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  • La domanda di un giovane capo ricco
    Gesù: la via, la verità, la vita
    • Un giovane capo ricco parla in ginocchio a Gesù

      CAPITOLO 96

      La domanda di un giovane capo ricco

      MATTEO 19:16-30 MARCO 10:17-31 LUCA 18:18-30

      • UN UOMO RICCO CHIEDE COSA BISOGNA FARE PER OTTENERE LA VITA ETERNA

      Gesù sta ancora viaggiando attraverso la Perea in direzione di Gerusalemme quando un giovane uomo ricco gli corre incontro e si inginocchia davanti a lui. L’uomo è “un capo dei giudei”, forse un capo di una sinagoga o un membro del Sinedrio. “Maestro buono”, chiede a Gesù, “cosa devo fare per ereditare la vita eterna?” (Luca 8:41; 18:18; 24:20).

      “Perché mi chiami buono?”, risponde Gesù. “Nessuno è buono tranne uno solo, Dio” (Luca 18:19). Probabilmente questo giovane uomo usa il termine “buono” come titolo formale, seguendo il modo di fare dei rabbini. Gesù è un buon insegnante, ma vuole fargli capire che il titolo “Buono” spetta solo a Dio.

      Gesù gli consiglia: “Se però vuoi entrare nella vita, osserva di continuo i comandamenti”. Quindi il giovane chiede: “Quali?” Gesù cita cinque dei Dieci Comandamenti: quelli che riguardano assassinio, adulterio, furto, rendere falsa testimonianza e onorare i genitori. Poi ne aggiunge uno ancora più importante: “Devi amare il tuo prossimo come te stesso” (Matteo 19:17-19).

      “Questi li ho sempre osservati tutti”, replica l’uomo. “Cos’altro mi manca?” (Matteo 19:20). Forse pensa di dover compiere qualche altra azione buona o un atto di eroismo per ottenere la vita eterna. Rendendosi conto che l’uomo ha fatto questa domanda spinto da motivi sinceri, Gesù “[prova] amore per lui” (Marco 10:21). Ma questo giovane ha un ostacolo da superare.

      Dato che è legato ai suoi beni materiali Gesù gli dice: “C’è una cosa che ti manca: va’, vendi ciò che hai e da’ il ricavato ai poveri, e allora avrai un tesoro in cielo; e vieni, sii mio discepolo”. Questo giovane ricco potrebbe donare il suo denaro ai poveri, che non possono dargli nulla in cambio, e diventare un discepolo di Gesù. Ma le cose non vanno così. Forse Gesù prova compassione per lui mentre lo vede alzarsi e andarsene dispiaciuto. L’attaccamento che ha per le sue ricchezze, i suoi “molti beni”, non gli permette di capire qual è il vero tesoro (Marco 10:21, 22). Quindi Gesù commenta: “Quanto sarà difficile per quelli che hanno ricchezze entrare nel Regno di Dio!” (Luca 18:24).

      I discepoli sono stupiti da queste parole e da quello che Gesù dice subito dopo: “Infatti è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago piuttosto che un ricco entri nel Regno di Dio”. Questo spinge i discepoli a chiedere: “Allora chi potrà mai essere salvato?” Essere salvati è una sfida così al di fuori della portata umana? Guardandoli negli occhi Gesù risponde: “Le cose impossibili agli uomini sono possibili a Dio” (Luca 18:25-27).

      Pietro precisa che loro hanno preso una decisione differente da quella dell’uomo ricco. Infatti dice: “Ecco, noi abbiamo lasciato ogni cosa e ti abbiamo seguito; che cosa ci sarà quindi per noi?” Gesù menziona quale sarà il risultato finale della loro scelta saggia: “Alla rigenerazione, quando il Figlio dell’uomo si siederà sul suo glorioso trono, voi che mi avete seguito siederete su 12 troni, giudicando le 12 tribù d’Israele” (Matteo 19:27, 28).

      Chiaramente Gesù si sta riferendo al tempo in cui verranno rigenerate le condizioni che esistevano nel giardino di Eden. Pietro e gli altri discepoli saranno ricompensati: governeranno insieme a Gesù il Paradiso sulla terra. Una simile ricompensa vale senza dubbio qualsiasi sacrificio!

      Comunque già da ora i discepoli possono ricevere delle ricompense. Gesù afferma: “Non c’è nessuno che abbia lasciato casa o moglie o fratelli o genitori o figli per amore del Regno di Dio e che non riceva molte volte tanto in questo periodo di tempo, e nel sistema di cose futuro la vita eterna” (Luca 18:29, 30).

