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Sono sempre gli stessi?Svegliatevi! 1983 | 8 gennaio
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Sono sempre gli stessi?
“MI PARE ancora d’essere sotto i bombardamenti”, scrisse John dall’ospedale. “Certo non ho perso la ragione. Ma sono vissuto come un selvaggio”. E aggiunse: “Le ferite da baionetta e da granata sono tutte guarite. La maggioranza di noi starà abbastanza bene entro sei mesi, ma ci vorranno anni per guarire completamente”. Queste sono le parole di un soldato sopravvissuto a quella che fu una delle battaglie più sanguinose della seconda guerra mondiale: Guadalcanal, nel Pacifico meridionale.
La condizione di John era molto simile a quella di milioni di altri soldati tornati dalle numerose guerre combattute nel nostro ventesimo secolo. Molti soffrivano del cosiddetto trauma psichico da bombardamento.a In pratica i combattimenti hanno lasciato profonde cicatrici nella mente.
Ci vogliono veramente anni perché tali cicatrici ‘guariscano completamente’? Queste persone soffriranno di disordini mentali per tutta la vita? O, peggio ancora, sono esse “bombe a orologeria ambulanti”, pronte a scatenare una furia incontrollata sugli ignari passanti?
Qual è l’effetto?
Dopo avere lavorato per oltre trentacinque anni con soldati che soffrivano di vari disturbi mentali connessi con la guerra, il dott. Lawrence Kolb, insigne psichiatra che lavora per l’Ente americano degli ex combattenti, in un’intervista rilasciata a un corrispondente di Svegliatevi! ha dichiarato: “Ho lavorato con uomini che erano rimasti molto scossi in seguito alla seconda guerra mondiale o in seguito alla guerra di Corea. Ho visto una stragrande varietà di soldati, perfino di soldati russi al ritorno dalla seconda guerra mondiale. Ora mi occupo specificamente di coloro che hanno visto i più accaniti combattimenti nel Vietnam. Ognuno di questi uomini ha certi sintomi che sono del tutto simili”.
“Sono tutti molto sensibili ai rumori, sempre in stato di all’erta e inquieti”, ha continuato il dott. Kolb. “Sognano ripetutamente i combattimenti e per molti è difficile dormire. Reagiscono in modo esagerato ai forti rumori che gli ricordano i combattimenti; molti di essi rivedono scene di guerra e addirittura le rivivono. Questo fenomeno è spesso accompagnato da acuti sentimenti di depressione uniti a senso di colpa. Si chiedono perché essi siano sopravvissuti mentre i loro commilitoni sono stati uccisi”.
Harley, un uomo che fu testimone di pesanti combattimenti durante la seconda guerra mondiale, ammise che per alcuni anni dopo la guerra soffrì di incubi. Spesso, nel sonno, gridava: “Attento! In guardia!” E si svegliava in un bagno di sudore. Disperato acquistò una radiolina e la mise sotto il cuscino nella speranza che gli impedisse di sognare! Johnny, un altro reduce della seconda guerra mondiale che ha combattuto in Europa, non solo sognava ma era spesso svegliato dalla moglie che dormiva nello stesso letto con lui e che si dibatteva mentre lui le stringeva la gola. Ma in entrambi i casi, col tempo, la frequenza e l’intensità dei sogni diminuirono.
Senso di colpa e depressione
Molti soldati pensavano che uccidere il nemico facesse parte del loro dovere. Erano ricompensati quando lo facevano bene, quindi dopo la guerra non si sentivano oppressi dalla colpa.
“Quando sei in combattimento il tuo unico pensiero è di salvare la pelle”, ha riferito Johnny. “Le facoltà della ragione sono sostituite da istinti animaleschi. Farai di tutto pur di restare in vita e tornare a casa”.
Ma poi ha aggiunto: “Uccidere da una certa distanza non era un grande problema. Ma attaccavamo di notte, e una volta che avevi visto negli occhi i nemici che poi uccidevi, ti rimaneva scolpito nella mente”. Tali incontri personali o la partecipazione a massacri inutili o ingiusti in molti casi hanno lasciato profondi segni negli uomini, creando in loro senso di colpa e depressione.b
Nel caso di altri soldati, però, il senso di colpa e la depressione che ne derivava non erano il frutto delle azioni compiute contro il nemico. Per esempio, un pilota di aerei da combattimento entrò in un convalescenziario dopo la sua venticinquesima missione. Era teso e profondamente depresso. Faceva fatica a parlare. Aveva inutilmente cercato di alleviare la propria ansietà dandosi al bere. Infine, durante un trattamento, rivelò che come comandante di una squadriglia si sentiva colpevole della morte di uno dei suoi piloti abbattuto durante una missione. “Oh, se solo avessi scelto un altro punto, un bersaglio meno pericoloso”, disse il giovane singhiozzando. “Se fossi andato in qualche altro posto non sarebbe stato colpito . . .. Non posso togliermelo dalla mente”.
