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La Vite il cui vino fa rallegrare Dio e l’uomoLa Torre di Guardia 1979 | 15 marzo
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La Vite il cui vino fa rallegrare Dio e l’uomo
“Il Padre mio è glorificato in questo, che continuiate a portare molto frutto e vi dimostriate miei discepoli”. — Giov. 15:8.
1. In che modo l’importante personaggio di cui Giovanni figlio di Zebedeo era compagno si paragonò a una pianta?
OGGI può sembrarci strano che qualcuno si paragoni a una vite. Ma questo è ciò che fece l’uomo più importante che ci sia mai stato sulla terra. La sera che bevve vino per l’ultima volta con undici suoi leali compagni, disse le seguenti parole significative: “Io sono la vera vite, e il Padre mio è il coltivatore. Io sono la vite, voi siete i tralci”. Uno dei suoi compagni, Giovanni figlio di Zebedeo, udì, ricordò e scrisse queste penetranti parole per nostro beneficio. — Giov. 15:1, 5.
2, 3. (a) Secondo la parabola narrata da Iotam figlio del giudice Gedeone, a quali piante gli alberi simbolici chiesero invano un governante? (b) Quale risultato avrebbe recato la loro scelta finale di un re?
2 Molte centinaia d’anni prima, nello stesso paese, un uomo narrò una parabola o esempio e in essa paragonò un uomo a una vite. Anch’egli era in pericolo di vita. Come discorso d’addio narrò la parabola per mostrare che il suo popolo, non scegliendo la persona giusta per il regno, avrebbe provocato il disastro della nazione. Paragonando il proprio popolo ad alberi, descrisse come coloro che chiedevano un governante avevano rivolto la richiesta prima a un ulivo e poi a un fico, ricevendo però un rifiuto da questi alberi fruttiferi.
3 Iotam, il solo figlio superstite di Gedeone giudice d’Israele, proseguì dicendo: “Gli alberi dissero poi alla vite: ‘Vieni tu, regna su di noi’. A sua volta, la vite disse loro: ‘Devo io rinunciare al mio vino nuovo che fa rallegrare Dio e gli uomini, e devo andare a oscillare sugli alberi?’” Dopo questo terzo rifiuto, gli alberi simbolici si sentirono obbligati a far re su di loro un infruttuoso pruno. (Giud. 9:3-14) A causa di questa cattiva scelta di un governante, Iotam indicò che non avrebbero bevuto il vino d’allegrezza prodotto da una vite fruttifera. — Giud. 9:15-20.
4. Poco prima Gesù aveva usato il prodotto della vite per raffigurare che cosa, ma poi quale significato più gioioso vi diede?
4 Per questa ragione Gesù Cristo, che pure fu respinto come re dalla nazione d’Israele, non fu il primo a paragonare un uomo, se stesso, a una vite. Aveva appena istituito la commemorazione della sua imminente morte, usando il vino del calice comune per rappresentare il proprio sangue che doveva essere sparso il pomeriggio seguente. Ma poi, per dare al vino come simbolo un significato più gioioso, disse: “Vi dico che da ora in poi non berrò più di questo prodotto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio”. (Matt. 26:26-29) Il vino nuovo è specialmente esilarante, e il “vino” bevuto nuovo nel regno del Padre celeste sarebbe stato sicuramente vino d’allegrezza.
5. Nella parabola della vite, che cosa indica se Gesù l’usò per raffigurare solo se stesso o no?
5 Essendo la notte di Pasqua, il vino aveva molta importanza, e in quell’ultima riunione di Gesù con i discepoli nel 33 E.V. se ne bevvero almeno quattro calici. Come logica conseguenza, egli narrò un’altra parabola sulla vite. Tuttavia, in questo esempio Gesù usò la vite nel suo insieme per simboleggiare qualcosa di più che se stesso. Per farlo capire, disse ai suoi fedeli discepoli: “Io sono la vite, voi siete i tralci”. — Giov. 15:5.
6. Per il fatto che c’erano solo undici apostoli, volle dire Gesù che la “vite” avrebbe avuto solo undici tralci, o no, specie alla luce delle sue parole riportate in Matteo 21:43?
6 Con tali parole Gesù non volle dire che questa “vite” cristiana avrebbe avuto solo undici tralci, per corrispondere a quegli undici fedeli apostoli che giacevano a tavola con lui. La “vite” messianica doveva avere molti altri tralci, abbastanza da formare un’intera nuova nazione cristiana. Gesù si riferì a questa nuova nazione dicendo ai rappresentanti dell’incredula nazione giudaica: “Il regno di Dio vi sarà tolto e sarà dato a una nazione che ne produca i frutti”. — Matt. 21:43.
7. In Salmo 80:8-15, quale nazione è paragonata a una “vite”, e perché si levò un grido a Dio affinché se ne occupasse?
7 Il fatto di paragonare una nazione a una vite non era nuovo. Anche Geova, il Padre celeste di Gesù, aveva usato questa pianta come simbolo di una nazione. Per esempio, ispirò il salmista Asaf a rivolgersi a lui, dicendo: “[Tu, Geova,] facevi partire una vite dall’Egitto [al tempo di Mosè]. Cacciavi le nazioni [dalla Terra Promessa], per piantarla. Facesti uno sgombro dinanzi ad essa, affinché mettesse radice e riempisse il paese. I monti si coprirono della sua ombra, . . . O Dio degli eserciti, torna, ti prego; guarda dal cielo e vedi e abbi cura di questa vite, e del ceppo che la tua destra ha piantato”. (Sal. 80:8-15) Essendo stata distrutta Gerusalemme nel 607 a.E.V. ed essendo cominciati allora i Tempi dei Gentili, durante i quali le nazioni del mondo avrebbero dominato su tutta la terra, la nazione d’Israele subì grandi soprusi da parte delle nazioni gentili. Per questo il salmista fu spinto a levare a Dio un doloroso grido perché se ne occupasse.
