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  • La Vite il cui vino fa rallegrare Dio e l’uomo
    La Torre di Guardia 1979 | 15 marzo
    • 12. Quale frutto non offrirono i coltivatori della vigna tipica, e quindi cosa avrebbe fatto Dio per ricevere il giusto frutto?

      12 Quale frutto avrebbero dovuto offrire i coltivatori israeliti della nazione o “vigna” di Geova a suo Figlio Gesù Cristo? Avrebbero dovuto mostrare fede nel Figlio come vero Messia promesso e accettarlo come il Figlio di Colui che aveva piantato e possedeva la “vigna” della nazione d’Israele. Se avessero reso tale frutto al Figlio di Dio, sarebbero stati introdotti nel vero regno messianico di Dio. Poiché non produssero il frutto che avrebbe dovuto distinguere il tipico regno di Dio in Israele, alla loro nazione fu tolto il privilegio d’essere il regno di Dio. Quindi doveva essere creata un’altra nazione di coltivatori della “vigna”. Questa nuova nazione avrebbe prodotto frutti adatti al regno di Dio. Quei coltivatori avrebbero reso i debiti frutti all’Iddio che aveva piantato questa vigna e ne era il proprietario.

      13. (a) Cosa pensarono di poter fare i coltivatori della “vigna” giudaica impadronendosi dell’eredità del Figlio del Proprietario? (b) Cosa disse Gesù che sarebbe accaduto alla pietra regale rifiutata dagli edificatori di una certa struttura?

      13 La cosa a cui Dio dà importanza per determinare chi deve ricevere i privilegi del suo regno messianico sono i “frutti”. I coltivatori ebrei pensarono di potersi impadronire dell’eredità negando i frutti giustamente attesi e perfino uccidendo Gesù, l’“erede” del regno di Dio. Pensarono di potersi mantenere al potere nel regno tipico di Dio, sotto il patto della legge mosaica. (Giov. 11:47-53) Ma non fu così, secondo la conclusione che si trae dalla parabola di Gesù. (Matt. 21:41) Cosa disse Gesù della Pietra regale che gli edificatori avevano rifiutato il giorno prima, dopo il suo trionfale ingresso in Gerusalemme? Sarebbe divenuta la principale pietra angolare nella nuova struttura regale di Dio, il celeste “regno di Dio”.

      14. Perché Gesù non reputò inutile narrare la parabola della vite e dei tralci poco prima del suo arresto nel Getsemani?

      14 Riguardo alla “vera vite” piantata e coltivata da Geova Dio, Gesù sapeva che non poteva essere indebolita, anche se più tardi, quel giorno di Pasqua, fu permesso ai coltivatori ebrei della “vite” o nazione tipica di metterlo a morte. Pertanto, anche se stava per andare nel giardino di Getsemani ed essere arrestato, Gesù non pensò che fosse inutile narrare ai discepoli la parabola della vite e dei tralci.

      15. In base a Giovanni 15:1-5, chi è il coltivatore della “vera vite”, e cosa fa ai tralci secondo che portino frutto o no?

      15 “Io sono la vera vite”, disse Gesù, “e il Padre mio è il coltivatore. Ogni tralcio che in me non porta frutto egli lo toglie, e ognuno che porta frutto lo purifica, perché porti più frutto. Voi siete già puri a motivo della parola che vi ho detta. Rimanete uniti a me, ed io unito a voi. Come il tralcio non può da se stesso portar frutto se non resta nella vite, nello stesso modo neppure voi lo potete, se non restate uniti a me. Io sono la vite, voi siete i tralci. Chi rimane unito a me, e io unito a lui, questo porta molto frutto; perché separati da me non potete fare nulla”. — Giov. 15:1-5.

      PIANTATA E COLTIVATA LA VITE

      16, 17. (a) Quando fu che Geova piantò “la vera vite”, e come? (b) In che modo Gesù Cristo fu più grande del patriarca Giacobbe, e quando furono prodotti “tralci” della “vera vite”?

