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Una corte europea corregge un’ingiustiziaSvegliatevi! 1998 | 8 gennaio
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Dentro e fuori dal carcere
Un altro ministro religioso nominato dei testimoni di Geova ha dovuto affrontare una prova leggermente diversa per lo stesso motivo. L’11 settembre 1991 anche Anastasios Georgiadis presentò domanda di esenzione dal servizio militare. Sei giorni dopo l’ufficio di reclutamento gli comunicò che la sua domanda era stata respinta, anche in questo caso perché il Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa Greca non riconosce i testimoni di Geova come una religione nota. E questo nonostante le chiare sentenze emesse dalla Corte Suprema Amministrativa nel caso Tsirlis e nel caso Kouloumbas!
La risposta scritta della Direzione Generale della Difesa Nazionale diceva: “L’Amministrazione è giunta a una decisione negativa riguardo alla domanda [di Georgiadis], sulla base dell’opinione competente espressa dal Santo Sinodo della Chiesa di Grecia, il quale non considera i testimoni di Geova una religione nota”. — Il corsivo è nostro.
Il 20 gennaio Georgiadis si presentò al Campo di Addestramento di Nafplion e fu immediatamente messo in cella di rigore. In seguito fu trasferito nel carcere militare di Avlona.
Il 16 marzo 1992 il Tribunale Militare di Atene assolse Georgiadis. Era la prima volta che un tribunale militare greco riconosceva che i testimoni di Geova sono a tutti gli effetti una religione nota. Il direttore del carcere militare di Avlona lo rimise immediatamente in libertà, ma gli ordinò di presentarsi di nuovo il 4 aprile presso il centro di reclutamento di Nafplion. In quella data Georgiadis si rifiutò nuovamente di arruolarsi e fu nuovamente accusato di insubordinazione, messo in carcere per la seconda volta e rinviato a giudizio.
L’8 maggio 1992 il Tribunale Militare di Atene lo assolse dalla nuova imputazione, ma stabilì che non aveva diritto ad alcun risarcimento per la detenzione. Georgiadis fu immediatamente rilasciato dal carcere militare di Avlona, ma gli fu ordinato di presentarsi per la terza volta al centro di reclutamento di Nafplion il 22 maggio 1992! Di nuovo si rifiutò di arruolarsi e per la terza volta fu accusato di insubordinazione e incarcerato.
Il 7 luglio 1992 la Corte Suprema Amministrativa annullò la sentenza del settembre 1991, sostenendo che i testimoni di Geova appartengono a tutti gli effetti a una religione nota. Il 27 luglio 1992 Georgiadis fu finalmente liberato dal carcere militare di Salonicco. Il 10 settembre 1992 il Tribunale Militare di Salonicco lo assolse ma sostenne che non aveva diritto a un risarcimento perché anche in questo caso la sua detenzione sarebbe stata ‘dovuta a grave negligenza da parte sua’.
Una vasta reazione
Commentando il caso di Georgiadis, il Parlamento Europeo ha dichiarato: “Questa situazione è un caso di discriminazione ai danni dei ministri religiosi dei testimoni di Geova alla luce del principio di uguaglianza davanti alla legge e del diritto di ricevere un uguale trattamento”.
Nel febbraio 1992 Amnesty International affermò che “ritiene che [Anastasios Georgiadis] sia stato detenuto solo sulla base di un trattamento discriminatorio ai danni dei ministri testimoni di Geova da parte delle autorità militari e ne chiede l’immediato e incondizionato rilascio come prigioniero di coscienza”.
Persino la pubblica accusa del tribunale militare, in uno dei processi di Georgiadis, fu costretta ad affermare: “Il livello culturale di una società si nota da come affronta determinate situazioni in cui sono coinvolti i suoi cittadini. Se noi qui in Grecia desideriamo che il nostro livello culturale sia in armonia con gli standard europei, se vogliamo progredire, allora dobbiamo adeguarci alle norme internazionali e liberarci del pregiudizio. Un settore in cui questo è particolarmente evidente è il rispetto per i diritti personali dei cittadini. Tuttavia, gli episodi reali e le tattiche dell’amministrazione indicano chiaramente il pregiudizio e l’intolleranza religiosa prevalenti nei confronti delle minoranze religiose. Il caso in questione è vergognoso”.
Ian White, membro del Parlamento Europeo proveniente dalla città inglese di Bristol, ha scritto: “L’idea che i testimoni di Geova non siano ‘una religione nota’ farebbe sorridere molti in questa contea. Sicuramente, pur essendo relativamente pochi di numero, i Testimoni sono ben conosciuti in questo paese e visitano spesso le persone di porta in porta”. Con oltre 26.000 Testimoni che predicano in Grecia, difficilmente si possono definire una ‘religione sconosciuta’!
Dieci parlamentari europei hanno scritto una lettera in cui esprimono indignazione per il caso Georgiadis, dicendosi “estremamente sorpresi e addolorati” per tali violazioni dei diritti umani in Grecia.