      Dovunque vadano, i suoi discepoli possono davvero trovare una famiglia di fratelli e sorelle spirituali più unita e più preziosa della loro stessa famiglia. A quanto pare, purtroppo, il giovane capo ricco perderà questa ricompensa, come pure quella di vivere nel Regno dei cieli.

      Gesù aggiunge: “Ma molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi” (Matteo 19:30). Cosa vuole dire?

      Il giovane ricco è uno dei “primi” perché fa parte dei capi dei giudei. Dato che osserva i comandamenti di Dio, dimostra di avere buone qualità e da lui ci si potrebbe aspettare molto. Invece sceglie di mettere al primo posto le sue ricchezze e i suoi beni. Al contrario, la gente comune riconosce che Gesù insegna la verità e il modo per ottenere la vita. Proprio questi giudei che, per così dire, sono “ultimi” stanno per diventare “primi”. Possono sperare di sedersi su troni in cielo insieme a Gesù per governare la terra trasformata in un paradiso.

  • La parabola degli operai nella vigna
    Gesù: la via, la verità, la vita
    • Alcuni uomini lavorano in una vigna

      CAPITOLO 97

      La parabola degli operai nella vigna

      MATTEO 20:1-16

      • GLI OPERAI CHE LAVORANO PER “ULTIMI” NELLA VIGNA DIVENTERANNO “PRIMI”

      Gesù ha appena detto ai suoi ascoltatori in Perea che “molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi” (Matteo 19:30). Per ribadire questo concetto ora pronuncia una parabola che parla di operai in una vigna.

      “Il Regno dei cieli”, inizia Gesù, “è simile a un proprietario terriero che uscì la mattina presto per assumere operai per la sua vigna. Dopo essersi messo d’accordo con gli operai per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso la 3ª ora, vide altri che se ne stavano in piazza disoccupati e disse loro: ‘Andate anche voi nella vigna e vi darò ciò che è giusto’. E loro ci andarono. Uscito di nuovo verso la 6ª ora e la 9ª ora, fece la stessa cosa. Infine, verso l’11ª ora, uscì e trovò altri che se ne stavano in giro, e disse loro: ‘Perché ve ne siete stati qui tutto il giorno senza lavoro?’ Gli risposero: ‘Perché nessuno ci ha assunto’. Allora lui disse: ‘Andate anche voi nella vigna’” (Matteo 20:1-7).

      Sentendo parlare del “Regno dei cieli” e del “proprietario terriero”, probabilmente i presenti capiscono che Gesù si sta riferendo a Geova Dio. Nelle Scritture infatti Geova viene descritto come il proprietario di una vigna, la quale rappresenta la nazione di Israele (Salmo 80:8, 9; Isaia 5:3, 4). Coloro che sono sotto il patto della Legge vengono paragonati a operai nella vigna. Comunque, Gesù non sta facendo riferimento al passato ma a una situazione del suo tempo.

      I capi religiosi, come quei farisei che da poco hanno cercato di metterlo alla prova sulla questione del divorzio, in teoria dovrebbero essere quelli che si impegnano di continuo nel servizio a Dio. Sono come operai che lavorano a tempo pieno e si aspettano una paga adeguata: un denaro per un intero giorno di lavoro.

      Sacerdoti e altri che appartengono a questo gruppo sono convinti che le persone comuni servano Dio in misura minore rispetto a loro, come operai che lavorano part time nella vigna di Dio. Nella parabola di Gesù, queste persone sono rappresentate dagli uomini che vengono assunti “verso la 3ª ora”, le 9 del mattino, o ancora più tardi: alla “6ª ora”, alla “9ª ora” e infine all’“11ª ora”, le 5 del pomeriggio.

      Gli uomini e le donne che seguono Gesù sono considerati “gente maledetta” (Giovanni 7:49). Per la maggior parte della loro vita sono stati pescatori o hanno svolto qualche altro tipo di lavoro manuale. Nell’autunno del 29, però, “il padrone della vigna” ha mandato Gesù a chiamare questi umili giudei, che sono così diventati discepoli di Cristo e hanno iniziato a lavorare per Dio. Sono proprio loro gli “ultimi” di cui parla Gesù, gli operai che arrivano alla vigna all’11ª ora.

