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  • Crebbi come indù
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  • Allevato nell’induismo
  • La mia casa a Jamnagar
  • Il mio desiderio di conoscere Dio
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  • Ricerca della conoscenza secolare
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Svegliatevi! 1973
g73 22/12 pp. 17-22

Crebbi come indù

NEL 1969 tornai dal college negli Stati Uniti per visitare la mia famiglia a Jamnagar, in India. Alcuni amici avevano preparato un grande pranzo in mio onore, e c’era il guru di mio padre, Swami Trivenpuri. Dopo il pranzo egli parlava del dio supremo e della sua relazione con il dio trino indù, Trimurti, e di ciò che rappresentano le tre facce della trinità. Per cui gli chiesi:

“Non sono le statue adorate dagli indù semplici idoli? È bene o male adorarle?”

Egli rispose: “È molto bene, perché sono pietre miliari verso il dio supremo”.

Chiesi dunque: “Non sono realmente le statue una pietra d’inciampo che impediscono di comprendere il dio supremo? Non pensa la maggioranza delle persone che gli idoli stessi siano dèi?”

“Solo la gente comune lo crede”, disse. E proseguì la sua conversazione. Ma a me non sembrava giusto. Sapevo che mia madre non era priva d’istruzione. Aveva studiato all’università per ottenere la laurea in legge. E tuttavia quando andava al tempio, diceva che andava a dursham dio. Questa parola gujarati durshan significa “vedere”. Così ella comprendeva la cosa; andava al tempio a vedere dio, poiché lì c’era la pietra o idolo. Sapevo che mia madre considerava sacro l’idolo stesso, perché così mi aveva insegnato.

Allevato nell’induismo

Fra i miei più lontani ricordi c’è la visita al tempio Bhildbhanjan vicino a casa nostra. Dall’infanzia fui allevato nell’adorazione indù. Anche prima che potessi camminare, mia madre mi portava al tempio.

Quando ebbi cinque o sei anni, andavo al tempio da solo. Ogni giorno, quando tornavo da scuola, andavo al tempio a piedi o in bicicletta prima di cena. Mi toglievo le scarpe ed entravo. Adorare lì dinanzi ai molti dèi era per me un’esperienza commovente. Provavo sempre un sentimento di riverenza e adorazione.

All’interno della sala piuttosto piccola e senza sedili mi inginocchiavo davanti all’immagine di Siva, ripetendo fra me il suo nome. Silenziosamente, in preghiera, chiedevo a Siva di aiutarmi a ottenere buoni voti a scuola, di mantenere mio padre e mia madre in buona salute e altre cose. Nessuno parlava ad alta voce nel tempio, nemmeno i sacerdoti.

La mia visita al tempio richiedeva una decina di minuti. Quindi andavo a cena a casa, a circa cinque isolati di distanza.

La mia casa a Jamnagar

La casa dei miei genitori è la Villa Mukund in Swaminarayan Street. È una dimora di oltre venti stanze, che occupa mezzo isolato della città di Jamnagar, che ha circa 150.000 abitanti. Nacqui in questa casa nel 1946, e vi crebbi con mio nonno, i miei genitori e quattro fratelli e sorelle.

Quando ero un giovanetto mio nonno era ministro dell’agricoltura dello stato indiano di Saurastra, che ora fa parte dello Stato di Gujarat. Mio padre era laureato in legge, ma si dedicò agli affari invece di esercitare l’avvocatura, divenendo comproprietario di due fabbriche, una a Bombay e l’altra a Jamnagar.

Nella nostra casa c’era una lunga, stretta stanza, o tempio, piena di idoli di dèi. Prima di entrarvi facevamo un bagno completo. Mi fu insegnato a sedermi di fronte agli dèi a gambe incrociate, e a vuotare la mente d’ogni pensiero. Un modo di far questo, spiegarono i miei genitori, è quello di ripetere più volte il nome di un dio, dicendo, ad esempio: “Hare Krishna, Hare Krishna”.

In seguito ricevetti un filo di grani di pietra marroni, simile al rosario cattolico. L’idea è quella di far scorrere i grani ripetendo il nome del dio ogni volta che si sposta avanti sul filo un grano.

Il mio desiderio di conoscere Dio

Benché eseguissi fedelmente questi prescritti atti religiosi, sentivo di non conoscere Dio. Mi chiedevo: È Dio una persona reale? Qual è la Sua volontà per l’uomo? Durante la mia gioventù non ricevetti mai risposta a queste domande.