8. Quando fu che Geova piantò una nuova “vite”, e come Isaia 5:3-7 ne spiega il bisogno?
8 Quando Geova Dio unse Gesù con lo spirito santo dopo il battesimo nel Giordano, fu piantata una nuova “vite”. Ce n’era estremo bisogno. Perché? Più di 700 anni prima, il profeta Isaia lo aveva predetto. Geova lo ispirò a dire: “E ora, o abitanti di Gerusalemme e uomini di Giuda, giudicate vi prego fra me e la mia vigna. Che c’è ancora da fare per la mia vigna che in essa io non abbia già fatto? Perché ho sperato che producesse uve, ma gradualmente ha prodotto uve selvatiche? E ora, suvvia, che io vi faccia conoscere ciò che farò alla mia vigna: Ci sarà la rimozione della sua siepe, e deve destinarsi ad essere arsa. . . . E ne farò una cosa distrutta. Non sarà potata, né zappata. E devono venir sù rovi e zizzanie; e alle nubi imporrò il comando di trattenersi dal riversare alcuna pioggia su di essa. Poiché la vigna di Geova degli eserciti è la casa d’Israele, e gli uomini di Giuda sono la piantagione di cui egli provava delizia. E sperava per il giudizio, ma, ecco, l’infrazione della legge; per la giustizia, ma, ecco, il grido”. — Isa. 5:3-7.
9. In seguito, ai giorni di Geremia, quale domanda fece Geova riguardo alla sua “vite”?
9 La situazione in Israele non migliorò, ma, un centinaio d’anni dopo, Geova poté dire a Israele: “Molto tempo fa ruppi il tuo giogo [di schiavitù in Egitto]; strappai i tuoi legami [di prigionia]. Ma tu dicesti: ‘Non servirò’, poiché su ogni alto colle e sotto ogni albero lussureggiante giacevi in maniera scomposta, prostituendoti. E in quanto a me, t’avevo piantata come una scelta vite rossa, tutta di vero seme. Come ti sei dunque cambiata verso di me in degenerati germogli di vite straniera?” — Ger. 2:20, 21; Osea 10:1, 2.
10. Dato che il consiglio sarebbe perito su Israele, che tipo di “vite” sarebbe diventato Israele secondo Deuteronomio 32:28-33?
10 Fu come aveva predetto Mosè nel 1473 a.E.V.: “Poiché sono una nazione su cui il consiglio perisce, e fra loro non c’è intendimento. . . . Poiché la loro vite è dalla vite di Sodoma e dai terrazzi di Gomorra. La loro uva è uva di veleno, i loro grappoli sono amari. Il loro vino è veleno di grosse serpi e il crudele veleno di cobra”. — Deut. 32:28-33.
NECESSARIA UNA “VITE” NUOVA
11. Secondo la parabola di Gesù sulla vigna, che trattamento doveva ricevere il Messia da parte dei coltivatori al tempo della vendemmia?
11 Quando Gesù il Figlio di Dio venne come unto, o Messia, nel 29 E.V., era tempo di vendemmia per questa simbolica “vite”. Quale frutto avrebbe egli raccolto da questa “vite” come rappresentante di Dio? L’11 Nisan 33 E.V., tre giorni prima della fine del suo ministero pubblico di tre anni e mezzo, Gesù illustrò con una parabola il tipo di accoglienza che avrebbe ricevuto. Rivolgendosi ai capi sacerdoti e agli anziani nel tempio in risposta alle obiezioni che facevano alle sue attività e ai suoi insegnamenti, disse:
“Udite un’altra illustrazione: Vi era un uomo, un padrone di casa, che piantò una vigna e vi pose intorno una siepe e vi scavò uno strettoio ed eresse una torre, e l’affittò a dei coltivatori e se ne andò all’estero. Quando venne la stagione dei frutti, inviò i suoi schiavi dai coltivatori per avere i suoi frutti. Comunque, i coltivatori presero i suoi schiavi, e uno lo batterono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Di nuovo inviò altri schiavi, più dei primi, ma essi fecero a questi la stessa cosa. Infine inviò loro il suo figlio, dicendo: ‘Rispetteranno mio figlio’. Visto il figlio, i coltivatori dissero fra loro: ‘Questo è l’erede; venite, uccidiamolo e prendiamo la sua eredità!’ E presolo, lo gettarono fuori della vigna e lo uccisero. Perciò, quando verrà il proprietario della vigna, che cosa farà a quei coltivatori? . . .
“. . . Non avete mai letto nelle Scritture: ‘La pietra che gli edificatori hanno rigettata è divenuta la principale pietra angolare. Questo è stato adempiuto da Geova, ed è meraviglioso agli occhi nostri’? Perciò vi dico: Il regno di Dio vi sarà tolto e sarà dato a una nazione che ne produca i frutti. E chi cadrà su questa pietra sarà frantumato. In quanto a chiunque sul quale essa cadrà, lo polverizzerà”. — Matt. 21:33-44.