      Concludendo la parabola, Gesù racconta cosa avviene alla fine della giornata lavorativa: “Quando si fece sera, il padrone della vigna disse al suo incaricato: ‘Chiama gli operai e da’ loro la paga, cominciando dagli ultimi fino ai primi’. Arrivati gli uomini dell’11ª ora, ricevettero un denaro ciascuno. Perciò i primi, quando arrivarono, pensavano di ricevere di più, ma anche loro furono pagati con un denaro ciascuno. Nel riceverlo cominciarono a mormorare contro il padrone della vigna, dicendo: ‘Questi ultimi hanno lavorato soltanto un’ora; eppure li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo torrido!’ Ma il padrone rispose a uno di loro: ‘Amico, non ti sto facendo nessun torto. Non ci eravamo messi d’accordo per un denaro? Prendi quello che ti spetta e va’ via. Io voglio dare a quest’ultimo quanto a te. Non ho il diritto di fare quello che voglio con ciò che mi appartiene? O il tuo occhio è invidioso perché io sono buono?’ In questo modo gli ultimi saranno primi e i primi ultimi” (Matteo 20:8-16).

      Forse i discepoli si chiedono cosa significhi la parte finale della parabola. In che senso i capi religiosi giudei, che si credono “primi”, diventeranno “ultimi”? E come faranno i discepoli di Gesù a diventare “primi”?

      I discepoli di Gesù, che a detta di farisei e altri sono “ultimi”, hanno la prospettiva di diventare “primi”, di ricevere l’intera paga. Dopo la morte di Gesù, la nazione letterale di Israele verrà rigettata e in seguito Dio ne sceglierà una nuova, “l’Israele di Dio” (Galati 6:16; Matteo 23:38). Giovanni Battista si stava riferendo ai componenti di questa nuova nazione quando aveva parlato di un futuro battesimo con lo spirito santo. Coloro che fino ad ora sono stati considerati “ultimi” saranno i primi a ricevere questo battesimo e a ottenere il privilegio di essere testimoni di Gesù “fino alla più distante parte della terra” (Atti 1:5, 8; Matteo 3:11). Anche se forse non comprendono la piena portata di un tale cambiamento, i discepoli di Gesù probabilmente ne immaginano le conseguenze: dovranno affrontare l’ira dei capi religiosi, che diventeranno “ultimi”.

  • Il desiderio di preminenza: un tema ricorrente
    Gesù: la via, la verità, la vita
    • Salome si avvicina a Gesù e gli rivolge una richiesta particolare a favore dei suoi figli

      CAPITOLO 98

      Il desiderio di preminenza: un tema ricorrente

      MATTEO 20:17-28 MARCO 10:32-45 LUCA 18:31-34

      • GESÙ PREDICE DI NUOVO LA SUA MORTE

      • DÀ CONSIGLI AGLI APOSTOLI RIGUARDO AL LORO DESIDERIO DI PREMINENZA

      Gesù e i discepoli sono ancora in viaggio verso sud, diretti a Gerusalemme. Attraversata la Perea, passano dall’altro lato del fiume Giordano all’altezza di Gerico. Ci sono altre persone che viaggiano con loro perché la Pasqua del 33 è ormai vicina.

      Determinato a giungere in città in tempo per la Pasqua, Gesù cammina davanti ai discepoli. Questi ultimi però sono intimoriti. Infatti, dopo la morte di Lazzaro, quando Gesù stava per lasciare la Perea per recarsi in Giudea, Tommaso aveva detto agli altri: “Andiamo anche noi a morire con lui!” (Giovanni 11:16, 47-53). Gerusalemme è quindi una destinazione pericolosa, e non c’è da stupirsi che i discepoli abbiano paura.

      Per prepararli a ciò che accadrà, Gesù prende gli apostoli in disparte e dice loro: “Stiamo salendo a Gerusalemme, e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi sacerdoti e agli scribi. Lo condanneranno a morte e lo consegneranno a uomini delle nazioni perché sia deriso, flagellato e messo al palo, e il terzo giorno sarà risuscitato” (Matteo 20:18, 19).

      È la terza volta che Gesù parla ai discepoli della sua morte e della sua risurrezione (Matteo 16:21; 17:22, 23). Comunque in questo caso aggiunge che sarà messo a morte su un palo. Pur ascoltando le sue parole, i discepoli non capiscono cosa significhino. Forse si aspettano che il regno di Israele venga ristabilito sulla terra e desiderano ricevere gloria e onore insieme a Cristo in questo governo terreno.

