BIBLIOTECA ONLINE Watchtower
BIBLIOTECA ONLINE
Watchtower
Italiano
  • BIBBIA
  • PUBBLICAZIONI
  • ADUNANZE
  • Intolleranza religiosa oggi
    Svegliatevi! 1999 | 8 gennaio
    • Intolleranza religiosa oggi

      “Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti”. ARTICOLO 18 DELLA DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL’UOMO (1948).

      IL VOSTRO paese vi garantisce libertà di religione? Quasi tutti i paesi del mondo in apparenza difendono questo nobile principio, che è stato incluso in molte dichiarazioni internazionali. Eppure si calcola che, in numerosi paesi in cui intolleranza e discriminazione sono dure realtà, innumerevoli milioni di persone oggi non godano della libertà di religione. D’altra parte, molti vivono in società multirazziali, multietniche o multireligiose in cui la libertà è garantita dalla legge e la tolleranza sembrerebbe parte integrante della cultura del paese.

      Anche in questi luoghi, però, alcuni vedono minacciata la propria libertà di religione. “Le discriminazioni basate sulla religione o sul credo esistono in quasi tutti i sistemi economici, sociali e ideologici e in ogni parte del mondo”, ha osservato Angelo d’Almeida Ribeiro, ex Relatore Speciale della Commissione dell’ONU per i Diritti Umani. Gli autori di un libro pubblicato nel 1997 che fa il punto sulla libertà di religione e di opinione nel mondo affermano: “Persecuzione religiosa delle confessioni minoritarie, . . . condanna di determinati credi e diffusa discriminazione . . . sono realtà quotidiane alla fine del ventesimo secolo”. — Kevin Boyle e Juliet Sheen, Freedom of Religion and Belief—A World Report.

      Ma la discriminazione in campo religioso non colpisce solo le minoranze religiose. Secondo il prof. Abdelfattah Amor, membro della Commissione dell’ONU per i Diritti Umani e Relatore Speciale sull’intolleranza religiosa, “nessuna religione è immune dalle violazioni”. È molto probabile, quindi, che dove vivete alcune religioni debbano fare i conti regolarmente con l’intolleranza e il pregiudizio.

      Le molte facce della discriminazione

      La discriminazione religiosa può assumere molte forme. Alcuni paesi semplicemente escludono tutte le religioni tranne una, elevandola, in pratica, a religione di stato. In altri paesi vengono promulgate leggi che limitano l’attività di certe confessioni religiose. Certi paesi hanno varato leggi che sono state interpretate in maniera arbitraria. Pensate quali conseguenze potrebbe avere una legge che è stata proposta in Israele, la quale punirebbe l’importazione, la stampa, la distribuzione e il possesso di opuscoli o materiale “che in qualche modo incoraggi la conversione religiosa”. Non sorprende che l’International Herald Tribune riferisca: “In Israele i testimoni di Geova hanno subìto angherie e aggressioni”. A Lod fanatici ultraortodossi hanno fatto irruzione per tre volte in una Sala del Regno dei Testimoni di Geova e due volte vi hanno compiuto atti vandalici; la polizia ha lasciato fare.

      Il libro citato prima menziona altri esempi di intolleranza: “Eresie ed eretici non sono solo fantasmi del passato. . . . Rifiuto, persecuzione e discriminazione nei confronti di chi ha intrapreso una strada diversa continuano ad alimentare gravi forme di intolleranza. Gli ahmadiyyah in Pakistan e i [bahāʼī] in Egitto, Iran e Malaysia ne sono una dimostrazione, come lo sono i testimoni di Geova in vari paesi dell’Europa orientale, in Grecia e a Singapore”. È evidente che la libertà di religione è in pericolo in molte parti del mondo.

      Di fronte a questa situazione Federico Mayor, direttore generale dell’UNESCO (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura), ha dichiarato che “il mondo che noi vediamo emergere . . . non ispira certo slanci di entusiasmo o di gioia. . . . I venti della libertà hanno riacceso le ceneri dell’odio”. (Il Corriere dell’UNESCO, dicembre 1992) Confermando questi timori, il direttore del Centro per i diritti umani dell’Università dell’Essex, nel Regno Unito, ha osservato: “Tutti i fatti portano a concludere che nel mondo moderno l’intolleranza religiosa . . . sta aumentando anziché diminuire”. Questo aumento dell’intolleranza mette in pericolo la libertà di religione, forse anche la vostra. Ma perché la libertà di religione è così importante?

