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La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1983
w83 1/10 pp. 30-32

Domande dai lettori

◼ Il divieto biblico relativo al sangue potrebbe riferirsi solo al sangue di una vittima uccisa dall’uomo, e non alla carne non dissanguata di un animale morto da sé o al sangue di un animale o di un essere umano vivente?

Questo è quanto sostengono alcuni, citando come presunto sostegno qualche versetto biblico. Affermano quindi che non sarebbe errato accettare una trasfusione di sangue da un donatore vivente. Questo ragionamento potrebbe sembrare valido, ma un attento esame dei versetti citati e di altri brani attinenti indica che Dio esige che i suoi servitori non prendano sangue e non sostengano la loro vita col sangue, sia che esso appartenga a una creatura vivente o a una morta.

Agli israeliti fu detto: “Non dovete mangiare nessun corpo che sia già morto. Lo puoi dare al residente forestiero che è dentro le tue porte, ed egli lo deve mangiare; o si può vendere ad uno straniero, perché sei un popolo santo a Geova tuo Dio”. (Deuteronomio 14:21) Pur non essendo dissanguato, l’animale morto poteva essere venduto a un residente forestiero. In apparente contrasto, Levitico 17:10 dice: “In quanto a qualsiasi uomo della casa d’Israele o a qualche forestiero che risieda come forestiero in mezzo a voi il quale mangia qualunque sorta di sangue, per certo porrò la mia faccia contro l’anima che mangia il sangue, e in realtà la stroncherò di fra il suo popolo”. Come spiegare la differenza fra questi versetti?

Illustrando la loro opinione, alcuni sostengono che Deuteronomio 14:21 permetteva al forestiero di mangiare carne non dissanguata se si trattava di un animale che non era stato ucciso dall’uomo, perché in questo caso non era tenuto a restituire il sangue (che rappresentava la vita) a Dio. Potrebbe sembrare che Levitico 17:15 sostenga questa opinione; lì si dice che il nativo o il forestiero che mangiava un “corpo già morto o qualche cosa sbranata da una bestia selvaggia” doveva semplicemente “lavarsi . . . ed essere impuro fino alla sera”. Potrebbe quindi sembrare che il mangiare sangue non comportasse alcuna colpa effettiva se la vittima non era stata uccisa dall’uomo. Pertanto alcuni asseriscono che non sarebbe sbagliato prendere del sangue da una creatura vivente e usarlo per scopi alimentari o per le trasfusioni.

Tuttavia, la differenza basilare fra Deuteronomio 14:21 e Levitico 17:10, 15 sta forse nel modo in cui l’animale era morto? La risposta scritturale è no.

Gli israeliti sapevano che loro non potevano assolutamente mangiare la carne non dissanguata di un animale morto da sé o ucciso da una bestia selvaggia. Mentre erano ancora al monte Sinai era stato detto loro di disfarsi dei corpi di tali animali morti. (Esodo 22:31) Deuteronomio 14:21 è in armonia con questo, in quanto comandava agli israeliti nella Terra Promessa di disfarsi di tali animali morti non dissanguati, anche se permetteva loro di venderli agli stranieri.

Esaminiamo ora attentamente Levitico 17:10. Esso dice che nessun ‘uomo della casa d’Israele o qualche forestiero’ doveva mangiare sangue. Forse perché l’animale era stato ucciso da un uomo e pertanto il sangue doveva essere restituito a Dio? Sostenere questo significa leggere nel versetto più di quello che vi è scritto. Inoltre, se la colpa esisteva solo quando il sangue apparteneva a una creatura uccisa dall’uomo, Deuteronomio 14:21 ed Esodo 22:31 non avrebbero vietato agli israeliti di mangiare la carne non dissanguata di animali che non erano stati uccisi dall’uomo. Ma gli israeliti sapevano benissimo di non poter mangiare tale carne. Ezechiele dichiarò: “La mia anima non è contaminata; né dalla mia giovinezza in poi ho mangiato un corpo già morto né animale sbranato”. — Ezechiele 4:14; confronta 44:31.