      16 Quando fu che il grande Viticoltore piantò questa vite fruttifera? Nel 29 E.V., quando unse con lo spirito santo Gesù appena battezzato. (Isa. 61:1, 2) Fu allora che Geova stabilì il fusto centrale della simbolica “vite” del regno messianico. Rammentiamo che il regno tipico d’Israele ebbe origine dal patriarca Giacobbe, soprannominato Israele. Egli generò dodici figli, dai quali vennero le dodici tribù d’Israele. (Atti 7:8-14) Pertanto Gesù Cristo corrispose a Giacobbe.

      17 Questo più grande Giacobbe fu il fusto centrale della vite. Scelse dodici apostoli, che divennero futuri “tralci” di questa “vite” spirituale. (Giov. 15:16; 6:70) Per tale ragione, quella notte di Pasqua, li chiamò “tralci”. Ma 51 giorni dopo, il giorno di Pentecoste, dodici fedeli apostoli furono unti con spirito santo. In tal modo divennero dodici fondamenta secondarie della nuova nazione dell’Israele spirituale. Su di loro è edificata la celeste nuova Gerusalemme. (Riv. 21:14; Efes. 2:20) Tuttavia, quel giorno di Pentecoste gli altri di quel gruppo di circa 120 discepoli furono tra i primi a ricevere lo spirito santo e a parlare in lingue, e in questo modo divennero anch’essi “tralci” di quella “vite” spirituale, Gesù Cristo.

      18. Quale opportunità, indicata in Esodo 19:6, 7, non accettò l’Israele naturale, e a chi applica Pietro le parole di quella dichiarazione divina?

      18 Lì venne all’esistenza la nuova nazione, l’Israele spirituale. Come nazione, l’Israele naturale non aveva colto l’opportunità che Geova, mediante il suo Mediatore Mosè, gli aveva posto davanti, come riporta Esodo 19:6, 7. Quindi le parole di quella dichiarazione divina furono applicate dall’apostolo Pietro ai membri della nuova nazione dell’Israele spirituale. Dove? Nella sua prima lettera ispirata, in I Pietro 2:9, 10, dov’è scritto: “Ma voi siete ‘una razza eletta, un regal sacerdozio, una nazione santa, un popolo di speciale possesso, affinché dichiariate le eccellenze’ di colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua meravigliosa luce. Poiché voi una volta non eravate un popolo, ma ora siete il popolo di Dio; voi eravate coloro ai quali non era stata mostrata misericordia, ma ora siete coloro ai quali è stata mostrata misericordia”.

      19. Dopo l’adempimento di Isaia 5:5-7, cosa accadde alla nazione dell’Israele spirituale, e perché Geova non le prestò meno cure che alla “vigna” dell’Israele tipico?

      19 Felicemente, la nazione cristiana dell’Israele spirituale continuò a prosperare dopo che Geova ebbe adempiuto sulla simbolica “vigna” dell’Israele naturale le parole di avvertimento riportate in Isaia 5:5-7. Essendo il Coltivatore di ciò che ha piantato, presta le necessarie cure ai “tralci” della “vera vite”, Gesù Cristo, cure non inferiori a quelle prestate alla precedente “vigna” dell’Israele naturale fino al 33 E.V. Lo scopo è quello di mantenere puri e produttivi i “tralci” che sono discepoli di Gesù Cristo. Polloni e legno secco non dovrebbero trovare posto fra questi tralci “puri”. Per questo nella sua parabola Gesù disse ai fedeli apostoli: “Ogni tralcio che in me non porta frutto egli lo toglie, e ognuno che porta frutto lo purifica, perché porti più frutto. Voi siete già puri a motivo della parola che vi ho detta”. — Giov. 15:2, 3.

      20. Cosa avevano accettato gli undici apostoli fedeli per cui Gesù li dichiarò “puri”, in armonia con il racconto di Giovanni 6:67-69?

      20 Giuda Iscariota, l’apostolo traditore, non era presente quando Gesù disse tali parole. Gesù l’aveva già congedato dal gruppo al termine della cena pasquale. (Giov. 13:26-30) Gli undici fedeli apostoli rimasti avevano accettato con tutto il cuore la sua parola o messaggio messianico, e per tale ragione li dichiarò “puri”. Per esempio, quando si trovavano a Capernaum nel nord, e Gesù aveva chiesto a quegli apostoli: “Non ve ne volete andare anche voi, non è vero?” Simon Pietro aveva risposto: “Signore, da chi ce ne andremo? Tu hai parole di vita eterna; e noi abbiamo creduto e abbiam conosciuto che tu sei il Santo di Dio”. — Giov. 6:67-69.

