Ascesa e declino del commercio mondiale
Parte IV: La rivoluzione industriale e i suoi frutti
LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE ebbe inizio nel XVIII secolo e cambiò il mondo come poche altre cose avevano fatto prima d’allora. Cognizioni tecniche, capitali sufficienti, disponibilità di materie prime, possibilità di trasportarle e prodotti finiti a buon mercato: questi e altri elementi essenziali per il progresso industriale erano ora tutti presenti in Inghilterra. Fu così dato il via a un inaudito e rapido sviluppo della produzione di beni.
Il terreno, comunque, era stato preparato da avvenimenti verificatisi in precedenza. Si era cominciato a utilizzare come combustibile il carbone, che in Gran Bretagna abbondava. Inoltre, l’Europa continentale era lacerata da guerre di religione, mentre l’Inghilterra godeva di una relativa pace. Questo paese disponeva di un sistema bancario più progredito. Anche la sua rottura con la Chiesa di Roma era stata significativa, dato che il protestantesimo dava risalto al benessere economico immediato e tentava di creare, per così dire, un paradiso in terra.
Dall’inizio del quinto decennio del Settecento la popolazione della Gran Bretagna aumentò vertiginosamente. L’industria dovette trovare nuovi metodi per soddisfare l’accresciuta domanda. La tendenza generale era ovviamente quella di impiegare macchine migliori e in maggior numero. Mentre il sistema bancario provvedeva i fondi necessari per creare nuove imprese, masse di lavoratori affluivano nelle fabbriche meccanizzate. I sindacati, in precedenza vietati, vennero riconosciuti per legge. I lavoratori britannici, meno limitati dai regolamenti corporativi rispetto ai lavoratori dell’Europa continentale, erano pagati a cottimo. Questo dava loro un ulteriore incentivo a escogitare metodi di produzione migliori e più veloci.
La Gran Bretagna disponeva anche di manodopera particolarmente qualificata. Il prof. Shepard B. Clough dice che “negli ultimi decenni del Settecento le università di Glasgow e di Edimburgo non ebbero eguali nel campo della ricerca e della sperimentazione scientifica”. (Shepard B. Clough e Richard T. Rapp, Storia economica d’Europa: Lo sviluppo economico della civiltà occidentale, trad. di F. Salvatorelli, Roma, Editori Riuniti, 1984, p. 279) Così, con la Gran Bretagna in testa, la rivoluzione industriale si estese in ogni parte dell’Europa e degli Stati Uniti. Nelle nazioni in via di sviluppo continua tuttora.
Il rovescio della medaglia
In seguito a tutto questo, dice un libro di storia (The Columbia History of the World), “i centri inglesi raggiunsero notevole prosperità, rispecchiata da un migliore tenore di vita, una fiorente cultura provinciale e un’accresciuta fierezza e sicurezza”. La Gran Bretagna raggiunse addirittura “una posizione di supremazia militare, e specialmente navale, che a sua volta le diede un grande potere ‘diplomatico’”. La conoscenza approfondita di certi processi industriali diede al paese un notevole vantaggio economico sulla concorrenza. I suoi segreti industriali erano così preziosi che vennero emanate leggi per impedire che tutti li conoscessero.
Samuel Slater ad esempio, quando nel 1789 lasciò la Gran Bretagna, nascose la sua identità perché a chi lavorava nel settore tessile era vietato emigrare. Egli aggirò le leggi che proibivano l’invio all’estero di progetti di macchine tessili imparando a memoria l’intero schema di una fabbrica inglese di tessuti. Questo gli permise di costruire il primo cotonificio degli Stati Uniti.
Ancor oggi si cerca di proteggere questi segreti. La rivista Time osserva che “società e nazioni vanno a caccia di segreti industriali come squali impazziti all’ora del pasto”. Si possono risparmiare anni di ricerche e spese incalcolabili rubando la conoscenza tecnica di qualcun altro. Quindi, “che si tratti di un medicinale o di una ricetta per dolci, le aziende sono più interessate che mai a trovare modi nuovi per difendere i loro segreti”. Un addetto al reclutamento di personale per l’industria elettronica ammette: “Qui c’è tanta avidità. Se riesci a metterti nella posizione giusta, diventi miliardario all’istante”.