I genitori indù sono generalmente impreparati a impartire ai loro figli istruzione religiosa. Comunque, mia madre cercò veramente di aiutarmi, ma in un modo che causò solo confusione. Per esempio, mi insegnò a inginocchiarmi presso il mio letto ogni sera prima di addormentarmi e a rivolgere la mia preghiera: “Oh, Dio!” Ma in realtà, mi chiedevo: Chi è questo Dio, poiché abbiamo decine di immagini di dèi in giro per la casa, parecchie in ogni stanza.

Crescendo non ebbi nessun modo di studiare il soggetto della religione. Non c’è nessun provvedimento perché la stragrande maggioranza dei 400 milioni di indù dell’India ricevano istruzione religiosa nell’induismo. I templi indù non sono luoghi di istruzione religiosa. I sacerdoti che vi si trovano non sono insegnanti di religione. Il loro lavoro è semplicemente quello d’aver cura del tempio e degli annessi, aprire i cancelli e le porte la mattina e chiuderli la sera, bruciare incenso agli dèi e ricevere offerte dagli adoratori.

I sacerdoti indù non hanno studiato in qualche scuola per prepararsi al loro incarico. Si diventa sacerdote semplicemente perché si è figlio di un sacerdote. Quindi, per quanto gli Occidentali restino sorpresi, i sacerdoti indù non hanno più istruzione religiosa dell’indù medio. Essi sono nell’ignoranza per quanto riguarda la conoscenza di Dio, e quindi non erano in grado di soddisfare il mio personale desiderio di conoscere Dio.

Vita oltre la morte

Il principale concetto dell’induismo è che la vita continui per sempre. Come dichiarò l’eminente indù Swami Vivekananda: “L’anima umana è eterna e immortale, . . . L’anima continuerà a evolversi o a tornare da una nascita all’altra e da una morte all’altra”.

Questo credo viene inculcato in ogni indù mediante le attitudini e le usanze quotidiane. Ad esempio, mia madre metteva fuori del cibo sulle nostre terrazze per gli uccelli. E mi spiegava: “Questi uccelli possono essere le anime dipartite di persone che conoscevamo, e apprezzeranno la nostra gentilezza”.

Inoltre, molte mucche vanno liberamente in giro per le strade di Jamnagar. Ricordo che una volta, quando avevo circa sei anni, il cancello del nostro cortile era rimasto aperto e alcune mucche erano entrate. Era mio compito mandarle via, e così presi una tavola e colpii una mucca per farla muovere. Mia madre mi rimproverò sul serio per questo. “Non bisogna colpire le mucche! Sono sacre!” disse, poiché credeva che ci fossero in esse anime dipartite.

La riverenza con cui gli indù considerano tutti gli organismi viventi crea a volte problemi a azioni difficili da spiegare. Per esempio, una trappola indù per topi sembra molto strana agli Occidentali. È un oggetto somigliante a una piccola scatola in cui il topo entra per prendere l’esca, e quando la porta si chiude di scatto è preso vivo. Quando prendevamo un topo, mia madre mi diceva di portarlo fuori nella strada e di lasciarlo andare. “Ma non farà altro che tornare in casa”, ricordo di aver detto una volta. Così ella mi disse di portarlo a parecchi isolati di distanza e di lasciarlo andare.

Il problema principale è quello delle mosche e degli insetti. Di solito quando mangiavamo, doveva esserci qualcuno lì vicino per cacciar via le mosche. Non facevano gesti tali da danneggiarle, ma solo per tenerle lontane dal cibo, tutto perché credevano che in ciascuna mosca ci fosse l’anima dipartita di qualcuno.

Anch’io credevo che l’anima umana trasmigrasse, e che la meta fosse di progredire a ogni rinascita verso una condizione superiore. La sera sedevo col nonno sul terrazzo, e talvolta egli mi parlava di raggiungere il nirvana, che si suppone sia il nulla o l’unione finale con Dio. Questa idea difficile da comprendere non mi aiutò certo a conoscere Dio. Non fece altro che rendere Dio anche più confuso per me.

Poteva aiutarmi un guru?

L’idea del nirvana mi convinse che dovevo progredire intellettualmente nell’induismo. Ci voleva per questo un guru, o insegnante personale. Ricordo quando mio padre se lo procurò per la prima volta. Egli fece la scelta invitando a casa nostra diversi guru. Stavano a pranzo o a cena, e poi si sedevano in giro e parlavano. A volte ascoltavo, benché a quel tempo fossi molto piccolo. Infine mio padre trovò quello che gli piaceva di più.

