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L’orecchio: Il mezzo di comunicazione per eccellenzaSvegliatevi! 1990 | 22 gennaio
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E l’orecchio interno consta di due parti dall’aspetto strano: un insieme di tre canali semicircolari e la coclea o chiocciola.
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L’orecchio: Il mezzo di comunicazione per eccellenzaSvegliatevi! 1990 | 22 gennaio
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L’orecchio interno: la parte operativa
Dalla finestra ovale entriamo nell’orecchio interno. I tre anelli reciprocamente perpendicolari, detti canali semicircolari, ci permettono di controllare l’equilibrio e la coordinazione dei movimenti. È nella coclea, però, che comincia veramente l’attività dell’udito.
La coclea (dal greco kochlías, chiocciola) è sostanzialmente un insieme di tre dotti o canali pieni di liquido, avvolti a spirale come il guscio di una chiocciola. Due di questi dotti sono collegati all’apice della spirale. Quando la finestra ovale, alla base della spirale, è messa in movimento dalla staffa, si muove avanti e indietro a stantuffo, generando onde di pressione nel liquido. Mentre queste viaggiano verso l’apice e nella direzione opposta, fanno vibrare le pareti che separano i dotti.
Lungo una di queste pareti, detta membrana basilare, c’è il sensibilissimo organo del Corti, dal nome di Alfonso Corti, che nel 1851 scoprì il vero centro dell’udito. La sua parte principale consta di file di cellule sensoriali capellute, in numero di 15.000 o più. Da queste cellule capellute si dipartono migliaia di fibre nervose che trasmettono al cervello, che verifica le sensazioni uditive, informazioni relative a frequenza, intensità e timbro del suono.
Svelato il mistero
Come faccia l’organo del Corti a comunicare al cervello queste complicate informazioni rimase per lungo tempo un mistero. Una cosa che gli scienziati sapevano era che il cervello non risponde alle vibrazioni meccaniche ma solo ai cambiamenti elettrochimici. L’organo del Corti doveva in qualche modo convertire il movimento ondulatorio della membrana basilare in corrispondenti impulsi elettrici e inviarli al cervello.
Lo scienziato ungherese Georg von Békésy impiegò circa 25 anni per svelare il mistero di questo piccolo organo. Scoprì che le onde di pressione, mentre viaggiano nei dotti cocleari, raggiungono in qualche punto del percorso un massimo e premono sulla membrana basilare. Le onde generate da suoni ad alta frequenza premono sulla membrana vicino alla base della coclea, mentre le onde dei suoni a bassa frequenza premono sulla membrana vicino all’apice. Pertanto Békésy concluse che il suono avente una frequenza specifica produce onde che flettono la membrana basilare in un punto specifico, inducendo le cellule capellute in quel punto a reagire con l’invio di segnali al cervello. La posizione delle cellule capellute corrisponderebbe alla frequenza e il numero di cellule capellute stimolate corrisponderebbe all’intensità.
Questa spiegazione va bene per i toni semplici. I suoni che si trovano in natura, però, di rado sono semplici. Il gracidio di una rana toro ha un suono assai diverso da un colpo di tamburo anche se possono avere la stessa frequenza. Questo perché ciascun suono è formato di un tono fondamentale e di molte armoniche superiori. Il numero delle armoniche superiori e la loro relativa intensità danno a ciascun suono il suo timbro caratteristico. È così che riconosciamo i suoni che udiamo.
La membrana basilare può rispondere simultaneamente a tutte le armoniche superiori di un suono e distinguere quante e quali armoniche superiori sono presenti, identificando così il suono. I matematici la chiamano analisi di Fourier, dal nome del brillante matematico francese del XIX secolo Jean-Baptiste-Joseph Fourier. Tuttavia l’orecchio si serve da sempre di questa tecnica della matematica avanzata per analizzare i suoni uditi e trasmettere le informazioni al cervello.
Gli scienziati non sanno ancora con certezza che tipo di segnali l’orecchio interno invii al cervello. Gli studi rivelano che i segnali inviati da tutte le cellule capellute sono pressoché della stessa durata e forza. Pertanto gli scienziati credono che non sia il contenuto dei segnali a trasmettere un messaggio al cervello ma i segnali stessi.
Per capire cosa significa questo, rammentate il gioco infantile in cui un bambino racconta una storia al bambino accanto e così via sino in fondo alla fila. Quello che il bambino in fondo ode spesso non somiglia per niente alla storia originale. Se si passa da una bocca all’altra un codice, ad esempio un numero, invece della storia complicata, probabilmente non verrà distorto. E questo, evidentemente, è ciò che fa l’orecchio interno.
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L’orecchio: Il mezzo di comunicazione per eccellenzaSvegliatevi! 1990 | 22 gennaio
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ORECCHIO INTERNO
Canali semicircolari
Finestra ovale
Coclea
[Diagramma a pagina 20]
(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)
Rappresentazione schematica dei tre dotti svolti
COCLEA
Rampa vestibolare
Dotto cocleare
Rampa timpanica
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