BIBLIOTECA ONLINE Watchtower
BIBLIOTECA ONLINE
Watchtower
Italiano
  • BIBBIA
  • PUBBLICAZIONI
  • ADUNANZE
  • g70 8/2 pp. 18-20
  • Zimbabwe, l’enigma della Rhodesia

Nessun video disponibile.

Siamo spiacenti, c’è stato un errore nel caricamento del video.

  • Zimbabwe, l’enigma della Rhodesia
  • Svegliatevi! 1970
  • Sottotitoli
  • Meraviglia dopo meraviglia
  • Congetture
  • Luogo di quieta meditazione
Svegliatevi! 1970
g70 8/2 pp. 18-20

Zimbabwe, l’enigma della Rhodesia

Dal corrispondente di “Svegliatevi!” in Rhodesia

NEL cuore del grande veld della Rhodesia, gli ampi pascoli non lontani dalla zona sudorientale di Fort Victoria, il viaggiatore s’imbatterà nei resti di una grande città fortificata, le cui rovine sono sparse su un’estesa zona. La cosa più sorprendente è il complesso di vaste strutture che occupano il centro della zona, molte delle quali sono ancora in piedi. Chi le costruì? Perché furono necessarie in un paese solitamente associato con le capanne? E quando ebbe luogo tutto ciò? Queste sono le domande che passano per la mente stando in piedi fra queste antiche rovine e osservando il distante circolo dei monti avvolti nella foschia azzurra.

Zimbabwe — poiché questo è il nome delle rovine — è da lungo tempo un enigma. Gli antichi viaggiatori ne avevano riferito l’esistenza parecchi secoli fa, collegando a quel tempo la località col paese di Ofir da cui Salomone prese le sue scorte d’oro. Quindi, per lungo tempo, Zimbabwe fu di nuovo perduta. Nessuno ne conosceva la località. Molti dubitavano della sua esistenza. Ma nel 1868 un cercatore d’avorio trovò per caso la località. Immaginate il suo smarrimento trovando queste prove d’antica civiltà in mezzo alla boscaglia! Dev’essere stato come un sogno.

Ora qui non c’è più molta boscaglia. Infatti, si possono ospitare turisti e c’è ogni possibilità di esplorare a piacere la zona. Non vorreste fare proprio questo? Possiamo iniziare il viaggio con l’informazione che Zimbabwe (pronuncia simbàbue) si pensa significasse “la casa del capo”.

Meraviglia dopo meraviglia

Dapprima, avvicinandoci al Grande Recinto o Tempio, ci troviamo davanti a un muro così alto che somiglia a una roccia a picco. È alto circa nove metri, ha lo spessore di circa quattro metri e mezzo alla base e si assottiglia fino ad avere lo spessore di tre metri alla sommità, e circonda completamente il recinto. Avvicinandoci di più, vediamo che è costruito di pietra granitica, tagliata e modellata in maniera da rendere inutile la calce. In fila indiana passiamo all’interno attraverso uno degli stretti passaggi, e tratteniamo letteralmente il respiro vedendo le immense rovine, che appena celano un sistema di recinti, piattaforme, passaggi e colonne.

A questo punto ci troviamo in quello che viene chiamato Recinto della Piattaforma, e possiamo subito vedere i resti della piattaforma soprelevata da cui esso prende nome. Attraversando il recinto in direzione della piattaforma, entriamo in una zona di forma approssimativamente triangolare dietro di esso, detta Sacro Recinto. Lì in mezzo c’è un cono di pietra massiccia con la cima piatta, del diametro di cinque metri alla base ma che si assottiglia mirabilmente. Lì vicino c’è un secondo tronco di cono più piccolo. È stato suggerito che insieme rappresentino il simbolo maschile e femminile dell’adorazione fallica.

Mentre il Sacro Recinto si restringe verso nord-est entriamo quindi in un angusto passaggio, lungo oltre sessanta metri e largo in certi punti solo abbastanza per avanzare in fila indiana. Guardando in alto il cielo azzurro incorniciato come in una stretta scanalatura fra queste due torreggianti pareti, non si può fare a meno di chiedersi chi furono i costruttori. Sorge pure la domanda: Gli antichi sacerdoti usarono un tempo questo passaggio privato che porta dal Sacro Recinto all’ingresso settentrionale del Recinto del Tempio?

Tornati all’aperto, fuori del torreggiante muro esterno, ci soffermiamo ad ammirare l’interessante disegno a zigzag che corre tutto intorno al muro vicino alla sommità. Ora l’autobus ci porta a visitare un’altra caratteristica di Zimbabwe, l’Acropoli, un erto colle sui cui fianchi possiamo osservare sezioni di muro di pietra che ci guardano dall’altezza di quasi ottanta metri. Cominciamo a salire e non passa molto prima che ci accorgiamo che i gradini tagliati nel fianco del colle rendono più facile l’ascesa. Ma questi si fanno sempre più stretti e più ripidi mentre procediamo. Com’è stato gentile da parte della direzione del parco provvedere queste panche per riposare!

Continuiamo a salire sempre più su, mentre l’ascesa diventa via via più ripida, finché ci troviamo di fronte a quello che sembra un crepaccio nella roccia. Scopriamo che è uno stretto passaggio fra due giganteschi macigni, largo solo abbastanza per passarci a fatica, e all’improvviso siamo lì. Sì, siamo emersi dall’angusto passaggio su un altipiano dalla vetta pianeggiante, da cui si gode una meravigliosa vista della campagna per chilometri all’intorno. Verso il centro del colle, s’innalzano nuovamente davanti a noi mura di pietra, alte sette metri e mezzo. C’è un piccolo passaggio coperto, così basso che dobbiamo chinarci per attraversarlo, ed eccoci in mezzo alle rovine di questa altura fortificata. La tormentosa domanda è sempre: Chi la costruì?