  • Libertà di religione: Un bene o un male?
    Svegliatevi! 1999 | 8 gennaio
    • Libertà di religione: Un bene o un male?

      La nascita del concetto di libertà di religione nella cristianità è stata molto sofferta. È stata una lotta contro il dogmatismo, il pregiudizio e l’intolleranza. È costata incalcolabili migliaia di vite in sanguinosi conflitti di religione. Cosa ci insegna questa storia dolorosa?

      “LA PERSECUZIONE è stato un fatto costante nella storia del cristianesimo”, scrive Robin Lane Fox nel libro Pagani e cristiani.a I primi cristiani venivano definiti una setta e accusati di essere un pericolo per l’ordine pubblico. (Atti 16:20, 21; 24:5, 14; 28:22) Di conseguenza, alcuni furono torturati o dati in pasto alle belve nelle arene romane. Di fronte a tale aspra persecuzione alcuni invocarono la libertà di religione. Fra questi ci fu Tertulliano (vedi foto a pagina 8), il quale nel 212 E.V. scrisse: “Appartiene al diritto umano e alla naturale libertà di ciascuno l’adorare quello che si vuole”.b

      Nel 313 E.V., sotto Costantino, i cristiani cessarono di essere perseguitati in virtù dell’editto di Milano, che garantiva libertà di religione tanto ai cristiani quanto ai pagani. Con la legalizzazione del “cristianesimo” nell’impero romano le cose cambiarono. Poco dopo il 340 E.V., però, uno scrittore che si professava cristiano sostenne che si dovevano perseguitare i pagani. Infine, nel 392 E.V., con l’editto di Costantinopoli, l’imperatore Teodosio I bandì il paganesimo dall’impero, e la libertà di religione morì prematuramente. Con il “cristianesimo” di Roma come religione di stato, chiesa e stato intrapresero una campagna persecutoria che durò secoli, e che raggiunse il culmine con le sanguinose crociate, combattute tra l’XI e il XIII secolo, e con le crudeli Inquisizioni, che ebbero inizio nel XII secolo. Chi osava mettere in discussione l’ortodossia ufficiale, il monopolio del dogma, veniva bollato come eretico e braccato dalle autorità in un clima di caccia alle streghe. Come mai succedeva tutto questo?

      L’intolleranza religiosa veniva giustificata sostenendo che l’unità religiosa fosse il fondamento più solido per lo stato e che le differenze di religione costituissero un pericolo per l’ordine pubblico. In Inghilterra, nel 1602, un ministro della regina Elisabetta affermò: “Lo stato non è mai al sicuro se tollera due religioni”. In realtà era molto più facile proscrivere i dissidenti religiosi che stabilire se rappresentavano davvero un pericolo per lo stato o per la religione ufficiale. La Catholic Encyclopedia osserva: “Né le autorità secolari né quelle ecclesiastiche si preoccuparono minimamente di distinguere tra eretici pericolosi ed eretici innocui”. Ma ci sarebbero stati ben presto dei cambiamenti.

      La nascita sofferta della tolleranza

      A creare le premesse per questi cambiamenti in Europa furono gli sconvolgimenti causati dal protestantesimo, un movimento settario che non si riusciva a sradicare. Con rapidità sbalorditiva, la Riforma protestante spaccò in due l’Europa, portando alla ribalta l’idea della libertà di coscienza. Il famoso riformatore Martin Lutero, ad esempio, nel 1521 giustificò le sue opinioni dicendo: “La mia coscienza è vincolata alla Parola di Dio”.c Le divisioni fecero scoppiare anche la guerra dei Trent’anni (1618-48), una serie di crudeli guerre di religione che devastarono l’Europa.

