malattie mietono circa 300.000 vittime. La nazione è sull’orlo della rivolta.

L’impero austro-ungarico, mentre comincia a disgregarsi, non se la passa molto meglio: le nazioni che lo formano chiedono la pace o dichiarano l’indipendenza. Il morale è a terra, gli approvvigionamenti si stanno esaurendo e gli eserciti alleati costituiscono un fronte massiccio: davanti a tutto questo gli Imperi Centrali non hanno altra scelta che la resa.

Alle 11 di mattina dell’11 novembre 1918 i cannoni tacciono.

L’ultima puntata nel nostro prossimo numero tratterà le conseguenze della guerra e i tentativi fatti nel dopoguerra per mantenere la pace.

Dove va a finire questo mondo?

Questa è una domanda che viene fatta spesso quando si legge circa le cose che la gente comune fa. Per esempio:

● Dorice, una giovane donna del quartiere nuovaiorchese di Queens, fu ferita al capo, al viso e a una gamba da uno sconosciuto che quindi scappò senza dire una parola. Poiché perdeva abbondantemente sangue suonò diversi campanelli in un edificio delle vicinanze, chiedendo aiuto. Alcuni inquilini chiamarono la polizia, ma nessuno volle farla entrare o aiutarla. Perché no? A quanto pare avevano paura. “È un mondo terribile”, disse la madre di Dorice in seguito.

● Un aereo precipitò vicino all’aeroporto di Detroit. Un uomo stava morendo e un altro era gravemente ferito. Quando i soccorritori giunsero sul luogo dell’incidente, scoprirono che i due feriti erano già stati derubati del portafoglio e di altri oggetti di valore. Chi aveva fatto una cosa del genere? “Sciacalli”, diceva l’articolo del Daily News di New York.

● Un furgoncino, di cui il conducente aveva perso il controllo, finì sul marciapiede facendo cadere un bambino di quattro anni dalle braccia della madre. La madre, pensando che il bambino fosse morto, si mise a urlare: “Non morire, non morire”. Il conducente, illeso, saltò giù dal veicolo per aiutare il bambino ferito e la madre in preda al panico. Immediatamente un gruppo di passanti, visto il furgone incustodito, fece man bassa delle camicie felpate che trasportava e litigarono anche fra loro. “È molto deprimente”, disse un astante. “È una giungla”. Il bambino aveva riportato fratture al bacino e alle costole.

● Un professore di psicologia, assistente universitario, e i suoi studenti in un periodo di due anni inscenarono una serie di reati finti nelle strade di diverse città per verificare la reazione di coloro che erano testimoni dei “reati”. I risultati? Nella maggioranza dei casi, nessuna reazione! Durante un finto tentativo di forzare gli sportelli di un’auto, uno spettatore voleva prendervi parte. In un’altra occasione “rubarono” in modo evidente una moto. C’era una macchina della polizia parcheggiata a una quindicina di metri. Ma nessuno mosse un dito. Un altro “reato” fu quello di infilare nel bagagliaio di un’auto un uomo apparentemente privo di sensi. A New York, solo il 3 per cento dei “reati” venne denunciato da chi ne era stato testimone. Era meglio che in altre città come Boston e Miami, dove nessuno li aveva denunciati.

● Alla vigilia di Capodanno, un ventiseienne, depresso e senza amici, si arrampicò in cima a un camino di trenta metri e si mise a gridare: “Voglio morire! Voglio morire!” Tre poliziotti del Pronto Intervento accorsero sul luogo e salirono sul camino per trarlo in salvo. Nel seminterrato dell’edificio entrò in funzione una caldaia automatica e il fumo che fuoriuscì dal camino quasi soffocò il giovane, il quale rischiò di cadere accidentalmente. Frattanto sotto si era radunata una folla che stava a guardare il dramma. Vedendo le difficoltà in cui il giovane si dibatteva, alcuni levarono in alto i pugni e gli lanciarono grida ostili. Altri urlavano: “Buttati! Lasciate che si butti!”

Dove va a finire questo mondo? Si è pienamente giustificati a chiederselo!