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Il salario della slealtàLa Torre di Guardia 1975 | 1° settembre
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il possibile per essere infine trovati da lui immacolati e senza difetto e in pace”. — 2 Piet. 3:11-14.
Perciò, mentre vi sono molte tentazioni e anche difficili prove, il leale riceve come salario il favore di Dio, la felicità, la pace e la vita eterna. D’altra parte, la slealtà può dare per breve tempo una certa soddisfazione dei desideri carnali, ma finisce presto per recare solo infelicità, vergogna e morte.
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Un grande portavoce: Chi è?La Torre di Guardia 1975 | 1° settembre
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Un grande portavoce: Chi è?
NELL’UNIVERSO c’è un grande portavoce. Egli ha straordinaria potenza e autorità. Riconoscendone la posizione potete avere un eterno futuro. Chi è questo portavoce?
L’apostolo Giovanni lo presentò nelle parole iniziali del suo Vangelo. Questi, che era divenuto l’uomo Gesù Cristo, fu da Giovanni chiamato “la Parola” (greco, lógos). L’apostolo scrisse: “In principio era la Parola [ho lógos] e la Parola era presso Dio [tòn theón, caso accusativo di ho theòs], anzi la Parola era Dio [theòs]”. — Giov. 1:1, La Bibbia Concordata.
Vuol dire questo che la “Parola” è l’Onnipotente Dio, che è la “seconda persona” della Trinità della cristianità? Così credono milioni di persone. È questo che vi hanno insegnato? Sapete su che cosa si basa questa credenza?
Considerate un commento dell’Encyclopædia Britannica (edizione del 1974, Micropædia, Vol. VI, pag. 302): “L’identificazione di Gesù nel logos, implicitamente dichiarata in vari luoghi del Nuovo Testamento ma assai specificamente nel Quarto Vangelo, fu ulteriormente elaborata nella chiesa primitiva ma più in base a idee filosofiche greche che a concetti predominanti del Vecchio Testamento. [Il corsivo è nostro]”.
Si noti che fu la filosofia greca a fornire la base delle idee relative al logos o “Parola”. Non potrebbe questo suscitare dubbi sulla correttezza delle comuni credenze relative a Gesù Cristo? — Col. 2:8.
Che conosciamo la verità intorno alla “Parola” non è questione di puro interesse accademico. È qualcosa che ha relazione con il nostro eterno futuro. Lo si capisce dalle parole di Gesù: “Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo”. (Giov. 17:3, La Bibbia di Gerusalemme) Il conoscere in tal modo Dio e Cristo vuol dire conoscerli come persone e avere una buona relazione con loro. È chiaro che avendo una veduta distorta dell’identità e della posizione di Gesù in relazione con il Padre suo non si conoscerebbe né il Padre né il Figlio. È dunque con interesse che consideriamo quello che rivela la Bibbia, non la filosofia greca, sull’identità della “Parola”.
DIO IN CHE SENSO?
Giovanni 1:1 dice che “la Parola era presso Dio”. Questa dichiarazione indica che si tratta di due persone, della Parola e di Dio. In che senso, dunque, la Parola è “Dio”? La risposta a questa domanda si capisce considerando com’è usato nella Bibbia il termine “Dio”.
Salmo 8:5 dice: “[Tu, Geova] facevi [l’uomo] anche un poco inferiore a quelli simili a Dio”. In questo caso l’espressione “simili a Dio” traduce la parola ebraica ‘elo·himʹ, che, secondo il contesto, significa “dèi” o “Dio”. Quelli lì chiamati “dèi” sono angeli, perché, citato in Ebrei 2:7, Salmo 8:5 dice: “Lo facesti un poco inferiore agli angeli”. Il termine “dio” è applicato anche agli uomini, come, ad esempio, in Salmo 82:1-6, dove i giudici umani che non esercitarono il diritto vengono chiamati “dèi”. Tali riferimenti ad angeli e a uomini come a “dèi” indicavano che erano (o si consideravano) “potenti”. Inoltre, gli angeli erano rappresentanti di Dio, e perciò creature umane parlarono loro e di loro chiamandoli “Dio”. — Giud. 13:21, 22.
Tenendo conto di tale uso della parola “Dio”, non è il termine giustamente applicato al Figlio primogenito di Dio? Certo, poiché questo Figlio è davvero un “potente” oltre a essere rappresentante di Dio. (Giov. 17:8) Quando Giovanni 1:1 si riferisce a Gesù come “Dio”, non c’è dunque realmente nessun fondamento per pensare che sia la “seconda persona” di un Dio trino. Il versetto stesso non dice nulla del genere. La parola “Dio” applicata così alla “Parola” fa solo notare la sua natura divina, il fatto che durante la sua esistenza preumana era simile a Dio, un potente. Lo si vede dal fatto che nel testo originale greco l’articolo determinativo è omesso davanti a “Dio” nella frase “la Parola era Dio”. Come dichiara lo studioso di greco Westcott: “È necessariamente senza l’articolo [the·ós non ho the·ós] in quanto descrive la natura della Parola e non ne identifica la Persona”. — Citato da pagina 116 di An Idiom Book of New Testament Greek, del prof. C. F. D. Moule, ristampa del 1963.
IL PADRE È L’IDDIO DI CRISTO
Se la “Parola” fosse davvero la “seconda persona” di un Dio trino, non dovremmo aspettarci che la Bibbia lo dicesse chiaramente? Se il Gesù del “Nuovo Testamento” fosse il Geova del “Vecchio Testamento”, come asseriscono molti, non dovrebbe esserci almeno un riferimento biblico che dicesse in maniera determinata che Gesù è Geova? Ma non ce n’è nessuno. Infatti, Gesù riconobbe il Padre come suo Dio, dicendo a Maria Maddalena: “Ascendo al Padre mio e Padre vostro e all’Iddio mio e Iddio vostro”. — Giov. 20:17.
