BIBLIOTECA ONLINE Watchtower
BIBLIOTECA ONLINE
Watchtower
Italiano
  • BIBBIA
  • PUBBLICAZIONI
  • ADUNANZE
  • g92 8/9 pp. 16-19
  • I celti, un popolo la cui influenza si sente ancora

Nessun video disponibile.

Siamo spiacenti, c’è stato un errore nel caricamento del video.

  • I celti, un popolo la cui influenza si sente ancora
  • Svegliatevi! 1992
  • Sottotitoli
  • Vedi anche
  • Ascesa e caduta
  • Innovatori in campo artistico
  • Un’esistenza regolata dalla religione
  • La verità sulle feste tradizionali
    Svegliatevi! 2001
  • Galazia
    Glossario
  • Dovremmo osservare le feste?
    Cosa insegna realmente la Bibbia?
  • Una strana coppia: “Halloween” e Ognissanti
    Svegliatevi! 1982
Altro
Svegliatevi! 1992
g92 8/9 pp. 16-19

I celti, un popolo la cui influenza si sente ancora

Dal corrispondente di Svegliatevi! in Italia

SE NE sente parlare poco oggi, eppure hanno lasciato un segno profondo nel mondo occidentale. Sono comparsi sulla scena più di 2.500 anni fa. Hanno influito sulla storia europea, sull’arte, sulle usanze religiose e, per quanto ciò possa sembrare strano, anche sulla nostra vita quotidiana. Di origine indoeuropea, al loro apogeo dominavano una grossa parte del mondo antico: dall’Atlantico all’Asia Minore, dall’Europa settentrionale alle coste del Mediterraneo. Di chi si tratta? Dei celti.

Senza rendercene conto, tutti i giorni abbiamo sotto gli occhi tracce dei celti. Furono proprio loro, per esempio, a diffondere in occidente l’uso dei pantaloni e a inventare la botte. Ma questo popolo ha lasciato dietro di sé anche tracce più evidenti. In certe zone europee si vedono ancora centinaia di fortificazioni collinari, gli hillfort, e tumuli che ricoprono antiche tombe: sono tutte opere dei celti. Sono di origine celtica nomi di città e di regioni, come Lione e Boemia. Se nella vostra comunità c’è l’usanza di commemorare i defunti alla fine di ottobre o all’inizio di novembre, sappiate che, secoli fa, i celti facevano la stessa cosa. E se conoscete i racconti del “ciclo di re Artù” o celebri fiabe come “Cappuccetto Rosso” o “Cenerentola”, sappiate che sono sempre lasciti più o meno diretti di quella civiltà.

Come molti altri popoli, nel corso del tempo i celti sono stati visti in maniera molto diversa a seconda di chi ne parlava. Per Platone (greco, IV secolo a.E.V.) erano bellicosi e inclini a ubriacarsi; Aristotele (greco, IV secolo a.E.V.) li cita quali esempi di sprezzo del pericolo; stando invece al geografo greco-egizio Tolomeo (II secolo E.V.), i celti temevano una sola cosa: che il cielo cadesse loro addosso! I loro nemici li presentavano in genere come barbari crudeli e non civilizzati. Grazie all’avanzare degli studi, però, oggi “possiamo tracciare un’immagine dei Celti molto diversa da quella che potevamo averne anche solo una ventina d’anni fa”, dice uno tra i più autorevoli studiosi del campo, Venceslas Kruta.

Ascesa e caduta

I celti erano in realtà una costellazione di tribù tenute insieme “da una lingua comune e da forme artigianali, strutture militari, credenze religiose sufficientemente unitarie per essere riconosciute”. (La Stampa, 23 marzo 1991, inserto “I Celti”) Per questo motivo è più corretto parlare di cultura celtica che di gruppo etnico. Galli, Celtiberi, Senoni, Cenomani, Insubri e Boi erano i nomi di alcune tribù che vivevano nelle attuali Francia, Spagna, Austria e Italia settentrionale. Altre tribù, nel corso del tempo, colonizzarono le Isole Britanniche.

Pare che il nucleo originario dei celti si sia irradiato dall’Europa centrale. Prima del VI secolo a.E.V. le fonti antiche non parlano di loro: lo storico greco Erodoto fu tra i primi a menzionarli, definendoli “gli estremi abitanti dell’Europa verso occidente”. Gli storici antichi ricordano soprattutto le loro imprese militari. All’inizio del IV secolo a.E.V. varie tribù celtiche marciarono contro gli etruschi nell’Italia settentrionale e poi contro Roma, conquistandola e andandosene — stando a cronisti latini come Tito Livio — solo dopo il pagamento di un congruo riscatto e dopo che il loro condottiero Brenno ebbe pronunciato la famosa frase: “Vae victis”, “Guai ai vinti!” Ancor oggi le gesta dei celti rivivono nelle avventure dei guerrieri galli Asterix e Obelix, protagonisti di fumetti tradotti in molte lingue.