12. Quale frutto non offrirono i coltivatori della vigna tipica, e quindi cosa avrebbe fatto Dio per ricevere il giusto frutto?
12 Quale frutto avrebbero dovuto offrire i coltivatori israeliti della nazione o “vigna” di Geova a suo Figlio Gesù Cristo? Avrebbero dovuto mostrare fede nel Figlio come vero Messia promesso e accettarlo come il Figlio di Colui che aveva piantato e possedeva la “vigna” della nazione d’Israele. Se avessero reso tale frutto al Figlio di Dio, sarebbero stati introdotti nel vero regno messianico di Dio. Poiché non produssero il frutto che avrebbe dovuto distinguere il tipico regno di Dio in Israele, alla loro nazione fu tolto il privilegio d’essere il regno di Dio. Quindi doveva essere creata un’altra nazione di coltivatori della “vigna”. Questa nuova nazione avrebbe prodotto frutti adatti al regno di Dio. Quei coltivatori avrebbero reso i debiti frutti all’Iddio che aveva piantato questa vigna e ne era il proprietario.
13. (a) Cosa pensarono di poter fare i coltivatori della “vigna” giudaica impadronendosi dell’eredità del Figlio del Proprietario? (b) Cosa disse Gesù che sarebbe accaduto alla pietra regale rifiutata dagli edificatori di una certa struttura?
13 La cosa a cui Dio dà importanza per determinare chi deve ricevere i privilegi del suo regno messianico sono i “frutti”. I coltivatori ebrei pensarono di potersi impadronire dell’eredità negando i frutti giustamente attesi e perfino uccidendo Gesù, l’“erede” del regno di Dio. Pensarono di potersi mantenere al potere nel regno tipico di Dio, sotto il patto della legge mosaica. (Giov. 11:47-53) Ma non fu così, secondo la conclusione che si trae dalla parabola di Gesù. (Matt. 21:41) Cosa disse Gesù della Pietra regale che gli edificatori avevano rifiutato il giorno prima, dopo il suo trionfale ingresso in Gerusalemme? Sarebbe divenuta la principale pietra angolare nella nuova struttura regale di Dio, il celeste “regno di Dio”.
14. Perché Gesù non reputò inutile narrare la parabola della vite e dei tralci poco prima del suo arresto nel Getsemani?
14 Riguardo alla “vera vite” piantata e coltivata da Geova Dio, Gesù sapeva che non poteva essere indebolita, anche se più tardi, quel giorno di Pasqua, fu permesso ai coltivatori ebrei della “vite” o nazione tipica di metterlo a morte. Pertanto, anche se stava per andare nel giardino di Getsemani ed essere arrestato, Gesù non pensò che fosse inutile narrare ai discepoli la parabola della vite e dei tralci.
15. In base a Giovanni 15:1-5, chi è il coltivatore della “vera vite”, e cosa fa ai tralci secondo che portino frutto o no?
15 “Io sono la vera vite”, disse Gesù, “e il Padre mio è il coltivatore. Ogni tralcio che in me non porta frutto egli lo toglie, e ognuno che porta frutto lo purifica, perché porti più frutto. Voi siete già puri a motivo della parola che vi ho detta. Rimanete uniti a me, ed io unito a voi. Come il tralcio non può da se stesso portar frutto se non resta nella vite, nello stesso modo neppure voi lo potete, se non restate uniti a me. Io sono la vite, voi siete i tralci. Chi rimane unito a me, e io unito a lui, questo porta molto frutto; perché separati da me non potete fare nulla”. — Giov. 15:1-5.
PIANTATA E COLTIVATA LA VITE
16, 17. (a) Quando fu che Geova piantò “la vera vite”, e come? (b) In che modo Gesù Cristo fu più grande del patriarca Giacobbe, e quando furono prodotti “tralci” della “vera vite”?
16 Quando fu che il grande Viticoltore piantò questa vite fruttifera? Nel 29 E.V., quando unse con lo spirito santo Gesù appena battezzato. (Isa. 61:1, 2) Fu allora che Geova stabilì il fusto centrale della simbolica “vite” del regno messianico. Rammentiamo che il regno tipico d’Israele ebbe origine dal patriarca Giacobbe, soprannominato Israele. Egli generò dodici figli, dai quali vennero le dodici tribù d’Israele. (Atti 7:8-14) Pertanto Gesù Cristo corrispose a Giacobbe.
17 Questo più grande Giacobbe fu il fusto centrale della vite. Scelse dodici apostoli, che divennero futuri “tralci” di questa “vite” spirituale. (Giov. 15:16; 6:70) Per tale ragione, quella notte di Pasqua, li chiamò “tralci”. Ma 51 giorni dopo, il giorno di Pentecoste, dodici fedeli apostoli furono unti con spirito santo. In tal modo divennero dodici fondamenta secondarie della nuova nazione dell’Israele spirituale. Su di loro è edificata la celeste nuova Gerusalemme. (Riv. 21:14; Efes. 2:20) Tuttavia, quel giorno di Pentecoste gli altri di quel gruppo di circa 120 discepoli furono tra i primi a ricevere lo spirito santo e a parlare in lingue, e in questo modo divennero anch’essi “tralci” di quella “vite” spirituale, Gesù Cristo.
18. Quale opportunità, indicata in Esodo 19:6, 7, non accettò l’Israele naturale, e a chi applica Pietro le parole di quella dichiarazione divina?
