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  • Tentativi per conseguire l’unità
    Svegliatevi! 1991 | 22 febbraio
    • I cattolici mantengono le distanze

      Cosa fece, però, la Chiesa Cattolica per attenuare lo scandalo causato dalle divisioni fra cristiani? Nel 1919 la Chiesa Cattolica fu invitata a partecipare a una discussione interconfessionale su fede e costituzione dove dovevano essere prese in considerazione divergenze in materia di dottrina e ministero. Ma papa Benedetto XV respinse questo invito. Nel 1927 la Chiesa Cattolica ricevette un altro invito a prendere parte alla prima Conferenza mondiale su “Fede e Costituzione”, da tenersi a Losanna. Delegati di varie chiese protestanti e ortodosse si incontrarono per discutere gli ostacoli all’unità, ma papa Pio XI non consentì alcuna partecipazione dei cattolici.

      Nel suo articolo su papa Pio XI un’enciclopedia dice: “La Santa Sede adottò un atteggiamento negativo nei confronti del movimento ecumenico della cristianità non cattolica”. (New Catholic Encyclopedia) Questo atteggiamento negativo sfociò in aperta ostilità nel 1928 quando il papa promulgò la sua enciclica Mortalium animos. In essa condannava il movimento ecumenico e proibiva ai cattolici di sostenerlo in qualsiasi maniera.

      Nel 1948 fu costituito il Consiglio ecumenico delle Chiese (WCC). Quando venne creato, contava fra i suoi membri quasi 150 chiese, soprattutto protestanti. Comprendeva anche alcune chiese ortodosse orientali, e altre chiese ortodosse vi aderirono in seguito. Tutte queste chiese accettavano come “base” la dichiarazione: “Il Consiglio ecumenico delle Chiese è un’associazione di chiese che confessano il Signore Gesù Cristo come Dio e Salvatore”. Nonostante questa precisa formula trinitaria, papa Pio XII rifiutò l’invito a far partecipare la Chiesa Cattolica a questo consiglio ecumenico.

      Un cambiamento da parte dei cattolici?

      Giovanni XXIII, eletto papa nel 1958 all’età di quasi 77 anni, fu considerato da molti cattolici semplicemente un “papa di passaggio”. Successe invece che aprì le finestre del Vaticano ai venti del cambiamento, venti che ancor oggi causano agitazione nei circoli cattolici. Una delle prime decisioni prese da papa Giovanni XXIII al principio del 1959 fu quella di indire un concilio ecumenico, vale a dire una riunione generale dei vescovi dell’intera Chiesa Cattolica.

      Lo scopo del concilio fu, primo, di “aggiornare la chiesa” e, secondo, di “preparare il terreno per la riunione dei fratelli separati dell’Oriente e dell’Occidente nel solo ovile di Cristo”. In armonia con questo secondo scopo, nel 1960 papa Giovanni XXIII istituì in Vaticano il Segretariato per l’unione dei cristiani. Esso venne accolto come “il primo riconoscimento ufficiale da parte della Chiesa Cattolica dell’esistenza del movimento ecumenico”.

      Non c’era dubbio che i venti del cambiamento stavano soffiando. Ma la Curia romana, il potente gruppo di prelati che formano il governo amministrativo della chiesa, era favorevole a questi cambiamenti? E in tal caso, come concepiva l’unione dei cristiani?

  • Il dilemma della Chiesa Cattolica
    Svegliatevi! 1991 | 22 febbraio
    • Il dilemma della Chiesa Cattolica

      “UNA NUOVA PENTECOSTE”. Questo era ciò che papa Giovanni XXIII auspicava per il concilio ecumenico che iniziò nel 1962 e che fu chiamato Vaticano II. Egli sperava che sarebbe stato un mezzo di rinnovamento spirituale tra i cattolici e che avrebbe prodotto cambiamenti tali da preparare la via alla riunificazione della cristianità.