Verso il 280 a.E.V. toccò alla Grecia fare la conoscenza con i celti, allorché un altro Brenno celtico giunse fino alle porte del celeberrimo santuario di Delfi, senza però riuscire a catturarlo. Sempre in quel periodo alcune tribù celtiche, dette dai greci galàtai, passarono il Bosforo per stanziarsi nel nord dell’Asia Minore, in quella che venne poi chiamata Galazia. Verso il 50-52 E.V. in quella zona vivevano alcuni cristiani. — Galati 1:1, 2.

Presso gli antichi i celti erano noti come guerrieri temerari e dotati di grande forza fisica. Non solo avevano un fisico imponente ma, per incutere terrore ai nemici, versavano sui capelli una mistura di acqua e gesso che, rapprendendosi, dava loro un aspetto particolarmente feroce. Ed è proprio così, con i capelli “gessati”, che li raffigurano le statue antiche. La loro corporatura, la loro foga nel combattere, le loro armi, la loro capigliatura e i loro tipici lunghi baffi contribuirono a forgiare quell’immagine di furia gallica tanto temuta dagli avversari e oggi ricordate umoristicamente nelle imprese di Asterix. Era forse anche per questo che molti eserciti dell’antichità, compreso quello del condottiero cartaginese Annibale, assoldavano mercenari celtici.

Verso la fine del I secolo a.E.V., tuttavia, la potenza dei celti era stata ormai inesorabilmente piegata. Le campagne nelle Gallie condotte da Giulio Cesare e da altri condottieri romani misero in ginocchio il loro apparato militare.

Innovatori in campo artistico

Per vari motivi, le testimonianze dirette lasciateci da questo popolo consistono quasi esclusivamente in manufatti ritrovati soprattutto in numerose tombe. Ornamenti, recipienti di vario genere, armi, monete e oggetti simili, ‘inconfondibili e originali’ a detta degli esperti, furono oggetto di intensi scambi commerciali con popoli vicini. Di recente nel Norfolk, in Inghilterra, sono stati riportati alla luce diversi oggetti in oro, tra cui alcuni torques, le tipiche collane girocollo rigide. Com’è possibile vedere nelle foto di queste pagine, la maestria degli orafi celtici era davvero straordinaria. “Sembra che il metallo sia stato il materiale d’arte per eccellenza dei Celti”, afferma uno studioso. E per lavorarlo meglio disponevano di forni molto sofisticati per quell’epoca.

Fatto curioso, a differenza della contemporanea arte greco-romana che cerca di imitare la realtà, quella celtica è soprattutto un’arte decorativa: le forme viventi sono spesso stilizzate ed abbondano gli elementi simbolici spesso con funzione magico–religiosa. L’archeologo Sabatino Moscati afferma: “Senza dubbio, siamo di fronte alla più antica, alla più grande, alla più illuminante arte ornamentale che abbia avuto l’Europa”.

Un’esistenza regolata dalla religione

La vita delle tribù celtiche era in genere molto semplice, anche all’interno degli oppida, le caratteristiche città fortificate. Le tribù erano governate da aristocrazie e, pertanto, la gente comune non contava praticamente nulla. Visto il clima rigido delle regioni in cui vivevano, le condizioni di vita non erano facili. Forse all’origine dei loro spostamenti verso sud ci furono non solo motivazioni economiche, ma anche la ricerca di climi più miti.

La religione influiva profondamente sulla vita quotidiana dei celti. “Tutto il popolo gallico è molto religioso”, scrisse Giulio Cesare. “La loro fede nell’aldilà e nell’immortalità dell’anima era tale”, riferisce lo studioso Carlo Carena citando uno storico latino, “che facevano tranquillamente dei prestiti da restituire anche all’inferno”. In molte tombe sono stati infatti ritrovati accanto ai defunti cibi e bevande che dovevano servire per il presunto viaggio nell’aldilà.

Caratteristica comune a tutte le tribù celtiche era l’esistenza di una casta sacerdotale strutturata in almeno tre categorie: bardi, vati e druidi. Mentre i primi due gruppi avevano funzioni secondarie, i veri depositari del sapere sia sacro che pratico erano i druidi, parola che significava probabilmente “molto saggi”. “Si tratta”, spiega lo studioso Jan de Vries, di “un potente sacerdozio che culmina in un druido–capo al cui verdetto, pronunciato sotto la sua direzione, tutti devono sottostare”. Erano inoltre i druidi che in tempi stabiliti, nei boschi “sacri”, procedevano al taglio rituale del vischio.