      Giacomo e Giovanni

      La madre di Giacomo e Giovanni, che a quanto pare è Salome, sta viaggiando insieme a loro. Gesù ha dato a questi due apostoli un nome che significa “figli del tuono”, senza dubbio a motivo del loro temperamento impulsivo (Marco 3:17; Luca 9:54). Da un po’ di tempo questi due uomini hanno l’ambizione di ottenere un posto preminente nel Regno di Cristo. Dato che è a conoscenza del loro desiderio, la madre si avvicina a Gesù, si inchina e gli chiede un favore. “Che cosa vuoi?”, le domanda Gesù. Lei risponde: “Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo Regno” (Matteo 20:20, 21).

      Gesù sa che in realtà la richiesta proviene da Giacomo e da Giovanni. Quindi, dal momento che ha appena menzionato il disonore e le umiliazioni che dovrà subire, dice loro: “Non sapete quello che state chiedendo. Potete bere il calice che io sto per bere?” I due rispondono: “Sì, possiamo berlo” (Matteo 20:22). Nonostante la loro affermazione, probabilmente non comprendono del tutto ciò che questo significherà per loro.

      In ogni caso Gesù spiega: “Effettivamente berrete il mio calice, ma quanto a sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo; quei posti appartengono a coloro per i quali sono stati preparati dal Padre mio” (Matteo 20:23).

      Gli altri 10 apostoli vengono a sapere della richiesta di Giacomo e Giovanni e si indignano. È possibile che nella precedente discussione tra gli apostoli su chi fosse il più grande questi due uomini avessero espresso in maniera molto chiara la loro opinione (Luca 9:46-48). A prescindere da come siano andate le cose, questa richiesta rivela che i Dodici non hanno seguito il consiglio di Gesù di comportarsi “come il minore”. Il loro desiderio di preminenza è ancora molto vivo.

      Gesù decide di affrontare questo tema per allentare il clima teso che si è creato. Raduna attorno a sé i Dodici e con amore dà loro questo consiglio: “Voi sapete che quelli che sono considerati governanti delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano autorità su di esse. Fra voi non dev’essere così, ma chiunque vuole diventare grande fra voi dev’essere vostro servitore, e chiunque vuole essere il primo fra voi dev’essere schiavo di tutti” (Marco 10:42-44).

      Gesù mette in evidenza che l’esempio da seguire è proprio quello che sta lasciando lui. Infatti spiega: “Il Figlio dell’uomo è venuto non per essere servito, ma per servire e per dare la sua vita come riscatto in cambio di molti” (Matteo 20:28). Per circa tre anni Gesù si è dato da fare per servire altri e continuerà a farlo. Arriverà al punto di morire a favore del genere umano! I discepoli hanno bisogno di sviluppare lo stesso atteggiamento di Cristo: devono avere il desiderio di servire gli altri anziché di essere serviti, di comportarsi “come il minore” piuttosto che inseguire posizioni di prestigio.

  • Gesù guarisce due ciechi e aiuta Zaccheo
    Gesù: la via, la verità, la vita
    • Zaccheo su un albero

      CAPITOLO 99

      Gesù guarisce due ciechi e aiuta Zaccheo

      MATTEO 20:29-34 MARCO 10:46-52 LUCA 18:35–19:10

      • A GERICO GESÙ SANA DUE UOMINI CIECHI

      • L’ESATTORE DI TASSE ZACCHEO SI PENTE

      Gesù e le persone che sono in viaggio con lui arrivano a Gerico, che si trova a circa un giorno di cammino da Gerusalemme. Gerico, in un certo senso, è formata da due città: quella vecchia dista circa un chilometro e mezzo da quella nuova, di epoca romana. Mentre Gesù si sposta da una di queste città all’altra insieme alla folla, due mendicanti ciechi si accorgono del trambusto. Uno di loro si chiama Bartimeo.

      Sentendo che Gesù sta passando, Bartimeo e l’altro mendicante iniziano a urlare: “Signore, Figlio di Davide, abbi misericordia di noi!” (Matteo 20:30). Alcune persone ordinano loro di stare zitti, ma i due gridano ancora più forte. Gesù avverte la confusione, si ferma e chiede a quelli che sono con lui di chiamare gli uomini che stanno gridando. Quando vanno dai mendicanti, dicono a uno di loro: “Coraggio! Alzati, ti chiama!” (Marco 10:49). L’uomo è talmente emozionato che getta via il suo mantello, balza in piedi e va da Gesù.

