esso è molto utile per stabilire se nella vostra Bibbia ci dovrebbe essere il nome di Dio, e, quindi, se voi dovreste usare tale nome. Questo indizio è venuto alla luce al Cairo.
L’INDIZIO TROVATO IN EGITTO
L’indizio consiste in molti frammenti di un antico rotolo papiraceo di Deuteronomio, frammenti che nel museo sono elencati con il nome di Papiri Fouad Numero 266. Sebbene questi frammenti fossero trovati negli anni quaranta, gli studiosi non poterono accedervi per studiarli.
Nel 1950 la Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane (inglese) fu la prima a pubblicare fotografie di alcuni di questi rari frammenti. Ma per tutti gli anni cinquanta e sessanta la maggioranza degli esperti non poté esaminare i frammenti veri e propri, e nessun’altra pubblicazione specializzata ne riprodusse fotografie o li poté analizzare tutti. Ciò fu fatto infine nel volume Études de Papyrologie del 1971. Ma cosa c’era di così straordinario in quei frammenti? E cosa c’entrano con l’uso del nome di Dio?
I papiri Fouad 266 furono preparati nel secondo o nel primo secolo a.E.V. Non sono in ebraico ma in greco. Date un’occhiata alla scrittura nei campioni dei Fouad 266 riprodotti qui sotto. Vedete che, anche se il testo principale è in greco, viene usato il Tetragramma in chiare lettere ebraiche? Quindi neppure il copista di questo rotolo papiraceo sostituì al Nome le parole greche per “Signore” (Kyrios) o “Dio”. Invece, inserì più di 30 volte — nel corso della scrittura greca — il Tetragramma in lettere ebraiche!
Il dott. Paul E. Kahle di Oxford ha spiegato che questi frammenti contengono “forse il più perfetto testo di Deuteronomio della Settanta che ci sia pervenuto”. In Studia Patristica, aggiunge: “Qui in un rotolo papiraceo abbiamo un testo greco che presenta il testo della Settanta in forma più attendibile del Codice Vaticano e che fu scritto oltre 400 anni prima”. E conserva il nome personale di Dio, com’è conservato nei frammenti greci del rotolo dei Dodici Profeti trovati nel deserto della Giudea. Sono entrambi d’accordo.
Nel Journal of Biblical Literature (Vol. 79, pagg. 111-118), il dott. Kahle esamina il cumulo di evidenze inerenti all’uso del nome divino da parte dei Giudei e conclude:
“Tutte le traduzioni greche della Bibbia fatte da Giudei per i Giudei nei tempi precristiani devono aver usato, come nome di Dio, il Tetragramma in caratteri ebraici e non [Kyrios], o abbreviazioni d’esso, come troviamo nelle [copie] cristiane” della Settanta.
L’attenzione prestata alla conservazione del nome divino si riscontra anche in testi di lingua ebraica che risalgono al primo secolo. In alcuni rotoli ebraici rinvenuti nelle grotte attorno al mar Morto, il Tetragramma era scritto in inchiostro rosso o in uno stile ebraico più antico facilmente distinguibile. J. P. Siegel fece questi commenti in proposito:
“Non appena furono scoperti i manoscritti di Qumran oltre vent’anni fa, una delle loro più sorprendenti caratteristiche fu il fatto che, in un gruppo limitato di passi, compariva il Tetragramma scritto in caratteri paleoebraici. . . . Questo è ovviamente indice di profonda riverenza per il Nome Divino”. — Hebrew Union College Annual, 1971.
Per di più, si afferma che nella Gerusalemme del primo secolo esisteva un rotolo ebraico dei cinque libri di Mosè con il Tetragramma in lettere d’oro. — Israel Exploration Journal, Vol. 22, 1972, pagg. 39-43.
Queste nuove evidenze non indicano in modo vigoroso che Gesù deve aver ben conosciuto e usato il nome divino, sia che leggesse le Scritture in greco o in ebraico?
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Qualcosa di nuovo sul nome di Dio?La Torre di Guardia 1978 | 1° settembre
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Qualcosa di nuovo sul nome di Dio?
NELLE pagine precedenti abbiamo considerato alcune nuove sorprendenti evidenze circa l’uso del nome di Dio all’epoca in cui Gesù e gli apostoli furono sulla terra.
