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  • Le usanze o i princìpi biblici: cosa regola la vostra vita?
    La Torre di Guardia 1987 | 1° febbraio
    • Quando, però, un’usanza non viola direttamente i princìpi biblici ma semplicemente rende più complicato servire pienamente Geova Dio, è più difficile stabilire una norma precisa e dimostrare che i princìpi biblici regolano la propria vita. La grande stima in cui sono tenuti il successo materiale e l’istruzione, la sottomissione ai genitori vita natural durante, e i matrimoni combinati dai genitori sono alcune fra le diffuse usanze che possono influire sulla propria relazione con Geova. In situazioni del genere come si possono seguire i princìpi biblici?

  • Seguire i princìpi biblici è la cosa migliore
    La Torre di Guardia 1987 | 1° febbraio
    • Seguire i princìpi biblici è la cosa migliore

      “KUNGSHI, kungshi fa tsai!” (Congratulazioni, possa tu diventare ricco!) Questo rituale augurio scambiato in occasione del capodanno cinese pone l’accento sul successo materiale come si fa un po’ ovunque. Per avere più possibilità di arricchirsi, l’istruzione può essere tenuta in così alta considerazione da diventare quasi un oggetto di adorazione. In molti paesi orientali spesso i genitori si preoccupano soprattutto di fare in modo che i figli frequentino l’asilo migliore perché possano in seguito accedere alla scuola elementare migliore, e così via sino all’università. In molti paesi occidentali, similmente, molti sono presi dalla ricerca del benessere e dalla vita comoda che esso garantisce.

      Si può mettere al confronto il generale affannarsi nel perseguire obiettivi materiali con i princìpi biblici? “Quelli che hanno determinato di arricchire cadono in tentazione e in un laccio e in molti desideri insensati e dannosi, che immergono gli uomini nella distruzione e nella rovina”, avverte l’apostolo Paolo, il quale aggiunge: “Poiché l’amore del denaro è la radice di ogni sorta di cose dannose, e correndo dietro a questo amore alcuni sono stati sviati dalla fede e si sono del tutto feriti con molte pene”. (1 Timoteo 6:9, 10) Sottolineando un fatto che è così spesso evidente quando la gente mette al primo posto nella propria vita obiettivi materiali, Ecclesiaste 5:10 afferma: “Chi semplicemente ama l’argento non si sazierà di argento, né chi ama la ricchezza si sazierà delle entrate. Anche questo è vanità”.

      Quante volte sia il marito che la moglie lavorano strenuamente per acquistare oggetti di lusso, solo per finire con l’essere così impegnati da non stare mai a casa a goderseli! Paolo, invece, prima di dare il summenzionato avvertimento a Timoteo affermò: “Davvero, è un mezzo di grande guadagno, questa santa devozione con autosufficienza. Quindi, avendo nutrimento e di che coprirci, di queste cose saremo contenti”. (1 Timoteo 6:6, 8) E Proverbi 28:20 aggiunge questo pensiero: “L’uomo di atti fedeli avrà molte benedizioni, ma chi si affretta a guadagnar ricchezze non rimarrà innocente”. Che tristezza vedere persone altrimenti cordiali e ospitali sacrificare gli elevati princìpi di onestà, dignità e correttezza nel tentativo di accumulare ricchezze sempre maggiori!

      Nella cerchia familiare

      Presso alcuni popoli e tribù c’è l’usanza di aspettarsi che i figli — in particolare le figlie, che un giorno se ne andranno di casa per sposarsi — vadano via per trovare un lavoro e spediscano alla famiglia una certa somma ogni mese per dimostrare la loro devozione filiale e per ricompensare i genitori che li hanno allevati. Ad esempio, in una famiglia di testimoni di Geova la figlia disse ai genitori che le sarebbe piaciuto recarsi in una certa città per poter diventare pioniera (cioè per svolgere il ministero a tempo pieno). Immaginate la sua delusione allorché i genitori le dissero che volevano che lei andasse a lavorare e mandasse a casa del denaro ogni mese per aiutarli! No, non erano nel bisogno dal punto di vista materiale. In questo caso, pertanto, non valeva il principio secondo cui i figli devono prendersi cura dei genitori anziani, malati o bisognosi. (Matteo 15:4-6; 1 Timoteo 5:8) Semplicemente nella loro tribù c’era l’usanza che i figli contribuissero a mettere da parte qualcosa per la famiglia. Anche se spesso questo può essere necessario a motivo della mancanza di un sistema di previdenza sociale, l’usanza veniva seguita solo per salvare la faccia nella comunità o per effetto del diffuso desiderio di “fa tsai”.

      Allorché il padre discusse la cosa con un anziano cristiano, fu incoraggiato a esaminare varie scritture e a prendere poi la sua decisione. Tra quelle portate alla sua attenzione c’era 2 Corinti 12:14 dove Paolo enuncia questo principio: “Poiché i figli non devono mettere da parte per i loro genitori, ma i genitori per i loro figli”. Dopo aver soppesato questo e altri princìpi biblici, i genitori presero la loro decisione. Come fu felice la figlia di ottenere il permesso di diventare pioniera regolare e di avere anche un certo aiuto economico!