      21. Da quali cose erano dunque “puri” quei “tralci”, e che effetto dovette avere su di loro la parola detta da Gesù in privato?

      21 Tra quei leali apostoli non c’erano ramoscelli secchi di infruttuosa miscredenza. Non avevano attaccati a sé polloni di giudaismo antiscritturale. Prestavano tutta la propria attenzione alla causa del “Santo di Dio”. Credevano che era “il Cristo, il Figlio dell’Iddio vivente”. (Matt. 16:16) In un’altra occasione ancora, Pietro gli disse: “Ecco, noi abbiamo lasciato ogni cosa e ti abbiamo seguito; che vi sarà effettivamente per noi?” (Matt. 19:27) Sulla base di tali decisioni, le parole di Gesù, dette specialmente agli apostoli in privato, dovettero avere l’effetto di raffinarli, di lasciarli in una condizione di ‘purezza’ spirituale. Tutti i “tralci” che rimanevano in tale condizione ‘pura’ potevano dedicarsi con totale impegno all’eccezionale scopo della “vera vite” di Geova. Ciò avrebbe rallegrato sia Dio che gli uomini.

  • Il frutto che glorifica Dio
    La Torre di Guardia 1979 | 15 marzo
    • Il frutto che glorifica Dio

      1. Con le sue parole di Ezechiele 15:1-5, come indicò Geova lo scopo principale di una vite?

      A COSA serve in realtà una vite? Molto tempo fa Colui che aveva piantato la prima vite rivolse al profeta Ezechiele questa domanda, con le seguenti parole: ‘Figlio d’uomo, in qual modo la vite è diversa da ogni altro albero, il germoglio, che è fra gli alberi della foresta? Se ne prende un palo per farci qualche lavoro? O se ne prende un cavicchio per appendervi qualche genere di utensile? . . . Ecco, quando è intatta non si usa per nessun lavoro’. (Ezec. 15:1-5) È dunque chiaro che lo scopo principale della vite è quello di portare frutto, la succosa uva con cui si fa il vino. — Giud. 9:13.

      2. In armonia con tale scopo della vite, quale disse Gesù che era stata la sua intenzione nello scegliere quei “tralci”, secondo le parole di Giovanni 15:16?

      2 Il vino fu usato nella celebrazione dell’ultima Pasqua di Gesù con gli apostoli. Dopo quella cena egli pronunciò la sua parabola sulla “vera vite” e sui “tralci”. Tenendo presente ciò poté dire agli undici apostoli fedeli: “Voi non avete scelto me, ma io ho scelto voi, e vi ho costituiti per andare a portar frutto e perché il vostro frutto rimanga, affinché qualunque cosa chiediate al Padre [che ha piantato la vite] in nome mio egli ve la dia [affinché portiate frutto]”. — Giov. 15:16.

      3. Perché bisogna potare la vite a ogni stagione, e quale lezione dovrebbe questo far capire ai “tralci” della “vera vite”?

      3 Se si vuole che una vite porti frutto, bisogna potarla a ogni stagione. Avviene ciò che disse Gesù quale “vite” spirituale: “Ogni tralcio che in me non porta frutto egli lo toglie. . . . Se uno non rimane unito a me, è gettato via come un tralcio e si secca; e si raccolgono questi tralci e si lanciano nel fuoco e sono bruciati”. (Giov. 15:2, 6) Quale lezione impariamo dunque da ciò? Ebbene, se qualcuno di noi è un “tralcio” della “vite” spirituale e apprezza il proprio privilegio, non vorrà essere potato. Gli conviene quindi portare frutto, e molto!

      IL FRUTTO

      4. Cos’è il frutto, in base a Isaia 5:7?

      4 Ma che cos’è il frutto? Il frutto, l’uva, non raffigura i discepoli di Cristo. Sono i tralci a raffigurare i discepoli generati dallo spirito. Le Scritture ispirate indicano cosa raffigura il frutto portato dai tralci. Per esempio, quando Geova paragonò l’antico Israele a una vigna, menzionò il frutto che desiderava. Disse: “La vigna di Geova degli eserciti è la casa d’Israele, e gli uomini di Giuda sono la piantagione di cui egli provava delizia. E sperava per il giudizio, ma, ecco, l’infrazione della legge; per la giustizia, ma, ecco, il grido [come quello dell’antica Sodoma]”. — Isa. 5:7; Gen. 18:21; 19:13.