18 Lì venne all’esistenza la nuova nazione, l’Israele spirituale. Come nazione, l’Israele naturale non aveva colto l’opportunità che Geova, mediante il suo Mediatore Mosè, gli aveva posto davanti, come riporta Esodo 19:6, 7. Quindi le parole di quella dichiarazione divina furono applicate dall’apostolo Pietro ai membri della nuova nazione dell’Israele spirituale. Dove? Nella sua prima lettera ispirata, in I Pietro 2:9, 10, dov’è scritto: “Ma voi siete ‘una razza eletta, un regal sacerdozio, una nazione santa, un popolo di speciale possesso, affinché dichiariate le eccellenze’ di colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua meravigliosa luce. Poiché voi una volta non eravate un popolo, ma ora siete il popolo di Dio; voi eravate coloro ai quali non era stata mostrata misericordia, ma ora siete coloro ai quali è stata mostrata misericordia”.
19. Dopo l’adempimento di Isaia 5:5-7, cosa accadde alla nazione dell’Israele spirituale, e perché Geova non le prestò meno cure che alla “vigna” dell’Israele tipico?
19 Felicemente, la nazione cristiana dell’Israele spirituale continuò a prosperare dopo che Geova ebbe adempiuto sulla simbolica “vigna” dell’Israele naturale le parole di avvertimento riportate in Isaia 5:5-7. Essendo il Coltivatore di ciò che ha piantato, presta le necessarie cure ai “tralci” della “vera vite”, Gesù Cristo, cure non inferiori a quelle prestate alla precedente “vigna” dell’Israele naturale fino al 33 E.V. Lo scopo è quello di mantenere puri e produttivi i “tralci” che sono discepoli di Gesù Cristo. Polloni e legno secco non dovrebbero trovare posto fra questi tralci “puri”. Per questo nella sua parabola Gesù disse ai fedeli apostoli: “Ogni tralcio che in me non porta frutto egli lo toglie, e ognuno che porta frutto lo purifica, perché porti più frutto. Voi siete già puri a motivo della parola che vi ho detta”. — Giov. 15:2, 3.
20. Cosa avevano accettato gli undici apostoli fedeli per cui Gesù li dichiarò “puri”, in armonia con il racconto di Giovanni 6:67-69?
20 Giuda Iscariota, l’apostolo traditore, non era presente quando Gesù disse tali parole. Gesù l’aveva già congedato dal gruppo al termine della cena pasquale. (Giov. 13:26-30) Gli undici fedeli apostoli rimasti avevano accettato con tutto il cuore la sua parola o messaggio messianico, e per tale ragione li dichiarò “puri”. Per esempio, quando si trovavano a Capernaum nel nord, e Gesù aveva chiesto a quegli apostoli: “Non ve ne volete andare anche voi, non è vero?” Simon Pietro aveva risposto: “Signore, da chi ce ne andremo? Tu hai parole di vita eterna; e noi abbiamo creduto e abbiam conosciuto che tu sei il Santo di Dio”. — Giov. 6:67-69.
21. Da quali cose erano dunque “puri” quei “tralci”, e che effetto dovette avere su di loro la parola detta da Gesù in privato?
21 Tra quei leali apostoli non c’erano ramoscelli secchi di infruttuosa miscredenza. Non avevano attaccati a sé polloni di giudaismo antiscritturale. Prestavano tutta la propria attenzione alla causa del “Santo di Dio”. Credevano che era “il Cristo, il Figlio dell’Iddio vivente”. (Matt. 16:16) In un’altra occasione ancora, Pietro gli disse: “Ecco, noi abbiamo lasciato ogni cosa e ti abbiamo seguito; che vi sarà effettivamente per noi?” (Matt. 19:27) Sulla base di tali decisioni, le parole di Gesù, dette specialmente agli apostoli in privato, dovettero avere l’effetto di raffinarli, di lasciarli in una condizione di ‘purezza’ spirituale. Tutti i “tralci” che rimanevano in tale condizione ‘pura’ potevano dedicarsi con totale impegno all’eccezionale scopo della “vera vite” di Geova. Ciò avrebbe rallegrato sia Dio che gli uomini.
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Il frutto che glorifica DioLa Torre di Guardia 1979 | 15 marzo
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Il frutto che glorifica Dio
1. Con le sue parole di Ezechiele 15:1-5, come indicò Geova lo scopo principale di una vite?
A COSA serve in realtà una vite? Molto tempo fa Colui che aveva piantato la prima vite rivolse al profeta Ezechiele questa domanda, con le seguenti parole: ‘Figlio d’uomo, in qual modo la vite è diversa da ogni altro albero, il germoglio, che è fra gli alberi della foresta? Se ne prende un palo per farci qualche lavoro? O se ne prende un cavicchio per appendervi qualche genere di utensile? . . . Ecco, quando è intatta non si usa per nessun lavoro’. (Ezec. 15:1-5) È dunque chiaro che lo scopo principale della vite è quello di portare frutto, la succosa uva con cui si fa il vino. — Giud. 9:13.
2. In armonia con tale scopo della vite, quale disse Gesù che era stata la sua intenzione nello scegliere quei “tralci”, secondo le parole di Giovanni 15:16?
2 Il vino fu usato nella celebrazione dell’ultima Pasqua di Gesù con gli apostoli. Dopo quella cena egli pronunciò la sua parabola sulla “vera vite” e sui “tralci”. Tenendo presente ciò poté dire agli undici apostoli fedeli: “Voi non avete scelto me, ma io ho scelto voi, e vi ho costituiti per andare a portar frutto e perché il vostro frutto rimanga, affinché qualunque cosa chiediate al Padre [che ha piantato la vite] in nome mio egli ve la dia [affinché portiate frutto]”. — Giov. 15:16.