      Sottomissione: fino a che punto?

      Un altro campo in cui usanze locali e idee molto diffuse sono spesso in contrasto con i princìpi biblici è quello della sottomissione. In alcuni paesi c’è l’usanza di richiedere la sottomissione assoluta ai genitori e ad altre autorità in qualsiasi aspetto della vita. In questi paesi non è insolito che uomini di 40 anni o più si rifiutino di leggere pubblicazioni di una religione diversa da quella dei genitori o di prendere qualsiasi decisione importante senza averli prima consultati per timore di dispiacere loro. Eppure in questi paesi si trovano sempre più di frequente giovani che si ribellano apertamente ai genitori. La Bibbia, con il suo punto di vista equilibrato, ci aiuta a evitare entrambi gli estremi. Il principio della sottomissione relativa alle autorità umane è chiaramente enunciato in Atti 4:19 e 5:29. Notate inoltre che Paolo incoraggia i figli ad essere ubbidienti ai genitori, ma mostra pure che esistono certe limitazioni: “Figli, siate ubbidienti ai vostri genitori unitamente al Signore, poiché questo è giusto: ‘Onora tuo padre e tua madre’; che è il primo comando con una promessa”. — Efesini 6:1-3.

      Un altro principio biblico che influirà sulla misura in cui ci si deve sottomettere ai propri genitori è quello della sottomissione della moglie al marito. “Le mogli siano sottomesse ai loro mariti come al Signore, perché il marito è capo della moglie”, scrisse l’apostolo Paolo. Estese quindi quel principio ricordando che dopo aver celebrato il primo matrimonio umano Geova disse: “Per questa ragione l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due diverranno una sola carne”. — Efesini 5:22-31.

      Ma che dire della situazione, esistente in molti paesi, in cui il figlio continua a vivere in casa dei genitori dopo essersi sposato? La Bibbia indica che, perlomeno nei tempi precristiani, questo accadeva spesso fra gli adoratori di Geova. In quelle circostanze il padre della casa rimaneva il capo patriarcale della famiglia, ma le mogli dovevano essere sottomesse ai rispettivi mariti. In alcuni paesi, però, molte volte va a finire che la suocera comanda la nuora. In questo modo è più difficile sia per il figlio applicare pienamente il principio dell’autorità maritale che per sua moglie essergli veramente sottomessa. Tuttavia, il figlio dovrà mantenere in equilibrio il rispetto verso i genitori con la necessità di essere capo della propria casa se vuole che Geova sia il terzo filo della simbolica ‘corda a tre capi che non si può rompere facilmente’. — Ecclesiaste 4:12.

      In alcuni paesi si presenta una situazione ancora più difficile allorché un uomo sposa una donna la cui famiglia non ha eredi maschi. Il seguente caso illustra la triste condizione di molti di questi uomini allorché, più tardi nella vita, apprendono e cercano di seguire i princìpi biblici. Un giovane cattolico sposò una donna di famiglia cattolica. Fin dall’inizio si accorse di essere disprezzato dalla famiglia di lei e di essere considerato poco più di un lavoratore non salariato tenuto a generare figli per perpetuare il nome della famiglia. Come è usanza in questi casi, l’uomo dovette rinunciare al proprio cognome lasciando che i suoi figli fossero considerati i legittimi eredi dei beni della famiglia. Quando imparò il principio dell’autorità maritale e cercò di metterlo in pratica, la reazione della moglie fu identica a quella del resto della famiglia: ‘Non hai portato nulla in questa famiglia, e pertanto non sta a te dire come vanno fatte le cose!’

      Anche se non tutti i matrimoni di questo genere arrivano a simili estremi, si può facilmente capire che là dove questa usanza è comune e ci si aspetta che il marito vi si sottometta sorgeranno problemi nel mettere in atto i princìpi biblici relativi all’autorità. Diventa molto difficile per un marito cristiano esercitare la propria amorevole autorità sulla famiglia, ed è ugualmente difficile per la moglie essere sottomessa con “profondo rispetto” al marito, anziché ai genitori, sotto il cui tetto i due probabilmente continuano a vivere. — Efesini 5:33.

      Un’altra situazione tipica in cui i princìpi biblici potrebbero scontrarsi con le usanze locali è quando sono i genitori a combinare il matrimonio dei figli. Questo spesso pone un vero problema per i figli cristiani i cui genitori sono increduli, in quanto questi ultimi pensano di non aver assolto il loro compito se i figli non si sposano entro una certa età. Vengono perciò esercitate grandi pressioni, e a volte si arriva persino alle percosse, per costringere i figli, e in particolar modo le ragazze, a sposarsi. Se non ci sono coniugi cristiani adatti, i genitori increduli faranno praticamente qualsiasi cosa pur di combinare un matrimonio, mentre il cristiano ricorderà il principio di sposarsi “solo nel Signore”. — 1 Corinti 7:39; Deuteronomio 7:3, 4.

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