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  • Vietata la partecipazione con i demoni
    La Torre di Guardia 1951 | 1° marzo
    • specialmente il sangue umano, rendeva colui che lo beveva degno di morte. (Gen. 9:1-6) Ora quando i discepoli bevono al calice il vino del Memoriale, essi bevono simbolicamente sangue, ma lo bevono in seguito a comando divino. Cosicché questo significa per loro spargere il loro sangue o morire come morì Gesù per la causa della sovranità universale del Padre suo. Essi accettano di morire con lui, per dimostrare che il Diavolo è un bugiardo ribelle e dar prova d’essere essi medesimi degni della vita con Gesù nel suo regno celeste. Per questo motivo l’apostolo scrisse loro: “Il calice di benedizione che noi benediciamo, non è esso un aver parte al sangue del Cristo?”

      19 Sì, questo è un “calice di benedizione” sul quale benediciamo Iddio. Esso rappresenta veramente la morte con Gesù Cristo, il battesimo nella sua morte, ma aver parte a quella specie di morte è un privilegio. Infatti l’apostolo scrisse dal carcere: “A voi è stato dato il privilegio a favore di Cristo, non solo di riporre la vostra fede in lui, ma anche di soffrire per lui”. (Filip. 1:29, NM) Quel calice ha la benedizione di Dio perché rappresenta per Gesù e per il suo piccolo gregge la volontà di Dio. Quel calice o il privilegio di berne il contenuto fu dato per il piccolo gregge affinché manifestasse la propria integrità sulla terra fino all’ultimo e si conquistasse “l’entrata nel regno eterno del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo”. (2 Piet. 1:11) Così quelli che hanno il privilegio di bere al calice benedicono con profondo apprezzamento Iddio per questo. Poiché è un privilegio quello di rivendicarlo mediante la morte con Cristo ed essere in seguito risuscitati con lui alla vita immortale nel regno di Cristo per la ulteriore rivendicazione della Sua sovranità universale.

      20. In ricordo di chi è bevuto, e perché?

      20 Poiché è la morte di Cristo che convalida il nuovo patto, e poiché ha stabilito l’esempio nella morte e i suoi discepoli sono battezzati nella sua morte, essi bevono al calice in memoria di lui.

      21. Perché dunque il calice del Memoriale non è dato a bere alle “altre pecore”?

      21 Questi fatti aiutano la gran folla di “altre pecore” a discernere oggi che il calice del Memoriale non è dato loro da bere. Essi non muoiono della morte di Cristo, ma se alcuni di loro muoiono prima di Harmaghedon, questi muoiono come morirono i fedeli uomini e le fedeli donne che furono testimoni di Geova prima di Cristo. Essi non sacrificano la carne o le speranze terrene per il nuovo mondo, ma avanzano verso la vita nel paradiso terrestre nel nuovo mondo. Molti passeranno Harmaghedon ed entreranno in quel mondo, senza morire. Perciò si astengono correttamente dal partecipare al calice del Memoriale.

      MANGIARE E BERE PER LA VITA IN SE STESSO

      22. Non indica forse Giovanni 6:51 che tutti i credenti dovrebbero partecipare?

      22 Ma non è contradetto quello che è stato detto sopra dalle parole rivolte da Gesù ai Giudei a proposito della manna miracolosa? Non disse egli: “Io sono il pane vivente che è disceso dal cielo; se uno mangia di questo pane vivrà in eterno; e difatti, il pane che darò è la mia carne a favore della vita del mondo”? (Giov. 6:51, NM) Si noti le parole “la mia carne a favore della vita del mondo”. Non indicano esse che tutti i credenti in Cristo, siano le loro speranze per la vita nel nuovo mondo terrestri o celesti, possono partecipare, anzi, devono partecipare al pane del Memoriale e anche al vino? La risposta a questa domanda è: No!

      23. Quale discussione condusse a questa dichiarazione, e come corrisponde il pane alla carne che Gesù dà per la vita del mondo?