Perché allora Deuteronomio 14:21 dice che al “residente forestiero” si poteva vendere carne non dissanguata, mentre Levitico 17:10 vieta al ‘residente forestiero’ di mangiare sangue? Sia i servitori di Dio che commentatori biblici hanno riconosciuto che la distinzione doveva dipendere dalla condizione religiosa del forestiero in questione. L’Ausiliario per capire la Bibbia (inglese, pagina 51) spiega che a volte il termine “residente forestiero” indicava una persona residente fra gli israeliti la quale non era un vero e proprio proselito. A quanto pare, in Deuteronomio 14:21 ci si riferisce a questo tipo di persona, a un uomo che non cercava di osservare tutte le leggi di Dio e che avrebbe potuto utilizzare a modo suo il corpo dell’animale morto, che gli israeliti e i proseliti consideravano impuro. Anche studiosi ebrei hanno dato questa spiegazione.a

Perciò nessun adoratore di Dio poteva mangiare sangue, sia che esso appartenesse a un animale morto da sé o a un animale ucciso dall’uomo, o fosse contenuto nella carne di un tale animale. Perché allora Levitico 17:15 dice che il mangiare la carne non dissanguata di un tale animale morto da sé o ucciso da una bestia rendeva semplicemente impuri?

Un indizio ci è dato da Levitico 5:2, che dice: “Quando un’anima ha toccato qualche cosa impura, sia il corpo morto di una bestia selvaggia impura . . . , benché ciò le sia stato nascosto, tuttavia essa è impura ed è divenuta colpevole”. (NW) Dio riconosceva quindi che un israelita poteva sbagliare inavvertitamente. Perciò Levitico 17:15 si può intendere come provvedimento nel caso di un simile errore. Per esempio, se un israelita mangiava della carne che gli era stata offerta e poi veniva a sapere che non era stata dissanguata, era colpevole di peccato. Ma avendolo fatto inconsapevolmente, poteva compiere i passi necessari per divenire puro. È comunque degno di nota questo fatto: se non avesse compiuto quei passi, ‘avrebbe dovuto rispondere del suo errore’. — Levitico 17:16.b

Mangiare carne non dissanguata non era quindi cosa di poco conto; poteva addirittura portare alla morte. Nessun vero adoratore (un israelita o un forestiero che fosse un proselito vero e proprio) poteva mangiare deliberatamente carne non dissanguata, non importa se questa apparteneva a un animale morto da sé, ucciso da un altro animale o da un uomo. (Numeri 15:30) Il concilio apostolico confermò questo fatto. In uno scritto indirizzato ai cristiani che formavano lo spirituale “Israele di Dio”, fu espresso il divieto di mangiare ciò che era stato strangolato, sia che la carne non dissanguata appartenesse a un animale morto per strangolamento accidentale o a un animale strangolato dall’uomo. — Galati 6:16; Atti 21:25.

Quel concilio comandò ai servitori di Dio anche di ‘astenersi dal sangue’. Se quei cristiani unti non potevano consumare il sangue contenuto nella carne di una creatura strangolata, non potevano certo prendere sangue da una creatura vivente. Non è difficile capire che né gli antichi israeliti né i cristiani ubbidienti avrebbero imitato i membri di certe tribù africane che trafiggono con una freccia la vena giugulare di bovini viventi per estrarne del sangue che bevono mischiato col latte. Similmente i servitori di Dio non possono accettare la consuetudine medica di prelevare flaconi di sangue umano da trasfondere con l’intento di prolungare la vita. Queste usanze rientrano nella condanna di Dio contro chiunque ‘mangi qualunque sorta di sangue’, e violano il comando dato ai cristiani di ‘astenersi dal sangue’. — Atti 15:28, 29; Levitico 17:10.

