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Fede con amoreLa Torre di Guardia 1950 | 15 maggio
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un migliaio di dollari e dicono: “Ecco, VOI andate a nutrire e soccorrere quella povera gente”. No, ma si diede LUI STESSO all’opera di soccorso. Affinché i suoi fratelli della Grecia potessero soccorrere i loro compagni cristiani in Palestina in modo organizzato, diede le necessarie istruzioni perché fossero tempestivamente preparati i doni. Così essi potevano essere trasmessi senza perdita di tempo e di fatica e potevano essere adoperati nel modo più efficace nell’assistenza ai fratelli bisognosi. Non fu tenuto nè pubblicato alcun elenco dei contributori, perché questo avrebbe favorito le ambizioni egoistiche. Ogni cosa venne eseguita facendo appello al loro amore cristiano, e non all’egoismo di qualsiasi specie. Altrimenti la carità dimostrata non avrebbe recato nessun bene ai contributori, perché non avrebbe sviluppato l’amore in loro. — 1 Cor. 16:14; 2 Cor. 8:1-24.
9, 10. Come dev’essere il sacrificio di se stesso perché sia profittevole?
9 Un uomo potrà anche spartire tutti i suoi beni per nutrire i poveri e non essere disposto a dare se stesso per il servizio di Dio e la salvezza delle Sue creature. Perciò la rinunzia di se stessi potrebbe mostrare maggiore spirito di sacrificio della donazione di tutti i propri averi per carità. Ma anche qui colui che rinunzia a se stesso può ancora essere considerato di nessun valore agli occhi di Dio. Non inganniamo noi stessi su questo punto, perché Paolo dice: “E se io distribuisco tutti i miei averi in sussidi, e consegno il mio corpo per essere arso, ma non ho amore, ciò non mi giova nulla”. (1 Cor. 13:3, Cocorda) Colui che non pensa che a se stesso può anche ambire il martirio. Può guardare avanti e dire: “Se metto a repentaglio la mia vita, se mi espongo al pericolo e incontro la morte, la gente mi ammirerà, mi glorificherà, parlerà a lungo di me. Potrò essere ricordato nella storia come un martire, potrò avere una lapide o un monumento che conservi memoria di me”. Ma questo modo d’agire non sarebbe nè amorevole nè a imitazione di Cristo.
10 Gesù Cristo diede se stesso volonterosamente, senza mormorare, come una pecora data nelle mani degli scannatori, ma non troviamo che se ne sia vantato. Egli richiamò ripetutamente l’attenzione sul suo sacrificio. Tuttavia non fu mai per vantarsene. Fu solo per indicare al popolo l’unica via per la quale è possibile ottenere la salvezza. Egli abbandonò il suo corpo alla morte perchè amava Geova Dio e prendeva diletto a far la Sua volontà. Quando apparve nella scena del mondo e intraprese la sua opera di Sommo Sacerdote di Dio offrendo se stesso, disse: “Eccomi, vengo! Sta scritto di me nel rotolo del libro. Dio mio, io prendo piacere a far la tua volontà, e la tua legge è dentro al mio cuore”. — Sal. 40:7, 8; Ebr. 10:5-10.
11. Che cos’è che conta presso Dio, invece del sacrificio per la propria gloria?
11 I fratelli spirituali di Cristo chiamati a ereditare il trono celeste con lui alla destra di Dio sono esortati a consacrare la loro vita umana al Suo servizio. Paolo scrive loro: “Io vi esorto dunque, fratelli, per le compassioni di Dio, a presentare i vostri corpi in sacrificio vivente, santo, accettevole a Dio; il che è il vostro culto spirituale [Diodati, il vostro razional servigio]”. Così comportandoci non abbiamo bisogno di far qualche cosa di spettacoloso per conquistare la celebrità come un grande martire. Per esser fedeli non abbiamo da far altro che apprendere qual è la buona, accettevole e perfetta volontà di Dio, e quindi farla tranquillamente, regolarmente e con perseveranza per essere approvati da Dio e per glorificarlo. Apprendendo qual è la Sua volontà, la nostra mente sarà trasformata, e non cercheremo di conformarci a questo mondo egoista atteggiandoci a martiri per acquistarci gloria. La nostra fedele ubbidienza alla volontà e ai comandamenti di Dio costituirà la prova che siamo perfetti nell’amore di Dio, e perciò Egli ci reputerà degni di essere preservati per sempre nel nuovo mondo. (Rom. 12:1, 2) Dunque non è la grandiosità del martirio con cui si va incontro alla morte che fa impressione a Dio. Quello che conta è l’ubbidienza a lui, senza affettazione, leale. È questa che dà prova del nostro amore per lui, che lo rinvigorisce e lo perfeziona dentro di noi. Così ripetiamo il consiglio ammonitore dell’apostolo: “E se io distribuisco tutti i miei averi in sussidi, e consegno il mio corpo per essere arso, ma non ho amore, ciò non mi giova nulla”. — 1 Cor. 13:3, Cocorda.