      5. Ai giorni di Gesù, quali cose più importanti contenute nella Legge di Dio trascuravano i capi religiosi, e cosa insegnavano come dottrine?

      5 Come parte del frutto di quella tipica “vigna” d’Israele, Geova, Colui che l’aveva piantata, cercava quindi il giudizio (incluso il diritto) e la giustizia, l’opposto dell’infrazione della legge e della condotta scandalosa. Ai giorni di Gesù in Israele non c’erano giudizio e giustizia. Poco prima che fosse martirizzato in Gerusalemme disse agli ipocriti scribi e Farisei: “Date la decima della menta e dell’aneto e del comino, ma avete trascurato le cose più importanti della Legge, cioè la giustizia e la misericordia e la fedeltà”. (Matt. 23:23) Riguardo all’infrazione della Legge di Dio, Gesù disse ulteriormente: “[Voi, scribi e Farisei,] avete reso la parola di Dio senza valore a causa della vostra tradizione”. “Insegnano comandi di uomini come dottrine”. — Matt. 15:6, 9.

      6, 7. (a) Come nel caso dell’Israele naturale, quale frutto si dovrebbe cercare sui “tralci” della “vera vite”, e come lo si dovrebbe dimostrare? (b) Al tempo di Geremia, in quali due modi Israele commetteva adulterio?

      6 Il frutto che Geova desiderava dalla tipica “vigna” d’Israele includeva giudizio, diritto, misericordia, fedeltà e giustizia, l’osservanza e non il pervertimento della Legge di Dio. Per coerenza, dovrebbe forse attendersi un frutto diverso sui “tralci” della “vera vite”? Niente affatto! Il frutto che desidera come ornamento di quei “tralci” sono le qualità cristiane della personalità. Ma il frutto non consiste semplicemente nella personalità in sé.

      7 È necessaria anche l’attiva espressione dei tratti della personalità! Per esempio, al tempo del profeta Geremia, Geova espresse la sua delusione per il frutto offertogli dalla tipica “vigna” d’Israele. Egli disse: “Su ogni alto colle e sotto ogni albero lussureggiante giacevi in maniera scomposta, prostituendoti. E in quanto a me, t’avevo piantata come una scelta vite rossa, tutta di vero seme. Come ti sei dunque cambiata verso di me in degenerati germogli di vite straniera? . . . Come puoi dire: ‘Non mi sono contaminata. Non ho camminato dietro ai Baal’?” (Ger. 2:20-23) Quindi un’altra parte del frutto che Geova voleva dalla “vite” dell’Israele tipico era la purezza morale e l’esclusiva adorazione. Ma invece di trovare tale frutto sui suoi tralci, Geova scoprì che i singoli israeliti commettevano fornicazione e adulterio, e che l’intera nazione commetteva anche adulterio spirituale facendo amichevoli alleanze con le nazioni pagane circonvicine. — Confronta Giacomo 4:4.

      8. In che modo gli Israeliti non rendevano a Geova esclusiva adorazione?

      8 Inoltre, invece di adorare esclusivamente Geova, l’Iddio con cui aveva stipulato un patto, la nazione commetteva idolatria andando dietro alle immagini di Baal e adorandole. In effetti, l’“uva” della “vite” dell’Israele tipico era ‘l’uva di Sodoma’, per cui i suoi “grappoli” erano amari. Quindi il frutto della “vite” israelita includeva omosessualità simile a quella dell’antica Sodoma. (Deut. 32:32) Tale frutto sgradevole è in contrasto con ciò che Dio desidera.

      9. In che modo i “tralci” della “vera vite” devono evitare l’adulterio spirituale, anche se incorrono nell’odio del mondo?

