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ApocrifiAusiliario per capire la Bibbia
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aggiunte nel suo catalogo dei libri biblici, e tale azione fu ritenuta necessaria per il fatto che, anche all’interno della chiesa, i pareri su questi libri erano ancora divisi. Il sacerdote e studioso cattolico John Wycliffe che, col successivo aiuto di Nicholas di Hereford, fece nel XIV secolo la prima traduzione della Bibbia in inglese, non incluse gli Apocrifi nella sua opera, e nella prefazione a questa traduzione dichiarava tali scritti “senza autorità di fede”. Anche il domenicano cardinal Caetano, eminente teologo cattolico dell’epoca (1469–1534), chiamato da Clemente VII “luminare della Chiesa”, fece distinzione fra i libri del vero canone ebraico e le opere apocrife, citando gli scritti di Girolamo come autorità.
Si noti inoltre che il Concilio di Trento non accettò tutti gli scritti già approvati dal precedente Concilio di Cartagine ma ne scartò tre: la preghiera di Manasse e I e II Esdra (non il I e II Esdra che in alcune versioni cattoliche corrispondono a Esdra e Neemia). Così questi tre scritti, che avevano fatto parte per oltre 1.100 anni della Vulgata, versione latina che aveva l’approvazione ecclesiastica, furono ora esclusi.
Evidenza interna
L’evidenza interna contro la canonicità di questi scritti apocrifi ha ancora più peso di quella esterna. Manca completamente l’elemento profetico. Il contenuto e gli insegnamenti a volte contraddicono quelli dei libri canonici e sono inoltre contraddittori in se stessi. Sono pieni di inesattezze storiche e geografiche e di anacronismi. Gli scrittori in alcuni casi si rendono colpevoli di disonestà nell’attribuire falsamente le proprie opere a scrittori ispirati precedenti. Dimostrano di aver subito l’influenza greca, e a volte ricorrono a stravaganze di linguaggio e a uno stile letterario del tutto estranei alle Scritture ispirate. Due degli scrittori ammettono di non essere ispirati. (Vedi il Prologo di Ecclesiastico; II Maccabei 2:24-32; 15:38-40, Ri). Quindi si può ben dire che la migliore evidenza contro la canonicità degli Apocrifi sono gli Apocrifi stessi.
SCRITTI APOCRIFI PIÙ RECENTI
Specialmente dal II secolo E.V. in poi un’enorme quantità di scritti ha vantato ispirazione divina e canonicità e preteso di rappresentare la fede cristiana. Spesso detti “Apocrifi del Nuovo Testamento” rappresentano dei tentativi di imitare i Vangeli, gli Atti, le lettere e le rivelazioni contenuti nei libri canonici delle Scritture Greche Cristiane. In gran parte si conoscono solo attraverso frammenti, citazioni o allusioni fatte da altri scrittori.
Questi scritti sono chiaramente un tentativo di provvedere informazioni che gli scritti ispirati omettono deliberatamente, come le attività e gli avvenimenti relativi alla vita di Gesù dalla sua prima infanzia fino al battesimo, o uno sforzo per sostenere dottrine o tradizioni che non trovano alcun fondamento nella Bibbia o sono in contraddizione con la stessa. Infatti il cosiddetto “Vangelo di Tommaso” e il “Protovangelo di Giacomo” sono pieni di racconti fantastici sui presunti miracoli compiuti da Gesù nella sua infanzia. Ma l’effetto generale è una falsata immagine di Gesù che lo fa apparire come un bambino capriccioso e petulante dotato di poteri straordinari. (Confronta il genuino racconto di Luca 2:51, 52). Gli “Atti” apocrifi, come gli “Atti di Paolo” e gli “Atti di Pietro”, danno grande importanza alla completa astinenza dai rapporti sessuali e persino raffigurano gli apostoli che esortano le donne a separarsi dal marito, contraddicendo così gli autentici consigli di Paolo in I Corinti 7.
