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  • Capotribù
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • d’Israele erano chiamati appunto “capitribù”. (Num. 1:16; Gios. 22:14) Il termine è applicato anche ai capi dei dodici clan che discendevano da Ismaele. (Gen. 17:20; 25:16) È usato come titolo del re Salomone e del re Sedechia. (I Re 11:34; Ezec. 21:25) La posizione elevata di cui godeva presso Dio il capofamiglia Abraamo è indicata dal fatto che gli ittiti lo chiamavano “capo di Dio”. — Gen. 23:6.

      Gli israeliti dovevano mostrare dovuto rispetto a un capotribù, non rivolgendogli mai parole oltraggiose. (Eso. 22:28) Durante il processo dell’apostolo Paolo davanti al Sinedrio il sommo sacerdote Anania ordinò a quelli che stavano vicino a Paolo di colpirlo sulla bocca. Allora, non sapendo di parlare al sommo sacerdote, Paolo gli disse: “Dio colpirà te, muro imbiancato”. Quando si accorse con chi stava parlando, soggiunse: “Fratelli, non sapevo che fosse sommo sacerdote. Poiché è scritto: ‘Non devi parlare ingiuriosamente del governante del tuo popolo’”. — Atti 23:1-5.

      Pur essendo rispettati, anche i capitribù dovevano sottostare alla legge di Dio. Quando peccavano contro la Legge, dovevano osservarne i regolamenti relativi a tali peccati. Per la posizione di responsabilità che godevano e l’effetto che la loro condotta avrebbe avuto su altri che potevano essere indotti a seguirne l’esempio, veniva fatta una distinzione nelle singole offerte per il peccato richieste loro per aver violato involontariamente un comando di Dio. Il sommo sacerdote doveva offrire un giovane toro, un capotribù doveva offrire un capro, e chiunque altro una capra o un’agnella. — Lev. 4:3, 22, 23, 27, 28, 32.

  • Cappadocia
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    • Cappadocia

      (Cappadòcia) [paese di bei cavalli].

      Vasta regione interna dell’Asia Minore orientale. Occupava un altopiano che raggiungeva quasi ovunque un’altitudine di oltre 900 m. Benché le sue frontiere siano cambiate nel corso della storia, fondamentalmente confinava con il Ponto a N, la Galazia e la Licaonia a O, la Cilicia e i monti del Tauro a S, l’Armenia e l’Alto Eufrate a E. Avendo clima generalmente freddo e boschi sparsi, era ricca di pascoli e vi abbondavano pecore, bovini e ottimi cavalli. Il grano era il principale prodotto agricolo.

      Sotto Ciro la Cappadocia divenne parte dell’impero persiano e la regione originale fu divisa nelle due satrapie del Ponto e della Cappadocia. Al tempo della dinastia dei Seleucidi in Siria, vi regnavano re tributari. L’imperatore romano pose fine a questo stato di cose e la Cappadocia divenne una provincia romana amministrata da un procuratore. Nel 70 E.V. Vespasiano estese la provincia unendola all’Armenia, formando così un’importante provincia di confine a E. La Cappadocia aveva una certa importanza strategica dovuta alle strade che l’attraversavano; una di queste da Tarso sul Mediterraneo raggiungeva il Ponto e i porti sul Mar Nero passando per un valico dei monti del Tauro chiamato “Porte Cilicie” e poi per la Cappadocia.

      Gli abitanti della Cappadocia erano evidentemente ariani di origine iafetica, ma dal II secolo a.E.V. erano presenti insediamenti ebraici. Ebrei della Cappadocia erano a Gerusalemme in occasione della Pentecoste del 33 E.V. (Atti 2:9) Probabilmente grazie a ciò il cristianesimo si diffuse quasi subito in quella regione, e i cristiani della Cappadocia erano fra quelli a cui Pietro indirizzò la sua prima lettera. — I Piet. 1:1.

  • Cappero
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    • Cappero

      [ebr. ʼaviyohnàh].

      Alcune versioni di Ecclesiaste 12:5 traducono questo termine ebraico “appetito” così che il brano (Di, v. 7) è tradotto “e l’appetito scaderà”. Ma molti traduttori moderni (VR; Ge; PIB; NM) ritengono che lo scrittore di Ecclesiaste descriva in questo capitolo la condizione dell’uomo nella vecchiaia usando una metafora, come in tutto il resto della descrizione, e che ʼaviyohnàh si riferisca al cappero (che stimola l’appetito). Ciò ha il sostegno di versioni come LXX, Vg, Sy e di traduzioni arabe.