Non era facile diventare druidi. Al novizio occorrevano circa vent’anni per imparare a memoria le conoscenze religiose e tecniche della casta. I druidi, infatti, non mettevano mai per iscritto nulla che avesse a che fare con questioni religiose. Le tradizioni venivano trasmesse oralmente, ed è per questo che i celti hanno lasciato così poche notizie di se stessi. Ma perché i druidi vietavano l’uso della scrittura? Jan de Vries fa notare che “una tradizione trasmessa oralmente si rinnova ad ogni generazione: l’antico contenuto si mantiene intatto e allo stesso tempo si adatta continuamente alle mutevoli circostanze. E proprio per questo i druidi poterono mantenere il passo con le loro progressive conoscenze”. Lo scrittore Sergio Quinzio spiega che ‘il sacerdozio era l’unico detentore del sapere sacro, e la sua autorità risultava perciò ingigantita’. Era così che i druidi preservavano la loro posizione di dominio.

Poco si sa delle divinità celtiche. Anche se ne sono state trovate molte raffigurazioni, quasi tutte sono senza nome, ed è quindi difficile dire quale dio o dea rappresentassero. Alcuni dèi sono forse ritratti sul famoso calderone di Gundestrup, trovato in Danimarca. Nomi come Lug, Esus, Cernunnos, Epona, Rosmerta, Teutates o Sucello dicono ben poco a noi oggi, eppure questi dèi condizionavano profondamente la vita degli antichi celti. Non era insolito che i celti offrissero sacrifici umani (spesso nemici vinti in battaglia) in loro onore. A volte usavano come macabro ornamento le teste mozze delle vittime; in altri casi, esseri umani venivano immolati al solo scopo di trarre auspici dal modo in cui morivano.

Caratteristica saliente dell’universo religioso dei celti era poi la triade divina. Dice l’autorevole Encyclopedia of Religion: “L’elemento più importante del simbolismo celtico è probabilmente il numero tre; la rilevanza mistica del concetto di triplicità si trova quasi ovunque nel mondo, ma i celti sembrano averla sentita in modo particolarmente vivo e costante nel tempo”.

Secondo alcuni studiosi, concepire una divinità come trina o avente tre volti equivaleva a considerarla onniveggente o onnisapiente. Statue a tre facce o tre teste venivano messe all’incrocio di importanti vie di comunicazione, forse allo scopo di “sorvegliare” i traffici. A volte la triade, affermano certi studiosi, rendeva l’idea dell’“unità in tre persone”. Oggi, proprio nelle zone in cui sono state rinvenute le sculture delle divinità trine celtiche, nelle chiese della cristianità la Trinità viene rappresentata ancora nello stesso modo. Le Sacre Scritture, però, non insegnano che Dio e Gesù siano coeguali e facciano parte di una trinità. — Giovanni 14:28; 1 Corinti 11:3.

Sì, il modo di vivere e di pensare di molti popoli odierni risente dell’influenza dei celti, forse più di quanto non crediamo.

[Diagramma/Cartina a pagina 18]

(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)

Espansione dei celti

La Tène

Roma 390 a.E.V.

Delfi 279 a.E.V.

Galazia 276 a.E.V.

Mar Mediterraneo

Mare del Nord

Mar Nero

[Immagini alle pagine 16 e 17]

1. Ambiorige, capo degli Eburoni;

2. Calderone di Gundestrup;

3. Elmo di ferro;

4. Elmo di bronzo, ferro e oro;

5. Braccialetto di bronzo;

6. Testa stilizzata in pietra;

7. Vaso di terracotta: si noti la raffigurazione del dio con tre teste;

8. Torque d’oro;

9. Decorazione d’oro;

10. Torque d’oro;

11. Decorazione bronzea di un elmo, raffigurante un cinghiale

[Fonti]

Foto 2-6, 8-11 Per gentile concessione di Palazzo Grassi, Venezia; 7 Bibliothèque Nationale, Parigi

    Pubblicazioni in italiano (1950-2025)
    Disconnetti
    Accedi
    • Italiano
    • Condividi
    • Impostazioni
    • Copyright © 2025 Watch Tower Bible and Tract Society of Pennsylvania
    • Condizioni d’uso
    • Informativa sulla privacy
    • Impostazioni privacy
    • JW.ORG
    • Accedi
    Condividi