-
EsercitoAusiliario per capire la Bibbia
-
-
quelli che confidano nei semplici cavalli, e che ripongono la loro fiducia nei carri da guerra, perché son numerosi, e nei destrieri, perché sono molto potenti, ma che non hanno guardato al Santo d’Israele e che non hanno ricercato Geova stesso”. — Isa. 31:1.
Quando il regno era diviso
Dopo la spartizione del regno ci furono continue ostilità fra Giuda e Israele. (I Re 12:19, 21) L’esercito di Abia, successore di Roboamo, contava solo 400.000 uomini quando Geroboamo mosse contro di lui con 800.000. Nonostante la superiorità numerica di due a uno, il regno meridionale uscì vincitore “perché si erano appoggiati su Geova”. Israele perse 500.000 uomini. — II Cron. 13:3-18.
Oltre alle lotte intertribali, c’era l’antagonismo delle nazioni pagane circostanti. Israele fu costretto a mantenere un esercito permanente a motivo dei rapporti d’ostilità con la Siria al nord. (II Re 13:4-7) Anche Giuda dovette respingere l’avanzata di eserciti pagani. Una volta l’Egitto invase Giuda e prese molto bottino (I Re 14:25-27); un’altra volta l’Etiopia mosse contro Giuda con un esercito di un milione di uomini e trecento carri. Le forze armate del re Asa contavano solo 580.000 uomini, ma poiché “invocava Geova suo Dio”, “Geova sconfisse gli Etiopi” e non ne rimase uno vivo. — II Cron. 14:8-13.
Di nuovo, quando Moab, Ammon e gli ammonim mossero contro Giosafat, benché potesse contare su un esercito di 1.160.000 uomini Giosafat “volse la faccia per ricercare Geova”, che lo rassicurò: “La battaglia non è vostra, ma di Dio”. — II Cron. 17:12-19; 20:1-3, 15.
ROMANO
L’esercito romano, valutato di 300.000 uomini all’epoca di Augusto, era organizzato in modo del tutto diverso da quelli degli imperi precedenti. La legione costituiva la parte principale delle forze armate romane. Era una grossa unità indipendente, un piccolo esercito completo in se stesso più che un reparto specializzato di un contingente più grande. A volte più legioni combattevano insieme, unendo forze e risorse sotto un comando centrale, come quando quattro legioni al comando di Tito cinsero d’assedio Gerusalemme nel 70 E.V. Ma di solito ogni legione assolveva da sola il suo compito. In aggiunta ai legionari, volontari di ogni parte dell’impero che non erano cittadini romani venivano reclutati localmente per formare le auxilia. Tali truppe ausiliarie, con l’appoggio delle legioni, erano di stanza lungo i confini. Dopo esser stati congedati con tutti gli onori, coloro che avevano militato nelle auxilia ricevevano la cittadinanza romana.
Il numero delle legioni variò in epoche diverse, da venticinque o anche meno fino a trentatré. Anche il numero dei militari che componevano la legione fluttuava da 4.500 a 7.000, benché nel I secolo fossero normalmente 6.000. Per questo il termine “legione” com’è usato nelle Scritture indica un numero di grandezza imprecisata. (Matt. 26:53; Mar. 5:9; Luca 8:30) Ogni legione aveva il proprio comandante, che doveva rendere conto solo all’imperatore, e sotto di lui c’erano sei tribuni, detti chiliarchi (comandanti militari, NM). — Mar. 6:21; Giov. 18:12; Atti 21:32-23:22; 25:23; vedi COMANDANTE MILITARE.
La legione era divisa in dieci compagnie o coorti. Infatti le Scritture parlano della ‘coorte italica’ e della “coorte di Augusto”. (Atti 10:1; 27:1; vedi AUGUSTO, COORTE DI). Alla morte di Erode Agrippa, nel 44 E.V., a Cesarea c’erano cinque coorti. Ulteriormente suddivisa, la legione aveva sessanta centurie, di solito di 100 uomini ciascuna, al comando di un centurione (ufficiale dell’esercito, NM). Questi ufficiali svolgevano mansioni molto importanti, perché avevano la responsabilità di addestrare i soldati. (Matt. 8:5-13; 27:54; Atti 10:1; 21:32; 22:25, 26; 23:17, 23; 24:23; 27:1, 6, 11, 31, 43; vedi CENTURIONE). In ogni legione c’erano dieci ufficiali di grado speciale che prestavano servizio come guardie del corpo, corrieri e a volte giustizieri. — Mar. 6:27.
