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  • Timoteo, lettere a
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • santa devozione e autosufficienza, senza voler arricchire (6:3-10)

      L. Timoteo esortato a comportarsi in modo corretto, a ordinare ai ricchi di non essere alteri, e a rifuggire i discorsi vuoti (6:11-21)

      RAGIONI PER CUI FU SCRITTA LA SECONDA LETTERA

      Nel 64 E.V. un grande incendio devastò Roma, distruggendo circa un quarto della città. Si diceva che ne fosse responsabile Nerone. Per scagionarsi egli incolpò i cristiani. Sembra che questa sia stata l’origine di un’ondata di violenta persecuzione da parte del governo. Probabilmente in quel tempo (ca. 64 o 65 E.V.) l’apostolo Paolo fu nuovamente imprigionato a Roma. Benché abbandonato da molti, in catene e nell’imminenza della morte (II Tim. 1:15, 16; 4:6-8), l’apostolo scrisse un’incoraggiante lettera a Timoteo, per preparare il suo giovane compagno d’opera a resistere a elementi apostati nella congregazione ed essere risoluto di fronte alla persecuzione. (II Tim. 2:3-7, 14-26; 3:14-4:5) Ricevendo notizie di Paolo, Timoteo poteva essere incoraggiato dal buon esempio di fedele perseveranza dell’apostolo sottoposto a grande tribolazione. — II Tim. 2:8-13.

      SCHEMA DEL CONTENUTO

      I Saluti e benedizioni iniziali (1:1, 2)

      II Paolo rende grazie a Dio per la fede di Timoteo (1:3-5)

      III Timoteo incoraggiato a rimanere fedele (1:6-2:13)

      A. Dio non ha dato spirito di codardia, ma di potenza e amore; anche la salvezza è espressione della sua immeritata benignità (1:6-11)

      B. Esempio di Paolo nella sofferenza; quelli allontanatisi da Paolo ben diversi da Onesiforo che aiutò l’apostolo (1:12-18)

      C. Consiglio di affidare le cose imparate a uomini fedeli, adeguatamente qualificati per insegnare ad altri; esortazione a sopportare il male quale eccellente soldato di Cristo Gesù (2:1-7)

      D. Perché Paolo era in grado di sopportare (2:8-13)

      IV Come agire riguardo a insegnamenti falsi (2:14 -4:5)

      A. Non combattere per delle parole; maneggiare rettamente la parola di verità; evitare discorsi vuoti contrari alla verità (2:14-18)

      B. Falsi insegnanti non avranno successo, poiché il solido fondamento di Dio resiste; evitare vasi impuri, evidentemente falsi insegnanti (2:19-21)

      C. Timoteo deve fuggire i desideri della giovinezza, perseguire giustizia, fede, amore e pace; non contendere con chi non è ben disposto ma istruirlo con mitezza affinché possa pentirsi (2:22-26)

      D. Descrizione delle condizioni esistenti negli “ultimi giorni”; Timoteo esortato a rimanere fedele (attenendosi alle Scritture ispirate e predicando la parola) (3:1-4:5)

      V Notizie di Paolo prigioniero; suo desiderio che Timoteo vada da lui; saluti e benedizioni finali (4:6-22)

      Vedi il libro “Tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile”, pp. 230-235.

  • Tingere, tintura
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Tingere, tintura

      L’arte di far assumere particolari sfumature e tinte a filato, tessuto e altro materiale, mediante vari procedimenti e l’impiego di sostanza colorante, era nota e praticata prima dei giorni di Abraamo e probabilmente è antica come l’arte di tessere. Per fare il tabernacolo e gli abiti sacerdotali, gli israeliti usarono filo turchino, fibre di colore scarlatto e lana tinta di porpora rossiccia. (Eso. capp. 25-28, 35, 38, 39) Quella della tintura, che anticamente era un’attività prevalentemente domestica, finì in vari luoghi per diventare una vera e propria industria. Gli antichi egizi erano noti per i colori particolarmente vivaci dei loro tessuti (Ezec. 27:7) e, dopo il declino dell’Egitto, Tiro e altre città fenicie acquistarono importanza per le loro tintorie. La scoperta di impianti per tintorie in tutta la Palestina indica che anche gli ebrei erano abili tintori.