      9 L’immutabile Dio non vuole nessuno di questi frutti sui “tralci” della sua “vera vite”, Gesù Cristo. Quindi gli israeliti spirituali della classe del Regno devono mantenersi moralmente puri. Non devono commettere adulterio spirituale facendo amicizia con questo mondo. Da loro si richiede nel modo più assoluto esclusiva devozione a Geova come Dio. Che gliene importa se il mondo li odia perché portano tale frutto? “Poiché non fate parte del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo motivo il mondo vi odia”. Gesù disse questo agli undici fedeli apostoli la notte che Giuda Iscariota lo tradì. — Giov. 15:19.

      10. (a) In quanto a essere separati e senza macchia, quale “frutto” devono portare i “tralci” della “vera vite”, e quale azione richiede questo da parte loro? (b) Non producendo tale frutto, quale perdita subì la nazione d’Israele?

      10 Essi non fanno parte di questo mondo astenendosi dalla sua politica e dai suoi conflitti, e in questo modo producono il frutto della purezza e si mantengono senza macchia da questo mondo. Tale frutto deve distinguere quelli che appartengono all’organizzazione di Geova rappresentata da suo Figlio, “la vera vite”, Gesù Cristo. Devono dimostrare completo attaccamento al regno di Dio retto da Gesù Cristo. A tal fine devono riconoscere apertamente e accettare il Figlio di Dio come il Messia o Cristo da lungo tempo promesso. La tipica “vite” dell’Israele naturale non presentò questo frutto al Messia Gesù. Non produsse i “frutti” del regno di Dio. Come conseguenza subì un’enorme perdita, poiché il regno di Dio fu loro tolto e fu dato alla nazione che avrebbe prodotto il frutto richiesto, l’Israele spirituale. (Matt. 21:43) Questa nuova nazione è formata dai “tralci” che dimostrano d’essere uniti alla “vera vite”, non rifiutando il Messia Gesù come lo rifiutò la nazione giudaica, ma accettandolo apertamente e camminando nelle sue orme.

      11. (a) A motivo della profezia di Matteo 24:14, cosa occorre oltre al semplice ‘accogliere Gesù nel proprio cuore’? (b) Quale caratteristica della “vera vite” è d’obbligo per i “tralci” della vite?

      11 Pertanto non basta semplicemente riconoscere e accettare il Messia nel proprio cuore, ‘accogliere Gesù nel proprio cuore’, come dicono gli evangelisti della cristianità. Bisogna darne conferma e dimostrazione mediante un’azione pubblica. (Rom. 10:10) Si deve prendere parte personalmente all’adempimento della profezia di Gesù: “Questa buona notizia del regno sarà predicata in tutta la terra abitata, in testimonianza a tutte le nazioni”. (Matt. 24:14) Se un “tralcio” della vite di Cristo, unto dallo spirito, dedicato e battezzato, non partecipa attivamente all’opera predetta, come può produrre i “frutti” del regno di Dio? A questo riguardo è d’obbligo che siano “tralci” di colui che fu il primo a essere unto con lo spirito del Sovrano Signore Geova per predicare la buona notizia del Regno. (Isa. 61:1-3; Luca 4:16-21) Com’è il fusto della “vite”, così devono essere i “tralci” che ne assorbono la linfa!

      12. Dall’anno 1914, in quali grandi proporzioni si doveva adempiere Matteo 24:14, e su chi grava la responsabilità di predicare in tale misura questa “buona notizia”?

      12 La profezia di Matteo 24:14 ebbe un adempimento parziale nel primo secolo E.V., dal tempo dell’ascensione di Gesù al cielo e della sua comparsa alla presenza di Dio fino all’anno 70 E.V., quando i Romani distrussero Gerusalemme. Ma quell’adempimento prefigurò l’adempimento in grandi proporzioni della profezia nel nostro tempo, dal 1914 in poi. Alla fine dei Tempi dei Gentili nell’autunno di quell’anno, il messianico regno di Dio nacque lassù nei cieli. Oggi, più di 19 secoli dopo che la “vite” di Cristo cominciò a produrre i suoi “tralci”, è ancora in vita solo un piccolo rimanente di quei “tralci” che producono i “frutti” del regno di Dio, essendo 144.000 il numero massimo di questi “tralci” quali coeredi di Gesù Cristo. (Riv. 7:4-8; 14:1-3) Su questo rimanente grava la responsabilità di predicare “questa buona notizia del regno” in tutta la terra, per farla udire a tutte le nazioni.