Il guru è uno studente dei sacri scritti indù. Diventa guru facendo servizio anzitutto come discepolo di un guru. I guru di solito non si degnano di parlare con indù meno istruiti, perché pensano che tali persone non possano comprendere i loro insegnamenti. Pertanto mio padre e mio nonno, ciascuno dei quali era stato istruito dal suo guru nei sacri scritti indù, avevano un concetto di dio diverso da quello delle persone meno istruite.

Parlavano talvolta di un dio superiore agli idoli, e del fatto che gli idoli non sono realmente dèi. Ricordo che una sera ero seduto in terrazza col nonno e lo ascoltavo spiegare della Trimurti, il dio trino consistente di Brahma, Visnù e Siva. “Sono in realtà solo un dio”, diceva. “C’è solo un dio supremo”.

Ma mi sembrava tutto contraddittorio, specialmente quando il nonno e papà si inchinavano adorando gli idoli! Qualche giorno, pensavo, avrei capito, perché desideravo realmente conoscere il vero Dio. Nel frattempo, i miei genitori mi convinsero che dovevo farmi un’istruzione secolare.

Ricerca della conoscenza secolare

I miei genitori davano molta importanza all’istruzione. Dall’età di due anni mi avevano dato uno speciale tutore. Era il direttore della scuola elementare. A quattro anni sapevo leggere e scrivere. Quando fui idoneo per cominciare la scuola a sei anni fui messo in quarta classe.

Avevo quattordici anni quando mi diplomai dalla scuola superiore di Nawanagar a Jamnagar. Quindi per due anni frequentai il rinomato Elphinstone College di Bombay, che è a circa 560 chilometri da Jamnagar. Lì mi preparai a ricevere un’istruzione superiore negli Stati Uniti.

Nel 1962 andai in aereo negli Stati Uniti e mi iscrissi all’Università Bucknell, in Pennsylvania. Dopo qualche tempo, ricevetti una borsa di studio con cui mi pagai l’istruzione. All’Università avevo i voti più alti in materie come calcolo, termodinamica, meccanica dei fluidi e fisica.

Trascorsi quattro anni alla Bucknell, andai all’Università del New Hampshire rimanendovi due anni come assistente. Lì insegnai termodinamica e meccanica dei fluidi, per cui ricevevo 117.000 lire al mese oltre all’istruzione gratis. Poiché insegnavo solo alcune ore la settimana, dedicavo il resto del mio tempo a proseguire i miei studi scientifici.

In seguito andai all’Università del Colorado, a Boulder, dove ricevetti una borsa di studio postuniversitaria. Anche lì ricevevo istruzione gratis e mi davano 146.000 lire al mese mentre tenevo lezioni sui calcolatori elettronici analogici e facevo ricerche speciali sulla nuova scienza dell’olografia.

In questi anni di studio avevo accumulato una gran quantità di conoscenza mondana. Ma non avevo imparato nient’altro su Dio, come desideravo. Ero ancora assetato di conoscenza dell’Iddio che ci aveva dato la vita e che aveva creato le nostre meravigliose facoltà mentali. E così nel settembre del 1966 accadde qualcosa che mi spinse a cominciare un’attenta ricerca della conoscenza di Dio.

Acquistata conoscenza di Dio

Ero in viaggio per cominciare la scuola all’Università del New Hampshire quando mi fermai senza preavviso a casa di mio fratello. Egli aveva sposato una ragazza americana e ora abitava a Elmira, New York. Quella sera mia cognata aveva invitato a casa due insegnanti biblici chiamati testimoni di Geova. Non avevo mai sentito parlare dei testimoni di Geova, né avevo mai sfogliato una Bibbia. Non avevo mai parlato a un cristiano in India. E alla Bucknell non avevo mai discusso di religione con alcuno. Per cui questo fu il mio primo contatto con il cristianesimo.

I Testimoni parlarono dell’eccellente effetto che la Bibbia può avere sulla vita delle persone. Mio fratello e io, comunque, non eravamo d’accordo su questo. Fui pronto a menzionare l’orribile storia di coloro che si chiamano cristiani; ad esempio, le due guerre mondiali cominciate in cosiddetti paesi cristiani. E nella cristianità, notai, c’erano più delitti e immoralità che nell’India indù.