12. Di che cosa è più eccellente la via dell’amore? Che cosa ci aiuta in essa?
12 Senza dubbio, quindi, la via dell’amore è l’unica che sia vantaggiosa presso Dio. La via dell’amore è più eccellente di quella che consiste semplicemente nel procedere ricevendo e usando i doni e i talenti conferitici miracolosamente dallo spirito o forza attiva di Dio. Oggi che questi doni miracolosi non sono più concessi, è più necessario che mai per noi coltivare l’amore. Lo spirito di Dio può aiutarci a farlo alla perfezione.
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Freni di genitori contro la delinquenza giovanileLa Torre di Guardia 1950 | 15 maggio
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Freni di genitori contro la delinquenza giovanile
(Continuazione dal precedente numero)
GOVERNATI dallo ‘spirito di una mente sana’, i Cristiani imparano gradualmente che l’ordine è una delle leggi eminenti dal cielo, e che quindi dovrebbe essere una delle evidenti caratteristiche delle case di quelli consacrati a Dio. Tuttavia ordine non significa assoluta quiete, altrimenti il deserto e il cimitero sarebbero i soli luoghi dove regnerebbe l’ordine. Ordine può così significare allegrezza come pace, felicità e riposo, libertà cristiana e legge. Ordine significa legge, la legge del Signore Iddio che governa il capo di famiglia e la sua compagna come pure i bambini rendendo i genitori esempi per i bambini in tutte le virtù cristiane. Legge, persino “la reale legge d’amore” significa ricompense e punizioni, e nella famiglia i genitori hanno la dispensa di queste. Essi riconoscono le debolezze in se stessi, e così, a loro volta, hanno bisogno della guida del Padre celeste affinché possano glorificarlo non soltanto nei loro propri cuori e azioni, ma anche che le loro case possano essere esempi terreni, bagliori delle case del giusto popolo di buona volontà che abiterà la terra nel nuovo mondo.
EDUCAZIONE DEL BAMBINO
Le ricompense dei genitori per il loro fanciullo dovrebbero consistere in provvisioni di quei conforti e benedizioni che le circostanze permettono. Le loro punizioni possono essere più o meno severe secondo la deliberazione e ostinatezza del fanciullo, ma mai secondo ]’esemplare di inflessibile giustizia, mai nel tentativo di dare al fanciullo la piena misura, di ciò che potrebbe giustamente domandare la sua condotta. I genitori cristiani essi stessi non sono sotto giustizia, ma sotto la misericordia divina, e sono obbligati a mostrare misericordia, non solo trattando con quelli fuori della casa ma specialmente trattando i loro propri figliuoli, le cui imperfezioni e macchie sono, senza dubbio, rintracciabili in maggiore o minore grado in se stessi e nei loro progenitori. L’amore può qualche volta punire col rifiuto di un segno di affezione, come un bacio, mentre può in certi casi premiare concedendo un tale segno di affezione. O può qualche volta per un pò di tempo bandire il fanciullo scorretto dalla compagnia dell’ubbidiente e dai piaceri famigliari che sono usualmente provveduti. L’amore può a volte persino esercitare la verga d’autorità dei genitori e la disciplina fino al punto di negare un pasto regolare o dare semplicemente le necessità per la sete e la fame e trattenere alcuni dei conforti supplementari. O qualche volta brandire la verga letterale di castigo per insistere sull’ubbidienza e così preservare l’ordine e le benedizioni della casa, non unicamente in favore dei figliuoli ubbidienti, ma anche per quello castigato, il quale esso spera di benedire e correggere.
I genitori cristiani dovrebbero avere la padronanza di se stessi e non usare verso i loro figliuoli ira e parole rudi, da essere raccolte dai loro figliuoli e da essi ripetute, diciamo, a una bambola o fratelli e sorelle o altri bambini. I genitori sanno che un parlare di tale specie non è appropriato a nessuno sotto le circostanze di provocazione. Al contrario, il ‘parlare dovrebbe essere fatto con grazia’, con amore, con gentilezza, anche quando si rimprovera. Nè è necessario suggerire ai genitori la sconvenevolezza di una botta irascibile, che potrebbe fare del male al fanciullo non solo fisicamente, danneggiando per sempre il suo udito o facoltà mentali, ma anche ferendo la sua affezione, sviluppando in lui la paura del genitore invece di amore, essendo considerato un tale amore il solo appropriato fondamento su cui sono edificati l’ordine e l’ubbidienza della casa. Inoltre, la botta irascibile o osservazione offensiva sarebbe sbagliata e indicherebbe una cattiva condizione di mente da parte del genitore, una condizione sfavorevole all’appropriata, giusta decisione dei problemi sulle basi dell’amore, misericordia e giustizia.
