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“Sono sopravvissuto all’affondamento del Titanic”Svegliatevi! 1982 | 8 aprile
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“Sono sopravvissuto all’affondamento del Titanic”
ERO andato a Jacksonville, in Florida, a trovare i miei anziani genitori e mio zio. È stato alcuni mesi fa, poco prima che mio zio morisse. Come di consueto, la domenica mattina andammo alla Sala del Regno dei Testimoni di Geova per ascoltare un discorso pubblico. Udimmo un bel discorso intitolato: “Sopravvivrete agli ‘ultimi giorni’?” Sulla via del ritorno, mio zio disse: “Quel discorso mi ha fatto ricordare un terribile disastro a cui sono sopravvissuto”. Fece una breve pausa poi aggiunse: “Come ben sai, sono sopravvissuto all’affondamento del Titanic”.
In seguito chiesi a mio zio, Louis Garrett, di raccontarmi la sua vicenda sul Titanic.
“Cominciamo dal principio”, disse. “Nacqui nel 1900 nel Libano, ad Hakoor, un piccolo villaggio di montagna 130-140 chilometri a nord di Beirut. La mia famiglia possedeva un mulino ad acqua, e mio padre era il mugnaio del paese. Si decise di emigrare tutti negli Stati Uniti. Nel 1904 mia madre e le mie due sorelle lasciarono il Libano. In seguito, nel 1906, partì per gli Stati Uniti il mio fratello maggiore. Mio padre, mia sorella ed io saremmo dovuti partire per gli Stati Uniti nel 1912, e così l’intera famiglia sarebbe emigrata.
“Nel marzo del 1912 andammo a Marsiglia, in Francia. Lì prenotammo la traversata sul Titanic che avrebbe fatto il suo viaggio inaugurale per New York. La data della partenza era il 10 aprile 1912. Mio padre dovette rimanere a Marsiglia perché non aveva superato il richiesto esame medico a causa di un’infezione agli occhi”. Lo zio sorrise ed esclamò: “Fu una fortuna per lui che le cose andassero così!”
“Mia sorella aveva 14 anni”, continuò, “e io 12 quando salimmo a bordo del Titanic. Ci dispiacque separarci da nostro padre, ma eravamo eccitati per il fatto di trovarci a bordo del Titanic, la più grande, la più veloce e la più lussuosa nave dell’epoca, che si diceva anche fosse inaffondabile! C’erano più di 2.200 persone a bordo, tra cui alcuni degli uomini più ricchi e più influenti del tempo. Molti erano sul Titanic per celebrare il suo viaggio inaugurale. Era un segno di prestigio per chi aveva un posto importante nella società. La nave viaggiava alla velocità prevista. L’arrivo a New York era previsto per mercoledì 17 aprile. Le acque erano calme, il tempo piuttosto freddo per aprile.
“La domenica 14 aprile, il nostro quinto giorno di viaggio, si fece straordinariamente freddo, così freddo che sul ponte di passeggio non c’era molta gente. Sentimmo che erano stati avvistati degli iceberg nella zona. Ma poiché non ne era previsto nessuno sulla rotta del Titanic, la nave proseguì a tutto vapore. Ad ogni modo il capitano del Californian, un’altra nave in viaggio nell’Atlantico del Nord, avvisò per radio il Titanic che erano stati avvistati iceberg sulla nostra rotta. Ma l’avvertimento fu ignorato. L’eccessiva sicurezza del capitano Smith fu pagata a carissimo prezzo: quasi 700 membri dell’equipaggio e oltre 800 passeggeri.
“Verso le 23,45 di domenica 14 aprile mia sorella ed io fummo svegliati da una scossa. Mia sorella, che dormiva nella cuccetta in alto, gridò: ‘Cos’è successo?’
“‘Torna a dormire’, le dissi. ‘Ti preoccupi troppo’. Subito un uomo anziano che avevamo conosciuto a bordo e che si era paternamente interessato di noi venne nella nostra cabina e ci disse con calma: ‘Uscite dalla cabina e salite sul ponte di coperta. Non portate con voi le vostre cose. Tornerete poi a prenderle’.
