Leale servizio a Geova malgrado la solitudine
ERA l’anno 1940. Fui chiamato per il servizio militare e inviato sul fronte occidentale francese. Il gruppo di soldati di cui facevo parte in un’occasione si trovò nel bel mezzo di un bombardamento; ci fu ordinato di ripararci in una zona meno esposta per cui ci sparpagliammo ed io mi allontanai di qualche centinaio di metri. Cessato il bombardamento, mi ricongiunsi con il mio battaglione. Poco prima però era stato fatto un appello e, ovviamente, quando chiamarono il mio nome io non ero presente. Facemmo ritorno in caserma, dove fui convocato dai miei superiori che mi accusarono di diserzione! A nulla valse la mia professione di innocenza: fui processato e condannato a 20 anni di reclusione in un carcere militare. Fui rinchiuso nel carcere di Gaeta, ma dopo dieci mesi venni inviato nuovamente a combattere, questa volta in Iugoslavia. Nel 1944 infine fui mandato a casa.
Il 9 luglio 1951 stavo lavorando nei campi fuori Ramacca, in Sicilia, mia terra d’origine. Inaspettatamente mi fu recapitata l’ingiunzione di presentarmi alla locale stazione dei Carabinieri. Non appena mi presentai fui arrestato e trasferito nuovamente nel carcere di Gaeta per finire di scontare la pena. Sprofondai veramente nella disperazione. Rimasi in questo stato per due anni, finché venni in contatto con un recluso che si trovava in quel carcere per obiezione di coscienza. Era un testimone di Geova e tramite lui ebbi l’occasione per la prima volta in vita mia di sentire parlare del Regno di Dio. A causa della mia condizione e delle mie sofferenze, però, allora non ero in grado di recepire il significato del messaggio biblico.
Un giorno lo vidi leggere la rivista Torre di Guardia. Gli chiesi il significato di quel titolo, “Torre di Guardia”. Egli me lo spiegò dandomi anche un’ampia testimonianza in merito al Regno di Dio. Questa volta riuscivo a seguirlo e nacque in me il desiderio di conoscere meglio tale speranza biblica. Seguirono infatti altre conversazioni scritturali.
Conobbi poi altri testimoni di Geova rinchiusi per la stessa ragione. Nel 1957 fui rilasciato ma dentro di me qualcosa era cambiato. Prima di uscire chiesi a un Testimone recluso la sua Bibbia tascabile; gliela avrei pagata per posta, una volta arrivato a casa. Egli me la diede e subito cominciai a leggerla avidamente. Purtroppo non era semplice capirla senza una guida.
Inaspettatamente giunse aiuto dall’alto. Una mia cugina abitante negli Stati Uniti venne a sapere quanto mi era accaduto e pensò bene di farmi un abbonamento dono alle riviste Torre di Guardia e Svegliatevi! Scrissi subito all’indirizzo riportato nell’ultima pagina delle riviste, alla sede di Roma, e in breve tempo ricevetti diverse pubblicazioni bibliche. Benché isolato in un paesino dell’entroterra siciliano, stavo ricevendo l’aiuto necessario per conoscere e servire Geova.
Compresi l’importanza di predicare ad altri per cui iniziai il ministero di campo da solo. Facevo tutto per conto mio: esaminavo da solo anche la “scrittura del giorno”, la trattazione di un versetto biblico con relativa spiegazione, prima di andare in predicazione. Oltre a Geova, il mio unico compagno era il mio caro mulo, che mi trasportava nelle zone intorno a Ramacca per portare la “buona notizia”. Ovviamente, non c’erano adunanze alle quali potessi assistere. L’unico modo per tenermi stretto a Geova era quello di studiare e pregare incessantemente. Per assistere alla Commemorazione annuale della morte di Cristo dovevo andare a Catania o a Paternò. Quando compresi l’importanza di simboleggiare pubblicamente la mia dedicazione a Geova, mi recai a Siracusa, in occasione di un’assemblea di circoscrizione.
Non ci volle molto perché sorgesse opposizione da parte dei miei familiari, della gente del paese e dei dintorni. Ero diventato lo zimbello della zona. Spesso quando uscivo in predicazione la sera dopo il lavoro, incontravo dei preti che inveivano per strada contro di me, a volte con parole irripetibili. Una volta la sorella di un prete mi prese per la cravatta intimandomi di smettere di predicare. Spesso andava davanti a me per avvertire le persone del mio arrivo dicendo loro di non ascoltarmi.
In seguito arrivarono le difficoltà economiche. Molti nel mio paese emigravano all’estero in cerca di fortuna e fui tentato di emigrare anch’io. Poi ragionai: “È vero che gli abitanti di Ramacca non sembrano favorevoli al messaggio del Regno e che io sono solo, ma finché sto qui per queste persone esiste una speranza; se me ne vado, però, chi predicherà loro?” Decisi allora di rimanere e continuai a perseverare da solo nell’opera di predicazione per diciassette anni. Ricevetti un aiuto rafforzante dalle programmate visite dei sorveglianti di circoscrizione. Essi mi facevano sentire l’organizzazione di Geova più vicina.
Col passare del tempo, comunque, alcuni mostrarono interesse per la verità e iniziai i primi studi biblici. Piano piano essi progredirono, compresero che era indispensabile dichiarare ad altri la verità del Regno e si battezzarono. Si formò così il primo piccolo gruppo di testimoni di Geova della zona. Questo preoccupò non poco il prete locale il quale, in un’occasione, mi si presentò insieme a un avvocato. Ci fu un’accesa discussione. Quando aprii la Bibbia, l’avvocato me la strappò dalle mani. Il prete sbraitò che avrei dovuto scordarmi la Bibbia e che non avrei dovuto neppure menzionarla. Viste fallire le loro minacce, in seguito tentarono un’altra strada: mi offrirono un lavoro assai vantaggioso a patto che smettessi di predicare. Era un periodo difficile per me e la proposta era allettante, ma non feci alcun compromesso. In quell’occasione ebbi un’ulteriore prova che lo spirito di Geova ci soccorre sempre e che non siamo mai soli.
Oggi a Ramacca c’è una bellissima congregazione con più di 60 proclamatori della buona notizia. Nonostante i miei 76 anni, continuo a servire Geova come ministro a tempo pieno. Negli anni trascorsi non ho mai perso di vista il meraviglioso futuro che Geova ha promesso e mi sono sforzato di perseguire mete valide. Ho passato molti momenti difficili ma ho potuto constatare personalmente che Geova non abbandona mai i suoi servitori. Ci è sempre vicino per mezzo del suo spirito e per mezzo della sua organizzazione. — Da un collaboratore.