      Molti, però, si rendevano conto che quegli scontri non portavano a nulla. Così si cercò, inutilmente, di riportare la pace nell’Europa dilaniata dalle guerre con una serie di editti, come quello di Nantes, emanato in Francia nel 1598. Fu da questi editti che un po’ alla volta prese forma il concetto moderno di tolleranza. All’inizio la parola “tolleranza” aveva una connotazione negativa. “Se, a certe condizioni, si concede tolleranza alle sette . . . , sarà male, lo ammetto, ma in nessun modo un male paragonabile alla guerra, e che guerra!”,d scrisse il famoso umanista Erasmo da Rotterdam nel 1530. Vista questa sfumatura negativa alcuni, come il francese Paul de Foix nel 1561, preferirono parlare di “libertà di religione” anziché di “tolleranza”.

      Con il tempo, però, la tolleranza cominciò ad essere vista non come il male minore, ma come tutela delle libertà. Non era più considerata una forma di debolezza, bensì una garanzia. Quando il pluralismo ideologico e il diritto di pensarla diversamente cominciarono ad essere apprezzati come fondamento della società moderna, il fanatismo dovette cedere il passo.

      Alla fine del XVIII secolo si cominciò a collegare la tolleranza con la libertà e l’uguaglianza. Questo venne espresso sotto forma di leggi e dichiarazioni, come la famosa Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, promulgata in Francia nel 1789, e la Dichiarazione dei diritti americana del 1791. Man mano che questi documenti cominciarono a influenzare il pensiero liberale dal XIX secolo in poi, la tolleranza e quindi la libertà furono viste non più come un male bensì come un bene.

      Libertà relativa

      Per quanto preziosa, la libertà è solo relativa. In nome di una maggiore libertà per tutti, lo stato emana delle leggi che limitano certe libertà individuali. Alcune questioni legate alla libertà che attualmente vengono dibattute in molti paesi europei sono: Fino a che punto le leggi dovrebbero interferire nella vita privata dei cittadini? Quanto sono efficaci? Come influiscono sulla libertà?

      Il dibattito sulle libertà collettive e su quelle individuali è stato portato alla ribalta dai mezzi di comunicazione. Alcuni gruppi religiosi sono stati accusati di lavaggio del cervello, estorsione, abusi all’infanzia e molti altri reati gravi, spesso senza nessuna prova concreta. La stampa ha dato ampio spazio a notizie di cronaca che riguardavano minoranze religiose. Etichette dispregiative come “setta” sono entrate nell’uso comune. Dietro la spinta dell’opinione pubblica, alcuni governi sono arrivati al punto di stilare elenchi di cosiddette “sette pericolose”.

      La Francia è un paese che va fiero della sua tradizione di tolleranza e di separazione tra chiesa e stato. Si proclama con orgoglio la patria dei valori di “libertà, uguaglianza, fraternità”. Eppure, secondo il già citato libro che analizza la situazione mondiale per quanto riguarda la libertà di religione e di opinione, proprio in Francia è stata raccomandata “una campagna educativa nelle scuole per incoraggiare [i ragazzi] a respingere i nuovi movimenti religiosi”. (Freedom of Religion and Belief—A World Report) Molti ritengono che azioni di questo genere rappresentino un pericolo per la libertà di religione. In che senso?

      La libertà di religione è in pericolo

      Ci può essere vera libertà di religione solo se lo stato tratta allo stesso modo tutti i gruppi religiosi che rispettano e osservano la legge. Questo presupposto viene a mancare nel momento in cui lo stato decide arbitrariamente quali gruppi religiosi non siano da ritenersi religioni, negando loro in questo modo i benefìci che lo stato concede alle religioni. “Il sacro concetto di libertà di religione suona vuoto quando lo stato si arroga il diritto di certificare le religioni nello stesso modo in cui emette le patenti di guida”, osservava la rivista Time nel 1997. Di recente una corte d’appello francese ha dichiarato che questo modo di fare “porta, consapevolmente o inconsapevolmente, al totalitarismo”.