“Viaggiavamo in terza classe e quindi potevamo salire sul ponte di seconda classe. Ma quelli della seconda e della terza classe non potevano attraversare una porta sorvegliata che conduceva al ponte di coperta della prima classe. Ma ci fu detto che avremmo fatto bene a raggiungere il ponte di coperta della prima classe per avere maggiori probabilità di salire su una scialuppa di salvataggio. L’unico modo per arrivarci era quello di salire da una scala di ferro che dal ponte della terza classe portava alle scialuppe, cinque o sei ponti più in alto. Ci riuscimmo con molta difficoltà, perché era faticoso per mia sorella salire sulla scala di ferro. Ma con l’aiuto di altri ce la facemmo.
“Che spettacolo! Le scialuppe di salvataggio se ne erano andate quasi tutte. L’equipaggio permetteva di salirvi solo alle donne e ai bambini: non ce n’erano abbastanza per tutti. C’erano donne che piangevano, non volendo separarsi dai mariti; mariti che supplicavano le mogli e i figli di far presto e di salire nelle scialuppe. In mezzo a questo caos completo e a questo isterismo collettivo ci trovammo io e mia sorella, due piccoli emigranti che non sapevano parlare l’inglese, spaventati oltre ogni dire, in lacrime e in cerca d’aiuto.
“Stavano caricando l’ultima scialuppa. Un signore di mezza età era insieme alla giovanissima moglie incinta. L’aiutò a entrare nella scialuppa, poi riguardò sul ponte e vide altri che volevano salire sulla scialuppa. Salutò la moglie con un bacio, e, tornato sul ponte, afferrò la prima persona che gli capitò davanti. Per fortuna, mi trovai al posto giusto nel momento giusto e mi mise nella scialuppa. Urlai il nome di mia sorella che era rimasta raggelata dalla paura. Con l’aiuto di altri anche lei fu spinta nella scialuppa. Chi era quell’uomo coraggioso che aveva compiuto questo nobile gesto? Ci dissero che era John Jacob Astor IV. A quell’epoca aveva 48 anni e sua moglie, Madeleine, 19. Stavano andando negli Stati Uniti perché volevano che il loro figlio nascesse lì. Molti giornali scrissero articoli su John Jacob Astor che aveva rinunciato alla sua vita per un piccolo emigrante. I documenti della famiglia Astor indicano che, secondo la signora Astor, suo marito era venuto a diverbio con un uomo dell’equipaggio che aveva cercato di impedirgli di far salire sua moglie sulla scialuppa. Ve l’aveva caricata ugualmente e, come ho detto, la baciò; poi, tornato sul ponte, aiutò altri a salire sulla scialuppa.
“Fui felice di trovarmi nella scialuppa, ma provavo tanta tristezza per quelli che erano rimasti sul Titanic. Voltandomi a guardare quella grande e bella nave, la vedevo in una prospettiva diversa, ed essendo alcune luci ancora accese, essa risaltava in tutta la sua grandezza e bellezza. Nella quiete della notte ed essendo il suono trasportato così bene dall’acqua, si poteva sentire la banda suonare sul ponte e la gente cantare ‘Nearer My God to Thee’ (‘Più vicino a te mio Dio’). L’equipaggio remava per allontanarsi il più possibile dalla nave. Si temeva che la nave, quando sarebbe scesa infine negli abissi marini, avrebbe prodotto un risucchio. Ma non accadde, né ci fu alcuna esplosione come invece alcuni avevano temuto. Quella notte le acque erano insolitamente calme e fu un bene, perché la maggioranza delle scialuppe erano cariche di gente.
“Il Titanic affondò verso le 2,20 di mattina del 15 aprile 1912, secondo gli archivi. Lo vidi scomparire inghiottito dall’oceano. Il momento in cui affondò — il suono lugubre dei gemiti e degli urli frenetici di gente che chiedeva aiuto, mentre precipitava nelle acque gelide — è un ricordo che ancor oggi mi perseguita. Quasi tutti morirono a causa delle acque fredde. Per circa tre quarti d’ora sentimmo dei rumori, finché cessarono del tutto”.