      Ma queste idee dell’aggiornamento non erano condivise da tutti i prelati in Vaticano. Un’enciclopedia dice: “La decisione del papa, perciò, fu accolta freddamente dalla Curia conservatrice, la quale era convinta che la chiesa aveva prosperato sotto la leadership di Pio XII, e non vedeva nessuna buona ragione per fare i cambiamenti previsti da papa Giovanni. Alcuni cardinali del Vaticano fecero tutto il possibile per ritardare il concilio finché quel vecchio fosse uscito di scena e si potesse lasciar cadere il progetto senza rumore”. — The New Encyclopædia Britannica.

      Il Decreto del Vaticano II sull’Ecumenismo

      Papa Giovanni XXIII visse abbastanza a lungo da veder mettersi in moto il Concilio Vaticano II, ma morì poco dopo, nel giugno 1963, molto prima della conclusione del concilio stesso avvenuta nel dicembre 1965. Tuttavia il 21 novembre 1964 papa Paolo VI promulgò il Decreto sull’Ecumenismo. Nell’introduzione esso affermava: “Il ristabilimento dell’unità da promuoversi fra tutti i Cristiani, è uno dei principali intenti del Sacro Concilio Ecumenico Vaticano II”. — I Documenti del Concilio Vaticano II, Edizioni Paoline, 1966, II ediz., p. 311.

      Degno di nota è quanto ha scritto il gesuita Walter M. Abbott in un suo libro: “Il Decreto sull’Ecumenismo segna la piena adesione della Chiesa Cattolica al movimento ecumenico”. (The Documents of Vatican II) E analogamente, sotto il titolo “il cattolicesimo romano dopo il Concilio Vaticano II”, un’enciclopedia diceva ottimisticamente: “La Chiesa Cattolica ha abbandonato ufficialmente la sua posizione di ‘sola vera chiesa’”. — The New Encyclopædia Britannica.

      Ma la Chiesa Cattolica ha abbandonato veramente questa posizione? A quali condizioni si sarebbe dovuta realizzare l’unità? Dopo avere precisato i limiti dell’attività ecumenica da parte dei cattolici, il Decreto sull’Ecumenismo stabiliva: “Questo Sacro Concilio esorta i fedeli ad astenersi da qualsiasi leggerezza o zelo imprudente. . . . la loro azione ecumenica non può essere se non pienamente e sinceramente cattolica, cioè fedele alla verità che abbiamo ricevuto dagli Apostoli e dai Padri, e consona con la fede che la Chiesa cattolica ha sempre professato”. — I Documenti del Concilio Vaticano II, cit., p. 333.

      Ostacoli all’unità

      Di fatto, però, la Chiesa Cattolica non ha abbandonato la sua posizione secondo cui essa è la sola vera chiesa. Il Decreto del Vaticano II sull’Ecumenismo dichiara: “Solo per mezzo della cattolica Chiesa di Cristo, che è lo strumento generale della salvezza, si può ottenere tutta la pienezza dei mezzi di salute. In realtà al solo Collegio apostolico con a capo Pietro, crediamo che il Signore ha affidato tutti i tesori della Nuova Alleanza”. — I Documenti del Concilio Vaticano II, cit., p. 316.

      Un’opera francese di recente pubblicazione (Théo—Nouvelle Encyclopédie Catholique, 1989) dichiara: “In senso teologico il papa, come successore di Pietro, è per i cattolici l’elemento permanente dell’unità della Chiesa e dei vescovi. Sta di fatto, comunque, che il papa è la principale causa di divisione fra i cristiani”.

      La dottrina del primato del papa, che esercita un effetto divisivo, è strettamente legata ai dogmi dell’infallibilità del papa e della successione apostolica dei vescovi cattolici, e questi dogmi sono entrambi inaccettabili per la maggioranza delle chiese non cattoliche della cristianità. Il Vaticano II ha fatto qualcosa per modificare la posizione cattolica riguardo a queste dottrine?