Rivivono le scene dei combattimenti
David, un reduce del Vietnam, è stato testimone di azioni di indescrivibile brutalità. Scene di carneficine umane che pochi crederebbero possibili erano scolpite indelebilmente nella sua mente. Un giorno, poco dopo il suo ritorno, lui e la moglie viaggiavano su un’auto scoperta. Elaine, la moglie, spiega ciò che accadde. “Nell’altra corsia ci fu un forte scoppio per una macchina che aveva avuto un ritorno di fiamma. Senza pensare David, che era alla guida, cercò di saltar fuori dalla macchina. Era quasi fuori quando si rese conto di ciò che stava facendo e disse: ‘Ehi, non sono nel Vietnam. Nessuno mi spara’. Mi misi a urlare. ‘Che fai! Non puoi!’” Miracolosamente riuscirono a riprendere il controllo dell’auto e si allontanarono.
Spesso sentendo il suono di sirene o il rombo di aerei un ex combattente può pensare d’essere di nuovo al fronte. Perfino in casa propria andrà a cercare riparo sotto un mobile. Alcuni ex combattenti, se scossi nel sonno, saltano su come una molla e si mettono in posizione di combattimento come se fossero pronti a uccidere. A volte questo disturbo durerà per anni. Per molti che leggono sensazionali servizi giornalistici sull’argomento gli uomini che tornano dalla guerra sono “bombe a orologeria ambulanti”, consapevolmente o inconsapevolmente inclini alla violenza.
Sono più violenti?
In effetti, secondo uno studio condotto su varie centinaia di uomini che hanno combattuto nel Vietnam, solo “una significativa minoranza di reduci” aveva difficoltà a dominare le proprie violente emozioni. Il rapporto pubblicato da Archives of General Psychiatry diceva:
“Malgrado il fatto che sia stato scritto molto sul comportamento e sulle emozioni violente dei reduci, solo una minoranza relativamente piccola di soldati ha avuto serie difficoltà a controllare l’aggressività. Benché il 40% abbia dichiarato d’essere stato più irritabile e collerico al suo ritorno, per la maggioranza questo è stato un fenomeno temporaneo, che è scomparso entro i primi tre mesi”.
Molti la pensano come un reduce della seconda guerra mondiale che ha detto: “Che sollievo non dover più uccidere!”
Sebbene sia stato osservato che i reati violenti aumentano praticamente in ogni nazione dopo una guerra, non esistono dati statistici indicanti che a commetterli siano i soldati che tornano dalla guerra.c In Psychology Today i ricercatori Archer e Gartner hanno spiegato:
“Forse gli aumenti sono dovuti al fatto che uccidere diventa legittimo agli occhi dell’intera società. Le guerre forniscono una prova concreta che l’omicidio può essere ammesso. Essendo tolto il divieto di uccidere, forse diventa più facile per chiunque ricorrere all’omicidio come mezzo per appianare i contrasti nella vita di ogni giorno”.
Quindi, in realtà, la guerra ha ripercussioni mentali sull’intera società, non solo sugli ex combattenti. Le condizioni esistenti sulla terra dalla prima guerra mondiale, iniziata nel 1914, hanno chiaramente mostrato che viviamo in ciò che la Bibbia chiama “ultimi giorni”. Alcuni segni caratteristici elencati nella Bibbia sono che “gli uomini [in generale, non solo gli ex combattenti, sarebbero stati] . . . senza padronanza di sé, fieri . . . [e avrebbero progredito] di male in peggio”. — II Timoteo 3:1-5, 13.
In quanto ai reduci di guerra, il dott. Colb, ricercatore del Centro Medico dell’Ente degli ex combattenti con sede ad Albany (New York), il quale si è occupato degli uomini che hanno sofferto dei disturbi più acuti, ha rivelato: “Anche nel gruppo di cui mi occupo al presente, la stragrande maggioranza non è mai stata in ospedale. Molti hanno un lavoro. Parecchi di questi sono uomini scrupolosi, laboriosi e leali. Spesso la loro scala dei valori è migliore di quella del comune uomo della strada”.