Mio zio tacque per un po’, immerso nei ricordi. Poi continuò: “Verso mezzanotte era stato lanciato l’SOS. Fu ricevuto dal piroscafo Carpathia della Cunard White Star Line che si trovava a una novantina di chilometri. Il piroscafo invertì immediatamente la rotta — stava andando a Gibilterra — e avanzò a tutto vapore per venire in nostro soccorso. Arrivò verso le 4,30 del mattino. Un fatto interessante è che il piroscafo Californian si trovava solo a una trentina di chilometri dal punto dove il Titanic affondò ma il radiotelegrafista non ricevette il segnale di SOS perché era fuori servizio. In seguito si seppe che il Californian aveva visto dei bagliori nella notte, ma avevano pensato che i passeggeri del Titanic stessero facendo i fuochi d’artificio per festeggiare il viaggio inaugurale.
“Il Carpathia portò a termine le operazioni di soccorso verso le 8,30. La nostra scialuppa fu una delle ultime ad essere raccolta. Mi fecero salire a bordo, mi infagottarono, mi diedero del tè caldo e mi misero a mio agio e io fui felice d’essere vivo, anche se il cappotto e le scarpe erano troppo grandi.
“Più tardi il capitano del Carpathia invitò tutti i superstiti a salire sul ponte per vedere l’iceberg. Nella mia mente di dodicenne fu registrato il ricordo di qualcosa alto come una casa, molto più largo e con un enorme camino. Prima di continuare il suo viaggio per Gibilterra la nave ci portò a New York, un gesto molto gentile da parte dei dirigenti della Cunard White Star Line. Arrivammo a New York alle 20,30 di giovedì 18 aprile e attraccammo ai moli della Cunard White Star.
“Ripensando alle lunghe ore trascorse nella scialuppa, ora sembra quasi un miracolo che riuscissimo a raggiungere sani e salvi il Carpathia. Il freddo era pungente, quasi insopportabile. Stavamo raggomitolati insieme per tenerci caldi. La gente era gentile. Ricordo che tirava molto vento quando fummo sul ponte del Carpathia. Soffiava a parecchi nodi all’ora. Per fortuna il vento era stato moderato per tutto il tempo che erano durate le operazioni di soccorso. Se allora le acque non fossero state calme e lisce, difficilmente le operazioni di soccorso avrebbero avuto tanto successo”.
“Morì qualcuno nelle scialuppe?” chiesi.
“So solo di una persona nella nostra scialuppa che morì assiderata. Il corpo fu avvolto in un lenzuolo e gettato in mare”.
“C’erano uomini nella vostra scialuppa?”
“Solo donne e bambini, come aveva ordinato l’equipaggio, a eccezione di alcuni membri dell’equipaggio che dovevano remare. Ci fu una giovane coppia con un bambino che riuscì a ingannare gli uomini dell’equipaggio. La moglie fu molto scaltra; fece indossare al giovane marito abiti da donna, gli avvolse uno scialle attorno alla testa e diede il bambino a lui. L’uomo era in una scialuppa e lei nella nostra. Furono entrambi soccorsi dal Carpathia.
“Al nostro arrivo a New York pensavamo che ci avrebbero portati a Ellis Island per le formalità d’immigrazione. Invece, tenuto conto di tutte le traversie dei superstiti, lasciarono perdere. Fummo consegnati alla Croce Rossa perché ci riunissimo con le nostre famiglie. Il mio fratello maggiore, Isaac, era a New York e il nostro incontro fu pieno di gioia mista a tristezza. Mio padre era ancora in Francia. Tuttavia, concludemmo che, se fosse stato sul Titanic con noi, non si sarebbe salvato perché nelle scialuppe erano ammessi solo donne e bambini. Forse non ci saremmo salvati neppure noi. Sarebbe stato difficile per noi lasciare papà sul Titanic e metterci in salvo senza di lui. Fortunatamente per lui arrivò sano e salvo tre mesi dopo su un’altra nave”.
Mio zio fece una pausa, immerso nei ricordi di quei terribili momenti. Alla fine interruppi le sue fantasticherie. “Tu sei sopravvissuto a quella tragedia. Ma quando sei venuto a conoscenza dell’imminente tribolazione degli ‘ultimi giorni’?”
“Facciamo un salto dal 1912 fino al 1930”, disse. “Un colportore di Brooklyn era venuto a Jacksonville, in Florida, dove abitavano la famiglia del mio fratello maggiore e la mia, formata da mia moglie, mio figlio e io. Il mio fratello maggiore aveva studiato la Bibbia con alcuni testimoni di Geova che parlavano arabo, ed era diventato un Testimone attivo. Il colportore, di nome George Kafoory, teneva alcune adunanze per le persone di lingua araba. Ricevetti una copia del libro L’Arpa di Dio in arabo. Dopo molte discussioni con mio fratello, mi arrabbiai tanto che alla fine gli dissi: ‘Non ti riconosco più come fratello perché hai lasciato la tua religione greco-ortodossa. Non posso credere che non farai più il segno della croce, il simbolo della Trinità’.