Nonostante le pressioni perché non prendano troppo sul serio le esigenze di Dio, i veri cristiani sanno che la vita è un dono di Geova Dio e dev’essere impiegata come dice lui. Ubbidiscono a Dio sia che ciò sembri attualmente conveniente o no dal punto di vista fisico. Per esempio, Atti 15:28, 29 comanda ai cristiani di astenersi dall’idolatria. Un vero adoratore che fosse minacciato di morte perché si rifiuta di commettere idolatria non ragionerebbe certo che, dato che “l’idolo non è nulla”, non è il caso di perdere la vita attuale per un semplice simbolo. (I Corinti 8:4) I tre ebrei fedeli diedero il giusto esempio di ubbidienza, così come fecero i primi cristiani che preferirono morire nelle arene anziché offrire incenso su un altare. — Daniele 3:1-18.

In modo analogo, se sorgesse un problema riguardo al sangue, come quando un incidente o un intervento chirurgico provoca un’enorme perdita di sangue, il cristiano non può compromettere la sua integrità. Ubbidisce al suo Datore di vita con la piena certezza che, se nonostante le migliori terapie mediche alternative dovesse perdere la vita attuale, non avrebbe messo a repentaglio la sua vita eterna. Gesù disse ai suoi seguaci: “Non abbiate timore di quelli che uccidono il corpo ma non possono uccidere l’anima; abbiate timore piuttosto di colui che può distruggere sia l’anima che il corpo nella Geenna”. — Matteo 10:28.

Comunque, informazioni mediche recenti mostrano che di solito le trasfusioni di sangue non sono indispensabili per salvare una persona, perché, come possono testimoniare medici esperti, nella maggioranza dei casi le comuni terapie alternative sono altrettanto valide. Si può anche sostenere che il numero di persone che si sarebbero potute tenere in vita solo con la trasfusione di sangue è probabilmente inferiore a quello delle persone morte a causa del danno arrecato dalle trasfusioni. Ma a prescindere da questo, i cristiani sono decisi a ubbidire a Dio e a rispettare il suo punto di vista circa il sangue.

Di conseguenza i veri adoratori d’oggi non mangiano carne non dissanguata, sia che appartenga a un animale ucciso da qualche uomo o a una creatura morta in un altro modo. E non sosterranno la propria vita col sangue di creature viventi, siano esse animali o uomini. Riconoscono Geova come loro Datore di vita e sono decisi a ubbidirgli sotto ogni aspetto.

[Note in calce]

a Come esempio, The Pentateuch and Haftorahs, a cura del dott. J. Hertz, osserva: “Secondo Lev. XVII, 15, toccare o mangiare la carne di una nevelah contamina sia l’israelita che lo ‘straniero [residente forestiero]’. In Levitico con ‘straniero’ ci si riferiva al non israelita divenuto un proselito nel vero senso della parola, un ger tzedek. Qui [in Deuteronomio 14:21] l’espressione ‘lo straniero che è dentro le tue porte’ si riferisce al tempo in cui Israele si sarebbe stabilito nella sua Terra e avrebbe avuto in mezzo a sé non solo proseliti, ma anche uomini che pur avendo abbandonato l’idolatria, non avevano completamente abbracciato la vita e le usanze religiose degli israeliti. I rabbini chiamavano questa categoria di residenti forestieri ger toshav: e [Deuteronomio 14:21] si riferisce a questa categoria di persone, che non erano né israelite per nascita o conversione, né ‘stranieri’”. Quest’opera spiega che, al contrario, lo ‘straniero’ (forestiero) di Levitico 17:15 era “un vero proselito . . . altrimenti non gli sarebbe stato vietato di mangiarne”.

b Troviamo un istruttivo parallelo in un altro punto della Legge che riguarda il sangue. Un uomo che inconsapevolmente aveva rapporti sessuali con sua moglie mentre questa cominciava ad avere la mestruazione era impuro, ma poteva fare i passi necessari per essere perdonato. Invece l’israelita che deliberatamente non teneva conto del sangue mestruale della moglie veniva stroncato. — Levitico 15:19-24; 20:18.

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