3. Perché bisogna potare la vite a ogni stagione, e quale lezione dovrebbe questo far capire ai “tralci” della “vera vite”?
3 Se si vuole che una vite porti frutto, bisogna potarla a ogni stagione. Avviene ciò che disse Gesù quale “vite” spirituale: “Ogni tralcio che in me non porta frutto egli lo toglie. . . . Se uno non rimane unito a me, è gettato via come un tralcio e si secca; e si raccolgono questi tralci e si lanciano nel fuoco e sono bruciati”. (Giov. 15:2, 6) Quale lezione impariamo dunque da ciò? Ebbene, se qualcuno di noi è un “tralcio” della “vite” spirituale e apprezza il proprio privilegio, non vorrà essere potato. Gli conviene quindi portare frutto, e molto!
IL FRUTTO
4. Cos’è il frutto, in base a Isaia 5:7?
4 Ma che cos’è il frutto? Il frutto, l’uva, non raffigura i discepoli di Cristo. Sono i tralci a raffigurare i discepoli generati dallo spirito. Le Scritture ispirate indicano cosa raffigura il frutto portato dai tralci. Per esempio, quando Geova paragonò l’antico Israele a una vigna, menzionò il frutto che desiderava. Disse: “La vigna di Geova degli eserciti è la casa d’Israele, e gli uomini di Giuda sono la piantagione di cui egli provava delizia. E sperava per il giudizio, ma, ecco, l’infrazione della legge; per la giustizia, ma, ecco, il grido [come quello dell’antica Sodoma]”. — Isa. 5:7; Gen. 18:21; 19:13.
5. Ai giorni di Gesù, quali cose più importanti contenute nella Legge di Dio trascuravano i capi religiosi, e cosa insegnavano come dottrine?
5 Come parte del frutto di quella tipica “vigna” d’Israele, Geova, Colui che l’aveva piantata, cercava quindi il giudizio (incluso il diritto) e la giustizia, l’opposto dell’infrazione della legge e della condotta scandalosa. Ai giorni di Gesù in Israele non c’erano giudizio e giustizia. Poco prima che fosse martirizzato in Gerusalemme disse agli ipocriti scribi e Farisei: “Date la decima della menta e dell’aneto e del comino, ma avete trascurato le cose più importanti della Legge, cioè la giustizia e la misericordia e la fedeltà”. (Matt. 23:23) Riguardo all’infrazione della Legge di Dio, Gesù disse ulteriormente: “[Voi, scribi e Farisei,] avete reso la parola di Dio senza valore a causa della vostra tradizione”. “Insegnano comandi di uomini come dottrine”. — Matt. 15:6, 9.
6, 7. (a) Come nel caso dell’Israele naturale, quale frutto si dovrebbe cercare sui “tralci” della “vera vite”, e come lo si dovrebbe dimostrare? (b) Al tempo di Geremia, in quali due modi Israele commetteva adulterio?
6 Il frutto che Geova desiderava dalla tipica “vigna” d’Israele includeva giudizio, diritto, misericordia, fedeltà e giustizia, l’osservanza e non il pervertimento della Legge di Dio. Per coerenza, dovrebbe forse attendersi un frutto diverso sui “tralci” della “vera vite”? Niente affatto! Il frutto che desidera come ornamento di quei “tralci” sono le qualità cristiane della personalità. Ma il frutto non consiste semplicemente nella personalità in sé.
7 È necessaria anche l’attiva espressione dei tratti della personalità! Per esempio, al tempo del profeta Geremia, Geova espresse la sua delusione per il frutto offertogli dalla tipica “vigna” d’Israele. Egli disse: “Su ogni alto colle e sotto ogni albero lussureggiante giacevi in maniera scomposta, prostituendoti. E in quanto a me, t’avevo piantata come una scelta vite rossa, tutta di vero seme. Come ti sei dunque cambiata verso di me in degenerati germogli di vite straniera? . . . Come puoi dire: ‘Non mi sono contaminata. Non ho camminato dietro ai Baal’?” (Ger. 2:20-23) Quindi un’altra parte del frutto che Geova voleva dalla “vite” dell’Israele tipico era la purezza morale e l’esclusiva adorazione. Ma invece di trovare tale frutto sui suoi tralci, Geova scoprì che i singoli israeliti commettevano fornicazione e adulterio, e che l’intera nazione commetteva anche adulterio spirituale facendo amichevoli alleanze con le nazioni pagane circonvicine. — Confronta Giacomo 4:4.
8. In che modo gli Israeliti non rendevano a Geova esclusiva adorazione?
8 Inoltre, invece di adorare esclusivamente Geova, l’Iddio con cui aveva stipulato un patto, la nazione commetteva idolatria andando dietro alle immagini di Baal e adorandole. In effetti, l’“uva” della “vite” dell’Israele tipico era ‘l’uva di Sodoma’, per cui i suoi “grappoli” erano amari. Quindi il frutto della “vite” israelita includeva omosessualità simile a quella dell’antica Sodoma. (Deut. 32:32) Tale frutto sgradevole è in contrasto con ciò che Dio desidera.
9. In che modo i “tralci” della “vera vite” devono evitare l’adulterio spirituale, anche se incorrono nell’odio del mondo?