Ad ogni modo, questi uomini avevano ancora bisogno dell’assistenza di specialisti per i loro disturbi mentali. Uno studio del 1981 indica che oltre un terzo degli uomini che erano stati testimoni di accaniti combattimenti nel Vietnam soffre di traumi psichici come conseguenza. Di solito l’aiuto offerto loro è la psicoterapia di gruppo. Il reduce può partecipare a sedute insieme ad altri reduci o a consulenti qualificati che cercano di correggere il suo modo di pensare. A volte vengono usati tranquillanti o sonniferi. Tuttavia vari ex combattenti che soffrivano di disordini mentali come conseguenza della guerra hanno trovato un altro rimedio. Uno di essi, menzionato prima, al ritorno dal Vietnam soffriva di gravi traumi psichici.
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Era diventato un estraneoSvegliatevi! 1983 | 8 gennaio
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Era diventato un estraneo
“Quando David tornò dal Vietnam era un altro”, ha spiegato sua moglie, Elaine. “Prima che partisse mi sentivo attratta dal suo calore, dalle sue premure e dal suo sincero entusiasmo. Nutriva profonda fiducia in me e la nostra relazione era delle più belle. Ma quando è tornato, tutto ciò che in lui mi era caro non c’era più. Esteriormente non era cambiato — lo stesso sorriso e gli stessi grandi occhi castani — ma il calore e la fiducia erano scomparsi. Era come un estraneo. È stato spaventoso”. Poi Elaine ha aggiunto: “Era come un guscio vuoto. Non aveva altro che rabbia dentro”.
Spiegando come si sentiva al ritorno dalla guerra, David ha detto: “Mi dava fastidio stare con persone che non capivano, che non potevano capire perfettamente cosa voleva dire essere stati laggiù. Avevo visto alcuni dei miei commilitoni fare una morte atroce. Volevo che Elaine capisse i miei sentimenti, quello che avevo visto. Ma nessuno sembrava veramente voler capire. Per cui avevo tutta questa ostilità chiusa dentro di me”.
Pochissimi riescono veramente a capire il traumatico capovolgimento dei valori morali della persona che la guerra provoca, né possono afferrare il rovinoso effetto che questo ha sulla mente. David spiega: “Durante i combattimenti bisognava stare di continuo all’erta. Imparavi che le relazioni personali con altri contavano pochissimo: potevano essere uccisi l’attimo dopo. Nella tua mente giustificavi qualsiasi azione pur di arrivare alla fine di un’altra giornata”. Elaine ha aggiunto: “Quando tornano a casa si rendono subito conto che tutto ciò che pensavano avesse valore durante l’anno di servizio militare non vale proprio nulla. E tutto ciò che pensavano non valesse nulla, come le relazioni con gli altri, diventa estremamente prezioso nella vita civile”.
Di conseguenza David, come molti soldati tornati dalla guerra, esitava a stringere con altri un rapporto basato sulla fiducia, un rapporto in cui avrebbe potuto essere coinvolto sentimentalmente. È logico che questo può distruggere un matrimonio.
Il valore dell’istruzione biblica
Quando la loro relazione era quasi al limite di rottura, David ed Elaine cominciarono a studiare la Bibbia con i cristiani testimoni di Geova. “Ci ha aiutato immensamente!” ha detto David. “Finalmente, per la prima volta nella mia vita, ho sentito d’avere un’intima relazione con Dio e di potergli esprimere tutti i miei sentimenti. Potevo dirgli com’ero dispiaciuto di tutte le cose che avevo fatto, e sapevo che era disposto a perdonarmi”.
Elaine ha aggiunto: “Naturalmente David aveva ancora i suoi alti e bassi, ma diminuirono di intensità. A volte anche adesso soffre di depressione, ma l’insegnamento biblico mi ha restituito il David che avevo sposato e anche di più! Ha tirato fuori i suoi lati buoni, perché la Bibbia incoraggia l’amore altruistico, la compassione e la generosità. È stato come ritrovare mio marito!”