Con mia sorpresa i Testimoni ne convennero. Non cercarono di difendere la cristianità. Dissero semplicemente che la cristianità non è cristiana — che ha respinto gli insegnamenti di Gesù Cristo — ed è perciò condannata da Dio. Essi asserirono che i testimoni di Geova erano interamente separati dalla cristianità, e perciò non partecipavano alle sue guerre o alle sue trasgressioni. Erano così sinceri che credetti doveva esserci un po’ di verità in quello che dicevano.

Durante la conversazione cominciai a capire che i Testimoni avevano evidentemente dei princìpi che guidavano effettivamente la loro vita. Anch’io avevo dei princìpi, pensai. E tuttavia, come indù, sapevo di poterli torcere ogni volta che volevo per giustificare quasi tutto quello che volevo fare. Perfino mio padre aveva detto che comunemente gli indù sono disonesti nelle pratiche commerciali, eppure riescono a giustificare la loro disonestà coi propri princìpi religiosi.

La conversazione di quella sera mi turbò. I Testimoni sembravano così sicuri di quello che credevano.

Andai a cercare i Testimoni

La conversazione era ancora fresca nella mia mente quando arrivai all’Università del New Hampshire a Durham. La domenica mattina, quindi, mi alzai di buon’ora e partii in auto. Mi fermai in ogni città e cercai nell’elenco telefonico i testimoni di Geova. Solo quando arrivai a Manchester, nel New Hampshire, li trovai nell’elenco. Quando telefonai mi rispose un uomo che dalla voce mi sembrò anziano, egli mi diede l’indirizzo della più vicina Sala del Regno, e disse che le adunanze erano alle 14.

Quasi non riuscivo a credere al modo in cui fui trattato quel pomeriggio. Quasi tutti si avvicinarono e mi salutarono, facendomi sentire benvenuto. Dopo le adunanze un Greco mi invitò a pranzo a casa sua.

Cominciai subito un’altra conversazione. I Testimoni parlavano di un miglioramento della terra sotto il dominio del regno di Dio. Nell’insegnamento indù non si dice mai nulla di migliorare le condizioni sulla terra. Apprendiamo solo che conseguiremo il progresso personale tornando in una superiore reincarnazione. Ma i Testimoni mi fecero vedere nella Bibbia dove è detto che la terra sarà resa un paradiso da un governo di Dio. Non ci saranno più guerra e delinquenza, e perfino le malattie e la morte saranno eliminate: le promesse di Dio erano lì nella Bibbia! Questo mi fece realmente impressione.

Era mezzanotte passata quando me ne andai. Avevo con me il nome del sorvegliante che presiede la congregazione dei testimoni di Geova più vicina all’università.

La settimana successiva visitai questo Testimone ed egli si offrì di venire a studiare la Bibbia con me ogni settimana gratis. Mi era difficile crederlo, poiché in India si spende un mucchio di denaro per ricevere istruzione da un guru. Quindi accettai subito la sua offerta.

Le nostre prime conversazioni furono sull’identità di Dio, ciò su cui mi ero fatto domande per tanto tempo. Mi fu mostrato nella Bibbia, come ora già credevo, che gli idoli non sono Dio. Fu quindi una sorpresa apprendere che le chiese della cristianità adorano una trinità di tre dèi in uno, molto simile al dio trino indù Trimurti. Fui molto felice, però, di apprendere che il Dio Supremo non è una trinità.

Fui particolarmente colpito apprendendo che Dio ha un nome. È Geova. Questo contribuì a rendere Dio più comprensibile per me. Non era più misterioso. Mentre continuavo a studiare mi fu chiaro che Dio è una Persona reale e invisibile.

Nell’induismo mi era stato insegnato che Dio aveva creato l’uomo. Ma era tutto qui. Non avevo mai saputo perché ci aveva creato, o perché esistono condizioni malvage. Ora scoprivo le risposte. Appresi che molto tempo fa ci fu una ribellione fra le creature di Dio e che Dio ha concesso il tempo per definire certe contese che erano sorte. Questo periodo di tempo è quasi passato, appresi, e presto Geova spazzerà via la malvagità e stabilirà un giusto nuovo sistema. Questa era certamente una buona notizia e mi rallegrò il cuore.