Le legioni romane avevano vari stendardi e insegne con l’effigie di aquile o altri animali; più tardi furono aggiunte piccole statue dell’imperatore. Questi emblemi avevano significato religioso, erano considerati sacrosanti al punto da essere adorati, ed erano difesi a costo della vita umana. Per tali ragioni gli ebrei si opposero con violenza alla loro presenza in Gerusalemme.
Al momento dell’arruolamento nelle legioni romane, uno pronunciava a nome di tutti un voto di fedeltà e i soldati si impegnavano a osservarlo. In un primo tempo il voto era ripetuto ogni anno, ma in seguito veniva fatto una sola volta nella vita. La durata del servizio era calcolata secondo gli anni o secondo il numero delle campagne a cui il soldato aveva partecipato. L’età dei militari era in genere fra i diciassette e i quarantasei anni. Le spese dell’esercito erano sostenute dal gettito fiscale; i soldati ricevevano un denaro al giorno. Mentre i greci generalmente ritenevano che la dura disciplina provocasse risentimento, i romani imponevano la disciplina in ogni aspetto della vita del soldato. L’addestramento includeva marce di oltre 30 km al giorno portando uno zaino di oltre 35 kg. Il matrimonio era scoraggiato o proibito. Vigliaccheria e disubbidienza erano punite con la morte. L’indottrinamento psicologico e il “lavaggio del cervello” facevano parte della disciplina e dell’addestramento.
PRIMI CRISTIANI
I primi cristiani rifiutarono di prestare servizio nell’esercito romano, sia nelle legioni che nelle auxilia, considerando tale servizio del tutto incompatibile con gli insegnamenti del cristianesimo. Giustino Martire (110–165 E.V.) nel “Dialogo con Trifone” dice: “Noi che eravamo bellicosi, e ci uccidevamo l’un l’altro, e commettevamo ogni malvagità, abbiamo in tutta la terra trasformato le nostre armi da guerra, le nostre spade in aratri, e le nostre lance in arnesi per coltivare la terra”. Non c’è dubbio quale fosse nel 204 E.V. la posizione di Tertulliano sulla questione del servizio militare per i cristiani. Nella dissertazione De corona, capitolo XI, considerando “se la guerra sia affatto adatta ai cristiani”, sostenne con le Scritture “l’illegalità anche della stessa vita militare”, e concluse: “Bandisco da noi la vita militare”. “Origene [185–254] . . . osserva che ‘la chiesa cristiana non può prender parte. alla guerra contro qualsiasi nazione’.... In quel periodo molti cristiani subirono il martirio per aver rifiutato il servizio militare. Il 12 marzo 295, Massimiliano, figlio di un famoso veterano romano, fu chiamato a servire nell’esercito romano e rifiutò, dicendo semplicemente: ‘Sono cristiano’”. — H. Ingli James, da Treasury of the Christian World, 1953, a cura di A. Gordon Nasby, p. 369.