Capite quale conclusione è additata da queste evidenze? Che relazione hanno con ciò che dovreste trovare nella Bibbia e con il modo in cui voi personalmente considerate il nome di Dio? Notate le conclusioni tratte da un insigne studioso che ha vagliato l’evidenza dei manoscritti:
Poco più di un anno fa, George Howard, professore incaricato di religione presso l’Università della Georgia (U.S.A.), si occupò di tale questione nel Journal of Biblical Literature. (Vol. 96, N. 1, 1977, pagg. 63-83) Il suo articolo comincia così:
“Le recenti scoperte fatte in Egitto e nel deserto della Giudea ci permettono di vedere direttamente l’uso del nome di Dio nei tempi precristiani”.
Quindi egli si sofferma sui testi greci del periodo precristiano recentemente pubblicati e riprodotti nelle pagine precedenti. Riguardo all’idea accettata in precedenza che nella Settanta al nome di Dio fosse sempre stato sostituito il termine greco Kyrios, leggiamo:
“In base a questi ritrovamenti ora possiamo dire con certezza quasi assoluta che il nome divino, יהוה, non fu sostituito da [Kyrios] nella Bibbia greca precristiana, come così spesso si è pensato”.
Che dire dei Rotoli del mar Morto in generale? Il prof. Howard scrive:
“Forse l’osservazione più significativa che possiamo fare su questo multiforme uso del nome divino è che il Tetragramma era considerato molto sacro. . . . Nella copiatura del testo biblico il Tetragramma fu custodito con cura. Questa salvaguardia del Tetragramma fu estesa anche alla traduzione greca del testo biblico”.
MA CHE DIRE DI GESÙ E DEI DISCEPOLI?
Tutto ciò che è stato detto sopra può interessare in special modo gli studiosi, ma cosa c’entra con la vostra Bibbia? Come dovreste considerare l’uso del nome personale di Dio?
Il prof. Howard trae alcune importanti conclusioni. Prima fa notare quanto segue:
“Sappiamo di sicuro che i Giudei di lingua greca continuarono a scrivere יהוה nelle loro Scritture greche. Inoltre, è molto improbabile che i primi cristiani ebrei di lingua greca, che erano conservatori, si distaccassero da questa usanza. . . . Sarebbe stato molto strano che togliessero il Tetragramma dal testo biblico stesso”.
Cosa fecero gli scrittori delle Scritture Greche Cristiane citando i libri della Bibbia ebraica, sia dall’ebraico originale che da una traduzione greca? Usarono il Tetragramma quando compariva nella fonte da essi citata? In base all’evidenza ora disponibile, il prof. Howard spiega:
“Dato che il Tetragramma era ancora scritto nelle copie della Bibbia greca che formavano le Scritture della chiesa primitiva, è ragionevole credere che gli scrittori del N[uovo] T[estamento], citando la Scrittura, conservassero il Tetragramma nel testo biblico. Da ciò che facevano gli Ebrei in èra precristiana possiamo supporre che il testo del NT incorporasse il Tetragramma nelle citazioni del VT”.
Perché, allora, in tutte le copie esistenti del “Nuovo Testamento” manca il Tetragramma? È possibile che il nome di Dio sia stato tolto dopo la morte degli apostoli? Questo è ciò che indica l’evidenza. Il prof. Howard prosegue dicendo:
“Naturalmente, in queste citazioni il Tetragramma sarebbe rimasto finché continuava a essere usato nelle copie cristiane della LXX. Ma quando fu tolto dal VT greco, fu tolto anche dalle citazioni del VT nel NT”.
“Pertanto, verso l’inizio del secondo secolo, l’uso di sostituti [del nome di Dio] deve aver fatto sparire il Tetragramma da entrambi i Testamenti. Dopo non molto il nome divino scomparve completamente dalla chiesa gentile salvo riflettersi nei sostituti contratti o essere ricordato ogni tanto dagli eruditi”. (Il corsivo è nostro)
È PROPRIO UNA NOVITÀ?
Molti eruditi lettori del Journal of Biblical Literature possono essere rimasti sorpresi dalla conclusione raggiunta, cioè che quando fu scritto originariamente il “Nuovo Testamento” vi compariva il nome divino, Geova (Yahweh). Può essere sembrata loro una novità, poiché è un completo capovolgimento rispetto alla vecchia idea che gli scrittori cristiani evitassero di usare il nome divino. Ma è veramente una novità?
Già nel 1796 Dominikus von Brentano usò il nome divino in certi passi della sua traduzione in tedesco del “Nuovo Testamento”. Considerate, ad esempio, Marco 12:29, che riportiamo sotto. A Gesù era stato chiesto: “Qual è il principale comandamento?” La traduzione di Brentano dice quindi: “Il principale comandamento, rispose Gesù, è questo: Odi Israele! Geova, nostro Dio, è il solo Dio”.