“Amavo mio fratello ed ero profondamente turbato per questa incrinatura che si era creata fra noi. Mesi dopo mi capitò fra le mani la copia dell’Arpa di Dio che avevo preso. Era coperta di polvere, ma l’aprii e iniziai a leggere nel tardo pomeriggio, continuando fin dopo mezzanotte. La verità della Parola di Dio cominciò a penetrare nel mio cuore. Partecipai a uno studio che si teneva in arabo e nel 1933 fui battezzato.
“C’è un altro avvenimento che ha avuto notevole importanza nella mia vita. Nel 1949 potei permettermi di fare un viaggio che sognavo da molti anni. Nel Libano avevo un fratellastro, maggiore di me, che desideravo vedere per potergli parlare della speranza del Regno. Durante il viaggio in aereo passammo sopra la Groenlandia e anche vicinissimi al punto dove il Titanic era affondato. Fui sopraffatto dall’emozione mentre guardavo le sottostanti fredde acque dell’Atlantico e riflettevo su quella triste occasione.
“Una hostess, notando il mio viso rigato di lacrime, si chinò silenziosamente su di me, mi diede un colpetto su un braccio e mi chiese: ‘Qualcosa non va? Posso esserle utile?’ Risposi: ‘No, stavo pensando a quando ero un ragazzo di dodici anni. Ero su una grande nave, il Titanic, che è affondata proprio laggiù, in quelle acque dove oltre 1.500 persone persero la vita. Non riesco ancora a dimenticare quella mattina, le frenetiche grida d’aiuto nelle tenebre e quelle acque gelide’. ‘Mi dispiace’, disse la graziosa hostess bruna. ‘Ricordo di aver letto del disastro del Titanic’.
“Giunto nel Libano, che gioia quando il mio fratellastro mostrò di interessarsi della Bibbia. In seguito anche lui divenne un dedicato testimone di Geova cristiano”.
A conclusione del suo racconto lo zio Louis menzionò la speranza che il regno di Dio sostituirà l’attuale sistema di cose satanico.
“La verità della Parola di Dio”, dichiarò, “ha guidato la mia vita. Ringrazio Geova di avermi risparmiato la vita nel disastro del Titanic e di avere avuto l’opportunità di servirlo ora in questi difficili ‘ultimi giorni’”. Ha abitato vicino al fratello maggiore e alla moglie e insieme a loro ha servito Geova come meglio ha potuto fino al giorno della sua morte. Non ha mai smesso di pregare perché la volontà di Dio sia fatta sulla terra come in cielo. (Matt. 6:9, 10) La sua viva speranza era che, se fosse morto prima di Armaghedon, Dio lo avrebbe liberato dal potere della tomba mediante la risurrezione alla vita.
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E voi sopravvivrete quando questo sistema colerà a picco?Svegliatevi! 1982 | 8 aprile
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E voi sopravvivrete quando questo sistema colerà a picco?
L’AFFONDAMENTO del Titanic era una cosa che non ci si sarebbe neppure immaginati. Secondo il “New York Times”, il comandante della nave, il capitano E. J. Smith, era già da parecchio tempo convinto che ai suoi giorni ‘l’ingegneria navale fosse un’arte così perfetta da rendere assolutamente impensabile che un grande transatlantico moderno con passeggeri a bordo potesse essere coinvolto in un disastro’. Ma successe. Anche mentre la grande nave affondava, i passeggeri a bordo si rifiutarono di credere che il pericolo era reale. Il New York Times del 19 aprile 1912 riportò la dichiarazione di un superstite:
“Gli uomini dell’equipaggio raccomandavano a tutti di salire a bordo [delle scialuppe] e nessuno si affrettava. Si pensava non ci fosse pericolo, ed era opinione generale che chi si era allontanato sulle scialuppe si sarebbe fatto ridere dietro e avrebbe avuto il fastidio di remare per tornare alla nave dopo qualche ora.
