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Domande dai lettori (1)La Torre di Guardia 1954 | 1° febbraio
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Domande dai lettori
◆ Approva la Società dei ben intenzionati ricevimenti tenuti prima delle nozze o delle nascite? Dovrebbero i doni essere esposti insieme ai nomi dei donatori? — M. F., New York.
La Società non disapprova i ricevimenti tenuti dovutamente. Ma non è bene esservi troppo attaccati e costringere il popolo del Signore a parteciparvi senza posa. È facile cominciare con uno o due e finire con una serie che può diventare una interminabile catena di ricevimenti. Ciò può pesare sui fratelli, prendere il loro tempo, e il loro danaro per dei doni che non sono sempre in grado di fare. Potreste dire che i doni non sono necessari, ma la consuetudine richiede i doni e la maggioranza li porterà, e poi sarebbe imbarazzante andarci a mani vuote. Ora non v’è certo nulla di male a far dei doni. Fatta spontaneamente, è una lodevole gentilezza fraterna e indica talvolta vero interessamento cristiano. Esiste un certo obbligo scritturale di notare quelli tra i nostri fratelli che si trovano nel bisogno per assisterli. Possiamo servirci di un ricevimento come occasione per aiutare, ma non dobbiamo aspettare solo tali occasioni, non dobbiamo limitare il nostro soccorso a tali usuali tempi e stagioni. L’assistenza è qualche volta necessaria in altri momenti. Noi dovremmo dare quando ne sorge il bisogno, e a coloro per i quali il bisogno è acuto, e far ciò spontaneamente senza esser sollecitati da inviti a un ricevimento che ci costringe a dare sia che il ricevente si trovi nel bisogno o meno.
Dovrebbero i donatori esser identificati dai loro doni? E perché dovrebbero esserlo? Certamente quelli che fanno i doni più costosi non cercano la lode pubblica. Ciò potrebbe mettere nell’imbarazzo i fratelli più poveri che devono far doni più modesti, e forse indurli a spendere più di quello che possono effettivamente permettersi. Quindi, perché magnificare i ricchi e umiliare i poveri, anche se ciò è fatto involontariamente? (Giac. 2:14) Questa pubblicità del dono e del donatore non è scritturale. “Quando tu cominci a far elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gl’ipocriti nelle sinagoghe e per le strade, affinché siano glorificati dagli uomini. Veramente vi dico: Essi ottengono appieno il loro premio. Ma tu, quando fai elemosina, non sappia la tua sinistra quello che fa la tua destra”. (Matt. 6:2, 3, NW) Se venissero praticati i doni anonimi, sarebbero essi tanto costosi? Spenderebbe il donatore più di quanto non consentano i suoi mezzi, se il suo nome non fosse indicato sul dono? Ciò mostrerebbe veramente l’altruismo del donatore. Tale soccorso piace a Dio.
Un punto finale è della massima importanza, sia che si tratti di ricevimento o di nozze oppure d’una semplice amichevole riunione di testimoni. Controllate le attività affinché risultino profittevoli. I giuochi stupidi sono per persone infantili; i Cristiani maturi li hanno superati, lasciandoli indietro. Il ballo sessualmente suggestivo ed eccitante dello stridente jazz non è per i Cristiani, benché la buona musica e il ballo appropriato non possano essere condannati. Quando Gesù partecipò a una festa nuziale approfittò dell’occasione per glorificare Iddio, compiendo il suo primo miracolo, la trasformazione dell’acqua in vino. (Giov. 2:1-11) E possiamo esser certi ch’egli non fece la coda per baciare la sposa — quindi noi lasciamo queste pratiche che tendono a esaltare la donna nel mondo del culto della creatura al quale esse appartengono. Invece di tale condotta dissoluta o di consumo eccessivo di cibo o di bevande, noi dovremmo controllare le azioni e indirizzare il trattenimento verso attività profittevoli, come ad esempio cantare i cantici del Regno, far dei giuochi di domande sulle Scritture, narrare esperienze di campo, e così via. Non soltanto queste cose saranno per noi una conveniente ricreazione rendendoci più affiatati l’uno verso l’altro, ma saranno utili alle persone di buona volontà che possono esser presenti e daranno loro una buona impressione sui testimoni di Geova.
Quindi diciamo che non c’è alcun male nei ricevimenti ben predisposti, e coloro che vi partecipano non dovrebbero esser criticati da quelli che vi si astengono, e viceversa. Siate moderati nel numero tenuto, nel dare, nel godimento di cibo e di bevanda durante i trattenimenti, e rendeteli spiritualmente edificanti. Rammentatevi sempre che Cristo è il nostro modello. (1 Piet. 2:21) Egli non consumava troppo tempo in tali cose, non faceva una pomposa esibizione nel dare, non diventava ingordo o ebbro in tali occasioni, né in alcun’altra circostanza. Quando si trovava in raduni sociali si serviva delle occasioni per dar gloria a Dio, ma non impegnava le sue serate nei ricevimenti né si esauriva nella vita sociale. Era il suo zelo per Geova e l’opera di predicazione che occupava il suo tempo e la sua energia. Lo stesso dovrebbe essere per noi, equilibrando le nostre diverse attività proporzionalmente alla loro importanza.