      ANTICHI PROCEDIMENTI

      Il procedimento seguito nella tintura variava da luogo a luogo. A volte veniva tinto il filato, mentre in altri casi si tingeva il tessuto finito. Sembra che il filato venisse immerso nella tintura due volte, e dopo la seconda immersione veniva strizzato per ricuperare la preziosa tintura, poi veniva steso ad asciugare.

      Ogni materiale doveva essere trattato in modo diverso. Qualche volta, se pur raramente, la sostanza colorante aveva affinità naturale con la fibra da tingere. Ma quando ciò non avveniva, era necessario trattarla prima con un mordente, sostanza che serve a fissare il colore sulla fibra. Per servire da mordente una sostanza deve per lo meno avere affinità naturale con la sostanza colorante, in modo da formare con essa un composto colorato insolubile. Scoperte mostrano che gli egiziani usavano mordenti nella tintura. Per esempio tre dei colori che usavano erano rosso, giallo e turchino, e si dice che tinte del genere non si potevano fissare senza usare come mordente ossidi di arsenico, ferro e stagno.

      Evidentemente prima di essere tinte le pelli di animali venivano conciate. Anche in tempi recenti in Siria le pelli di montone venivano conciate con sommacco e poi si applicava la tintura. Una volta che la tinta era asciutta, le pelli venivano strofinate con olio e quindi lucidate. Le scarpe e altri articoli di cuoio usati dai beduini venivano in tal modo tinti di rosso e ricordavano le “pelli di montone tinte di rosso” usate per il tabernacolo. — Eso. 25:5.

      SOSTANZE COLORANTI

      Lo scarlatto di cocciniglia e il cremisi sono le tinture che hanno origine dalla più antica sostanza colorante conosciuta: un insetto parassitario omottero della famiglia dei Coccidi (il Coccus ilicis). Poiché la femmina viva, grande circa come un nocciolo di ciliegia, sembra una bacca, i greci la chiamavano kòkkos, che significa “bacca”. Un altro insetto degli Omotteri, il chermes (dall’arabo qirmiz), da cui deriva il termine italiano “cremisi”, era comune in tutto il Medio Oriente. Solo le uova di questo insetto contengono un colorante color porpora, ricco di acido chermisino. Verso la fine di aprile la femmina priva di ali, piena di uova, aderisce mediante la sua proboscide ai ramoscelli, e a volte alle foglie, dei lecci. Le larve o chermes vengono raccolte ed essiccate e la preziosa tintura si ottiene bollendole in acqua. Questa è la tintura rossa usata estesamente per gli accessori del tabernacolo e le vesti indossate dal sommo sacerdote di Israele.

      L’antica Tiro era famosa per la sua produzione di una sostanza colorante cremisi intenso o porpora detta porpora di Tiro. Pare che i tiri seguissero un metodo di doppia tintura, ma non si sa con che procedimento ottenessero esattamente questo colore. La sostanza colorante evidentemente era estratta da alcuni molluschi Murex e Purpura, infatti lungo la spiaggia di Tiro e nei pressi di Sidone sono stati rinvenuti mucchi di conchiglie di Murex trunculus. Dal momento che la quantità di liquido estratto da ogni mollusco è minima, accumularne una quantità notevole era un procedimento costoso. Perciò la tintura era preziosa e gli abiti tinti di porpora distinguevano personaggi ricchi o altolocati. (Est. 8:15; Luca 16:19) Geova fece descrivere la città fenicia di Tiro dicendo che era ricca di lana tinta di porpora rossiccia e altri tessuti variopinti, e anche ne faceva commercio. — Ezec. 27:2, 7, 24.