“Un’attenta rassegna di tutte le informazioni disponibili dimostra che, fino all’epoca di Marco Aurelio [121–180] nessun cristiano faceva il soldato; e nessun soldato, divenuto cristiano, rimaneva nell’esercito”. (E. W. Barnes, The Rise of Christianity, 1947, p. 333) “Si noterà che l’evidenza dell’esistenza di un solo soldato cristiano fra il 60 e il 165 A.D. è minima; . . . almeno fino al tempo di Marco Aurelio, nessun cristiano avrebbe fatto il soldato dopo il battesimo”. (C. J. Cadoux, The Early Church and the World, 1955, pp. 275, 276) “Già nel secondo secolo, il Cristianesimo aveva affermato che ‘non è lecito [per il cristiano] essere uomo di spada’ . . . onde al militare cristiano nessun’altra via rimane, fuorché quella di ‘abbandonare subito l’esercito’”. (G. Ferrero e C. Barbagallo, Roma antica, Le Monnier, II ed. 1933, Vol. III p. 154, 155) “Il comportamento dei cristiani era molto diverso da quello dei romani. . . . Poiché Cristo aveva predicato la pace, essi rifiutavano di fare il soldato”. (N. Platt e M. J. Drummond, Our World Through the Ages, 1961, p. 125) “I primi cristiani pensavano che fosse sbagliato combattere, e non prestavano servizio nell’esercito neanche quando l’Impero aveva bisogno di soldati”. (R. e W. M. West, The New World’s Foundations in the Old, 1929, p. 131) “I cristiani . . . rifuggivano da cariche pubbliche e servizio militare”. (F. P. G. Guizot, “Persecuzione dei cristiani in Gallia nel 177 A.D.”) “I cristiani zelanti non prestavano servizio nelle forze armate né accettavano cariche politiche”. (Habberton, Roth e Spears, World History, The Story of Man’s Achievements, 1962, p. 117) “Mentre inculcavano le massime dell’ubbidienza passiva, [i cristiani] rifiutavano di prendere parte attiva nell’amministrazione civile o nella difesa militare dell’impero. . . . Era impossibile che i cristiani, senza rinunciare a un dovere più sacro, potessero assumere il ruolo di soldati, di magistrati o di principi”. — Edward Gibbon, The Decline and Fall of the Roman Empire, Vol. I, p. 416.
CELESTE
Gli eserciti celesti, nel senso di moltitudini ben organizzate, non sono solo le stelle o i corpi celesti, ma più spesso le potenti schiere di creature spirituali angeliche sotto il comando supremo di Geova Dio. (Gen. 2:1; Nee. 9:6) L’espressione “Geova degli eserciti” ricorre 281 volte nelle Scritture Ebraiche, a partire da I Samuele 1:3, e due volte si trova il suo equivalente nelle Scritture Greche. (Rom. 9:29; Giac. 5:4) Nel parlare dei guerrieri angelici vengono usati termini militari come “legioni”, “carri da guerra”, “cavalieri”, ecc. (II Re 2:11, 12; 6:17; Matt. 26:53) In proporzione, il campo degli invisibili eserciti di Geova include “decine di migliaia, migliaia su migliaia” di carri da guerra. (Sal. 68:17) Come forze combattenti sono invincibili. Il “principe dell’esercito di Geova” con la spada sguainata apparve a Giosuè e gli diede istruzioni sulla cattura di Gerico. (Gios. 5:13-15) Un angelo di questi eserciti celesti uccise 185.000 assiri in una sola notte. (II Re 19:35) Quando scoppiò la guerra in cielo Michele e i suoi angeli scagliarono Satana e i suoi demoni nelle vicinanze della terra. (Riv. 12:7-9, 12) Non ci sarà via di scampo quando “gli eserciti . . . nel cielo” seguiranno il “Re dei re e Signore dei signori” che porterà la distruzione su “la bestia selvaggia e i re della terra e i loro eserciti”. (Riv. 19:14, 16, 19, 21) Ma allo stesso tempo questo potente esercito invisibile di Geova offre protezione ai Suoi fedeli servitori sulla terra. — II Re 6:17; Sal. 34:7; 91:11; Dan. 6:22; Matt. 18:10; Atti 12:7-10; Ebr. 1:13, 14.
-
-
EsilioAusiliario per capire la Bibbia
-
-
Esilio
Vedi CATTIVITÀ.