      La Costituzione dogmatica sulla Chiesa, promulgata dal Vaticano II, al paragrafo 18 risponde dicendo: “Questo Sacrosanto Sinodo, sull’esempio del Concilio Vaticano primo [che definì il dogma dell’infallibilità del papa], insegna e dichiara che Gesù Cristo, Pastore eterno, ha edificato la santa Chiesa e ha mandato gli Apostoli come Egli stesso era stato mandato dal Padre (cfr. Gv 20, 21), e volle che i loro successori, cioè i Vescovi, fossero nella sua Chiesa pastori fino alla fine dei secoli. Affinché poi lo stesso Episcopato fosse uno e indiviso, prepose agli altri Apostoli il beato Pietro e in lui stabilì il principio e fondamento perpetuo e visibile dell’unità della fede e della comunione. Questa dottrina della istituzione, della perpetuità, del valore e della natura del sacro Primato del Romano Pontefice e del suo infallibile Magistero, il Santo Concilio la propone di nuovo a tutti i fedeli perché sia fermamente creduta, e proseguendo nello stesso disegno, ha stabilito di professare e dichiarare pubblicamente la dottrina sui Vescovi, successori degli Apostoli, i quali col successore di Pietro, Vicario di Cristo e capo visibile di tutta la Chiesa, reggono la casa del Dio vivente”.— I Documenti del Concilio Vaticano II, cit., pp. 82, 83.

      È degno di nota che questa Costituzione dogmatica sulla Chiesa fu promulgata da papa Paolo VI proprio il giorno in cui firmò il Decreto sull’Ecumenismo. E quello stesso 21 novembre 1964 fece una dichiarazione in cui proclamava “Maria ‘Madre della Chiesa’, cioè di tutti i fedeli e di tutti i pastori”. Come si può affermare che il Decreto sull’Ecumenismo ‘segnò la piena adesione della Chiesa Cattolica al movimento ecumenico’ quando il papa scelse proprio il giorno in cui venne pubblicato per riaffermare dogmi che la maggioranza dei membri del Consiglio ecumenico delle Chiese (WCC) non può assolutamente accettare?

      Il dilemma della Chiesa

      Il dott. Samuel McCrea Cavert, ex segretario generale del Consiglio Nazionale delle Chiese (USA), il quale ebbe una parte preminente nella creazione del Consiglio ecumenico delle Chiese, dichiarò: “La visione ecumenica che emerge dal Decreto [sull’ecumenismo] non concorda affatto con la sua supposizione che la Chiesa Cattolica sia l’unica vera Chiesa. . . . In relazione a ciò è l’ulteriore supposizione del primato di Pietro e della sua giurisdizione sull’intera Chiesa. Queste supposizioni sembrano indicare che l’intendimento cattolico dell’ecumenismo ha immutabilmente Roma come centro”.

      Il dott. Konrad Raiser, vice segretario generale del WCC, ha dichiarato: “Il papa [Giovanni Paolo II] sta facendo molte dichiarazioni di tono ecumenico, ma la missione che lo anima lo sta portando in un’altra direzione”.

      Questa evidente contraddizione tra l’apparente ecumenismo del Vaticano e il suo ostinato attaccamento ai propri concetti tradizionali rivela chiaramente che la Chiesa di Roma è sui corni di un dilemma. Se la sua partecipazione al movimento ecumenico per l’unità dei cristiani è sincera, allora deve rinunciare alla pretesa d’essere la sola vera chiesa. Se non vuole rinunciare a questa pretesa, deve ammettere che il suo cosiddetto ecumenismo è solo una mossa tattica per indurre le chiese ortodosse e protestanti a tornare nell’ovile cattolico.

      In parole schiette, la Chiesa Cattolica deve ammettere che le sue pretese, vecchie di secoli, sono false oppure che la sua attuale partecipazione al movimento ecumenico è ipocrisia bella e buona. In ogni caso, molti sinceri seguaci di chiese della cristianità sono perplessi. Si chiedono se l’unità fra i cristiani sarà mai conseguita.

