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Una corte europea corregge un’ingiustiziaSvegliatevi! 1998 | 8 gennaio
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Incarcerati illegalmente
In armonia con questa legge, alla fine del 1989 e all’inizio del 1990 Dimitrios Tsirlis e Timotheos Kouloumbas, ministri religiosi nominati dalla Congregazione Centrale dei Cristiani Testimoni di Geova della Grecia, presentarono domanda di esenzione dal servizio militare presso i rispettivi uffici di reclutamento. Insieme alla domanda, presentarono documenti che attestavano la loro qualifica di ministri religiosi attivi. Come ci si aspettava, le loro domande furono respinte con la motivazione capziosa che i testimoni di Geova non appartengono a una “religione nota”.
I fratelli Tsirlis e Kouloumbas si presentarono ai rispettivi centri di addestramento delle reclute e furono arrestati con l’accusa di insubordinazione e messi in carcere. Nel frattempo, la Direzione Generale della Difesa Nazionale respinse il loro appello contro la decisione degli uffici di reclutamento. Le autorità militari giustificarono la loro decisione dicendo che il Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa Greca le aveva informate che la fede dei testimoni di Geova non è una religione riconosciuta! Questo contraddiceva le sentenze di vari tribunali civili che avevano affermato che i testimoni di Geova sono a tutti gli effetti una religione nota.
A loro volta i tribunali militari giudicarono Tsirlis e Kouloumbas colpevoli di insubordinazione e li condannarono a quattro anni di carcere. I due fratelli impugnarono queste sentenze presso il Tribunale Militare d’Appello, il quale, per vari motivi, rimandò per tre volte il processo d’appello. Tuttavia, ogni volta si rifiutò di concedere agli appellanti la libertà provvisoria, nonostante la legge greca riconosca questo diritto.
Nel frattempo, nel corso di un altro procedimento legale, la Corte Suprema Amministrativa annullò le decisioni della Direzione Generale della Difesa Nazionale, riconoscendo che i testimoni di Geova appartengono a tutti gli effetti a una religione nota.
Nei 15 mesi che Tsirlis e Kouloumbas passarono nel carcere militare di Avlona furono trattati, come gli altri Testimoni detenuti, in maniera particolarmente crudele e umiliante. Una notizia dell’epoca parlava delle “squallide condizioni carcerarie in cui vivono” i detenuti testimoni di Geova, e menzionava “la carne avariata e le code di topo, che spesso vengono servite insieme al cibo, la riduzione degli orari di visita a seconda dei capricci dell’Amministrazione, la mancanza di spazio dovuta al sovraffollamento delle celle e il trattamento molto più duro riservato ai detenuti che sono obiettori di coscienza”.
Alla fine il Tribunale Militare d’Appello assolse i fratelli Tsirlis e Kouloumbas, ma nello stesso tempo stabilì che lo Stato non era obbligato a risarcirli della detenzione in quanto “tale detenzione era dovuta a grave negligenza da parte degli appellanti”. Questo sollevò domande legittime negli ambienti giuridici: Chi era colpevole di grave negligenza? I Testimoni o i tribunali militari?
I fratelli furono immediatamente rimessi in libertà e alla fine furono congedati dalle forze armate in quanto ministri religiosi. Quando furono rimessi in libertà, Amnesty International annunciò che accoglieva con piacere la notizia della liberazione di Dimitrios Tsirlis e Timotheos Kouloumbas ed esprimeva la speranza che in futuro i ministri dei testimoni di Geova sarebbero stati esentati dal servizio militare in conformità con quanto disposto dalla legge greca. Ben presto, però, questa speranza sarebbe andata in fumo.
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Una corte europea corregge un’ingiustiziaSvegliatevi! 1998 | 8 gennaio
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L’appello alla Corte europea dei diritti dell’uomo
Una volta assolte e scarcerate, tutte e tre le vittime di questa discriminazione religiosa si sentirono moralmente in dovere di appellarsi alla Corte europea dei diritti dell’uomo. La motivazione del loro appello era la detenzione illegale, che di per se stessa si era rivelata ingiusta, e le torture psicologiche e fisiche che avevano subìto, come pure gli enormi danni morali e sociali derivanti dall’essere stati ripetutamente privati della libertà per un periodo di tempo così lungo. Per questi motivi chiesero un adeguato risarcimento.