Il genitore per sè come parte della sua propria disciplina, oltre che per il suo bambino, non infliggerà ma, una punizione che non abbia sufficientemente considerato e considerato con calma e spassionatamente non superiore, ma inferiore, a quanto la giustizia potrebbe debitamente esigere. Deve farlo per sè come educatore e sorvegliante del fanciullo onde il fanciullo comprenda pienamente la situazione, cioè, la necessità della preservazione dell’ordine e la decenza nella casa perché la felicità della casa possa continuare per la benedizione di tutti i famigliari; perché il bambino possa capire perfettamente inoltre che il genitore non ha ira contro di lui, nè malizia, nè odio, nient’altro che simpatia, amore, e il desiderio di fargli del bene.
I genitori non consacrati a Dio per fare la sua volontà potranno tentare un tale saggio, profittevole controllo sui loro bambini, ma a loro manca, un importante aiuto che hanno i genitori cristiani per esercitarlo. Poiché non si sono sottomessi pienamente e incondizionatamente al Padre celeste, alla sua Parola e al suo controllo, non possono additare come lo possono le persone consacrate la legge divina e la loro responsabilità verso di essa, e i loro voti e i loro sforzi per essere ubbidienti ad essa per la rivendicazione del nome di Dio. Quindi i genitori consacrati hanno, se soltanto lo usano, un immenso vantaggio nel trattare con la loro progenie. Dovrebbero leggere ai loro fanciulli, dalla Parola di Dio, la divina sanzione dell’autorità dei genitori, e l’esigenza che un genitore allevi un bambino nella via in cui deve camminare, affinché possa ricordare il suo Creatore nei giorni della sua giovinezza. Noi siamo tutti decaduti e incapaci di raggiungere il segno divino della perfezione, così tutti questi mezzi e correzioni sono necessari come aiuti nell’azione contraria alle tendenze maligne sotto le quali siamo nati. È un grave errore supporre che le menti infantili non apprezzino questi princìpi, non differenzino il giusto dall’errore, e non discernino la convenevolezza delle giuste punizioni per le azioni cattive come dei premi per le azioni buone.
I genitori possono dimenticare di guardare indietro e notare a quale prima età essi impararono ad apprezzare i princìpi di giustizia, a disprezzare la cura dei genitori che con trascuratezza mancarono di riprendere, correggere, e persino castigare come appariva necessario. Noi adulti possiamo rammentare, anche, come era intenso il nostro proprio senso di giustizia quando eravamo bambini; come mentalmente approvavamo la disciplina dei genitori quando comprendevamo il suo motivo di essere per la nostra guida nella giustizia e per prevenire la delinquenza giovanile, ma come ne risentivamo se non vedevamo un principio di giustizia, se venivamo ripresi o altrimenti puniti per cose di cui non eravamo colpevoli o se venivamo puniti al di là di un ragionevole castigo conforme all’offesa. Non soltanto è il modo migliore e il più sicuro di controllare un fanciullo, quindi, il dirigere la sua mente secondo il corretto e lo sbagliato, verità e falsità, giustizia e ingiustizia, misericordia e crudeltà, ma questo pure costituisce l’educazione del fanciullo nella giusta condotta, quando è massimamente suscettibile dell’influenza dei genitori. È una modellatura della mente del fanciullo e il modo di comportarsi a un tempo quando la coscienza e il giudizio del fanciullo sono nella loro condizione formativa, e quando propriamente riconosce i genitori come i suoi legislatori che rappresentano il supremo ed unico Legislatore, Geova Dio. Se quest’opera di insegnare le Scritture ed educare in giustizia è ignorata nell’infanzia del fanciullo, l’operazione è di gran lunga più difficile negli anni futuri, oltre alle sconvenienze che risulteranno sia i genitori che per il fanciullo, i vicini e gli amici in quell’intervallo. Molte delle afflizioni e le lacrime di genitori bene intenzionati per la caparbietà, ostinatezza, egoismo e delinquenza dei loro figliuoli potevano essere loro risparmiate se avessero fatto il loro dovere presso quei figliuoli nell’infanzia o nei primi anni della fanciullezza. I genitori saggi si sforzeranno pertanto di applicare freno e briglie a tali tendenze fanciullesche il più possibile, cercando tanto la salvezza eterna del bambino quanto quello di se stessi nel giusto nuovo mondo ora così vicino.