      [Testo in evidenza a pagina 8]

      “Il Decreto sull’Ecumenismo segna la piena adesione della Chiesa Cattolica al movimento ecumenico”

      [Immagine a pagina 7]

      Il Vaticano II mise la Chiesa Cattolica sui corni di un dilemma

      [Fonte]

      UPI/Bettmann Newsphotos

  • L’unità dei cristiani è possibile?
    Svegliatevi! 1991 | 22 febbraio
    • La Chiesa Cattolica e l’unità

      La Chiesa Cattolica, che afferma di avere circa metà di tutti gli aderenti della cristianità, ha un suo concetto dell’unità dei cristiani. Al volgere del secolo furono formate varie ‘associazioni di preghiera’. Fra queste ci furono l’Arciconfraternita di Nostra Signora della Compassione per il ritorno dell’Inghilterra alla Fede cattolica, la Pia Associazione delle preghiere a Nostra Signora della Compassione per la conversione degli eretici e l’Arciconfraternita delle preghiere e delle opere buone per riportare in seno alla Chiesa i seguaci dello scisma d’Oriente.

      Nel 1908, su iniziativa di un sacerdote anglicano convertitosi al cattolicesimo, venne istituita un’annuale settimana cattolica di preghiera (18-25 gennaio) “per la conversione e il ritorno dei fratelli separati”. In seguito questa divenne l’annuale Settimana di preghiera per l’unione dei cristiani, che il Consiglio ecumenico delle Chiese (WCC) ha adottato dal principio degli anni ’50.

      Un libro cattolico afferma: “Nel gennaio di ogni anno, per molti decenni, i cattolici hanno offerto otto giorni di preghiera per l’unità della Chiesa. Fino al 1959, l’idea generale che stava alla base di questi giorni di preghiera, 18-25 gennaio, era la speranza che i protestanti ‘tornassero’ in seno alla sola vera Chiesa, e che lo scisma greco avesse fine”. — The Documents of Vatican II.

      Il Vaticano II ha fatto cambiare sostanzialmente il pensiero della Chiesa Cattolica sull’unità dei cristiani? Paolo VI, successore di papa Giovanni, promulgò la Costituzione dogmatica sulla Chiesa, che dice: “Questa è l’unica Chiesa di Cristo, che nel Simbolo professiamo una, santa, cattolica e apostolica . . . Questa Chiesa, in questo modo costituita e organizzata come società, sussiste nella Chiesa cattolica, governata dal successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui”. — I Documenti del Concilio Vaticano II, cit., p. 67.

      Quindi, il pensiero della Chiesa Cattolica sull’unità dei cristiani non è sostanzialmente cambiato. In realtà, l’idea espressa durante il Vaticano II è che tutte le cose buone che esistono al di fuori della Chiesa Cattolica in effetti le sono proprie e, perciò, come dice la Costituzione dogmatica sulla Chiesa, “spingono verso l’unità cattolica”. — I Documenti del Concilio Vaticano II, cit., p. 67.

      Ha le carte in regola per promuovere l’unità?

      Che dire della professione, così spesso ripetuta dalla Chiesa Cattolica, d’essere “una, santa, cattolica e apostolica”? Primo, il recente scisma dei cattolici tradizionalisti guidati dall’arcivescovo Lefebvre, per non parlare dell’aperta ribellione di centinaia di teologi cattolici, smentisce la pretesa della chiesa d’essere “una”.a

      Secondo, la storia della Chiesa Cattolica, una storia contraddistinta da antisemitismo, torture degli “eretici”, impulso dato alle “guerre sante” e coinvolgimento nella politica e in sordidi scandali finanziari, rivela che è tutt’altro che santa.

      Terzo, la Chiesa di Roma può difficilmente giustificare la sua pretesa d’essere “cattolica” o “universale”, visto che i suoi aderenti sono soltanto la metà circa di quelli che si dichiarano cristiani, o approssimativamente il 15 per cento della popolazione mondiale.

      Infine, né gli avvenimenti della storia, né l’operato del papato, né l’opulenza, l’immoralità e l’ingerenza di molti prelati cattolici nella politica, possono giustificare la pretesa della chiesa d’essere “apostolica”. Ovviamente la Chiesa Cattolica non ha le carte in regola per affermare d’essere il punto di partenza per conseguire la vera unità cristiana.

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