La Commissione europea dei diritti dell’uomo giunse alla conclusione unanime che nei casi di Tsirlis e Kouloumbas c’era stata una violazione del diritto alla libertà e all’incolumità personale, che la loro detenzione era illegale, che avevano diritto a un risarcimento e che non avevano avuto un’udienza corretta in tribunale. La Commissione giunse a una conclusione simile nel caso di Georgiadis.
Riparata l’ingiustizia
L’udienza fu fissata per il 21 gennaio 1997. Quel giorno l’aula del tribunale era affollata: c’erano studenti della locale università, giornalisti e vari testimoni di Geova provenienti da Grecia, Germania, Belgio e Francia.
Panos Bitsaxis, l’avvocato dei Testimoni, parlò del “continuo, ostinato e pervicace rifiuto da parte delle autorità greche di riconoscere l’esistenza di una minoranza religiosa”, ovvero i testimoni di Geova. Denunciò la prassi delle autorità greche di basare la propria opinione ufficiale in merito ai Testimoni sul punto di vista dei loro principali oppositori: la Chiesa Ortodossa Greca! Proseguì dicendo: “Fino a che punto questo si può tollerare? . . . E fino a quando?” Menzionò il “rifiuto di riconoscere una data comunità religiosa, un rifiuto che appare assurdo se si nota che è direttamente, apertamente e irragionevolmente contrario alla legalità, contrario a decine di sentenze della Corte Suprema Amministrativa”.
Il rappresentante del governo greco confermò l’atteggiamento prevenuto delle autorità greche sostenendo: “Non bisogna dimenticare che praticamente tutta la popolazione della Grecia appartiene alla Chiesa Ortodossa da secoli. Una naturale conseguenza di ciò è che l’organizzazione di tale Chiesa e lo status dei suoi ministri e il loro ruolo nella Chiesa sono perfettamente chiari. . . . Lo status dei ministri della Chiesa dei Testimoni di Geova non è altrettanto chiaro”. Che flagrante ammissione dei pregiudizi che condizionano il trattamento riservato alle minoranze religiose in Grecia!
Riaffermata la libertà di religione
La sentenza fu pronunciata il 29 maggio. Il Presidente della Sezione, Rolv Ryssdal, lesse la sentenza. La Corte, composta di nove giudici, riteneva unanimemente che la Grecia aveva violato gli articoli 5 e 6 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo. Inoltre, stabiliva che ai richiedenti fosse corrisposta la somma di circa 130 milioni di lire a titolo di risarcimento e rimborso spese. Ciò che più conta, la sentenza includeva molti argomenti degni di nota a favore della libertà di religione.
La Corte riconosceva che “le autorità militari avevano ignorato sfacciatamente” il fatto che i testimoni di Geova, in base alle sentenze della Corte Suprema Amministrativa, sono riconosciuti in Grecia come “religione nota”. Essa osservava inoltre: “L’ostinazione delle autorità in questione nel non riconoscere i testimoni di Geova come ‘religione nota’ e il conseguente disprezzo per il diritto degli appellanti alla libertà sono stati di natura discriminatoria se paragonati con il modo in cui i ministri della Chiesa Ortodossa Greca ottengono l’esenzione”.
I mezzi di informazione greci hanno fatto grande pubblicità al caso. Athens News ha scritto: ‘Corte e[uropea] stronca la Grecia in un ricorso su Geova’. La sentenza del caso Tsirlis & Kouloumbas e Georgiadis contro la Grecia fa sperare che lo Stato greco adegui la propria legislazione alla sentenza della Corte europea, di modo che i testimoni di Geova in Grecia possano godere di libertà religiosa senza interferenze amministrative, militari o ecclesiastiche. Inoltre, questa sentenza va ad aggiungersi alle altre che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha pronunciato contro il sistema giudiziario greco in questioni relative alla libertà di religione.a
I testimoni di Geova apprezzano la libertà di cui godono, e si sforzano di usarla per servire Dio e aiutare il prossimo. I tre ministri Testimoni non hanno fatto ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo per un guadagno materiale, ma solo per motivi morali ed etici. Pertanto, tutti e tre hanno deciso che il risarcimento concesso loro venga usato esclusivamente per promuovere l’opera educativa dei testimoni di Geova.
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Una corte europea corregge un’ingiustiziaSvegliatevi! 1998 | 8 gennaio
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Esther e Dimitrios Tsirlis
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