9 L’immutabile Dio non vuole nessuno di questi frutti sui “tralci” della sua “vera vite”, Gesù Cristo. Quindi gli israeliti spirituali della classe del Regno devono mantenersi moralmente puri. Non devono commettere adulterio spirituale facendo amicizia con questo mondo. Da loro si richiede nel modo più assoluto esclusiva devozione a Geova come Dio. Che gliene importa se il mondo li odia perché portano tale frutto? “Poiché non fate parte del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo motivo il mondo vi odia”. Gesù disse questo agli undici fedeli apostoli la notte che Giuda Iscariota lo tradì. — Giov. 15:19.
10. (a) In quanto a essere separati e senza macchia, quale “frutto” devono portare i “tralci” della “vera vite”, e quale azione richiede questo da parte loro? (b) Non producendo tale frutto, quale perdita subì la nazione d’Israele?
10 Essi non fanno parte di questo mondo astenendosi dalla sua politica e dai suoi conflitti, e in questo modo producono il frutto della purezza e si mantengono senza macchia da questo mondo. Tale frutto deve distinguere quelli che appartengono all’organizzazione di Geova rappresentata da suo Figlio, “la vera vite”, Gesù Cristo. Devono dimostrare completo attaccamento al regno di Dio retto da Gesù Cristo. A tal fine devono riconoscere apertamente e accettare il Figlio di Dio come il Messia o Cristo da lungo tempo promesso. La tipica “vite” dell’Israele naturale non presentò questo frutto al Messia Gesù. Non produsse i “frutti” del regno di Dio. Come conseguenza subì un’enorme perdita, poiché il regno di Dio fu loro tolto e fu dato alla nazione che avrebbe prodotto il frutto richiesto, l’Israele spirituale. (Matt. 21:43) Questa nuova nazione è formata dai “tralci” che dimostrano d’essere uniti alla “vera vite”, non rifiutando il Messia Gesù come lo rifiutò la nazione giudaica, ma accettandolo apertamente e camminando nelle sue orme.
11. (a) A motivo della profezia di Matteo 24:14, cosa occorre oltre al semplice ‘accogliere Gesù nel proprio cuore’? (b) Quale caratteristica della “vera vite” è d’obbligo per i “tralci” della vite?
11 Pertanto non basta semplicemente riconoscere e accettare il Messia nel proprio cuore, ‘accogliere Gesù nel proprio cuore’, come dicono gli evangelisti della cristianità. Bisogna darne conferma e dimostrazione mediante un’azione pubblica. (Rom. 10:10) Si deve prendere parte personalmente all’adempimento della profezia di Gesù: “Questa buona notizia del regno sarà predicata in tutta la terra abitata, in testimonianza a tutte le nazioni”. (Matt. 24:14) Se un “tralcio” della vite di Cristo, unto dallo spirito, dedicato e battezzato, non partecipa attivamente all’opera predetta, come può produrre i “frutti” del regno di Dio? A questo riguardo è d’obbligo che siano “tralci” di colui che fu il primo a essere unto con lo spirito del Sovrano Signore Geova per predicare la buona notizia del Regno. (Isa. 61:1-3; Luca 4:16-21) Com’è il fusto della “vite”, così devono essere i “tralci” che ne assorbono la linfa!
12. Dall’anno 1914, in quali grandi proporzioni si doveva adempiere Matteo 24:14, e su chi grava la responsabilità di predicare in tale misura questa “buona notizia”?
12 La profezia di Matteo 24:14 ebbe un adempimento parziale nel primo secolo E.V., dal tempo dell’ascensione di Gesù al cielo e della sua comparsa alla presenza di Dio fino all’anno 70 E.V., quando i Romani distrussero Gerusalemme. Ma quell’adempimento prefigurò l’adempimento in grandi proporzioni della profezia nel nostro tempo, dal 1914 in poi. Alla fine dei Tempi dei Gentili nell’autunno di quell’anno, il messianico regno di Dio nacque lassù nei cieli. Oggi, più di 19 secoli dopo che la “vite” di Cristo cominciò a produrre i suoi “tralci”, è ancora in vita solo un piccolo rimanente di quei “tralci” che producono i “frutti” del regno di Dio, essendo 144.000 il numero massimo di questi “tralci” quali coeredi di Gesù Cristo. (Riv. 7:4-8; 14:1-3) Su questo rimanente grava la responsabilità di predicare “questa buona notizia del regno” in tutta la terra, per farla udire a tutte le nazioni.
13. La produzione di quale “frutto” da parte del rimanente dei “tralci” della vite ha glorificato il Padre di Gesù in tutta la terra?
13 Il frutto dell’ubbidienza al comando di predicare ha recato gloria a Geova Dio, come disse Gesù per incoraggiare i suoi “tralci”: “Il Padre mio è glorificato in questo, che continuiate a portare molto frutto e vi dimostriate miei discepoli”. (Giov. 15:8) In questo tempo del finale adempimento di Matteo 24:14, ha il rimanente di tali “tralci” portato “molto frutto”? Se esaminiamo le registrazioni disponibili sul periodo che va dall’anno postbellico del 1919 E.V. in poi, dobbiamo dire di sì! La produzione di tale “frutto” ha glorificato Geova Dio in tutto il mondo.
UNITI ALLA “VITE”
14. Come mostrò Gesù in Giovanni 15:4-6 la necessità che il rimanente dei “tralci” rimanesse indissolubilmente unito a lui per produrre così tanto frutto?