“In principio c’era un’atmosfera di apatia in tutta la nave. La fiducia che fosse inaffondabile era così grande che fino all’ultimo minuto la maggior parte dei passeggeri furono certi che la nave si sarebbe salvata. Uno dei camerieri di bordo ci disse poi di avere bussato ripetutamente alla porta di una donna, ma che lei si era rifiutata di uscire. Allora aveva tentato di trascinarla fuori, ma lei aveva fatto resistenza, e alla fine lui aveva desistito. Quella donna andò a fondo, si pensa, nella sua cabina di lusso”.
Le scialuppe di salvataggio del Titanic avevano posto per 1.178 persone, non abbastanza per tutti, ma certo per più dei 700 superstiti. Molti morirono inutilmente perché quelle prime scialuppe si allontanarono semivuote, a causa della malriposta fiducia che la nave fosse “inaffondabile”.
Avete notato che un cameriere di bordo bussò alla porta di una passeggera, avvertendola ripetutamente che l’“impensabile” stava accadendo, solo per essere ignorato? ‘Che insensatezza!’ potreste dire.
Tuttavia c’è qualcuno che bussa ripetutamente anche alla vostra porta, dandovi un urgente avvertimento. Si tratta dei testimoni di Geova, fedeli servitori dell’Onnipotente Dio. L’avvertimento che danno è non che questo intero mondiale sistema di cose rischi di “affondare” in un mare di guerre, delitti e brutale violenza. Ma che Dio presto lo farà ‘colare a picco’ perché sia sostituito da un giusto nuovo ordine governato dal suo regno celeste.
Come reagite a tale avvertimento? Dite, come la passeggera del Titanic: ‘Ridicolo! Assurdo!’ e chiudete la porta? Un simile modo di pensare potrebbe costarvi la vita.
Dovrebbe essere ovvio che il pericolo esiste
Fatto interessante, a bordo del Titanic c’erano alcune persone che intuivano l’imminente disastro. Perché? Perché la nave violava le più elementari norme di buona navigazione. Un superstite osservò: “Per tutto il pomeriggio ci eravamo resi conto che stavamo battendo tutti i primati di traversata dell’oceano. Solo poche ore prima che entrassimo in collisione con l’iceberg fra i passeggeri si diceva che stavamo andando a ventitré miglia all’ora. Sapevamo tutti degli avvertimenti di pericolo che la nave aveva ricevuto durante la giornata”.
Perché quella forte, pericolosa velocità? Un altro superstite ricorda: “Prima di andare a letto [la sera del disastro] feci una lunga chiacchierata con Charles H. Hays, presidente della Grand Trunk Railroad [una compagnia ferroviaria]. Una delle ultime cose che il sig. Hays disse fu: ‘Le società di navigazione White Star, Cunard e Hamburg-American stanno impegnandosi a fondo nella gara per ottenere la supremazia in fatto di navi di lusso e nel battere primati di velocità. Andrà a finire che qualche spaventoso disastro porrà un freno a tutto ciò’. Poveretto, poche ore più tardi era morto!”
L’attuale situazione mondiale non è molto simile? Incurante delle norme di sicurezza, confidando nel mito della propria invulnerabilità, il Titanic era impegnato in una corsa pericolosa. Oggi le nazioni del mondo sono impegnate in una corsa agli armamenti assai più pericolosa, fiduciose, come il capitano del Titanic, che non ci sarà nessun disastro. Ma hanno dei motivi per nutrire tale fiducia? O è essa malriposta? Attenti osservatori della scena mondiale sostengono che il disastro è sempre più probabile.
Se quando i testimoni di Geova vi avvertono del disastro che sovrasta questo sistema di cose siete tentati di dire: ‘Ridicolo! Assurdo!’ ricordate: Questo mondo viola le più elementari norme di buon governo, di buona ecologia e di buone relazioni internazionali. Perché mai il disastro dovrebbe essere improbabile?
Si deve ascoltate l’avvertimento
Naturalmente, per scampare alla fine di questo sistema mondiale non basta essere consapevoli del pericolo, proprio come non bastò nel caso del sig. Hays sul Titanic. A quel disastro sopravvissero quelli che compirono l’azione giusta dando ascolto agli avvertimenti di pericolo.
