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CanonePerspicacia nello studio delle Scritture, volume 1
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Lo storico ebreo Giuseppe Flavio, rispondendo agli avversari nella sua opera Contro Apione (I, 38-40 [8]) verso il 100 E.V., conferma che a quell’epoca il canone delle Scritture Ebraiche era già fissato da lungo tempo. Egli scrive: “Non possediamo miriadi di libri incoerenti, in conflitto fra loro. I nostri libri, quelli giustamente riconosciuti, sono solo ventidue, e contengono la storia di tutti i tempi. Di questi, cinque sono i libri di Mosè, comprendenti le leggi e la storia tradizionale dalla nascita dell’uomo fino alla morte del legislatore. . . . Dalla morte di Mosè ad Artaserse, che succedette a Serse quale re di Persia, i profeti posteriori a Mosè scrissero la storia degli avvenimenti dei loro tempi in tredici libri. I rimanenti quattro libri contengono inni a Dio e precetti su come gli uomini devono condursi nella vita”.
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CanonePerspicacia nello studio delle Scritture, volume 1
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Giuseppe Flavio conferma che questo era il parere degli ebrei in generale sugli apocrifi, quando dice: “Dal tempo di Artaserse fino al nostro è stata scritta una storia completa, ma non è stata ritenuta dello stesso valore dei documenti precedenti, perché manca l’esatta successione dei profeti. Abbiamo dato una dimostrazione pratica della nostra riverenza per le nostre stesse Scritture. Poiché, nonostante siano ora passati molti secoli, nessuno si è permesso né di aggiungere, né di togliere, né di modificare una sola sillaba; ed è istintivo per ogni ebreo, dal giorno della sua nascita, considerarle come decreti di Dio, attenervisi e, se necessario, morire con gioia per esse”. — Contro Apione, I, 41, 42 (8).
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