29. Das allervornehmste Gebot, antwortete Jesus, ist dieß: Höre Israel! Jehovah, unser Gott, ist der einige Gott◊).
Brentano aveva delle buone ragioni per mettere in bocca a Gesù il nome divino? Sì, perché Gesù citava Deuteronomio 6:4, che contiene il Tetragramma. Gesù non era certo un tradizionalista, come lo era la maggioranza dei capi religiosi giudei, poiché Gesù ‘insegnava come una persona che ha autorità e non come gli scribi’. (Matt. 7:29) Cristo disse pubblicamente che desiderava glorificare il nome del Padre suo, sia il nome stesso che tutte le opere e i propositi associati a quel nome. (Giov. 12:28) E verso la fine della sua vita terrena disse che aveva fatto conoscere il nome del Padre suo. Il traduttore Brentano aveva dunque un motivo logico per ritenere che Gesù pronunciasse il nome di Dio quando citava un versetto contenente tale nome. — Giov. 17:6, 26.
Allo stesso modo, il solo racconto del Vangelo di Matteo contiene più di 100 citazioni delle Scritture Ebraiche. Nel 1950 la Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane (inglese) disse di Matteo: “Nei casi in cui queste citazioni includevano il nome divino, egli era obbligato a includere fedelmente il tetragramma”.
Questa traduzione pervenne nel 1950 alla stessa fondamentale conclusione esposta in seguito, nel 1977, nel Journal of Biblical Literature. In base all’evidenza secondo cui gli scrittori del “Nuovo Testamento” incontravano il Tetragramma, sia che citassero le Scritture dal testo ebraico o dalla Settanta greca, la Prefazione della Traduzione del Nuovo Mondo diceva:
“Il traduttore moderno è giustificato a usare il nome divino come equivalente [delle parole greche per “Signore” e “Dio”] nei punti dove Matteo, ecc., citano versetti, passi ed espressioni delle Scritture Ebraiche o della LXX in cui ricorre il nome divino”.
Pertanto, la conclusione indicata dal prof. Howard nel 1977 non è del tutto nuova. Ma ha reso note alcune recenti e ottime prove che non erano disponibili quando nel 1950 la Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane usò “Geova” 237 volte nel “Nuovo Testamento”.
Il nome di Dio, pertanto, deve comparire nelle traduzioni della Bibbia. Quello è il suo posto, per essere usato e apprezzato da tutti i veri adoratori che desiderano fare quello che fece Gesù — glorificare il nome del Padre suo — e che pregano: “Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo Nome”. — Matt. 6:9, versione di Fulvio Nardoni.
[Immagine a pagina 9]
Nahal Hever, in direzione est verso il mar Morto
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Troppa fretta di criticare!La Torre di Guardia 1978 | 1° settembre
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Troppa fretta di criticare!
NEL 1950 la Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane (inglese) offrì delle prove a sostegno del suo uso del nome divino. Nondimeno, certi scrittori religiosi criticarono il fatto che aveva inserito il nome “Geova” nel “Nuovo Testamento”. Rivelarono così apertamente di ragionare in modo diverso da come ragionava Davide, che cantò: “Oh magnificate con me Geova, ed esaltiamo insieme il suo nome”. — Sal. 34:3; confronta Salmo 74:10, 18.
Un opuscolo pubblicato dai Cavalieri di Colombo, cattolici romani, muoveva la seguente accusa:
“I primi cristiani che scrissero il Nuovo Testamento certo non usarono [Geova], bensì la parola ‘Signore’, che usarono pure in riferimento a Cristo. Perciò, abbiamo qui un pietoso esempio di Pseudoerudizione in cui si tenta di difendere l’indifendibile”.
Anche lo studioso presbiteriano Bruce M. Metzger parlò di posizione “indifendibile” e aggiunse:
“L’introduzione della parola ‘Geova’ nel testo del Nuovo Testamento, . . . è un chiaro esempio di opportunismo”.
Jack P. Lewis, professore presso un college della Chiesa di Cristo, scrisse riguardo all’uso del nome “Geova”:
“Già abbastanza discutibile nel Vecchio Testamento, è del tutto ingiustificato nel Nuovo Testamento”.