Per molti questo significò abbandonare una comoda cabina di lusso nel cuore della notte per correre su fino a un ponte freddo, con indosso solo la vestaglia da camera. Significò seguire rigorosamente e umilmente gli ordini dei camerieri di bordo e dell’equipaggio di salire su una piccola scialuppa, lasciando forse un marito o un fratello. Significò allontanarsi su una piccola barca a remi da una nave descritta a quell’epoca come “un grande palazzo galleggiante di quindici piani, splendido e gigantesco in ogni particolare . . . con . . . grandi saloni e ristoranti, un teatro in miniatura, campi da tennis . . . piscine e bagni turchi; grandi sale per fumatori, sale da gioco, belle sale da musica, verande, giardini d’inverno, sale ornate di palme, palestra, e . . . perfino un minigolf”. Significò rinunciare a tutti quei lussi e quegli agi per un duro sedile in una barca scoperta in un mare gelido. Significò, almeno per quelli che salirono sulle prime scialuppe, vincere la paura degli scherni di coloro che dicevano che ‘si facevano ridere dietro’ e che presto avrebbero dovuto tornare pieni di vergogna sul Titanic. Sì, anche se aveste sentito l’avvertimento, poteva non essere facile ubbidire! Ci volevano determinazione, umiltà, rifiuto del materialismo e uno spirito di altruistica accettazione dell’avversità. Ma ne valeva la pena! L’alternativa erano alcuni altri minuti di agi, poi la morte.
Sta già affondando
Il sistema di questo mondo sta ‘affondando’ dal 1914, quando la prima guerra mondiale cominciò ad adempiere in modo rimarchevole la profezia di Gesù contenuta nella Bibbia in Matteo capitolo 24, Luca capitolo 21 e Marco capitolo 13. Gesù si espresse così: “Sorgerà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno penuria di viveri e terremoti in un luogo dopo l’altro. Tutte queste cose sono il principio dei dolori d’afflizione”. — Matt. 24:7, 8.
Secondo le ulteriori parole di Gesù, quei “dolori d’afflizione” sarebbero stati seguiti da persecuzione dei cristiani, comparsa di falsi profeti, aumento della delinquenza e dell’illegalità e mondiale predicazione della buona notizia del regno di Dio. “E allora”, disse Gesù, “verrà la fine”. — Matt. 24:9-14.
Chi può negare che proprio queste predizioni si sono andate sempre più avverando dal 1914? Sarebbe come se i passeggeri del Titanic avessero negato che la grande nave era entrata in collisione con un iceberg!
Ciò che accadde a questo mondo nel 1914 fu qualcosa di assai più significativo di una collisione con un iceberg. La cronologia biblica indica che nel 1914 Geova Dio insediò Gesù Cristo come legittimo governante di questa terra.a Immediatamente Cristo cacciò Satana il Diavolo dal cielo, scagliandolo nelle vicinanze della terra, col risultato che è ben descritto in Rivelazione 12:12: “Guai alla terra e al mare, perché il Diavolo è sceso a voi, avendo grande ira, sapendo che ha un breve periodo di tempo”.
Quel “breve periodo” di “guai” mondiali cominciò nel 1914. Quanto durerà? Gesù indicò che sarebbe finito entro la vita della generazione che ne aveva visto l’inizio. (Matt. 24:34) Come sarebbe finito questo periodo di “guai”? Non a poco a poco, ma improvvisamente, allorché questo sistema mondiale, che sta già affondando, riceverà il colpo di grazia in un drammatico scontro tra le forze politiche del mondo e gli eserciti angelici di Cristo, la finale prova di forza detta battaglia di Armaghedon. — Riv. 16:14, 16; 19:11-21.
Non fatevi ingannare dall’apparente “galleggiabilità” di questo sistema di cose! Alcuni sono come gli insensati passeggeri del Titanic che “ci scherzarono sopra”. Infatti, secondo le notizie dei giornali dell’epoca, “alcuni frammenti di ghiaccio [dell’iceberg con cui il Titanic era entrato in collisione] erano caduti sul ponte e alcuni spiritosi li avevano raccolti e passati in giro, offrendoli come oggetti ricordo dell’occasione”.