      23 Quando Gesù pronunziò le parole sopra citate egli parlava della manna che provvedeva miracolosamente il pane agl’Israeliti durante il loro viaggio nel deserto verso la Terra Promessa. Il pane della manna non dava vita eterna agl’Israeliti e alla moltitudine mista che era con loro. Perciò Gesù disse: “lo sono il pane della vita. I vostri antenati mangiarono la manna nel deserto eppure morirono. Questo è il pane che discende dal cielo, affinché chiunque ne mangi e non muoia”. In tal modo spiegò che il pane ch’egli dava per la vita del mondo era la sua carne. (Giov. 6:48-51, NM) Per altro, quegli Israeliti nel deserto non bevvero sangue di nessuna specie, perché era stato loro vietato di berne, non solo dal patto divino col loro antenato Noè ma anche dai dichiarati termini del patto della Legge mediante il loro mediatore Mosè. La manna discesa dal cielo ch’essi mangiarono era senza sangue, e in questo senso era simile alla carne di Gesù. La carne non si poteva mangiare se prima non era scolato il sangue. Così che ciò a cui il genere umano ubbidiente nel nuovo mondo parteciperà per la vita eterna sarà come carne senza sangue, che Gesù provvide discendendo dal cielo.

      24. Di che altro parlò egli oltre alla carne per la vita del mondo?

      24 Perciò Gesù parlò di qualche cosa migliore della manna per la vita del mondo quando disse: “Veracissimamente io vi dico: a meno che voi mangiate la carne del Figlio dell’uomo e beviate il suo sangue, non avete vita in voi. Chi si nutre della mia carne e beve il mio sangue ha vita eterna, e io lo risusciterò nell’ultimo giorno; perché la mia carne è vero cibo, e il mio sangue è vera bevanda. Colui che si nutre della mia carne e beve il mio sangue rimane in unione con me, e io in unione con lui. Come il vivente Padre mi mandò e io vivo a causa del Padre, così chi si nutre di me vivrà anch’egli a causa di me. Questo è il pane che è disceso dal cielo. Non è come quando i vostri antenati mangiarono e morirono. Chi si nutre di questo pane vivrà in eterno”. — Giov. 6:53-58, NM.

      25. Dunque che risultato dà il nutrirci della sua carne e il bere il suo sangue? E che cosa significa qui l’espressione “la vita in voi”?

      25 Si noti che qui Gesù dice che quelli che bevono il suo sangue e mangiano pure la sua carne rimangono in unione con lui e lui in unione con loro. Questo significa che son fatti membri del suo corpo, poiché sono battezzati in Cristo, essendo per tal fatto battezzati nella sua specie di morte. Il nutrimento di Gesù è quello di far la volontà del Padre suo, ed essi si nutrono della carne di Gesù facendo la volontà di Dio insieme con Gesù e terminando come terminò lui. (Giov. 4:34) A meno che i suoi discepoli si comportino in questo modo, essi non hanno vita in loro. Aver “vita in voi” non significa necessariamente vita innata o immortalità nei cieli, ma ha un significato simile a quello menzionato da Gesù quando disse: “L’ora viene, ed è questa, quando i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che hanno dato ascolto vivranno. Perché come il Padre ha in se stesso il dono della vita, cosa egli ha accordato pure al Figlio d’avere in se stesso il dono della vita”. (Giov. 5:25, 26, NM; Knox) Quindi per i membri del corpo di Cristo aver ‘vita in loro stessi’ significa aver parte con Gesù al privilegio di dispensare i benefici della sua vita sacrificata all’ubbidiente genere umano durante i mille anni del suo regno. Essi diventeranno la sua sposa celeste, “la sposa dell’Agnello”. Come tale faranno da madre ai figli terrestri del ‘Padre Eterno, il Principe della Pace’, Gesù Cristo. (Apoc. 19:7-9; 21:9, 10; Isa. 9:5) Per cui il “piccolo gregge”, la classe della “sposa”, è formato esclusivamente da quelli che bevono il sangue del Figlio dell’uomo e si nutrono della sua carne. Tuttavia, con le sue parole contenute in Giovanni 6:25-58 Gesù non parlava della cena del Memoriale di quei Giudei, molti dei quali allora lo abbandonarono.

  • Partecipare in modo degno
    La Torre di Guardia 1951 | 1° marzo
    • Partecipare in modo degno

      1. Di che cosa parla Paolo in 1 Corinzi sulla questione del memoriale?

      RIFERENDOSI al Memoriale o al pasto serale del Signore nella sua prima lettera ai Corinzi l’apostolo Paolo parlò, non di chi deve partecipare agli emblemi, ma del significato degli emblemi e in che modo devono esser presi degnamente o in maniera degna.