Pertanto il Padre solo è IL Dio, il Supremo a cui tutti devono l’adorazione e a cui tutti, incluso il Figlio, sono giustamente soggetti. Il nostro Dio è perciò lo stesso Dio di Gesù Cristo. Come indicò l’apostolo Paolo ai conservi credenti: “Effettivamente c’è per noi un solo Dio, il Padre, dal quale sono tutte le cose, e noi per lui; e c’è un solo Signore, Gesù Cristo, per mezzo del quale son tutte le cose e noi per mezzo di lui”. (1 Cor. 8:6) Non rivela questo una chiara distinzione fra il Padre e il Figlio in quanto a posizione, potere e autorità?
Il Padre e il Figlio non sono uguali, come affermano i trinitari. “Il capo del Cristo è Dio”. (1 Cor. 11:3) Come i cristiani sono proprietà di Cristo, così Cristo è proprietà di Dio. L’ispirato apostolo Paolo scrisse: “Voi appartenete a Cristo; Cristo, a sua volta, appartiene a Dio”. (1 Cor. 3:23) Non si riferisce forse a Cristo solo mentre era uomo sulla terra? Benché sia egli stesso trinitario, il teologo C. F. Kling fa questo commento riguardo alle parole dell’apostolo: “Appartenendo a Cristo apparteniamo indirettamente a Dio . . . E così, da una parte vediamo che la nostra unione con Dio ha Cristo per mediatore, e, dall’altra, che Cristo è subordinato al Padre, come mostra l’xi. 3. Comunque, considerare questa subordinazione come appartenente esclusivamente alla Sua natura umana non sarebbe consono alla corretta veduta dell’intero soggetto. Lì si parla di tutto il Cristo, e non solo nel Suo stato di umiliazione, ma anche nel Suo stato di gloria”. — A Commentary on the Holy Scriptures, di J. P. Lange e tradotto da P. Schaff.
In effetti, tutto ciò che ha il Figlio lo ha ricevuto dal Padre. Notate le dichiarazioni dello stesso Gesù: “Il Figlio non può fare una sola cosa di propria iniziativa, ma solo ciò che vede fare dal Padre. . . . Poiché il Padre non giudica nessuno, ma ha affidato tutto il giudizio al Figlio . . . E gli ha dato autorità di giudicare, perché è Figlio dell’uomo”. (Giov. 5:19-27) “Ogni autorità mi è stata data in cielo e sulla terra”. (Matt. 28:18) Questo include l’autorità reale, come si vede da Daniele 7:13, 14, che dice: “Con le nuvole dei cieli veniva qualcuno simile a un figlio d’uomo; e ottenne accesso all’Antico dei Giorni, e lo fecero accostare proprio dinanzi a Lui. E gli furono dati dominio e dignità e regno, affinché tutti i popoli, i gruppi nazionali e le lingue servissero proprio lui”.
Portata a termine la sua opera millenaria di re verso l’umanità, Gesù Cristo ‘consegnerà il regno al suo Dio e Padre’. Come dichiara esplicitamente la Bibbia, “si sottoporrà a Colui che gli ha sottoposto tutte le cose, affinché Dio sia ogni cosa a tutti”. (1 Cor. 15:24-28) Ovviamente, dunque, il Figlio deve tutto al Padre suo e riconosce giustamente questo fatto. Egli non è uguale al Padre suo.
“IN PRINCIPIO”
Considerato da un punto di vista linguistico, il fatto stesso che la “Parola” è il “Figlio di Dio” indica un principio, poiché un figlio è sempre più giovane del padre. In quanto al Padre, è sempre esistito. Di Lui l’ispirato salmista dichiarò: “Prima che i monti stessi nascessero, o che tu generassi come con dolori di parto la terra e il paese produttivo, fin da tempo indefinito a tempo indefinito tu sei Dio”. (Sal. 90:2) Si può dir questo del Figlio quando la designazione stessa indica altrimenti? In tal caso, dovrebbe esserci qualche indicazione che “figlio”, usato in riferimento al “Figlio primogenito”, non significa realmente “figlio”. Ce n’è la prova? O, al contrario, vi sono dichiarazioni bibliche indicanti specificamente un tempo in cui il Figlio non esisteva?
In Apocalisse 3:14 il Figlio è chiamato “il principio della creazione di Dio” (La Bibbia Concordata), o “l’origine della creazione di Dio” (An American Translation). Molti sostengono che questo significhi che il Figlio sia l’Originatore o l’Autore della creazione. Ma non è questo che dice il versetto. Perfino alcuni trinitari ammettono che tale spiegazione è sbagliata.
Il teologo Albert Barnes dice riguardo alla parola greca tradotta “principio” od “origine”. La parola si riferisce giustamente all’inizio di una cosa, non al fatto d’esserne l’autore, e indica giustamente primato nel tempo, e primato nel rango, ma non primato nel senso di far venire all’esistenza qualcosa. . . . La parola, perciò, non ha il senso di autore, come per indicare che uno è il principio di qualcosa nel senso che lo fece venire all’esistenza”. — Barnes’ Notes on the New Testament, pag. 1569.
Poi questo teologo ammette che Apocalisse 3:14 potrebbe giustamente significare che Cristo fu creato, dicendo: “Se fosse dimostrato da altre fonti che Cristo fu, in effetti, un essere creato, e il primo che Dio aveva fatto, non si può negare che questo
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