      Gesù guarisce un uomo cieco

      “Cosa volete che faccia per voi?”, chiede Gesù. Entrambi lo supplicano: “Signore, fa’ che i nostri occhi si aprano” (Matteo 20:32, 33). Mosso a compassione, Gesù tocca i loro occhi e rivolgendosi in modo particolare a uno dei due dice: “Va’, la tua fede ti ha sanato” (Marco 10:52). I mendicanti ciechi riacquistano la vista e molto probabilmente tutti e due iniziano a glorificare Dio. A loro si uniscono anche quelli che hanno assistito al miracolo. Ora questi due uomini appena guariti iniziano a seguire Gesù.

      Mentre attraversa Gerico, c’è tantissima gente intorno a lui. Tutti vogliono vedere colui che ha guarito i ciechi. Le persone che premono su Gesù da ogni lato sono così tante che alcuni non riescono neppure a scorgerlo. Tra questi c’è Zaccheo, un capo degli esattori di tasse di Gerico e dintorni. Dato che è basso di statura non riesce a vedere cosa sta succedendo. Quindi corre avanti lungo la strada che Gesù sta percorrendo e, per avere una visuale migliore, si arrampica su un sicomoro. Quando è vicino, Gesù vede Zaccheo sull’albero e gli dice: “Zaccheo, presto, scendi, perché oggi mi fermerò a casa tua” (Luca 19:5). Subito l’uomo scende dall’albero e corre a casa per accogliere questo ospite illustre.

      Quelli che osservano la scena iniziano a brontolare perché non pensano sia giusto che Gesù vada a casa di un uomo che considerano un peccatore. Quando riscuote le tasse, Zaccheo estorce denaro alla gente e perciò si è arricchito in maniera disonesta.

      Non appena Gesù entra a casa di Zaccheo, le persone si lamentano: “Si fa ospitare a casa di un uomo che è un peccatore”. Gesù, però, intravede la possibilità che Zaccheo si penta, e non rimane deluso. Infatti Zaccheo si alza in piedi e gli dice: “Ecco, darò ai poveri la metà dei miei averi, Signore, e qualunque cosa io abbia estorto a qualcuno, gli renderò il quadruplo” (Luca 19:7, 8).

      Quello che Zaccheo si propone di fare dimostra che il suo pentimento è sincero. Consultando i suoi registri, probabilmente può risalire a quanto ha ricevuto da ciascun giudeo e giura di restituire quattro volte tanto, addirittura più di ciò che è richiesto dalla Legge di Dio (Esodo 22:1; Levitico 6:2-5). Zaccheo promette anche di dare la metà dei suoi averi ai poveri.

      Gesù è contento di questa dimostrazione di pentimento da parte di Zaccheo e afferma: “Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anche lui è figlio di Abraamo. Il Figlio dell’uomo, infatti, è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto” (Luca 19:9, 10).

      Da poco Gesù si è concentrato su chi si è smarrito narrando la parabola del figlio prodigo (Luca 15:11-24). Ora può portare un esempio vivente di come una persona praticamente perduta può essere ritrovata. I capi religiosi e i loro sostenitori possono anche trovare da ridire sul comportamento di Gesù e criticarlo perché si interessa di persone come Zaccheo. Ad ogni modo, Gesù non smette di cercare e salvare questi figli di Abraamo che si sono persi.

  • La parabola delle 10 mine
    Gesù: la via, la verità, la vita
    • Uno schiavo riporta la mina al suo signore

      CAPITOLO 100

      La parabola delle 10 mine

      LUCA 19:11-28

      • GESÙ NARRA LA PARABOLA DELLE 10 MINE

      Gesù non riprende subito il suo viaggio verso Gerusalemme e forse si trova ancora a casa di Zaccheo con i discepoli. Questi credono che “il Regno di Dio” verrà stabilito a breve e che Gesù ne sarà il Re (Luca 19:11). Così come non hanno compreso che Gesù dovrà morire, non hanno le idee chiare nemmeno su questo argomento. Per aiutarli a capire che il tempo in cui verrà istituito il Regno è ancora molto lontano, Gesù narra una parabola.

      “Un uomo di famiglia nobile andò in un paese lontano per ottenere il potere regale e poi tornare”, racconta Gesù (Luca 19:12). Un viaggio di questo tipo avrebbe richiesto del tempo. È chiaro che l’“uomo di famiglia nobile” è Gesù e che il “paese lontano” in cui si reca è il cielo, dove suo Padre gli darà il potere regale.