14 Per produrre così tanto frutto in questi tempi turbolenti dallo scoppio della prima guerra mondiale nel 1914 è stato necessario che i “tralci” fossero indissolubilmente uniti alla “vite” di Cristo. Al rimanente dei “tralci” produttivi si sono senz’altro applicate le seguenti parole di Gesù: “Rimanete uniti a me [la vera Vite], ed io unito a voi. Come il tralcio non può da se stesso portar frutto se non resta nella vite, nello stesso modo neppure voi lo potete, se non restate uniti a me. Io sono la vite, voi siete i tralci. Chi rimane unito a me, e io unito a lui, questo porta molto frutto; perché separati da me non potete fare nulla. Se uno non rimane unito a me, è gettato via come un tralcio e si secca; e si raccolgono questi tralci e si lanciano nel fuoco e sono bruciati”. — Giov. 15:4-6.
15. (a) Se gli apostoli non avessero perseverato con lui, cosa non gli avrebbe mai affidato Gesù insieme a lui? (b) Perché il rimanente non poteva approvare la Lega delle Nazioni e rimanere unito alla “vera vite”?
15 Gesù Cristo non affiderebbe a questi “tralci” un regno insieme a lui in cielo se non avessero perseverato con lui anche nelle avversità. (Luca 22:28-30) Per conservare la propria unzione con lo spirito del Sovrano Signore Geova, devono rimanere uniti a lui, il fusto della “vite”. Altrimenti il loro futuro posto nel regno celeste sarebbe loro tolto. (Riv. 3:5, 11) Perciò, quando i Tempi dei Gentili finirono nel 1914 e fu rivelato che era stato partorito nei cieli il messianico regno di Dio, cosa fu obbligato a fare il rimanente dei “tralci” unti? Fu obbligato ad acclamare lealmente il glorificato Gesù Cristo come Re messianico intronizzato da Dio! Per rimanere uniti a lui non avrebbero mai dovuto ripudiarlo preferendogli qualcosa come la Lega delle Nazioni, stabilita dall’uomo in sostituzione del legittimo regno su tutta la terra. Essendo rimasti uniti a lui, egli non ha rotto l’unione con loro.
LA “GRANDE FOLLA” DI RIVELAZIONE 7:9-17
16. (a) Che effetto ebbe la seconda guerra mondiale sulla relazione fra la “grande folla” e il rimanente dei “tralci” della vite? (b) Con chi si schierò la “grande folla” per quanto riguarda le Nazioni Unite, e perché?
16 Negli ultimi quattro anni di vita della Lega delle Nazioni come organizzazione per il mantenimento della pace, cominciò a formarsi la predetta “grande folla” di uomini e donne rallegrati dal frutto del Regno prodotto dai tralci della “vera vite”. Le crudeli avversità e prove che subirono durante la seconda guerra mondiale perché erano associati all’unto rimanente non riuscirono a farli separare da quei portatori di “frutto” del Regno. Sapevano che, per essere leali al Re intronizzato che è “la vera vite”, dovevano essere leali ai suoi “tralci”, i suoi fratelli spirituali. (Matt. 25:31-40) Insieme ai “fratelli” di Cristo, non accettarono l’organizzazione per la pace e la sicurezza nel mondo riportata in vita sotto forma di organizzazione delle Nazioni Unite. Invece di propugnare questa rinnovata sostituzione del messianico regno di Geova, continuarono a predicare insieme al rimanente di eredi del Regno come testimoni di Geova.
17. (a) In quanto a dimorare sotto una “vite” in senso simbolico, sotto quale “vite” la “grande folla” preferisce dimorare sulla terra? (b) Sotto quale “vite” dimorava prima?
17 Che cosa preferisce la “grande folla” in quanto a dimorare al sicuro sulla terra sotto la propria vite e sotto il proprio fico in senso simbolico? Preferisce dimorare sotto “la vera vite” e i suoi “tralci” perché rappresentano il regno di Geova retto da Cristo. (Mic. 4:1-4) Prima di conoscere la buona notizia del neonato regno di Geova sotto il dominio di Gesù Cristo, “la vera vite”, dimoravano sotto un’altra vite, “la vite della terra”. (Riv. 14:19) Che “vite” è questa? È l’organizzazione politica mondiale per mezzo della quale i governanti umani cercano con atteggiamento di sfida di conservare il dominio del mondo, volendo così competere con il messianico regno di Geova.
18. Perché i “tralci” della “vera vite” hanno esortato quelli della “grande folla” a uscire di sotto la “vite della terra”?
18 I “tralci” fruttiferi della “vite” che Geova ha piantata hanno esortato quelli della “grande folla” a uscire di sotto “la vite della terra”. Non devono più mangiare le sue uve e bere il suo vino, che sono velenosi e mortiferi. Perché? Perché quella “vite” è condannata alla distruzione, com’è predetto in Rivelazione 14:18-20:
“E un altro angelo ancora emerse dall’altare e aveva autorità sul fuoco. Ed egli chiamò ad alta voce colui che aveva la falce affilata, dicendo: ‘Metti dentro la tua falce affilata e vendemmia i grappoli della vite della terra, perché le sue uve son divenute mature’. E l’angelo ficcò la sua falce nella terra e vendemmiò la vite della terra, e la scagliò nel grande strettoio dell’ira di Dio. E lo strettoio fu calcato fuori della città, e dallo strettoio uscì sangue fino ai freni dei cavalli, per la distanza di milleseicento stadi”.