E il ministro battista Walter R. Martin mosse quest’accusa denigratoria:
“La superficiale erudizione dei testimoni di Geova, con la loro arrogante pretesa d’avere una base valida per ripristinare il nome divino [Geova] nelle Scritture, . . . è una vana frode scolastica”.
Che presunzione e dogmatismo in tali critiche! Tuttavia, come mostrano gli articoli di questa rivista, tali critiche erano del tutto infondate! Ora perfino fra gli studiosi si ammette che gli apostoli di Gesù usarono il nome divino, anzi, che lo inclusero nel “Nuovo Testamento”.
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I teologi inciampano nel nome di DioLa Torre di Guardia 1978 | 1° settembre
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I teologi inciampano nel nome di Dio
COME hanno potuto ecclesiastici e teologi inciampare nel nome di Dio?
Anzitutto, sembra che l’aver tolto dalla Bibbia il nome di Dio abbia causato un grosso errore dottrinale. Com’è stato menzionato in un articolo precedente, fu evidentemente “verso l’inizio del secondo secolo” che il nome divino cominciò a essere sostituito nel “Nuovo Testamento” con “Signore” o “Dio”. Questo causò un problema di identificazione. Quale Signore si intendeva?
Nelle Scritture Ebraiche ci sono versetti dove si parla di Geova che sono citati nel “Nuovo Testamento” in un contesto dove si parla del Figlio. (Isa. 40:3—Matt. 3:3—Giov. 1:23; Gioe. 2:32—Rom. 10:13; Sal. 45:6, 7—Ebr. 1:8, 9) Questo è comprensibile, poiché Gesù fu il principale rappresentante del Padre. Infatti, in modo analogo, perfino di un angelo si parlò come se fosse Geova, perché serviva come rappresentante di Geova. (Gen. 18:1-33) Quale può essere stato tuttavia l’effetto del togliere il nome di Dio?
Il Journal of Biblical Literature dice:
“In molti passi dove c’era chiara distinzione fra la persona di Dio e quella di Cristo, la rimozione del Tetragramma deve avere creato considerevole ambiguità. . . . Sorta la confusione con il cambiamento del nome divino nelle citazioni, la stessa confusione si estese ad altre parti del NT dove le citazioni non c’entravano affatto”.
Comprendendo evidentemente che questo poté contribuire allo sviluppo della dottrina della Trinità, l’articolo chiede:
“Fu forse tale ristrutturazione del testo a far sorgere in seguito le controversie cristologiche [sulla natura di Cristo] in seno alla chiesa, e i passi del NT oggetto di queste controversie erano identici a quelli che nell’èra del NT non crearono evidentemente nessun problema? . . . Gli studi [cristologici attuali] si basano sul testo del NT come appariva nel primo secolo, o si basano su un testo alterato che rappresenta un periodo nella storia della chiesa in cui la differenza tra Dio e Cristo divenne confusa nel testo e poco chiara nella mente degli uomini di chiesa?”
Quindi, la rimozione del nome di Dio dal “Nuovo Testamento” poté contribuire in seguito a far accettare la dottrina della Trinità, che non era affatto insegnata nella Bibbia originale.
Una seconda pietra d’inciampo per i teologi riguarda il modo di pronunciare il Nome. In ebraico si scrive con quattro consonanti, traslitterate di solito in YHWH o JHVH. Nell’antico Israele si imparava la pronuncia tramandata da tempi precedenti. Ma evidentemente qualche tempo dopo il 70 E.V. la pronuncia esatta andò perduta. Quando copisti ebrei posteriori aggiunsero segni vocalici alle consonanti per facilitare il lettore, usarono i segni di Adonay (Signore) ed Elohim (Dio), da cui si giunse alla forma “Geova”.
Molti studiosi di ebraico preferiscono ora la pronuncia “Yahweh”. Tuttavia oggi nessuno può dire con certezza in che modo Mosè, ad esempio, pronunciava il nome divino.
In Vetus Testamentum (Ott. 1962) il dott. E. C. B. Maclaurin dichiarò: “Si deve ripetere che non esiste nessuna prova antica e definitiva che il nome venisse pronunciato Yahweh mentre sono chiaramente dimostrate molte forme antiche, come Hu’, Yah, Yo-, Yau-, -yah e forse -yo”. Il dott. M. Reisel, in The Mysterious Name of Y.H.W.H. (Il misterioso nome di Y.H.W.H.), disse che la “vocalizzazione del Tetragramma dovette essere in origine YeHuàH o YaHuàH”. Tuttavia, il canonico D. D. Williams di Cambridge sostenne che “l’evidenza indica o meglio quasi prova, che Jahweh non era la vera pronuncia del Tetragramma, . . . Il Nome stesso era probabilmente JAHOH”. — Zeitschrift für die alttestamentliche Wissenschaft, Vol. 54.