      Le libertà fondamentali sono in pericolo anche quando un solo gruppo detiene il monopolio dei mezzi di informazione. Purtroppo, questo è quanto avviene in un numero sempre maggiore di paesi. Ad esempio, per stabilire cosa è corretto sul piano religioso, alcune organizzazioni antisette si sono autoinvestite dei ruoli di pubblica accusa, giudice e giuria e poi hanno cercato di imporre al pubblico, attraverso i mezzi di comunicazione, il loro punto di vista fazioso. Ma così facendo, ha detto il quotidiano francese Le Monde, a volte queste organizzazioni dimostrano “lo stesso spirito settario che dovrebbero combattere, e rischiano di creare un clima di ‘caccia alle streghe’”. Il quotidiano chiedeva: “La stigmatizzazione sociale di cui sono oggetto i gruppi religiosi minoritari . . . non rischia di mettere a repentaglio libertà fondamentali?” Una rivista di psicologia della religione citava queste parole di Martin Kriele: “La caccia alle streghe di cui sono oggetto le sette desta più preoccupazione della stragrande maggioranza delle ‘cosiddette sette e psicosette’. La questione è semplice: I cittadini che non violano la legge dovrebbero essere lasciati in pace. Religione e ideologia dovrebbero essere e rimanere libere, anche in Germania”. (Zeitschrift für Religionspsychologie) Prendiamo in esame un esempio.

      “Cittadini modello” fatti passare per pericolosi

      Quale gruppo religioso è stato definito “la più pericolosa di tutte le sette” dalle autorità cattoliche nel noto quotidiano spagnolo ABC? Forse vi sorprenderà sapere che ABC stava parlando dei testimoni di Geova. Le accuse mosse contro di loro si basano su dati imparziali e obiettivi? Notate le seguenti dichiarazioni prese da altre fonti:

      “I testimoni [di Geova] insegnano a pagare con onestà le tasse, a non partecipare alla guerra né alla sua preparazione, a non rubare ed in genere a condurre un tipo di vita che se fosse maggiormente diffuso porterebbe ad un innalzamento del livello di convivenza civile”. — Sergio Albesano in Talento, novembre-dicembre 1996.

      “Contrariamente alle insinuazioni fatte circolare ogni tanto, non mi pare che [i testimoni di Geova] rappresentino il benché minimo pericolo per le istituzioni dello Stato. Sono cittadini che amano la pace, sono scrupolosi e rispettano le autorità”. — Un parlamentare belga.

      “I Testimoni di Geova si possono riconoscere come le persone più oneste della Repubblica Federale di Germania”. — Sindelfinger Zeitung, quotidiano tedesco.

      “Potete considerarli cittadini modello. Pagano con diligenza le tasse, curano i malati, combattono l’analfabetismo”. — San Francisco Examiner, quotidiano americano.

      “I testimoni di Geova riescono meglio dei seguaci di altre denominazioni a mantenere unioni coniugali stabili”. — American Ethnologist.

      “I testimoni di Geova sono tra i cittadini più corretti e diligenti dei paesi africani”. — Bryan Wilson, Università di Oxford.

      “Nel corso dei decenni i membri di questa fede hanno contribuito moltissimo ad estendere la libertà di coscienza”. — Nat Hentoff, Free Speech for Me—But Not for Thee.

      “Hanno . . . contribuito in maniera concreta a preservare alcuni dei beni più preziosi della nostra democrazia”. — Charles S. Braden, These Also Believe.

      Come indicano queste citazioni, i testimoni di Geova sono conosciuti in tutto il mondo come cittadini esemplari. In più, sono noti per l’opera gratuita di istruzione biblica che svolgono e per il fatto che promuovono i valori della famiglia. I loro corsi di alfabetizzazione hanno insegnato a leggere e scrivere a centinaia di migliaia di persone, e i loro interventi umanitari nel corso dei decenni hanno aiutato migliaia di persone, soprattutto in Africa.

      L’importanza dell’obiettività

      La società è piena di gente senza scrupoli che si approfitta di vittime innocenti. Pertanto, bisogna stare in guardia quando si parla di religione. Ma fino a che punto possono essere obiettivi e favorevoli alla libertà di religione quei giornalisti che, invece di consultare esperti imparziali, si basano su informazioni fornite da chiese che vedono assottigliarsi il proprio gregge o da organizzazioni antisette sulla cui imparzialità vi sono seri dubbi? Il quotidiano che ha definito i testimoni di Geova “la più pericolosa di tutte le sette”, ad esempio, ammetteva che le sue fonti erano “gli esperti della Chiesa [Cattolica]”. Inoltre, una rivista francese faceva notare che la maggioranza degli articoli che avevano a che fare con presunte sette provenivano da organizzazioni antisette. Vi sembra il modo più imparziale per ottenere informazioni obiettive?