Qui vediamo una vite simbolica in opposizione all’altra, poiché il glorificato Gesù Cristo, che è “la vera vite”, schiaccia la vite nemica, “la vite della terra”. I “cavalli” impiegati per calcare il profondo strettoio lungo 320 chilometri sono le cavalcature da guerra di Gesù Cristo e dei suoi eserciti angelici. — Riv. 19:11-15.
19. (a) Perché alla sua “vigna” spirituale non è riservato lo “strettoio” dell’ira di Dio? (b) Perché sarebbe dannoso per la “grande folla” introdurre in quella vigna “rovi e zizzanie”?
19 Lo “strettoio” dell’“ira” di Dio è riservato all’anticristiana “vite della terra”. D’altra parte, sin da quando ha ristabilito nel suo favore il rimanente degli israeliti spirituali nell’anno postbellico del 1919, Dio non ha provato alcun “furore” contro questa “vigna” simbolica o spirituale. Egli ha vigilato su questa “vigna” dell’Israele spirituale per renderla produttiva alla sua gloria. Non c’è posto in essa per cose simili a rovi e zizzanie che ostacolerebbero e diminuirebbero la produttività di questa “vigna”. (Luca 6:44) Quindi la “grande folla” che ora si associa alla “vigna” di Geova non vuole introdurre nella “vigna” fruttifera cose inadatte come rovi e zizzanie. Far questo sarebbe dannoso per la “grande folla”, poiché Geova, nel suo immutabile proposito di rendere completamente produttiva la sua “vigna” spirituale, farebbe guerra contro tali “rovi e zizzanie”. Li calpesterebbe e quindi li brucerebbe come col fuoco. — Isa. 27:4.
20. Quale relazione dovrebbe cercare la “grande folla” con Geova, e a quale canto cantato alla sua “vigna” dovrebbe unirsi?
20 Ora è il tempo in cui la “grande folla” deve fare pace con Geova e afferrare la sua “fortezza” o riserva di energia per avere la forza di fare ciò che gli è gradito. È tempo di ricordare le parole del cantico che viene ora cantato alla sua “vigna” dell’Israele spirituale: “In quel giorno cantatele: ‘Una vigna di vino spumeggiante! Io, Geova, la salvaguardo. Ogni momento l’adacquerò. Onde nessuno volga la sua attenzione contro di essa, la salvaguarderò pure notte e giorno. Io non provo alcun furore. Chi mi darà rovi e zizzanie nella battaglia? Di sicuro li calpesterò. Di sicuro darò loro fuoco nello stesso tempo. Altrimenti afferri egli la mia fortezza, faccia pace con me; la pace faccia con me’. Nei giorni avvenire Giacobbe metterà radice, Israele fiorirà e in effetti germoglierà; e semplicemente empiranno di prodotti la superficie del paese produttivo”. — Isa. 27:2-6.
21. (a) Fino a che punto il rimanente di Giacobbe o Israele spirituale dev’essere produttivo? (b) Cosa mostra che Geova ha reso produttivo il paese?
21 Ora è il “giorno” in cui il rimanente di Giacobbe o Israele spirituale dev’essere fruttuoso riempiendo la terra di vivificanti prodotti. Geova ha reso produttivo il paese su tutto il globo, poiché centinaia di migliaia di persone hanno accettato la testimonianza del Regno data dal rimanente e sono venute fuori in più di 200 paesi per formare la “grande folla” che acclama Geova come Sovrano Universale e Gesù Cristo come colui che è ora autorizzato a regnare su tutta la terra. — Riv. 7:9-17.
22. Che effetto ha avuto riguardo a Dio la produttività del rimanente dei “tralci” della “vera vite”, nonché la produttività della “grande folla”?
22 Il frutto portato dai “tralci” della “vera vite” ha davvero glorificato Geova Dio, il Coltivatore. Grazie alle loro fatiche cristiane la “grande folla” dà gloria a questo Dio che piantò e coltivò questa meravigliosa “vite” regale e i suoi tralci. Imparando dalla “vite” fruttifera e dai suoi “tralci”, quelli della “grande folla” evitano similmente ogni improduttività e cercano d’essere fruttiferi coltivando tutte le qualità di una personalità devota ed esprimendole e manifestandole attivamente alla gloria di Geova.
[Immagine a pagina 25]
RIMANENTE E “GRANDE FOLLA” CHE PORTANO FRUTTO SARANNO PROTETTI QUANDO L’ANGELO FALCERÀ LA “VITE DELLA TERRA”
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‘Il piombino nella mano di Geova’La Torre di Guardia 1979 | 15 marzo
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‘Il piombino nella mano di Geova’
Il regno delle dieci tribù d’Israele viene paragonato a un muro che, in base al piombino, era diritto ma poi aveva cominciato a pendere. Leggiamo: “Ecco, Geova stava su un muro fatto con un piombino, e c’era un piombino nella sua mano. Quindi Geova mi disse: ‘Che cosa vedi, Amos?’ Dunque dissi: ‘Un piombino’. E Geova continuò a dire: ‘Ecco, metto un piombino in mezzo al mio popolo Israele. Non lo scuserò più’”. — Amos 7:7, 8.
In base alla norma o piombino di Geova, Israele, il muro, si era inclinato troppo rispetto alla perpendicolare. L’Altissimo non avrebbe più scusato o perdonato l’errore del popolo. Come un muro inclinato doveva essere abbattuto per evitare danni ai passanti, così le infedeli dieci tribù d’Israele avrebbero subìto l’avverso giudizio di Dio.
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