  • Tino
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    • Tino

      Vedi STRETTOIO.

  • Tiraca
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    • Tiraca

      (Tiràca).

      Forse il faraone Taharqa, terzo sovrano etiope della “venticinquesima dinastia” d’Egitto. Le date attribuite in genere dagli storici moderni al regno di Taharqa non corrispondono però alla cronologia biblica. Durante il regno di Ezechia, mentre Sennacherib re d’Assiria combatteva contro Libna, giunse notizia che Tiraca avanzava contro gli assiri. (II Re 19:8, 9; Isa. 37:8, 9) Un’iscrizione assira, pur non menzionando Tiraca, indica che Sennacherib sconfisse gli eserciti venuti dall’Egitto e catturò “i guidatori di carri del re d’Etiopia”. Il successivo sovrano assiro, Esar-Addon, si vantava di aver conquistato l’Egitto: “Il suo re, Tiraca, ferii cinque volte con le frecce e regnai su tutto il suo paese”. Durante il regno di Assurbanipal, figlio e successore di Esar-Addon, Tiraca si ribellò all’Assiria. Ma, secondo Assurbanipal, “il terrore della (sacra) arma di Assur, mio signore, raggiunse Tiraca dove si era rifugiato e non si sentì più parlare di lui”.

  • Tiro
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    • Tiro

      [roccia].

      Il principale porto fenicio situato circa 52 km a N del monte Carmelo e 35 km a S di Sidone. La città era nota per la sua antichità (Isa. 23:1, 7), ma non si sa quando sia stata fondata come colonia dei sidoni. È menzionata per la prima volta nel 1467 a.E.V. dopo la conquista della Terra Promessa, e a quel tempo era una città fortificata. In questo caso si parla di Tiro in relazione ai confini del territorio della tribù di Aser. Fin dall’inizio, e per tutta la sua storia, Tiro a quanto pare rimase fuori dei confini di Israele come stato limitrofo indipendente. — Gios. 19:24, 29; II Sam. 24:7.

      A volte fra Tiro e Israele c’erano rapporti amichevoli, specie durante il regno di Davide e di Salomone. Esperti artigiani tiri furono impiegati per costruire il palazzo reale di Davide con legno di cedro inviato da Hiram re di Tiro. (II Sam. 5:11; I Cron. 14:1) I tiri inoltre fornirono a Davide il legno di cedro usato poi per la costruzione del tempio. — I Cron. 22:1-4.

      Dopo la morte di Davide, Hiram re di Tiro fornì a Salomone materiali e aiuto per la costruzione del tempio e di altri edifici governativi. (I Re 5:1-10; 7:1-8; II Cron. 2:3-14) Il figlio di una israelita e di un tiro esperto nel lavorare il rame, che era lui stesso un abile artigiano, fu impiegato nella costruzione del tempio. (I Re 7:13, 14; II Cron. 2:13, 14) Per l’aiuto dato i tiri furono pagati in grano, orzo, olio e vino. (I Re 5:11, 12; II Cron. 2:15) Inoltre Salomone diede al re di Tiro venti città, ma questi non fu eccessivamente soddisfatto. — I Re 9:10-13.

      Tiro in seguito diventò una delle più grandi potenze navali del mondo antico, e sia i suoi marinai che la flotta commerciale di navi di “Tarsis” erano famosi per i viaggi in paesi lontani. Il re di Tiro e Salomone si unirono in un’impresa marittima per l’importazione di oro di Ofir e altre cose preziose. — I Re 9:26-28; 10:11, 22; II Cron. 9:21.