Lì ci sono pavimenti pieni di fessure, muri divisori di pietra, tortuosi passaggi, e, alla nostra sinistra, un’area recintata. Ci sono molte evidenze di modifiche e di inferiori ricostruzioni. È chiaro che vi ha vissuto più di un popolo. Alla fine di un lungo passaggio usciamo nel Recinto Occidentale. Lì si gode una magnifica veduta della valle sottostante e dell’intero Recinto del Tempio che abbiamo visitato prima. Di qui si dipartono scoscesi gradini. Ma andremo nel Recinto Orientale, poiché si dice che questo fosse il punto centrale di tutte le cerimonie religiose degli antichi abitanti di Zimbabwe.

Congetture

Fra coloro che hanno esplorato Zimbabwe c’è ampia divergenza d’opinione circa la sua epoca e il suo uso, tanto che è ancora tutto un enigma. Alcuni asseriscono che l’intero complesso non abbia più di 500-800 anni, e che fosse costruito da un popolo nativo dell’Africa centrale. Altri, come abbiamo visto, propongono una storia molto più antica, collegandola a Salomone e perfino ai Fenici. Additano la somiglianza di queste costruzioni con quelle dei Cartaginesi. Asseriscono che nessuna tribù primitiva avrebbe potuto ideare il metodo di riscaldare le rocce granitiche, versandovi sopra acqua fredda così che si rompessero, dando le sottili lastre da cui sono ricavate le pietre di questa città fortificata.

I sostenitori della teoria “antica” additano l’evidenza che i costruttori originali dovevano conoscere bene la tecnica militare e difensiva. Altrimenti come si sarebbero potuti ideare tutti i massicci bastioni, le gallerie trasversali, le pareti doppie, gli intricati passaggi e gli ingressi nascosti, le vie principali sprofondate e le trincee? Il fatto che l’area circostante era ed è ancora un paese dove si estrae l’oro dà molto di che pensare. I mucchi d’oro estratto e i preparativi per le spedizioni alla costa richiedevano certo protezione in una fortezza come Zimbabwe.

In tempi precedenti la scoperta di curiosi uccelli scolpiti su steatite nelle rovine dell’Acropoli diede peso all’idea che il sacro falco d’Egitto, pure utilizzato dagli adoratori orientali delle stelle e del sole, fosse riverito dai costruttori di Zimbabwe. Fra queste rovine fu pure scoperto un considerevole numero di simboli fallici. Certo qui vi erano indicazioni di qualche cosa di molto diverso dalla grossolana adorazione della natura delle tribù dell’Africa Centrale. Tuttavia l’intera questione rende ancora perplessi gli investigatori.

Fra queste rovine sono stati trovati vecchi crogiuoli per la fusione dell’oro. I moderni minatori della zona riferiscono di aver trovato primitivi strumenti nei vecchi pozzi delle miniere, e credono che quei primi minatori, per mancanza di pompe, dovessero semplicemente abbandonare le miniere quando si allagavano.

Da non trascurare è la possibilità che in tempi precedenti alcuni uomini di una civiltà più progredita venissero in questa zona e riuscissero, per un po’, a dominare su alcune tribù locali, facendole lavorare per costruire questa fortezza e le abitazioni circostanti come sicuro centro per l’accumulo dell’oro e per la sua esportazione.

Tornando all’interessante disegno a zigzag che orna la cima del muro orientale del Recinto del Tempio, è degno di nota che si estende per soli ottanta metri, o su quella parte del muro su cui battono i raggi del sole nascente durante il solstizio estivo. Coincidenza? Come minimo, nei circoli archeologici è risaputo che il disegno a zigzag ricorre frequentemente, su monumenti egiziani, su monete fenicie, nonché fra molti popoli africani del giorno attuale. Si sa che è un geroglifico che rappresenta l’acqua, e un simbolo di fertilità.

Che Zimbabwe fosse un tempo un fiorente e popoloso centro si capisce dal fatto che si trovano vecchie rovine di pietra non solo in tutta la valle ma anche in un raggio di parecchi chilometri. Se queste rappresentino avamposti della fortezza principale o alloggi per la guarnigione o per i minatori è ora difficile determinarlo. La completa, soddisfacente soluzione dell’intera questione continua a eluderci.

Luogo di quieta meditazione

In questi giorni di trambusto e fretta, ecco un luogo per quieta meditazione. In cima all’Acropoli il solo rumore che si ode è il leggero sibilo del vento che fa stormire gli alberi sopra di noi. Non c’è nessuno a interromperci mentre guardiamo il veld, interrotto qua e là da un kopje o colle di granito. Mimosa, acacia, glicine sono tutti rappresentati lì. E i fiori selvatici abbondano.

Ma ora il sole sta rapidamente tramontando. A questa altezza le tenebre giungono all’improvviso. È tempo di andarcene, tornando verso Fort Victoria per la strada da cui siamo venuti. Ma non dimenticheremo presto questo strano luogo, con i suoi numerosi sconcertanti indizi, la sua immensità, la quiete e la pace che ora lo circondano. Se le pietre potessero parlare, che storia ci narrerebbero! Ma dobbiamo salutare Zimbabwe, l’enigma della Rhodesia.

    Pubblicazioni in italiano (1950-2025)
    Disconnetti
    Accedi
    • Italiano
    • Condividi
    • Impostazioni
    • Copyright © 2025 Watch Tower Bible and Tract Society of Pennsylvania
    • Condizioni d’uso
    • Informativa sulla privacy
    • Impostazioni privacy
    • JW.ORG
    • Accedi
    Condividi