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Domande dai lettori (2)La Torre di Guardia 1954 | 1° febbraio
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Domande dai lettori
◆ Vissero altre persone prima di Adamo? Dove trovò Caino sua moglie? — G. B., Alberta, Canada.
Adamo ed Eva furono i primi umani; tutti gli altri sono discesi da loro. Di Adamo Genesi 5:4 dice: “Generò figliuoli e figliuole”. Caino sposò una di queste figlie. Nessuna d’esse fu menzionata nel racconto all’atto della sua nascita, ma furono tutte semplicemente riconosciute alla conclusione del racconto della vita di Adamo. Raramente la Bibbia indica la nascita delle fanciulle individualmente. Prima di Genesi 5:4 si parla di altri che avevano mogli e generarono figli, eppure non c’è alcuna registrazione della nascita di tali donne. Il caso di Caino non è eccezionale. (Gen. 4:16-26) A questo riguardo, anche gli scienziati evoluzionisti generalmente ritengono che vi fosse solo una coppia originale, e che la loro discendenza si sia incrociata, fratello con sorella.
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Domande dai lettori (3)La Torre di Guardia 1954 | 1° febbraio
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Domande dai lettori
◆ Nel 3º paragrafo a pagina 312 La Torre di Guardia del 15 ottobre 1951 dice: “Devono pregare su di lui, in modo ch’egli possa udire ciò che pregano e possa mostrare d’essere d’accordo, col suo ‘Amen!’” Significa questo che dopo che uno ha pregato in un’adunanza o a tavola tutti quelli che ascoltano dovrebbero dire “Amen” per mostrare che sono d’accordo? — A. B., Costa d’Oro.
No, ciò significherebbe separare arbitrariamente la dichiarazione dalla sua posizione. La Torre di Guardia trattava il caso di uno spiritualmente ammalato su di cui gli anziani della congregazione dovevano pregare. La loro preghiera doveva aver lo scopo di edificare e rinforzare il malato, considerando i suoi problemi e dando consigli e indicazioni scritturali per risolverli, e invocando l’assistenza di Geova a favore di colui che è malato spiritualmente. Ma si lascerebbe aiutare la persona afflitta? Riconoscerebbe essa le sue mancanze, i motivi della sua distretta spirituale, la saggezza dei consigli dati, la necessità di seguire i procedimenti suggeriti per avere guarigione? O si era essa tanto smarrita dal giusto sentiero e divenuta così debole spiritualmente da non rispondere all’assistenza della preghiera? In tal caso ci sarebbe un po’ di dubbio circa il risultato della preghiera sulla persona e del suo contenuto. Perciò una sua chiara espressione a voce alta sarebbe appropriata, e un “Amen” chiaramente formulato o dal cuore sarebbe il modo di mostrare accordo con la preghiera.
La situazione è diversa nel caso di preghiere tenute nelle adunanze o all’ora dei pasti. Non c’è ragione di dubitare che la preghiera non sia accettata da tutti gli uditori. Una preghiera appropriata in tali occasioni non provocherà disaccordo, e non si richiede nessuna espressione d’accordo. Non c’è però obiezione che alla conclusione gli ascoltatori aggiungano un “Amen” ad alta voce se lo desiderano. Il popolo pronunciava il suo “Amen” al termine di un salmo di ringraziamento di Davide, e in altre occasioni gl’Israeliti indicavano l’accordo con la stessa espressione. (Deut. 27:14-26; 1 Cron. 16:7-36; Apoc. 5:14) Commentando sulla preghiera in lingua sconosciuta Paolo disse: “Come dirà Amen l’uomo che occupa il posto della persona comune, al tuo rendimento di grazie, dato che non sa quello che dici?” (1 Cor. 14:16, NW) Noi oggi non parliamo in lingua sconosciuta, ma alcuni che pregano non sempre mostrano considerazione per i loro ascoltatori umani esprimendosi chiaramente e con sufficiente volume di voce per esser facilmente uditi. Tali preghiere non edificano gli ascoltatori, e questi non possono perciò unirsi allo spirito della preghiera e delle invocazioni o indicare l’accordo con espressioni di “Amen”, siano esse sottovoce o ad alta voce.
La parola “Amen” indica anche agli ascoltatori che una conclusione è stata raggiunta. (Sal. 41:13; 72:19, 20; 89:52; Rom. 16:27; Gal. 6:18; Giuda 25) Per questa ragione è opportuno che chi prega ad alta voce concluda sempre con un “Amen” che sia chiaramente udito. Indicherà così che ha finito, e gli ascoltatori a capo chino possono riprendere le loro normali posizioni. Dunque colui che prega ad alta voce dovrebbe dire “Amen” alla fine; e gli ascoltatori possono dirlo o meno, come vogliono.
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