      Il cappero (Capparis spinosa) può raggiungere quasi un metro d’altezza ma di solito si allunga per terra come una vite. È diffuso in tutta la Palestina, dove spesso cresce in fenditure delle rocce o si arrampica su muri e rovine come l’edera. I suoi rami spinosi hanno belle foglie verdi ovali. La pianta, che fiorisce in maggio, ha grandi fiori bianchi con al centro lunghi stami purpurei e pistilli gialli.

      I frutti di questa pianta non vengono usati quanto i teneri boccioli. Questi vengono messi sott’aceto e servono come condimento per stimolare l’appetito, qualità per cui sono noti fin dall’antichità. Infatti lo scrittore di Ecclesiaste sembra voler dire che, quando il senso del gusto di un vecchio s’indebolisce e gli manca l’appetito, neanche lo stimolo dei capperi può risvegliare in lui il desiderio del cibo.

  • Capra, capro
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    • Capra, capro

      Mammifero ruminante dalle corna vuote e dal pelo generalmente lungo e piuttosto liscio. La capra della Siria, che si distingue per le orecchie lunghe e cadenti e le corna ricurve all’indietro, è la razza predominante in Palestina. Di solito ha mantello nero; eccezionalmente, macchiato. (Gen. 30:32, 35) Capri facevano parte dei generi di cui Tiro commerciava. — Ezec. 27:21.

      Presso gli ebrei tali animali avevano molto valore. (Prov. 27:26) Col latte di capra si facevano burro e formaggio. (Prov. 27:27) Si mangiava la carne, specie di capretto. (Gen. 27:9; Deut. 14:4; Giud. 6:19; 13:15; Luca 15:29) E per la Pasqua si poteva usare sia un agnello che un capretto di un anno. (Eso. 12:5) Il pelo di capra veniva tessuto e aveva vari usi. (Num. 31:20) Le “tende di Chedar” potevano essere di pelo di capra nera (Cant. 1:5), e pelo di capra fu usato anche per il tabernacolo. (Eso. 26:7; 35:26) Pelli di capra servivano per fare otri (vedi Genesi 21:15) e di tali pelli erano pure gli indumenti indossati da alcuni testimoni di Geova precristiani perseguitati. — Ebr. 11:37.

      La legge mosaica proibiva di mangiare il grasso di un capro offerto in sacrificio (Lev. 7:23-25) e di bollire un capretto nel latte di sua madre. (Eso. 23:19; 34:26; Deut. 14:21) La ragione di quest’ultima proibizione poteva essere che tale usanza aveva origini idolatriche. Si dice che certi popoli antichi lessassero o bollissero un capretto nel latte della madre, e poi ne spruzzassero il brodo su alberi, campi e orti, per assicurarne la fertilità.

      Il capro serviva per i sacrifici, come olocausto (Lev. 1:10; 22:18, 19), sacrificio di comunione (Lev. 1:10; 22:18, 19), sacrificio di comunione (Lev. 3:6, 12), offerta per il peccato (Esd. 8:35) e offerta per la colpa. (Lev. 5:6) Ogni capro primogenito doveva essere sacrificato, ma non prima che avesse almeno otto giorni. (Lev. 22:27; Num. 18:17) Una capra di non più di un anno (o un’agnella) era l’offerta per il peccato prescritta per chi non era sacerdote o capotribù. (Lev. 4:28, 32; Num. 18:17) Naturalmente i capri offerti in sacrificio non potevano togliere effettivamente i peccati, ma raffiguravano il reale sacrificio espiatorio di Gesù Cristo. — Ebr. 9:11-14; 10:3, 4.

      USO FIGURATIVO E PROFETICO

      Capri furono usati per rappresentare esseri umani, specie quelli in opposizione a Geova. (Isa. 34:6, 7; confronta Geremia 51:40; Ezechiele 34:17; Zaccaria 10:3). Nella parabola di Gesù delle pecore e dei capri, i capri rappresentano coloro che rifiutano di fare il bene ai suoi minimi fratelli. — Matt. 25:31-46.