Anche oggi ci sono alcuni “spiritosi” che dicono, in effetti, che il mondo ha sempre avuto guerre, delitti e altre avversità. ‘Così’, chiedono, ‘perché eccitarsi tanto?’ (II Piet. 3:3, 4) Questo sistema può restare a galla ancora per un bel po’, affermano. Ma ricordate! Guerre, illegalità, carestia e altre difficoltà sono semplici indicazioni che la ‘nave’ sta affondando. Non saranno queste cose a farla affondare. Sarà Dio, all’improvviso e presto!
Il ponte è inclinato
Ad ogni modo, due guerre mondiali, terremoti senza precedenti, milioni di vittime della carestia mondiale ogni anno, l’accelerazione della corsa agli armamenti: per i saggi tutte queste sono chiare indicazioni che il ponte della ‘nave’ di questo mondo è inclinato. Il suo tempo sta per scadere. Come i passeggeri del Titanic non poterono trovare sufficienti scialuppe quando alla fine capirono la gravità della loro situazione, così la Bibbia indica che quando la maggioranza si renderà conto finalmente che il sistema mondiale è condannato, sarà troppo tardi. Le “scialuppe” se ne saranno andate. — Matt. 24:38-42.
Partite le scialuppe, quelli che erano rimasti a bordo della nave non avevano più nessuna speranza di salvarsi. Che John Jacob Astor IV avesse una fortuna valutata a quell’epoca in 100.000.000 di dollari ebbe poca importanza. Il denaro non poté salvargli la vita. Né poté salvarlo il denaro di suo figlio Vincent. Stando alle descrizioni, suo figlio a New York era “quasi pazzo di dolore” e assediava l’ufficio del telegrafo, dicendo a tutti “che avrebbe dato tutto il denaro che si poteva chiedere se solo il radiotelegrafista gli avesse dato la notizia che suo padre era salvo”. Inutilmente.
Il disastro del Titanic fu grande, ma il disastro che sta per abbattersi su questo sistema di cose è molto più grande. Circa un terzo dei passeggeri del Titanic riuscì a scampare. Ma non c’è nessuna indicazione nella Bibbia che una così grande proporzione della popolazione di questo mondo sopravvivrà alla distruzione che sovrasta questo sistema di cose. Al contrario, “gli uccisi da Geova per certo saranno in quel giorno da un’estremità della terra fino all’altra estremità della terra”. (Ger. 25:33) Tra gli uccisi vi saranno “re . . . comandanti militari . . . uomini forti . . . liberi e schiavi . . . piccoli e grandi”. — Riv. 19:18.
Da molti anni nelle pagine di questa rivista e della sua compagna, La Torre di Guardia, è stato dato l’avvertimento. Gli umili hanno ancora tempo per trovare posto sulle “scialuppe” seguendo le istruzioni basate sulla Bibbia e trasmesse dai testimoni di Geova che vanno ancora alla loro porta. Ma questo tempo sta per scadere! Mentre ce n’è ancora l’opportunità, perché non chiedete ai Testimoni cosa dovete fare per sopravvivere quando questo sistema di cose colerà a picco?
[Nota in calce]
a Vedi il libro La verità che conduce alla vita eterna, pagg. 82-93, edito dalla Watchtower Bible and Tract Society of New York, Inc.
[Testo in evidenza a pagina 10]
Dite, come la passeggera del Titanic, ‘Ridicolo! Assurdo!’ e chiudete la porta?
[Testo in evidenza a pagina 11]
C’è ancora tempo per trovare posto su una “scialuppa”. Ma questo tempo sta per scadere!
[Immagine a pagina 9]
Date ascolto all’avvertimento della fine di questo sistema?
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La laboriosità dell’apeSvegliatevi! 1982 | 8 aprile
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La laboriosità dell’ape
Quanto devono lavorare le api per provvedere all’apicoltore un chilo di miele? Una circolare inviata dalla Società degli Apicoltori tedeschi ci fornisce la risposta. In un’ora, essa dice, un’ape può impollinare circa 700 fiori. Per produrre un chilo di miele, tuttavia, le api devono volare su più di sette milioni di fiori! Ciò significa che una sola ape — se vivesse così a lungo — avrebbe bisogno di quasi 10.000 “ore di volo”, o di circa quindici mesi, per raccogliere un chilo di miele. L’ape dovrebbe percorrere in volo una distanza di 240.000 chilometri, equivalente a circa sei volte la circonferenza della terra all’equatore.
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