      13. La produzione di quale “frutto” da parte del rimanente dei “tralci” della vite ha glorificato il Padre di Gesù in tutta la terra?

      13 Il frutto dell’ubbidienza al comando di predicare ha recato gloria a Geova Dio, come disse Gesù per incoraggiare i suoi “tralci”: “Il Padre mio è glorificato in questo, che continuiate a portare molto frutto e vi dimostriate miei discepoli”. (Giov. 15:8) In questo tempo del finale adempimento di Matteo 24:14, ha il rimanente di tali “tralci” portato “molto frutto”? Se esaminiamo le registrazioni disponibili sul periodo che va dall’anno postbellico del 1919 E.V. in poi, dobbiamo dire di sì! La produzione di tale “frutto” ha glorificato Geova Dio in tutto il mondo.

      UNITI ALLA “VITE”

      14. Come mostrò Gesù in Giovanni 15:4-6 la necessità che il rimanente dei “tralci” rimanesse indissolubilmente unito a lui per produrre così tanto frutto?

      14 Per produrre così tanto frutto in questi tempi turbolenti dallo scoppio della prima guerra mondiale nel 1914 è stato necessario che i “tralci” fossero indissolubilmente uniti alla “vite” di Cristo. Al rimanente dei “tralci” produttivi si sono senz’altro applicate le seguenti parole di Gesù: “Rimanete uniti a me [la vera Vite], ed io unito a voi. Come il tralcio non può da se stesso portar frutto se non resta nella vite, nello stesso modo neppure voi lo potete, se non restate uniti a me. Io sono la vite, voi siete i tralci. Chi rimane unito a me, e io unito a lui, questo porta molto frutto; perché separati da me non potete fare nulla. Se uno non rimane unito a me, è gettato via come un tralcio e si secca; e si raccolgono questi tralci e si lanciano nel fuoco e sono bruciati”. — Giov. 15:4-6.

      15. (a) Se gli apostoli non avessero perseverato con lui, cosa non gli avrebbe mai affidato Gesù insieme a lui? (b) Perché il rimanente non poteva approvare la Lega delle Nazioni e rimanere unito alla “vera vite”?

      15 Gesù Cristo non affiderebbe a questi “tralci” un regno insieme a lui in cielo se non avessero perseverato con lui anche nelle avversità. (Luca 22:28-30) Per conservare la propria unzione con lo spirito del Sovrano Signore Geova, devono rimanere uniti a lui, il fusto della “vite”. Altrimenti il loro futuro posto nel regno celeste sarebbe loro tolto. (Riv. 3:5, 11) Perciò, quando i Tempi dei Gentili finirono nel 1914 e fu rivelato che era stato partorito nei cieli il messianico regno di Dio, cosa fu obbligato a fare il rimanente dei “tralci” unti? Fu obbligato ad acclamare lealmente il glorificato Gesù Cristo come Re messianico intronizzato da Dio! Per rimanere uniti a lui non avrebbero mai dovuto ripudiarlo preferendogli qualcosa come la Lega delle Nazioni, stabilita dall’uomo in sostituzione del legittimo regno su tutta la terra. Essendo rimasti uniti a lui, egli non ha rotto l’unione con loro.

      LA “GRANDE FOLLA” DI RIVELAZIONE 7:9-17

      16. (a) Che effetto ebbe la seconda guerra mondiale sulla relazione fra la “grande folla” e il rimanente dei “tralci” della vite? (b) Con chi si schierò la “grande folla” per quanto riguarda le Nazioni Unite, e perché?

      16 Negli ultimi quattro anni di vita della Lega delle Nazioni come organizzazione per il mantenimento della pace, cominciò a formarsi la predetta “grande folla” di uomini e donne rallegrati dal frutto del Regno prodotto dai tralci della “vera vite”. Le crudeli avversità e prove che subirono durante la seconda guerra mondiale perché erano associati all’unto rimanente non riuscirono a farli separare da quei portatori di “frutto” del Regno. Sapevano che, per essere leali al Re intronizzato che è “la vera vite”, dovevano essere leali ai suoi “tralci”, i suoi fratelli spirituali. (Matt. 25:31-40) Insieme ai “fratelli” di Cristo, non accettarono l’organizzazione per la pace e la

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