      Il capro della profezia di Daniele rappresentava la potenza mondiale greca (o greco–macedone). (Dan. 8:5-8, 21) The Imperial Bible-Dictionary, Vol. I, p. 664, osserva in merito: “È interessante sapere che per gli stessi macedoni [il capro] era il simbolo della nazione. Esistono ancora monumenti in cui compare questo simbolo, per esempio una delle colonne di Persepoli, dov’è raffigurato un capro con un enorme corno in fronte, e un persiano che impugna il corno, per indicare la vittoria della Persia sulla Macedonia” (conseguita dai persiani verso la fine del VI secolo a.E.V.).

      CAPRA DI MONTAGNA, CAPRA SELVATICA

      Il termine ebraico ye‘elìm, tradotto “capre di montagna”, si pensa di solito si riferisca all’egagro, capra selvatica che dimora sui monti, dalle grandi corna ricurve all’indietro con grossi nodi trasversali. Quest’animale è di casa sui monti più alti (Sal. 104:18), dove salta con estrema agilità sulle vette e su strette sporgenze della roccia. Durante il periodo della gestazione queste capre cercano luoghi poco accessibili all’uomo. Forse a ciò si allude in Giobbe 39:1, dove viene posta una domanda che fa notare come questi animali siano assai indipendenti dall’uomo, infatti la nascita dei loro piccoli avviene a insaputa dell’uomo.

      La forma ebraica femminile yaʽalàh ricorre in Proverbi 5:18, 19. Qui la moglie della giovinezza è paragonata a un’“attraente capra di montagna”, forse alludendo alla grazia di questo animale.

      In Deuteronomio 14:4, 5, dove sono elencati gli animali commestibili, il termine ebraico ʼaqqòh è stato tradotto “capra selvatica”. Secondo alcuni eruditi ʼaqqòh potrebbe essere lo stesso animale indicato dal termine ye‘elìm, cioè l’egagro. Secondo altri si tratterebbe del markor.

      [Figura a pagina 209]

      Capra della Siria

      [Figura a pagina 210]

      Capra di montagna (egagro)

  • Caprimulgo
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    • Caprimulgo

      [ebr. lilìth].

      Questo termine ebraico compare nella descrizione della completa distruzione di Edom e degli animali che ne avrebbero popolato le rovine (Isa. 34:14), ed è stato tradotto “civette” (CEI), “nottole” (Ga), mentre la versione a cura di Nardoni si limita a traslitterare il nome “Lilit”.

      In un articolo pubblicato sul Palestine Exploration Quarterly (1959, Vol. XCI, p. 56), il professor G. R. Driver collega il termine ebraico (lilìth) con una radice che descrive “ogni specie di movimento a spirale o di oggetto a spirale”, come il termine ebraico laỳlah (o làyil) che significa notte dà l’idea di “avvolgersi attorno o abbracciare la terra”. Tale derivazione di lilìth secondo lui indicherebbe il “caprimulgo”, uccello notturno noto per il rapido volo, fatto di giravolte e improvvisi mutamenti di direzione, cacciatore di falene, coleotteri e altri insetti alati notturni. Secondo un’enciclopedia di scienze naturali (Nel Mondo della Natura, ed. Motta, Vol. II, p. 3) i caprimulghi “sono attivi durante tutta la notte, ma, specialmente dopo il tramonto e poco prima dell’alba, volano agilmente in cerca di insetti, che costituiscono il loro alimento”.

      Il caprimulgo, ritenuto parente del gufo, è lungo quasi 30 cm e ha un’apertura d’ali di 50 cm circa, piume simili a quelle del gufo, soffici e finemente variegate di grigio e marrone. Le morbide penne delle ali gli consentono un volo silenzioso come quello del gufo. Ma a differenza di quello, si nutre unicamente di insetti, ha becco piccolo con bocca insolitamente grande in cui inghiottisce la preda, e lunghe setole sporgenti agli angoli della bocca che aiutano a introdurvi gli insetti. La bocca grande è evidentemente la ragione per cui è chiamato volgarmente “succiacapre”, da cui il nome scientifico Caprimulgus: un’antica leggenda narra che l’uccello succhiava il latte delle capre.

  • Capriolo
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    • Capriolo

      Piccolo ruminante della famiglia dei Cervidi simile a una gazzella. È alto alla spalla 60 cm circa e lungo quasi m 1,2. Solo i maschi hanno corna che cambiano ogni anno. In questo differisce dalla gazzella, che ha corna permanenti, presenti di solito sia nei maschi che nelle femmine. Il manto estivo del capriolo è bruno rossiccio, e questo può spiegare il nome ebraico yahhmùr, che pare derivi da una radice che significa “essere rosso”. Questo animale non vive in branchi. In

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