Di tali scritti apocrifi subapostolici, l’Introduzione generale alla versione della Bibbia a cura di Giuseppe Ricciotti (edizione Salani, 1955) dice: “Quanto ai concetti di questi scritti apocrifi, si può dire che in gran parte dipendono dai libri canonici: quando poi se ne distaccano, anche se non cadono in tendenziosità ed eresie, declinano in puerilità meschine oppure si perdono in fantasticherie ridicole”.
Come i più antichi libri apocrifi furono esclusi dalle precristiane Scritture Ebraiche, così anche gli scritti apocrifi più recenti non furono accettati come ispirati né inclusi come canonici nei più antichi cataloghi o collezioni delle Scritture Greche Cristiane.
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ApollionAusiliario per capire la Bibbia
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Apollion
Vedi ABADDON.
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ApolloAusiliario per capire la Bibbia
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Apollo
(Apòllo) [abbreviazione di Apollonio; distruttore].
Ebreo di Alessandria d’Egitto, dotato di notevole eloquenza e di una buona conoscenza delle Scritture Ebraiche. Sembra che avesse ricevuto testimonianza da discepoli di Giovanni Battista oppure da testimoni cristiani prima della Pentecoste, dato che conosceva “solo il battesimo di Giovanni”. (Atti 18:24, 25) Eppure aveva l’ardore della convinzione e, giunto a Efeso verso il 52 E.V., cominciò a dare testimonianza nella sinagoga locale. Questo lo portò in contatto con Aquila e Priscilla, che colmarono alcune lacune del suo intendimento dell’insegnamento cristiano. Da Efeso passò in Acaia, munito di una lettera di presentazione, e là pare concentrasse la sua attività a Corinto, dove era stato preceduto da Paolo. L’intensità e il vigore con cui confutava scritturalmente gli argomenti degli ebrei increduli fu di grande aiuto ai fratelli. Così poté ‘innaffiare quello che Paolo aveva piantato’. – Atti 18:26-28; 19:1; I Cor. 3:6.
Purtroppo, quando Paolo scrisse la prima lettera ai corinti (verso il 55 E.V.), nella congregazione di Corinto si erano formate delle fazioni, e alcuni consideravano loro capo l’eloquente Apollo, mentre altri favorivano Paolo o Pietro o riconoscevano solo Cristo. (I Cor. 1:10-12) La lettera di Paolo corresse il loro errato modo di pensare, spiegando l’importanza dell’unità e la relativa poca importanza dei singoli, che non erano altro che ministri al servizio di Dio e di Cristo. (I Cor. 3:4-9, 21-23; 4:6, 7) Probabilmente Apollo si trovava a Efeso o nelle vicinanze, da dove Paolo scriveva; infatti Paolo dice di aver esortato Apollo a far visita alla congregazione di Corinto. (I Cor. 16:12) La riluttanza di Apollo ad andarvi poté essere dovuta alle vedute errate esistenti a Corinto o semplicemente al fatto che secondo lui l’attività che aveva intrapresa richiedeva ancora per un po’ la sua continua attenzione. Ad ogni modo, il breve accenno di Paolo indica che questi due attivi missionari non avevano permesso che ciò producesse una frattura nella loro unità. L’ultima menzione di Apollo è quella di Tito 3:13, dove Paolo chiede a Tito, che si trovava a Creta, di provvedere ai bisogni di Apollo per un certo viaggio.
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Apollonia
(Apollònia) [appartenente ad Apollo, luogo di Apollo].
Città della Macedonia, che prese nome dal greco dio–sole Apollo, come alcune altre città mediterranee. Si trovava nel distretto di Migdonia a una cinquantina di chilometri da Anfipoli e a una sessantina da Tessalonica, cioè a circa un giorno di viaggio da entrambe. Sorgeva sulla grande strada romana, la Via Egnatia, a S del lago Bolbe,
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