Avevo sempre accettato l’insegnamento indù secondo cui l’uomo ha un’anima immortale che continua a vivere quando la persona muore. Comunque, dopo alcune conversazioni, capii che questo credo è errato e che la Bibbia è corretta nell’insegnare che l’anima muore. Appresi tuttavia che i morti non sono senza speranza. Dio può riportarli in vita e li riporterà in vita. Questa promessa biblica della risurrezione era realmente logica per me. Mi ha dato la meravigliosa speranza di rivedere sulla terra persone care che sono morte, come il mio amato nonno.

Perché ora credo nella Bibbia

Può sembrare strano che una persona allevata come indù parli in questo modo degli insegnamenti biblici. Tuttavia anche il famoso indù Mahatma Gandhi disse: “Mi sono sforzato di studiare la Bibbia. La considero parte delle mie scritture”. Nei miei studi ho appreso che c’è vera ragione di credere nella Bibbia.

Ad esempio, mi meraviglia il fatto che la Bibbia non contiene miti non scientifici, comuni negli insegnamenti indù. Circa 3.000 anni fa la Bibbia parlò correttamente della terra dicendo che era di forma circolare, non piatta come si credeva in genere nelle epoche passate. (Isa. 40:22) Inoltre, la Bibbia spiega che la terra non ha nessun sostegno fisico, come un Atlante che la regga, secondo il pensiero di molti antichi. ‘La terra è sospesa sul nulla’, dice la Bibbia. (Giob. 26:7) Poiché avevo una mentalità scientifica, questa accuratezza della Bibbia mi fece davvero impressione.

Un’altra cosa che mi aiutò a convincermi della veracità della Bibbia sono le sue infallibili profezie. Gli scritti indù, per quello che ne so, non contengono alcuna profezia. La Bibbia, d’altronde, predisse molti avvenimenti che si sono effettivamente avverati. Infatti, gli stessi sconvolgenti avvenimenti di questa generazione, incluse guerre, carestie, pestilenze, delinquenza minorile e altre condizioni, adempiono in modo rimarchevole la profezia biblica. — Matt. 24:3-14; 2 Tim. 3:1-5.

Ci sono poi gli eccellenti consigli della Bibbia così utili per una vita felice. Per esempio, la Bibbia esorta i mariti: “Continuate ad amare le vostre mogli . . . In questo modo i mariti devono amare le loro mogli come i propri corpi”. E una donna non sarà una moglie eccellente dando ascolto a questo ammonimento: “Le mogli siano sottoposte ai loro mariti come al Signore”? — Efes. 5:22-28.

Mia moglie e io possiamo veramente ringraziare Dio dei suoi consigli contenuti nella Bibbia che ci aiutano nel nostro matrimonio. La Bibbia è semplicemente piena di suggerimenti pratici, e anche questa è una ragione per cui ho creduto che è realmente la Parola di Dio.

Altre gioie derivanti dal conoscere Dio

Col tempo dedicai la mia vita a servire Geova Dio, e lo simboleggiai essendo battezzato in acqua. È veramente una gioia poter pregare l’Iddio che desiderai conoscere dall’infanzia. Ed è anche una gioia avere in tutta la terra tanti amici la cui vita è regolata da ciò che questo grande Dio dice nella sua Parola la Bibbia.

Ho pure provato felicità condividendo con altri le buone cose che ho imparate riguardo a Dio, aiutando anche loro a conoscerlo. Come anziano della congregazione cristiana dei testimoni di Geova ho avuto il piacere di assistere spiritualmente i miei fratelli e le mie sorelle nella fede, poiché Gesù Cristo disse: “Vi è più felicità nel dare che nel ricevere”. — Atti 20:35.

Penso spesso ai miei parenti e ad altri con cui crebbi in India. Vorrei che ottenessero una copia della Bibbia e vedessero da soli le cose meravigliose che contiene. In realtà, i loro cuori si rallegrerebbero conoscendo la verità.

So che mio nonno lavorò strenuamente per portare le condizioni che potranno divenire realtà in tutta la terra solo nel giusto nuovo sistema di Dio. Attendo dunque ansiosamente di vederlo quando sarà risuscitato. Il suo cuore sarà pieno di emozione vedendo che non ci saranno più né povertà, né oppressione e neppure le malattie in alcuna parte della terra. Come sarà bello, forse, salire in terrazza, come eravamo soliti fare, e parlare del Supremo Dio Geova e di tutte le cose stupende che ha fatte per il genere umano! — Da un collaboratore.

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