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Giovanni, lettere diAusiliario per capire la Bibbia
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Alcuni ritengono che questa lettera alla “signora eletta” sia indirizzata a una congregazione cristiana, che i figli siano figli spirituali e i figli della “sorella” (II Giov. v. 13) siano i componenti di un’altra congregazione. Viceversa alcuni sostengono che sia effettivamente indirizzata a una singola persona, forse di nome Kyrìa (gr. per “signora”).
Molti dei punti trattati da Giovanni nella seconda lettera sono una sintesi dei pensieri della prima lettera. Parla della verità che rimane in coloro che la conoscono veramente e dell’immeritata benignità e pace da Dio. Si rallegra che alcuni continuino a ‘camminare nella verità’. Essi manifestano amore reciproco e osservano i comandamenti di Dio. Tuttavia ingannatori sono usciti nel mondo, l’anticristo che nega la venuta del Figlio di Dio nella carne. (Confronta II Giovanni 7 con I Giovanni 4:3). Nei versetti 10 e 11 amplia le istruzioni date nella prima lettera, indicando l’azione che i componenti della congregazione devono prendere nei confronti di chi va oltre l’insegnamento del Cristo, e presenta un insegnamento proprio o di uomini. Giovanni ordina a ogni cristiano di non salutare né accogliere in casa persone del genere.
SCHEMA DEL CONTENUTO
I Introduzione: l’“anziano” esprime l’amore di tutti i credenti per la “signora eletta” e i suoi figli (II Giov. 1-3)
II Camminare nella verità, manifestando amore con l’ubbidienza ai comandamenti di Dio (II Giov. 4-11)
A. Giovanni si rallegra che alcuni figli della signora eletta camminino nella verità e incoraggia a mostrare amore reciproco (II Giov. 4-6)
B. Badare a ingannatori, che vanno oltre, non rimanendo nell’insegnamento del Cristo (II Giov. 7-9)
C. Tale ingannatore non deve essere salutato né accolto in casa, per evitare di partecipare alle sue opere malvage (II Giov. 10, 11)
III Conclusione: lo scrittore spera di visitarli personalmente, e invia saluti da parte dei figli di una “sorella” della “signora” (II Giov. 12, 13)
TERZA LETTERA
La terza lettera dell’“anziano”, scritta a Gaio, contiene i saluti anche per altri della congregazione. È scritta in forma di lettera ed essendo così simile alla prima e alla seconda lettera nello stile e nel contenuto senz’altro è stata scritta dalla stessa persona, cioè dall’apostolo Giovanni. Chi fosse Gaio non si sa con certezza. Diverse persone con questo nome sono menzionate nelle Scritture, ma questo potrebbe essere un altro Gaio, dal momento che la lettera è stata scritta trent’anni o più dopo le lettere di Paolo, Pietro, Giacomo e Giuda.
Giovanni incoraggia l’ospitalità cristiana, e dice che un certo Diotrefe, che voleva primeggiare nella congregazione, non aveva ricevuto con rispetto i messaggi suoi o di altri responsabili, né aveva manifestato rispetto per altri rappresentanti viaggianti della primitiva congregazione cristiana. Voleva persino allontanare dalla congregazione quelli che accoglievano in modo ospitale quei fratelli. Perciò Giovanni dice che se fosse venuto di persona come sperava avrebbe messo le cose a posto. (III Giov. Vv. 9, 10) Raccomanda a Gaio un fratello fedele di nome Demetrio, forse il latore della lettera, ed esorta Gaio ad accogliere con ospitalità quelli inviati a rafforzare le congregazioni cristiane.
SCHEMA DEL CONTENUTO
I Introduzione: l’anziano a Gaio, che cammina nella verità (III Giov. 1-4)
II Gaio lodato per l’ospitalità mostrata a fratelli che visitano la congregazione compiendo missione cristiana (III Giov. 5-8)
A. Viene consigliato di congedarli con la stessa ospitalità (III Giov. 6, 7)
B. Tale ospitalità è un’esigenza cristiana (III Giov. 8)
III Diotrefe, essendo ambizioso, non rispetta autorità teocratica e cerca di allontanare chi accoglie con rispetto fratelli viaggianti; lo scrittore spera di sistemare le cose con una visita personale (III Giov. 9, 10)
IV A Gaio viene consigliato di imitare il bene; buona testimonianza resa a Demetrio (III Giov. 11, 12)
V Parole conclusive di pace e saluti (III Giov. 13, 14)
In tutt’e tre le lettere viene dato risalto all’unità cristiana, all’amore che si mostra a Dio osservando i suoi comandamenti, evitando le tenebre e camminando nella luce, avendo amore per i fratelli e continuando a camminare nella verità. Anche in tarda età “l’anziano” Giovanni era quindi fonte di grande incoraggiamento e forza per le congregazioni dell’Asia Minore, e per tutti i cristiani che leggono le sue lettere. — Vedi il libro “Tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile”, pp. 252-256.
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GiovencaAusiliario per capire la Bibbia
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Giovenca
Vacca giovane che non ha ancora avuto un vitello. Una giovenca era fra gli animali che Abraamo tagliò in due, e in mezzo ai quali vide poi passare “una fornace fumante e una torcia ardente”. Ciò avvenne in relazione a un patto che Dio concluse con lui. — Gen. 15:9-18.
In Israele chi toccava un cadavere, una tomba o un osso umano, oppure chi entrava in una tenda dove giaceva un cadavere, era impuro. Doveva seguire un preciso procedimento di purificazione per non essere ‘stroncato di mezzo alla congregazione’. Per questo ci volevano le ceneri di una vacca rossa, sana, che non era mai stata aggiogata. Acqua con dentro un po’ di queste ceneri veniva spruzzata sull’impuro. Paolo si riferiva a questo procedimento spiegando che aveva unicamente l’effetto di purificare in quanto alla purezza della carne, ma che tipificava tuttavia la vera purificazione della coscienza mediante il sacrificio di Gesù Cristo. — Num. 19:1-22; Ebr. 9:13, 14.
Si prendeva una giovane vacca anche quando la colpa del sangue ricadeva su una città a motivo di un omicidio in cui l’omicida era sconosciuto. Gli anziani della città più vicina al luogo dove era stato trovato il morto, accompagnati da alcuni sacerdoti figli di Levi, dovevano prendere la giovane vacca che non aveva ancora lavorato e spezzarle il collo in una valle incolta in cui scorreva un torrente. Poi gli anziani di quella città dovevano lavarsi le mani sulla giovenca e invocare Dio di non imputare alla città la colpa del sangue sparso. Dio avrebbe udito la supplica e prosciolto la città dalla colpa per il sangue innocente sparso. Evidentemente il fatto che alla giovenca veniva spezzato il collo, invece di ucciderla come un’offerta per il peccato, indicava che, simbolicamente, la giovenca subiva la punizione che avrebbe dovuto essere inflitta allo sconosciuto omicida, e questo non serviva affatto all’omicida come espiazione del suo crimine. A Geova Dio, che vede ogni cosa, era lasciato il giudizio del vero omicida. Naturalmente se poi veniva scoperto, sarebbe stato messo a morte come richiedeva la Legge. La cerimonia relativa alla giovenca avrebbe reso la cosa di pubblico dominio e avrebbe contribuito a smascherare l’omicida. — Deut. 21:1-9; Num. 35:30-33.
Il profeta Geremia parla in senso figurativo dell’Egitto,
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