      Tribunali e organizzazioni internazionali che si occupano dei diritti umani fondamentali, come l’ONU, affermano che “la distinzione tra religione e setta è troppo artificiosa per essere accettabile”. E allora perché alcuni insistono a usare il termine dispregiativo “setta”? Questa è un’ulteriore prova che la libertà di religione è in pericolo. Cosa si può fare, dunque, per proteggere questa libertà fondamentale?

      [Note in calce]

      a Trad. di M. Carpitella, Laterza, Roma-Bari, 1991, p. 449.

      b Da A Scapula, II, 2, in Opere scelte, a cura di C. Moreschini, UTET, Torino, 1974.

      c R. H. Bainton, Lutero, trad. di A. Comba, Einaudi, Torino, 1960, p. 154.

      d R. H. Bainton, Erasmo della cristianità, trad. di A. Biondi, Sansoni, Firenze, 1970, p. 260.

      [Riquadro/Immagini a pagina 8]

      Difesero la libertà di religione

      In mezzo a quel bagno di sangue che furono le guerre di religione nell’Europa del XVI secolo delle voci si levarono in difesa della libertà di religione. Quegli appelli sono tuttora attuali.

      Sébastien Castellion (1515-63): “Che cos’è un eretico? Non trovo altro se non che teniamo per eretici tutti coloro che non sono della nostra opinione. . . . Se in questa città o regione sei reputato un vero credente, in quella dopo sarai reputato eretico”. Famoso erudito francese, traduttore della Bibbia ed energico difensore della tolleranza religiosa, Castellion toccò uno dei tasti fondamentali del dibattito sulla libertà di religione: Chi stabilisce chi è eretico?

      Dirck Volckertszoon Coornhert (1522-90): “Leggiamo che anticamente . . . persino Cristo stesso a Gerusalemme e dopo di lui molti martiri in Europa . . . causarono turbamento con le loro parole di verità. . . . Bisogna definire in modo retto e chiaro cosa si intenda con ‘causare turbamento’”. Coornhert sosteneva che non bisognava equiparare divergenze religiose e turbamento dell’ordine pubblico. Egli chiese: Persone che ubbidiscono scrupolosamente alla legge e la rispettano rappresentano davvero una minaccia per l’ordine pubblico?

      Pierre de Belloy (1540-1611): È “da ignoranti credere che la diversità di religione crei e fomenti tumulti nello Stato”. Secondo questo giurista francese che scrisse al tempo delle guerre di religione (1562-98) l’armonia dello stato non si fonda sull’uniformità religiosa a meno che, naturalmente, il governo non sia asservito a ingerenze religiose.

      Thomas Helwys (ca. 1550-ca. 1616): “Se [i sudditi del re] sono ubbidienti e fedeli a tutte le leggi umane, egli non ha null’altro da richiedere loro”. Helwys, uno dei fondatori del movimento battista inglese, scrisse a favore della separazione fra chiesa e stato, incoraggiando il re a concedere libertà di religione a tutte le chiese e le sette e ad accontentarsi di detenere il potere civile su persone e beni. I suoi scritti puntualizzavano un problema di grande attualità: Fino a che punto lo stato dovrebbe controllare la sfera spirituale?

      Anonimo (1564): “Per introdurre la libertà di coscienza non basta permettere a un individuo di astenersi dall’esercizio di una religione che disapprova se nello stesso tempo il libero esercizio di quella che egli approva non è permesso”.

  • Tutelare le libertà: Come?
    Svegliatevi! 1999 | 8 gennaio
    • Tutelare le libertà: Come?