-
-
EsodoAusiliario per capire la Bibbia
-
-
Esodo
Liberazione della nazione d’Israele dalla schiavitù in Egitto. Dopo aver promesso che il seme di Abraamo avrebbe ereditato il paese, Geova disse ad Abraamo (prima del 1933 a.E.V.): “Di sicuro sappi che il tuo seme diverrà residente forestiero in un paese non loro, e dovranno servirli, e questi certamente li affliggeranno per quattrocento anni. Ma la nazione che serviranno io la giudicherò, e ne usciranno quindi con molti beni. . . . Ma alla quarta generazione torneranno qui, perché l’errore degli Amorrei non è ancora giunto a compimento”. — Gen. 15:13-16.
DATA DELL’ESODO
Quando cominciarono dunque i quattrocento anni d’afflizione? Secondo la tradizione ebraica a iniziare dalla nascita di Isacco. Ma la prima effettiva evidenza di afflizione si ebbe il giorno in cui Isacco fu svezzato. È evidente che il 1913, quando Isacco aveva cinque anni circa e Ismaele diciannove, è l’anno dell’inizio dell’afflizione. Fu allora che Ismaele, “quello generato secondo la carne perseguitava quello generato secondo lo spirito”. (Gal. 4:29) Ismaele, che era parte egiziano, per gelosia e odio “si prendeva gioco” di Isacco, che era ancora piccolo; ma si trattava di ben altro che una semplice lite infantile. (Gen. 21:9) Altre versioni descrivono l’azione di Ismaele dicendo che “si faceva beffe” di Isacco. (Di) L’afflizione del seme di Abraamo continuò per tutta la vita di Isacco. Anche se da adulto Geova lo benedisse, Isacco fu tuttavia perseguitato dagli abitanti di Canaan e costretto a trasferirsi da un luogo all’altro a motivo delle loro angherie. (Gen. 26:19-24, 27) Infine, negli ultimi anni della vita di Giacobbe figlio di Isacco, il “seme” predetto si stabilì in Egitto e col tempo fu ridotto in schiavitù.
I quattrocento anni d’afflizione andarono dunque dal 1913 a.E.V. al 1513 a.E.V. Questo fu anche un “periodo di grazia”, o di tolleranza, concesso da Dio ai cananei, di cui una delle principali tribù era quella degli amorrei. Nell’ultimo periodo il loro errore sarebbe giunto a compimento; chiaramente meritavano la completa espulsione dal paese. Come passo preliminare in tal senso, Dio avrebbe rivolto l’attenzione al suo popolo in Egitto, liberandolo dalla schiavitù e facendolo tornare nella Terra Promessa.
Il periodo di 430 anni
Un altro calcolo si basa sulle parole di Esodo 12:40, 41: “E la dimora dei figli d’Israele, che avevan dimorato in Egitto, fu di quattrocentotrent’anni. E avvenne alla fine dei quattrocentotrent’anni, in quel medesimo giorno, pure avvenne che tutti gli eserciti di Geova uscirono dal paese d’Egitto”. Una nota in calce a Esodo 12:40 (NW), a proposito dell’espressione “che avevan dimorato”, dice: “Qui il verbo è di numero plurale, e il pronome relativo (ashèr) che lo precede in ebraico sembra riferirsi ai ‘figli d’Israele’, piuttosto che alla ‘dimora’”. La Settanta traduce il versetto 40: “Ma la dimora dei figli d’Israele che fecero [gr. dimorarono] pel paese d’Egitto e nel paese di Canaan [fu] di quattrocentotrent’anni”. Il Pentateuco samaritano dice: “Nel paese di Canaan e nel paese d’Egitto”. Tutte queste versioni indicano che i quattrocentotrent’anni includono un periodo di tempo più lungo di quello che gli israeliti trascorsero in Egitto.
L’apostolo Paolo spiega che tale periodo di quattrocentotrent’anni (di Esodo 12:40) ebbe inizio al momento della ratifica del patto abraamico e terminò con l’Esodo. Paolo dice: “Inoltre, dico questo: In quanto al patto [abraamico] precedentemente convalidato da Dio, la Legge che è venuta all’esistenza quattrocentotrent’anni dopo [nello stesso anno dell’Esodo] non lo annulla, in modo da abolire la promessa”. — Gal. 3:16-18.
-