Sì, la Bibbia ha aiutato David, e altri, a stringere relazioni amorevoli, basate sulla fiducia. Come? Ebbene, la Bibbia dice che l’amore sincero “non cerca i propri interessi” e “non tiene conto dell’ingiuria”. La Bibbia esorta ad avere tenera compassione. Dà suggerimenti pratici su come si può coltivare vero amore per il proprio simile. “Certo non è stato facile”, ha confessato David. “Anche ora, se qualcuno tradisce la mia fiducia e mi tratta ingiustamente, l’ira divampa in me. Ma in quel momento prego Geova silenziosamente di darmi forza e mi allontano”. — I Corinti 13:4, 5; I Pietro 3:8, 9.
Il ruolo della famiglia
“Non solo David è stato aiutato mettendo in pratica la conoscenza biblica”, ha spiegato Elaine, “ma anch’io sono stata aiutata a sopportarlo. Ad esempio, quando David cominciava a discutere non diceva: ‘Elaine, ora mi arrabbio con te a causa del mio malanimo per il Vietnam’. No, ma diceva: ‘Cos’è questo cibo schifoso? Non tieni la casa pulita, e non sei una buona madre!’ Altre volte si chiudeva in un ostinato mutismo e non mi parlava per settimane. E in tutto quel tempo io mi chiedevo: Cos’ho fatto di male?
“Ma dalla Bibbia ho imparato a essere sottomessa e rispettosa, a essere comprensiva e a ‘sopportare gli altri anche se avevo ragione di lamentarmi’. Mi è stato utile conoscere queste verità bibliche. Naturalmente a volte le mie reazioni all’ira di David erano eccessive. A volte non mettevo in pratica tutto quello che diceva la Bibbia, ma quando entrambi li mettevamo in pratica, i consigli biblici erano efficaci. Non è stato facile ma non ho posto fine al nostro matrimonio quando mi sarei sentita di farlo a causa del suo comportamento. Ora le cose sono molto migliorate”. — Colossesi 3:13, 18.
La comprensione e la compassione della famiglia sono “molto importanti”, secondo il dott. Kolb, “per aiutare un uomo a diventare socialmente idoneo”. Egli ha rivelato che “gli uomini che hanno salvato il loro matrimonio hanno più successo degli altri. D’altra parte, se la moglie viene trattata con freddezza, come avviene in molti casi, il matrimonio non dura”.
Ma la Bibbia fa più che insegnare la comprensione e la compassione; essa offre una vera speranza per il futuro.
Promesse preziose
“Venite, guardate le attività di Geova . . . Fa cessare le guerre fino all’estremità della terra”. (Salmo 46:8, 9) Se si considera quante sofferenze sono state causate dalla guerra, tale promessa è meravigliosa! Per mezzo del suo regno, il governo celeste, Dio ‘porrà fine’ a tutte le nazioni che fomentano la guerra, e porterà pace permanente sulla terra. — Daniele 2:44.
I mansueti che sopravvivranno otterranno la completa guarigione — mentale, emotiva e fisica — allorché Dio rivolgerà tutta la sua attenzione alla nostra terra. (Rivelazione 21:3, 4; Salmo 37:10, 11) La conoscenza di questa speranza ha spronato molti reduci. “Ha dato a David una ragione di vita”, ha detto Elaine. “Mi ha pure reso più facile incoraggiarlo. Per esempio, quando si irritava per qualche osservazione sconsiderata di un estraneo, spesso gli dicevo: ‘Ricorda: “La vendetta è mia; io ricompenserò, dice Geova”’. Quando si scoraggiava perché ricadeva in uno stato di depressione, gli additavo quanto progresso aveva già fatto e gli mostravo che in futuro Dio sanerà del tutto le sue ferite mentali”. — Romani 12:19; confronta Isaia 65:17.
Gesù promise: “L’ora viene in cui tutti quelli che sono nelle tombe commemorative udranno la [mia] voce e ne verranno fuori”. (Giovanni 5:28, 29) Che magnifica prospettiva, vedere milioni di persone che furono uccise in guerra tornare alla vita e ricevere l’opportunità di conoscere la verità intorno a Dio!
Harley è uno di quegli ex combattenti che ha tratto molto beneficio dall’insegnamento biblico. Anche se sono passati oltre trentasette anni dalla fine della seconda guerra mondiale, ripensando alla morte di alcuni suoi compagni d’armi ha avuto una forte reazione emotiva. Trattenendo le lacrime ha detto: “Sarà bello rivedere quei ragazzi nella risurrezione. Questa speranza allevia veramente il dolore”.
Sì, l’istruzione biblica è di grande aiuto per lo spirito e offre una speranza concreta per il futuro.
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