-
SpiritoPerspicacia nello studio delle Scritture, volume 2
-
-
Perciò quando Dio creò l’uomo in Eden e gli soffiò nelle narici “l’alito [neshamàh] della vita” è evidente che, oltre a riempire d’aria i polmoni di Adamo, mediante la forza vitale o spirito (rùach) Dio diede vita a tutte le cellule del corpo umano. — Ge 2:7; cfr. Sl 104:30; At 17:25.
-
-
SpiritoPerspicacia nello studio delle Scritture, volume 2
-
-
Alito; alito di vita; forza vitale. Nel descrivere la creazione dell’uomo viene detto che Dio formava l’uomo dalla polvere della terra e quindi “gli soffiava [forma di nafàch] nelle narici l’alito [neshamàh] della vita, e l’uomo divenne un’anima [nèfesh] vivente”. (Ge 2:7; vedi ANIMA). Il termine nèfesh può essere tradotto letteralmente “uno che respira”, cioè “creatura che respira”, sia umana che animale. Neshamàh in effetti è usato nel senso di “cosa [o creatura] che respira” e come tale è praticamente sinonimo di nèfesh, “anima”. (Cfr. De 20:16; Gsè 10:39, 40; 11:11; 1Re 15:29). In Genesi 2:7 il termine neshamàh è usato nel descrivere come Dio diede vita al corpo di Adamo così che l’uomo divenne “un’anima vivente”. Altri versetti però mostrano che ciò comportava più che il semplice respirare aria, cioè più che la semplice immissione ed emissione di aria nei polmoni. Infatti in Genesi 7:22, nel descrivere la distruzione di ogni vita umana e animale fuori dell’arca al tempo del Diluvio, viene detto: “Tutto ciò nelle cui narici era attivo l’alito [neshamàh] della forza [o “spirito” (rùach)] della vita, cioè tutto ciò che era sul suolo asciutto, morì”. Quindi neshamàh, “alito”, è direttamente associato o collegato con rùach, che qui si riferisce allo spirito o forza vitale attiva in tutte le creature viventi, in tutte le anime umane e animali.
Per esempio, alla voce pnèuma il Grande Lessico del Nuovo Testamento (G. Kittel, Brescia, 1975, vol. X, col. 779) fa rilevare che ‘l’aria si può avvertire solo nel movimento’, come nel movimento del torace o nel dilatarsi delle narici, e che “proprio in questo è segno, condizione e veicolo di vita (la quale specialmente come manifestazione sensibile appare legata al respiro)”. Così neshamàh, il respiro o “alito”, è sia il prodotto di rùach, o forza vitale, che un importante mezzo per sostenere quella forza vitale nelle creature viventi. Si sa per esempio che la vita è presente in ogni singola cellula dei 100.000 miliardi di cellule del corpo e che, per quanto migliaia di milioni di cellule muoiano ogni minuto, nuove cellule viventi continuano a riprodursi costantemente. La forza vitale attiva in tutte le cellule viventi dipende dall’ossigeno che il respiro immette nel corpo e che viene trasportato in tutte le cellule dal sangue. Senza ossigeno alcune cellule cominciano a morire nel giro di minuti, altre dopo un periodo di tempo più lungo. Un individuo può restare senza respirare per alcuni minuti eppure non morire ma, se nelle cellule viene a mancare la forza vitale, muore e non è umanamente possibile rianimarlo. Le Scritture Ebraiche, ispirate dal Progettista e Creatore dell’uomo, usano evidentemente rùach per indicare questa forza vitale che è il principio stesso della vita, e neshamàh per indicare il respiro che la sostiene.
Poiché il respiro è così inseparabilmente connesso con la vita, neshamàh e rùach sono usati parallelamente in diversi versetti. Giobbe espresse la determinazione di evitare ogni ingiustizia ‘mentre il suo alito [neshamàh] era ancora tutto dentro di lui, e lo spirito [rùach] di Dio era nelle sue narici’. (Gb 27:3-5) Eliu disse: “Se [Dio] ne raccoglie a sé lo spirito [rùach] e il respiro [neshamàh], ogni carne spirerà [cioè “esalerà l’ultimo respiro”] insieme, e l’uomo terreno stesso tornerà alla medesima polvere”. (Gb 34:14, 15) Similmente Salmo 104:29 dice delle creature terrestri, sia umane che animali: “Se togli il loro spirito, spirano, e tornano alla loro polvere”. In Isaia 42:5 si parla di Geova come di “Colui che stende la terra e il suo prodotto, Colui che dà alito al popolo su di essa, e spirito a quelli che vi camminano”. Il respiro o alito (neshamàh) sostiene la loro esistenza; lo spirito (rùach) infonde energia ed è la forza vitale che permette all’uomo di essere una creatura animata, di muoversi, camminare, vivere. (Cfr. At 17:28). L’uomo non è come gli idoli di fabbricazione umana, inanimati, privi di respiro e di vita. — Sl 135:15, 17; Ger 10:14; 51:17; Aba 2:19.
Benché a volte neshamàh (alito) e rùach (spirito; forza attiva; forza vitale) siano usati con significati paralleli, non sono però sinonimi. È vero che a volte si parla dello “spirito”, o rùach, come se fosse la respirazione (neshamàh) stessa, ma questo probabilmente solo perché il respiro è la principale prova visibile che nel corpo c’è la forza vitale. — Gb 9:18; 19:17; 27:3.
Per esempio, in Ezechiele 37:1-10 è descritta la simbolica visione della valle piena di ossa secche, che si rinsaldavano, si coprivano di tendini, carne e pelle, ma “riguardo all’alito [rùach], non ce n’era in loro”. A Ezechiele fu detto di profetizzare “al vento [rùach]” con le parole: “Dai quattro venti [forma di rùach] vieni, o vento, e soffia su questi uccisi, affinché tornino a vivere”. La menzione dei quattro venti indica che in questo caso vento è la traduzione appropriata di rùach. Tuttavia quando questo “vento”, che è semplicemente aria in movimento, entrò nelle narici dei morti della visione, diventò “alito”, che pure è aria in movimento. Quindi a questo punto della descrizione (v. 10) è più appropriato tradurre rùach “alito” che “spirito” o “forza vitale”. Inoltre Ezechiele avrebbe visto che i corpi cominciavano a respirare, mentre non poteva vedere la forza vitale, o spirito, che infondeva loro energia. Come mostrano i versetti 11-14, questa visione rappresentava un ritorno alla vita spirituale (non fisica) del popolo di Israele, che per un tempo era stato in una condizione di morte spirituale durante l’esilio in Babilonia. Poiché erano già fisicamente vivi e respiravano, è logico rendere rùach “spirito” nel versetto 14, dove Dio dichiara che avrebbe messo ‘il suo spirito’ in loro affinché tornassero in vita spiritualmente parlando.
-