L’industria tessile ci permette di illustrare un altro lato negativo del progresso economico. Quando i nuovi metodi di tessitura permisero di produrre a macchina articoli di cotone, la domanda di cotone grezzo crebbe. Ma ci voleva così tanto tempo per sgranarlo a mano che l’offerta non riusciva a stare dietro alla domanda. Poi, nel 1793, Eli Whitney inventò la sgranatrice. Nel giro di vent’anni il prodotto cotoniero degli Stati Uniti aumentò di 57 volte rispetto al passato! Ma come fa notare il prof. Clough, all’invenzione di Whitney si deve anche “lo sviluppo del sistema di piantagione e dello schiavismo”. Quindi, spiega Clough, anche se la sgranatrice fu utile, essa contribuì “non poco alle tensioni fra Stati del nord e del sud che portarono infine alla guerra di secessione”. — Op. cit., p. 335.
La rivoluzione industriale favorì la concentrazione di tutta una serie di grandi fabbriche nelle mani dei ricchi. Solo loro potevano permettersi macchine costose, che per mole e peso dovevano essere sistemate permanentemente in edifici solidi. Questi edifici vennero costruiti in luoghi dove era disponibile l’energia e dove si potevano trasportare con poca spesa le materie prime. Quindi le imprese tendevano a raggrupparsi in grandi centri industriali.
L’impiego economico dell’energia necessaria per far andare le macchine — dapprima azionate ad acqua, poi a vapore — richiedeva che se ne facessero funzionare diverse contemporaneamente. Così le dimensioni delle fabbriche crebbero. E più queste diventavano grandi, più erano impersonali. I dipendenti non lavoravano più per singoli individui, ma per delle società.
Più grande era l’impresa, maggiore era il problema del finanziamento. Le società divennero più numerose, e si affermarono le società per azioni, sorte nel XVII secolo. (Vedi riquadro). Ma esse favorirono l’accentramento del potere nelle mani di pochi, perché gli investitori, o azionisti, esercitavano uno scarso controllo sulla loro gestione. Gli uomini d’affari che fungevano da amministratori di varie società o banche avevano un potere enorme. Clough parla di “amministrazioni incrociate” tramite cui “piccole consorterie potevano . . . determinare la linea di credito verso le imprese, rifiutare credito ai concorrenti e acquistare tanto potere da essere in grado di determinare la politica dei governi e anche di rovesciare regimi ad esse ostili”. (Op. cit., p. 389) — Il corsivo è nostro.
Pertanto la rivoluzione industriale rese il mondo del commercio ancora più potente. Questo potere sarebbe stato usato in modo responsabile?
Libera iniziativa o economia controllata?
In Inghilterra il capitalismo fiorì in pieno. Identificato anche con il sistema della libera iniziativa o dell’economia di mercato, il capitalismo ha prodotto miliardari a non finire oltre che il più alto tenore di vita della storia.
Comunque, persino i più accaniti sostenitori del capitalismo ne ammettono le debolezze. Per esempio, in un sistema capitalistico lo sviluppo economico è incerto. La sua instabilità causa periodicamente alti e bassi nell’economia, boom economici seguiti da periodi di depressione. Le fluttuazioni un tempo causate da forze esterne come guerre o maltempo possono essere create dal sistema economico stesso.
Una seconda debolezza è che il capitalismo, pur consentendo la produzione di beni utili, spesso causa gravi effetti collaterali: fumo, rifiuti tossici o condizioni di lavoro poco sane. Tutto questo è stato reso fin troppo evidente dalla rivoluzione industriale, che ha contribuito al cosiddetto effetto serra con le sue conseguenze indesiderate.a
Un terzo svantaggio è che il capitalismo non garantisce un’equa distribuzione della ricchezza o dei prodotti. Prendiamo, ad esempio, gli Stati Uniti. Nel 1986 le famiglie in fondo alla scala sociale, pari a un quinto del totale, guadagnavano meno del 5 per cento del reddito complessivo della nazione, mentre quelle in cima alla scala, un altro quinto, guadagnavano quasi il 45 per cento.
Quando il capitalismo raggiunse il suo massimo sviluppo durante la rivoluzione industriale, le sue debolezze non passarono inosservate. Uomini come Karl Marx lo condannarono, chiedendo che venisse sostituito con un’economia controllata o pianificata. Proponevano che fosse il governo e non il privato cittadino a stabilire gli obiettivi della produzione, a regolare i prezzi e ad amministrare gli affari. Oggi però, dopo decenni di prova nell’Unione Sovietica e nell’Europa dell’Est, questo sistema ha perso la sua attrattiva. L’economia pianificata funziona meglio quando è necessaria una pianificazione d’urto, ad esempio in tempo di guerra o nella corsa allo spazio. Quando si tratta di un mercato che deve provvedere le cose necessarie, questo tipo di economia ha delle gravi lacune.
Tuttavia i fautori del capitalismo riconosceranno, come lo riconobbe Adam Smith, sui cui insegnamenti esso si basa essenzialmente, che non si può escludere del tutto il governo dall’economia. Se si vogliono tenere ragionevolmente sotto controllo problemi come inflazione e disoccupazione, bisogna affrontarli a livello governativo. Perciò la maggioranza delle nazioni con un sistema di libera iniziativa si sono discostate dal capitalismo puro per adottare un sistema misto o modificato.