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“I messaggeri di pace piangeranno amaramente”La Torre di Guardia 1950 | 15 maggio
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“I messaggeri di pace piangeranno amaramente”
È VICINO il tempo per l’adempimento della profezia scritta in Isaia 33:7 (Versione Sales), cioè: “Ecco quei che vedono grideranno di fuori: i messaggeri di pace piangeranno amaramente”? Oppure, come lo rende un’altra versione: “Quando i guerrieri si lamentano all’aperto, e gli inviati di pace lacrimano con dolore”? (Moffatt) Uno di tali messaggeri, inviati o ambasciatori di pace è il “rappresentante personale” così chiamato, del Presidente degli Stati Uniti presso il Papa della Città del Vaticano.
La questione della continuità di questo rappresentante presidenziale presso il Vaticano fu introdotta nelle contese della lotta politica del 1948 per la presidenza fra i diversi partiti politici con candidati politici in campo. Un editore religioso protestante si fece ardito chiedendo ai candidati presidenziali se avrebbero sostenuto la carica d’ambasciatore tenuta allora da Myron Taylor presso il Papa. Il segretario del Presidente, che era un candidato per la rielezione, rispose che la missione di Taylor “sarebbe terminata quando la pace è fatta”. Questa risposta compromettente offrì poca speranza di una subita terminazione, poiché, proprio, quando sarà fatta la pace, e questa sicuramente? Nello stesso tempo, il candidato repubblicano alla presidenza fece un astuto trucco politico in modo da non offendere gli elettori cattolici romani rispondendo alla domanda: “Vi sono molte questioni di carattere amministrativo che un presidente successore non può e non dovrebbe decidere fin dopo l’assunzione della carica”. Ciò nonostante non riuscì a vincere le elezioni più di quel candidato che onestamente disse: “Un Paese come gli Stati Uniti, che ha preso una posizione speciale per quanto concerne la separazione fra Chiesa e Stato, dovrebbe difficilmente attribuire questa specie di riconoscimento a una chiesa senza dar lo stesso riconoscimento a tutte le chiese”.
Il candidato democratico che era in lista per le rielezioni, ricevette i necessari voti elettorali, e così la rappresentanza personale del Presidente presso il capo politico-religioso dell’organizzazione ecclesiastica cattolica romana continua. Poiché la nomina di questo rappresentante privato è stata fatta prima che gli Stati Uniti fossero trascinati nella seconda guerra mondiale, è ormai giunto il tempo di chiedere, di quale beneficio è stato o sarà mai questo inviato di pace del capo esecutivo della nazione per le relazioni pacifiche dell’America. Solo perché è mandato al capo di un’organizzazione religiosa, è di qualche garanzia che non avrà parte nell’adempimento della profezia che “i messaggeri di pace piangeranno amaramente” per il mancato compimento della loro missione? Per il beneficio dei nostri lettori rivedremo qui gli sviluppi in questo caso particolare.
Il 1º Settembre 1939 scoppiò la seconda guerra mondiale. Circa quattro mesi più tardi, il 23 Dicembre 1939, il Presidente degli Stati Uniti annunciò la nomina di un ambasciatore presso il Vaticano. Tale ambasciatore fu mandato al Papa, come dichiarò il Presidente, “come mio rappresentante personale affinché i nostri sforzi paralleli per la pace e per l’alleviamento delle sofferenze possano essere assistiti”. Ciò nonostante, il vicino di casa della Città del Vaticano, il Duce di Roma entrò in guerra appena cinque mesi dopo, 10 Giugno 1940. L’anno seguente, meno di due anni dopo la nomina dell’ambasciatore del Presidente, gli Stati Uniti trovarono che la loro missione era fallita, perché l’America fu coinvolta nella guerra. Ma, continuando, la lettera del Presidente al Papa diceva: “Quando verrà il tempo per il ristabilimento della pace mondiale su fondamenta più sicure, è della massima importanza per l’umanità e per la religione che ideali comuni abbiano espressione, unita. . . . Ho fiducia, perciò, che tutte le Chiese del mondo che credono in un Dio comune getteranno il grande peso della loro influenza in questa grande causa”. Chi è questo “Dio comune”?
Geova, è l’Iddio della Bibbia, ma non l’Iddio della
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