      NELLA cittadina di Rengasdengklok, in Indonesia, vari gruppi etnici erano vissuti insieme pacificamente per anni. Ma l’apparente tolleranza cessò il 30 gennaio 1997. La violenza esplose quando un fedele, in occasione di una festività religiosa, cominciò a suonare il tamburo verso le tre di notte. Disturbato dal rumore, un vicino di un’altra religione lo ricoprì di insulti. Ci fu un aspro diverbio, e cominciarono a volare le pietre. Giunse l’alba, e il tumulto crebbe man mano che altri si schieravano dall’una o dall’altra parte. Alla fine della giornata due templi buddisti e quattro chiese della cristianità erano stati distrutti. Il quotidiano International Herald Tribune riportò la notizia con il titolo: “Fiammata di intolleranza provoca tumulti etnici”.

      In molti paesi capita spesso che minoranze etniche i cui diritti sono tutelati dalla legge si ritrovino ad essere oggetto di intolleranza. È chiaro che non basta garantire legalmente la libertà per eliminare alla radice il problema dell’intolleranza. Il fatto che l’intolleranza covi sotto la cenere non vuol dire che non esista. Basta che un giorno le circostanze cambino e magari si crei un’atmosfera di pregiudizio, e l’intolleranza latente può facilmente manifestarsi. Anche se non c’è persecuzione diretta vi può essere animosità, oppure certe idee possono venire represse. Come si può evitare che ciò avvenga?

      Le radici dell’intolleranza

      È una tendenza naturale respingere o considerare con sospetto ciò che è diverso o insolito, soprattutto nel caso di idee diverse dalle nostre. Questo significa forse che la tolleranza sia un traguardo irraggiungibile? La pubblicazione dell’ONU Elimination of All Forms of Intolerance and Discrimination Based on Religion or Belief (Eliminazione di ogni forma di intolleranza e di discriminazione per motivi di religione o di credo) dice che ignoranza e mancanza di comprensione sono “tra le principali cause di intolleranza e discriminazione in materia di religione e di credo”. Ma l’ignoranza, la causa prima dell’intolleranza, si può combattere. Come? Con un’istruzione equilibrata. “L’educazione potrebbe essere il mezzo più efficace per combattere la discriminazione e l’intolleranza”, afferma un rapporto della Commissione dell’ONU per i Diritti Umani.

      A cosa dovrebbe mirare questa istruzione? La rivista Il Corriere dell’UNESCO dice che, anziché incoraggiare a respingere i movimenti religiosi, “l’educazione alla tolleranza deve mirare a ostacolare le influenze che portano alla paura e all’esclusione dell’altro e deve aiutare i giovani a sviluppare la loro capacità di giudizio indipendente, di riflessione critica e di ragionamento etico”. — Giugno 1996.

      È ovvio che i mezzi di informazione possono avere un ruolo importante nell’incoraggiare la “riflessione critica” e il “ragionamento etico”. Molte organizzazioni internazionali riconoscono il potere che tali mezzi hanno nel plasmare il modo di pensare e nel promuovere la comprensione reciproca. Ma se i mezzi di informazione devono promuovere la tolleranza anziché fomentare l’intolleranza, come fanno alcuni, c’è bisogno di un giornalismo obiettivo e responsabile. A volte i giornalisti devono andare contro corrente. Devono fare un’analisi obiettiva e osservazioni imparziali. Ma basta questo?

      Il modo migliore per combattere l’intolleranza

      Tolleranza non significa che tutti la debbano pensare allo stesso modo. La gente può avere idee diverse. Una persona può essere fermamente convinta che le idee di un altro siano profondamente sbagliate. Le opinioni diverse si possono anche dibattere pubblicamente. Ma fino a quando non si diffondono menzogne per cercare di suscitare il pregiudizio, questa non è intolleranza. L’intolleranza si manifesta quando un gruppo viene perseguitato, preso di mira con leggi speciali, emarginato, proscritto o quando gli viene impedito in qualche altro modo di agire in armonia con le proprie convinzioni. Nei casi più estremi di intolleranza, c’è chi uccide e chi deve morire per le proprie idee.

      Come si fa a combattere l’intolleranza? La si può smascherare pubblicamente, come fece l’apostolo Paolo con i capi religiosi del suo tempo. (Atti 24:10-13) Quando è possibile, però, il modo migliore per combatterla è darsi da fare per prevenirla, promuovere la tolleranza, ovvero educare la gente a comprendere meglio gli altri. Il già citato rapporto dell’ONU sull’eliminazione dell’intolleranza dice: “Giacché tutte le forme di intolleranza e discriminazione basate sulla religione o sul credo nascono nella mente umana, è sulla mente umana che bisogna cominciare a lavorare”. Una simile opera di educazione potrebbe persino portare alcuni individui a rivedere le proprie convinzioni.