      2. Come avveniva che quei Corinzi non celebravano il Memoriale in maniera conforme e degna, e per il loro proprio bene?

      2 Al principio della sua lettera egli fece notare che esistevano sette e divisioni religiose fra loro e chiese: “Esiste forse diviso Cristo?” Vi erano gelosie e contese fra loro, così che non erano spirituali, ma carnali, e si comportavano come uomini mondani. (1 Cor. 1:11-13; 3:1-1) Questo non si addice a quelli che partecipano agli emblemi del Memoriale, poiché il pane simbolizza l’unità del corpo di Cristo. E non potevano idoleggiare dei capi religiosi e dire: “Io appartengo a questo, o, a quell’altro,” né potevano idoleggiare se stessi con avidità o commettere qualsiasi altra specie d’idolatria, perché questo era demonismo. Perciò quelli che in questo modo partecipavano alla “mensa dei demoni” non potevano giustamente partecipare alla “mensa di Geova” nel pasto serale del Signore. Inoltre, a quel tempo, alcuni portavano la loro cena o il loro pasto serale al luogo di adunanza della congregazione. Tenevano un pasto sociale quivi immediatamente prima del pasto serale del Signore, nel quale si abbandonavano agli eccessi del mangiare e così finivano col trovarsi in condizione di non essere più in grado di apprezzare dovutamente il pasto serale del Signore. Inoltre non tenevano conto di alcuni nel loro pasto sociale lasciandoli andare senza mangiare, tanto che alcuni potevano anche desiderare il pasto serale del Signore principalmente per ricevere un tozzo di pane. Tutto questo non contribuiva alla celebrazione del Memoriale in modo degno e per il loro benessere — 1 Cor. 11:17-22.

      3, 4. Come possono i partecipanti diventare colpevoli rispetto al corpo e al sangue del Signore?

      3 Pertanto dopo aver spiegato le istruzioni che aveva ricevuto dal Signore relativamente al pasto serale del Signore, Paolo continuò dicendo: “Poiché ogni volta che mangiate questo pane e bevete di questo calice, voi continuate a proclamare la morte del Signore, finché egli giunga. Conseguentemente chiunque mangia il pane e beve il calice del Signore indegnamente sarà colpevole rispetto al corpo e al sangue del Signore. Approvi prima l’uomo se stesso dopo essersi scrutato, e così mangi del pane e beva del calice. Poiché chi mangia e beve mangia e beve un giudizio contro se stesso se non discerne il corpo. Ecco perché molti fra voi sono deboli e infermi e molti dormono nella morte. Ma se discerniamo quello che siamo noi stessi, non saremo giudicati. Tuttavia, quando siamo giudicati, siamo disciplinati da Geova, affinché non siamo condannati col mondo. Conseguentemente, fratelli miei, quando vi riunite insieme per mangiarlo, aspettate l’un l’altro. Se qualcuno ha fame, mangi a casa, onde non vi raduniate insieme per il giudizio”. — 1 Cor. 11:26-34, NM.

      4 Così chiunque partecipa agli emblemi del Memoriale mentre si trova in condizione indegna e vi partecipa in modo indegno per mancanza di apprezzamento diventa colpevole rispetto al corpo e al sangue del Signore. Tutti i partecipanti devono intensamente sentire la propria unità col Capo Gesù Cristo nel fare la volontà di Dio. Dobbiamo ricordare lui come il membro vitale e col quale essere uniti e non dobbiamo creare divisioni fra noi stessi e così distruggere l’unità del corpo. È il sangue di Gesù che convalida il nuovo patto, e non dobbiamo comportarci verso quel sangue come se fosse una cosa comune peccando volontariamente col darci al settarismo, all’idolatria, all’avidità e alle opere della carne. Mediante quel nuovo patto siamo un popolo per il nome di Geova, e dobbiamo onorare quel nome con la nostra vita. Cristo Gesù, il quale provvide il suo sangue per il nuovo patto, morì per la rivendicazione del nome e della sovranità universale di Geova. Noi dobbiamo imitarlo nella qualità di morte della quale morì, diventando “uniti con lui nella somiglianza della sua morte” affinché possiamo, altresì essere “uniti con lui nella somiglianza della sua risurrezione”. Perciò dobbiamo serbarci liberi da ogni colpa contro queste cose vitali, e non essere ipocriti al Memoriale o pasto serale del Signore.

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