      Prima di partire, l’“uomo di famiglia nobile” chiama 10 schiavi, dà a ciascuno una mina d’argento e dice loro: “Fatele fruttare finché non verrò” (Luca 19:13). Le mine d’argento hanno un grande valore: per guadagnarne una, un bracciante agricolo deve lavorare più di tre mesi.

      I discepoli forse capiscono che i 10 schiavi della parabola raffigurano proprio loro, perché Gesù li aveva già paragonati a operai che mietono (Matteo 9:35-38). Ovviamente Gesù non ha chiesto loro di mietere davvero del grano. Piuttosto la messe è costituita da persone che entreranno a far parte del Regno di Dio. I discepoli usano tutte le loro risorse per radunare altri eredi del Regno.

      Cos’altro rivela questa parabola? Gesù dice che i concittadini dell’uomo di famiglia nobile lo “odiavano” e “mandarono dietro a lui una delegazione per dire: ‘Non vogliamo che quest’uomo diventi nostro re’” (Luca 19:14). I discepoli sanno che i giudei non accettano Gesù e che alcuni di loro vogliono addirittura ucciderlo. Dopo la sua morte e il suo ritorno in cielo, la persecuzione che i discepoli subiranno renderà evidente quello che i giudei in generale pensano di Gesù: non lo vogliono come Re (Giovanni 19:15, 16; Atti 4:13-18; 5:40).

      Che dire dei 10 schiavi? Come usano le mine affidate loro fino a quando l’“uomo di famiglia nobile” non riceve il “potere regale” e non torna? Gesù riprende il racconto e dice: “Infine, dopo aver ottenuto il potere regale, l’uomo tornò e convocò gli schiavi ai quali aveva dato il denaro per vedere quanto avevano guadagnato con la loro attività. Così si fece avanti il primo e disse: ‘Signore, la tua mina ha fruttato 10 mine’. Lui esclamò: ‘Ben fatto, schiavo buono! Siccome ti sei mostrato fedele in una cosa tanto piccola, avrai autorità su 10 città’. Arrivò il secondo e disse: ‘Signore, la tua mina ha fruttato 5 mine’. E a questo l’uomo disse: ‘Anche tu sarai a capo di 5 città’” (Luca 19:15-19).

      Se i discepoli comprendono di essere raffigurati da questi schiavi e usano appieno le loro risorse per trovare altri discepoli, possono essere sicuri che Gesù sarà contento del loro impegno e li ricompenserà di conseguenza. È vero che non tutti hanno le stesse circostanze e neppure le stesse possibilità o capacità. Ma Gesù, colui che riceverà il “potere regale”, terrà conto degli sforzi sinceri che compiono per fare discepoli e li benedirà (Matteo 28:19, 20).

      Le cose vanno molto diversamente, invece, per l’ultimo schiavo. Gesù conclude la parabola: “Ma arrivò un altro [schiavo] e disse: ‘Signore, ecco la tua mina: l’ho tenuta nascosta in un panno. Il fatto è che avevo paura di te, perché sei un uomo severo: tu prendi ciò che non hai depositato e raccogli ciò che non hai seminato’. Il signore replicò: ‘Ti giudico in base alle tue stesse parole, schiavo malvagio. Tu sapevi bene che sono un uomo severo, che prende ciò che non ha depositato e raccoglie ciò che non ha seminato. Quindi, perché non hai messo il mio denaro in banca? Così, una volta venuto, l’avrei riscosso con gli interessi’. Allora disse ai presenti: ‘Toglietegli la mina e datela a quello che ne ha 10’” (Luca 19:20-24).

      Visto che questo schiavo non si è dato da fare per accrescere la ricchezza del regno del suo signore, gli viene tolta la mina che aveva ricevuto. Cosa possono capire gli apostoli da ciò che dice Gesù riguardo a quest’ultimo schiavo? È vero che aspettano con ansia il momento in cui Gesù inizierà a regnare, ma se non si mostrano diligenti non faranno parte del Regno di Dio.

      Le parole di Gesù dovrebbero spingere i suoi leali discepoli a impegnarsi ancora di più. Infatti Gesù dichiara: “Vi dico: a chiunque ha sarà dato dell’altro, ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha”. Aggiunge poi che i suoi nemici, che non lo accettano quale re, saranno eliminati. A questo punto riprende il suo viaggio verso Gerusalemme (Luca 19:26-28).

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