L’appello alla Corte europea dei diritti dell’uomo
Una volta assolte e scarcerate, tutte e tre le vittime di questa discriminazione religiosa si sentirono moralmente in dovere di appellarsi alla Corte europea dei diritti dell’uomo. La motivazione del loro appello era la detenzione illegale, che di per se stessa si era rivelata ingiusta, e le torture psicologiche e fisiche che avevano subìto, come pure gli enormi danni morali e sociali derivanti dall’essere stati ripetutamente privati della libertà per un periodo di tempo così lungo. Per questi motivi chiesero un adeguato risarcimento.
La Commissione europea dei diritti dell’uomo giunse alla conclusione unanime che nei casi di Tsirlis e Kouloumbas c’era stata una violazione del diritto alla libertà e all’incolumità personale, che la loro detenzione era illegale, che avevano diritto a un risarcimento e che non avevano avuto un’udienza corretta in tribunale. La Commissione giunse a una conclusione simile nel caso di Georgiadis.
Riparata l’ingiustizia
L’udienza fu fissata per il 21 gennaio 1997. Quel giorno l’aula del tribunale era affollata: c’erano studenti della locale università, giornalisti e vari testimoni di Geova provenienti da Grecia, Germania, Belgio e Francia.
Panos Bitsaxis, l’avvocato dei Testimoni, parlò del “continuo, ostinato e pervicace rifiuto da parte delle autorità greche di riconoscere l’esistenza di una minoranza religiosa”, ovvero i testimoni di Geova. Denunciò la prassi delle autorità greche di basare la propria opinione ufficiale in merito ai Testimoni sul punto di vista dei loro principali oppositori: la Chiesa Ortodossa Greca! Proseguì dicendo: “Fino a che punto questo si può tollerare? . . . E fino a quando?” Menzionò il “rifiuto di riconoscere una data comunità religiosa, un rifiuto che appare assurdo se si nota che è direttamente, apertamente e irragionevolmente contrario alla legalità, contrario a decine di sentenze della Corte Suprema Amministrativa”.
Il rappresentante del governo greco confermò l’atteggiamento prevenuto delle autorità greche sostenendo: “Non bisogna dimenticare che praticamente tutta la popolazione della Grecia appartiene alla Chiesa Ortodossa da secoli. Una naturale conseguenza di ciò è che l’organizzazione di tale Chiesa e lo status dei suoi ministri e il loro ruolo nella Chiesa sono perfettamente chiari. . . . Lo status dei ministri della Chiesa dei Testimoni di Geova non è altrettanto chiaro”. Che flagrante ammissione dei pregiudizi che condizionano il trattamento riservato alle minoranze religiose in Grecia!
Riaffermata la libertà di religione
La sentenza fu pronunciata il 29 maggio. Il Presidente della Sezione, Rolv Ryssdal, lesse la sentenza. La Corte, composta di nove giudici, riteneva unanimemente che la Grecia aveva violato gli articoli 5 e 6 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo. Inoltre, stabiliva che ai richiedenti fosse corrisposta la somma di circa 130 milioni di lire a titolo di risarcimento e rimborso spese. Ciò che più conta, la sentenza includeva molti argomenti degni di nota a favore della libertà di religione.
La Corte riconosceva che “le autorità militari avevano ignorato sfacciatamente” il fatto che i testimoni di Geova, in base alle sentenze della Corte Suprema Amministrativa, sono riconosciuti in Grecia come “religione nota”. Essa osservava inoltre: “L’ostinazione delle autorità in questione nel non riconoscere i testimoni di Geova come ‘religione nota’ e il conseguente disprezzo per il diritto degli appellanti alla libertà sono stati di natura discriminatoria se paragonati con il modo in cui i ministri della Chiesa Ortodossa Greca ottengono l’esenzione”.
I mezzi di informazione greci hanno fatto grande pubblicità al caso. Athens News ha scritto: ‘Corte e[uropea] stronca la Grecia in un ricorso su Geova’. La sentenza del caso Tsirlis & Kouloumbas e Georgiadis contro la Grecia fa sperare che lo Stato greco adegui la propria legislazione alla sentenza della Corte europea, di modo che i testimoni di Geova in Grecia possano godere di libertà religiosa senza interferenze amministrative, militari o ecclesiastiche. Inoltre, questa sentenza va ad aggiungersi alle altre che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha pronunciato contro il sistema giudiziario greco in questioni relative alla libertà di religione.a
I testimoni di Geova apprezzano la libertà di cui godono, e si sforzano di usarla per servire Dio e aiutare il prossimo. I tre ministri Testimoni non hanno fatto ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo per un guadagno materiale, ma solo per motivi morali ed etici. Pertanto, tutti e tre hanno deciso che il risarcimento concesso loro venga usato esclusivamente per promuovere l’opera educativa dei testimoni di Geova.
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Una corte europea corregge un’ingiustiziaSvegliatevi! 1998 | 8 gennaio
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Anastasios e Koula Georgiadis
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