      Federico Mayor, direttore generale dell’UNESCO, ha scritto: “La tolleranza è la virtù di chi ha una forte convinzione”. Scrivendo sulla rivista Réforme, il sacerdote domenicano Claude Geffré ha detto: “La vera tolleranza si fonda su una salda convinzione”. Chi è convinto delle proprie credenze difficilmente si sentirà minacciato dalle credenze altrui.

      I testimoni di Geova hanno riscontrato che un modo eccellente per promuovere la tolleranza è parlare con persone che la pensano diversamente. I Testimoni prendono seriamente la profezia di Gesù secondo cui “questa buona notizia del regno sarà predicata in tutta la terra abitata, in testimonianza a tutte le nazioni”, e sono ben noti per il loro ministero pubblico di evangelizzazione. (Matteo 24:14) Svolgendo quest’opera hanno modo di sentire persone di molte religioni diverse, come pure atei, che spiegano le proprie credenze. A loro volta, i Testimoni sono pronti a spiegare le proprie a chi desidera ascoltare. In questo modo promuovono una maggiore conoscenza e comprensione fra le persone. Tale conoscenza e tale comprensione preparano il terreno per la tolleranza.

      Oltre la tolleranza

      Nonostante le migliori intenzioni di molti e gli assidui sforzi di alcuni, è chiaro che oggi l’intolleranza religiosa continua a essere un problema. Perché ci sia un vero cambiamento ci vuole dell’altro. Il quotidiano francese Le Monde des débats ha evidenziato il problema dicendo: “La società moderna soffre troppo spesso di un vuoto affettivo e spirituale. La legge può tutelare la libertà da chi la mette in pericolo. Essa può e deve garantire l’uguaglianza al suo cospetto, senza arbitrarie discriminazioni”. Un libro su democrazia e tolleranza ammette: “Abbiamo ancora molta strada da fare prima di raggiungere l’obiettivo di elevare la comprensione e il rispetto reciproci a norma universale di condotta”. — Democracy and Tolerance.

      La Bibbia promette che presto l’umanità sarà unita nella pura adorazione del solo vero Dio. Questa unità porterà a una vera fratellanza mondiale in cui prevarrà il rispetto per gli altri. L’umanità non sarà più piagata dall’ignoranza, in quanto il Regno di Dio insegnerà alle persone le vie di Geova, soddisfacendo così i loro bisogni intellettuali, emotivi e spirituali. (Isaia 11:9; 30:21; 54:13) In tutta la terra ci saranno vera uguaglianza e libertà. (2 Corinti 3:17) Sì, acquistando accurata conoscenza dei propositi di Dio per il genere umano potete combattere l’ignoranza e l’intolleranza.

      [Riquadro/Immagine a pagina 11]

      Una minaccia per la libertà religiosa

      Negli ultimi anni, in Francia, le autorità hanno cercato di ostacolare i testimoni di Geova non concedendo loro gli stessi benefìci di cui godono le altre religioni. Di recente, le offerte ricevute per sostenere le attività religiose dei Testimoni sono state tassate pesantemente. Le autorità francesi hanno imposto ingiustamente un onere fiscale di 50 milioni di dollari (fra tasse e morosità), con l’evidente intento di paralizzare questo gruppo di cristiani che in Francia conta 200.000 tra aderenti e simpatizzanti. Questa è un’azione dettata da uno sfacciato pregiudizio religioso e viola ogni principio di libertà, fraternità e uguaglianza.

Pubblicazioni in italiano (1950-2025)
Disconnetti
Accedi
  • Italiano
  • Condividi
  • Impostazioni
  • Copyright © 2025 Watch Tower Bible and Tract Society of Pennsylvania
  • Condizioni d’uso
  • Informativa sulla privacy
  • Impostazioni privacy
  • JW.ORG
  • Accedi
Condividi