A proposito di questa tendenza viene fatta una previsione: “Sembra esserci la probabilità . . . [che] i sistemi economici perdano alcune delle nette differenze che li hanno contrassegnati in passato per ispirarsi invece a un piano comune in cui coesistano in proporzioni diverse elementi sia del libero mercato che dell’economia pianificata. Le società che adotteranno un piano comune di questo tipo potrebbero continuare a chiamarsi o capitaliste o socialiste, ma, per quel che riguarda la soluzione dei loro problemi economici, riveleranno probabilmente molti aspetti comuni pur manifestando ancora notevoli differenze”. — 1990 Britannica Book of the Year.
Accresce i problemi
Nel 1914 scoppiò la prima guerra mondiale. L’avido commercio era pronto a fornire i cannoni, i carri armati e gli aerei di cui le nazioni belligeranti avevano bisogno e che la rivoluzione industriale aveva reso possibili.
Un libro di storia (The Columbia History of the World) fa notare che, anche se “l’industrializzazione ha aiutato a risolvere molti dei problemi fisici dell’uomo”, essa ha pure “fatto nascere problemi sociali di enorme gravità e complessità”.
Oggi, 78 anni dopo il 1914, abbiamo più ragioni che mai di essere d’accordo con queste parole. Appropriatamente, la prossima parte di questa serie si intitolerà “La grande industria stringe la sua morsa”.
[Nota in calce]
a Vedi Svegliatevi! dell’8 settembre 1989.
[Riquadro a pagina 18]
Il mercato azionario: inizio e fine
Già nel XVII secolo era comune creare nuove imprese commerciali unendo il capitale di vari investitori. Le quote di capitale, o azioni, venivano offerte a un prezzo prefissato. Il sistema delle azioni è stato definito una delle più importanti invenzioni che siano state fatte nel campo dell’organizzazione commerciale. Verso la metà del Cinquecento gli inglesi avevano tentato più volte imprese del genere, ma esse divennero comuni dopo la creazione, nel 1600, della Compagnia inglese delle Indie Orientali.
Con l’aumentare delle società per azioni crebbe anche il bisogno di agenti di cambio. Dapprima essi si incontravano con i clienti in vari luoghi, talora nei caffè. In seguito vennero stabiliti luoghi fissi per la contrattazione dei titoli, le borse. La Borsa Valori di Londra fu fondata nel 1773. Ma la più vecchia del mondo potrebbe essere quella di Amsterdam, che secondo alcuni fu aperta nel 1642, o forse anche quella di Anversa, che altri affermano risalga al 1531.
Le società per azioni hanno i seguenti vantaggi: forniscono il capitale sufficiente per avviare grandi imprese; offrono al pubblico la possibilità di investire anche piccole somme; riducono l’entità della perdita per il singolo investitore qualora le quotazioni scendano; permettono agli azionisti di trasformare subito il loro capitale in denaro contante vendendo tutte le azioni o alcune di esse; e le azioni possono essere lasciate in eredità.
Le fluttuazioni impreviste nel prezzo delle azioni, però, possono avere effetti disastrosi. Inoltre, come mostrano i recenti scandali di Wall Street, il mercato può essere manovrato illegalmente, forse per mezzo di operazioni di insider trading, una pratica sempre più diffusa che consiste nell’usare o nel vendere importanti informazioni riservate — forse la notizia di un’imminente fusione fra due società — allo scopo di trarre profitto dal movimento delle azioni di quelle società. L’amico di un uomo accusato di avere effettuato un’operazione del genere nel 1989 la attribuì all’avidità. Sebbene in molti paesi stia acquistando peso l’ipotesi di vietare l’insider trading, la rivista Time ha affermato: “Le leggi non basteranno per risolvere il problema”.
Nel giorno di giudizio di Geova, che si avvicina a grandi passi, il problema sarà risolto una volta per tutte. L’argento e l’oro saranno privi di valore, e azioni e obbligazioni non varranno più della carta su cui sono stampate. Ezechiele 7:19 dice: “Getteranno il loro medesimo argento nelle vie, e il loro proprio oro diverrà una cosa orrenda”. Sofonia 1:18 aggiunge: “Né il loro argento né il loro oro li potrà salvare nel giorno del furore di Geova”.
[Immagine a pagina 17]
L’invenzione della sgranatrice portò all’impiego sempre più esteso degli schiavi come manodopera
[Fonte]
The Old Print Shop/Kenneth M. Newman