      Nonostante tutti i rapporti che i tiri ebbero con Israele non c’è alcuna indicazione che come popolo s’interessassero dell’adorazione di Geova; i loro rapporti erano strettamente commerciali. I tiri erano di stirpe cananea e come religione praticavano una forma di adorazione di Baal; loro principali divinità erano Melqart e Astarte (Astoret). Izebel era figlia di Etbaal, re dei sidoni (e anche di Tiro) all’epoca del suo matrimonio con Acab, re del regno settentrionale di Israele. Izebel fu infame nella sua decisione di eliminare l’adorazione di Geova. — I Re 16:29, 31; 18:4, 13, 19.

      CONDANNA DA PARTE DI DIO

      Tiro non incorse nella severa condanna di Dio solo per la malvagità di Izebel e di sua figlia Atalia. La città era diventata grande a spese di altri popoli, fra cui Israele. Produceva oggetti di metallo, vetro e porpora, era un centro di scambi per le carovane provenienti dall’entroterra, e un grande emporio di esportazione e importazione. Questa espansione industriale e commerciale era accompagnata da ricchezza, presunzione e orgoglio. I suoi mercanti e commercianti si vantavano di essere i principi e gli onorevoli della terra. (Isa. 23:8) Tiro finì per assumere un atteggiamento di opposizione a Geova e cospirò con le nazioni vicine contro il popolo di Dio. (Sal. 83:2-8) Il suo sfacciato disprezzo nei confronti di Geova fu causa dell’avverso giudizio, della caduta e distruzione della città.

      Verso la fine del IX secolo a.E.V. Geova notò l’arroganza della città. Perciò l’avvertì che sarebbe stata ripagata per aver derubato il suo popolo dell’oro, dell’argento e di molte cose desiderabili usate invece per abbellire i suoi templi. Tiro avrebbe inoltre dovuto rendere conto per aver venduto schiavo il popolo di Dio. — Gioe. 3:4-8; Amos 1:9, 10.

      In seguito il profeta Isaia mise per iscritto un’altra dichiarazione contro Tiro, la quale indicava che sarebbe stata dimenticata per “settant’anni”. (Isa. 23:1-18) Anni dopo il profeta Geremia incluse Tiro fra le nazioni destinate a bere il vino dell’ira di Geova. (Ger. 25:8-17, 22, 27; 27:2-7; 47:2-4) Poiché le nazioni menzionate nella profezia di Geremia dovevano “servire il re di Babilonia per settant’anni” (Ger. 25:8-11), questo fa pensare che sia la profezia di Isaia che quella di Geremia si riferissero alla campagna di Nabucodonosor contro Tiro.

      Anche per mezzo di Ezechiele, contemporaneo di Geremia, Geova predisse calamità per Tiro per mano di Nabucodonosor. (Ezec. 26:1-28:19) Benché Tiro fosse stata simile a una bella nave con vele multicolori, ponti coperti e prua intarsiata d’avorio, sarebbe affondata in mare aperto. (Ezec. 27:3-36) Il “re” di Tiro (a quanto pare la dinastia regnante) si era vantato con presunzione: “Io sono un dio. Mi son seduto al posto di dio”. Ma fu deposto come un profano e distrutto nel fuoco. — Ezec. 28:2-19.

      DISTRUZIONE DELLA CITTÀ

      Durante il lungo assedio di Tiro, la testa dei soldati di Nabucodonosor fu “resa calva” a furia di sfregare contro l’elmo, e le loro spalle rimasero ‘scorticate’ a furia di trasportare il materiale usato per costruire opere d’assedio. Poiché Nabucodonosor non ricevette alcun ‘salario’ per il servizio reso quale Suo strumento nell’eseguire il giudizio contro Tiro, Geova promise di compensarlo con la ricchezza dell’Egitto. (Ezec. 29:17-20) Secondo lo storico ebreo Giuseppe Flavio (Contro Apione, Libro I, 21), l’assedio durò tredici anni e costò molto ai babilonesi. La storia secolare non precisa fino a che punto gli sforzi di Nabucodonosor siano stati completi o efficaci. Ma la perdita di vite umane e beni inflitta ai tiri dovette essere ingente. — Ezec. 26:7-12.

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