Nella maggioranza delle lingue c’è un modo comune di scrivere e pronunciare il nome di Dio, e questo varia da lingua a lingua. In italiano è Geova, in figiano è Jiova e in danese è Jehova. Perché pretendere che oggi tutti debbano cercare di imitare qualche antica pronuncia ebraica su cui non sono d’accordo neppure le autorità in materia? Il prof. Gustav Oehler di Tübingen, dopo avere discusso in un libro varie pronunce, dice:
“Da questo punto in poi uso la parola Geova, perché in effetti questo nome è stato adottato nel nostro vocabolario, e non può essere sostituito, come il termine più corretto Yarden non può sostituire la forma usuale Giordano”.
Questa è una veduta sensata, poiché consente di usare una pronuncia largamente conosciuta che ancora identifica chiaramente il Creatore e Dio, il quale ci esorta a usare il suo nome. (Isa. 42:8; Rom. 10:13) Molti teologi, però, hanno preferito cavillare sui lati tecnici, cadendo nella trappola di evitare il nome di Dio.
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Il nome di Dio e il vostroLa Torre di Guardia 1978 | 1° settembre
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Il nome di Dio e il vostro
IL VOSTRO nome giustamente vi interessa ed è importante per voi. Sentendolo nominare, drizzate le orecchie. Ma oltre al vostro nome proprio — sia esso Giovanni, Francesca o Carlo — il vostro “nome” può riferirsi anche alla vostra reputazione. Da questo punto di vista il vostro nome implica voi come individuo e ciò che siete.
Probabilmente i vostri intimi vi chiamano per nome, non con il cognome. E siete molto felici quando vi considerano una persona che ha ‘un buon nome’. (Prov. 22:1) Abbiamo ogni ragione di interessarci del nostro nome.
Se interessa agli uomini, certo interessa ancora di più al Creatore dell’universo. Egli decise di rivelarsi agli uomini con un nome personale e significativo che lo identifica come Uno che adempie i suoi propositi e le sue promesse. Perciò Dio poté appropriatamente riferirsi al suo nome Geova come al suo “memoriale”. (Eso. 3:14, 15; Osea 12:5; Sal. 135:13) Quel nome è legato a tutto ciò che egli ha fatto e che si propone ancora di fare.
Non dovremmo dunque usare e apprezzare il nome di Dio? Inoltre, ci conosce Dio per nome, sia mediante il nostro nome personale che mediante la buona reputazione che abbiamo ai suoi occhi?
La maggioranza dei capi religiosi, e anche molte traduzioni della Bibbia, hanno la tendenza a ignorare o minimizzare il nome proprio di Dio, e questo impedisce agli uomini d’avere la sua approvazione. Scrivendo in merito all’omissione del nome divino in alcune Bibbie, il dott. Walter Lowrie scrisse in Theological Review, una pubblicazione anglicana:
“Nei rapporti umani è della massima importanza conoscere il nome proprio, il nome personale, di colui che amiamo, al quale parliamo, o anche di colui del quale parliamo. È esattamente la stessa cosa nella relazione fra l’uomo e Dio. Chi non conosce Dio per nome non lo conosce realmente come persona, non lo conosce fino al punto di parlargli (ciò che si intende con la preghiera), e non può amarlo, se lo conosce solo come una forza impersonale”.
Tale scrittore pensava particolarmente al fatto che in una recente versione della Bibbia il nome divino appare solo quattro volte. Sì, benché molti ecclesiastici abbiano insegnato ai loro greggi a pregare: “Sia santificato il tuo nome”, non sono stati i primi a usare quel nome o a raccomandare di includerlo nella Bibbia. — Luca 11:2, versione di Fulvio Nardoni.
Per citare un esempio, prendete la Common Bible (1973), che tanto i protestanti quanto i cattolici romani sono autorizzati a usare. La Prefazione dice specificamente che non segue l’esempio dell’American Standard Version (1901), che usava il nome di Dio migliaia di volte. Perché tralasciare questo nome? Una ragione addotta furono le opinioni discordanti in merito alla sua pronuncia. Un’altra fu questa: “L’uso di un qualsiasi nome proprio in riferimento al solo e unico Dio, come se ci fossero altri dèi
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