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Perseguite la pace con il prossimoSvegliatevi! 1986 | 22 gennaio
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Perseguite la pace con il prossimo
PER perseguire la pace con altri è necessario essere prima in pace con se stessi. È un fatto sottinteso in queste parole di Cristo Gesù: “Devi amare il tuo prossimo come te stesso”. (Matteo 22:39) Per amare il prossimo bisogna amare se stessi. Non perché siamo perfetti. Sappiamo di non esserlo. Abbiamo difetti, facciamo errori, ci sentiamo in colpa. Sappiamo tutto questo. Ma sappiamo anche che ci rammarichiamo delle nostre mancanze, ne chiediamo perdono, siamo decisi a fare meglio, e in questo modo ci liberiamo del gravoso senso di colpa.
Dall’abbondanza del cuore la nostra bocca parla e siamo spinti ad agire. (Matteo 12:34, 35) Se abbiamo il cuore pieno di colpe e di recriminazioni, proietteremo questi sentimenti negativi sugli altri, il che non è amorevole. Per amare gli altri bisogna sentire che si vale qualcosa, avere amor proprio, sapersi accettare, anche saper ridere di se stessi. Se ci amiamo in questo modo, non avremo turbamenti interiori che guastino i nostri rapporti con gli altri. Con questa sicurezza interiore, non ci si sente minacciati dagli altri e si può mostrare gentile premura. Per trattare gli altri in modo pacifico, bisogna avere pace interiore.
Nella vita stressante e frenetica del mondo d’oggi, però, la pace interiore è minacciata ed è sempre più raro trovare qualcuno che mostra benignità al prossimo. Molti si comportano con gli altri come tartarughe che ritirano la testa dentro il guscio, facendo appena capolino, timorosi di far sporgere il collo. Paura e solitudine hanno preso il posto della ristoratrice amicizia. È increscioso, ma comprensibile, considerando i tempi pericolosi in cui viviamo. — II Timoteo 3:1-5.
Ciò nondimeno, se si fa lo sforzo d’essere amichevoli, di solito si è piacevolmente contraccambiati. Parlare a un vicino che incrociate sul marciapiede, fermarsi per dire due parole a qualcuno che lavora nel suo giardino, fare una breve chiacchierata con qualcuno mentre si è seduti su una panchina ai giardini pubblici: questi momenti possono essere parentesi gradevoli. Ci sono delle norme da seguire per rendere piacevoli queste occasioni e rendere più calorosi i rapporti umani. Consideratene alcune.
Siate buoni ascoltatori
Mostrate rispetto a chi vi parla. Guardatelo in viso. Se lasciate vagare gli occhi altrove, il messaggio che gli comunicate è: ‘Non mi interessi né tu né quello che dici’. Probabilmente non volete dir questo. Quindi ascoltate quello che vi dice e rispondete a tono. Non interrompete, a meno che non sia per chiedere spiegazioni o per fare domande appropriate. “Quando chiunque risponde a una questione prima d’averla udita, questo da parte sua è stoltezza e umiliazione”. (Proverbi 18:13) Ascoltate l’interlocutore per capire lui, la sua mentalità, il suo punto di vista, i suoi sentimenti. Ascoltate non solo con gli orecchi ma anche col cuore. Siate ‘pronti a udire, lenti a parlare, lenti all’ira’. — Giacomo 1:19.
Comunicate, conversate
Comunicare vuol dire “trasmettere informazioni, pensieri o sentimenti in modo che siano debitamente accolti o compresi”. Siate chiari e concisi, non prolissi o incoerenti. Accertatevi che l’altra persona capisca il vostro argomento. Conversare significa “avere uno scambio di pensieri e di opinioni”. Non vuol dire fare un discorso, ma avere uno scambio di idee. Quando avete detto qualcosa, ascoltate la risposta dell’altro. Quando qualcuno narra un’esperienza o fa una relazione, voi siete ascoltatori. Nella conversazione, voi prendete parte attiva. Dite la vostra e lasciate che gli altri dicano la loro. Siate elastici e aperti alle idee nuove. Un’opinione preconcetta, sostenuta in modo dogmatico, vi rende ciechi e sordi e indurisce il vostro cuore. — Matteo 13:15.
Siate amichevoli, onesti, premurosi
Non siate timidi. Siate espansivi. La vostra cordialità di solito spingerà gli altri a reagire nello stesso modo. I sentimenti sono contagiosi. Sentitevi come volete che gli altri si sentano. Agite come volete che gli altri agiscano. Trattate gli altri come volete essere trattati. Seminate quello che volete raccogliere. Siate voi stessi. Siate onesti. Interessatevi sinceramente degli altri, mostratevi premurosi nei loro riguardi, rendetevi utili agli altri.
Interessatevi degli altri
In un suo romanzo, Booth Tarkington narra di un gruppo di bambini che giocavano sul prato davanti a casa. Uno di loro, ritenendo di non ricevere abbastanza attenzione, si mise a correre e a saltare, gridando: “Ora guardate me! Guardate me!” Gli adulti non lo danno tanto a vedere, ma anch’essi vogliono che si mostri loro attenzione. I bambini piccoli e gli anziani possono anche morire se non la ricevono. Perciò guardate le persone, ascoltatele, notatele! Fate conoscenza con i vicini di casa, siate amichevoli, ammirate il loro cane, le loro rose, il loro abito nuovo, ma sempre con sincerità, mai solo per un fine calcolato.
Evitate le critiche
Sono sempre inutili. Feriscono l’orgoglio e generano risentimento. La persona si sente assalita e si mette sulla difensiva. Cercherà di giustificarsi e di rifarsi su di voi. Criticate e vi metterete in una posizione delicata. Ricordate che il più delle volte le persone sono emotive anziché logiche, specie quando sono assalite, ed è così che si sentono quando vengono criticate. Invece di condannare, cercate di capire. Le parole incoraggianti fanno meraviglie. Vedete i lati buoni delle persone anziché guardare solo i difetti. “Gran virtù è perdonare un’offesa”. — Proverbi 19:11, Parola del Signore.
Come dare consigli
Siate calorosi, amichevoli, affettuosi. Lasciate parlare l’altro per primo e a lungo. Scoprite perché pensa o agisce in quel modo. Tenete conto dei suoi desideri. Comprendete il suo punto di vista. Cercate di discernere le ragioni emotive della sua condotta. Ammettete che anche voi fate sbagli, che siete imperfetti come lui. Poi “cercate di ristabilire tale uomo con uno spirito di mitezza, badando a te stesso, perché anche tu non sia tentato”. (Galati 6:1) Limitate i consigli al punto in questione. Adattateli alla persona, aiutandola benevolmente a capire il punto ed esprimetevi con tatto. “La vostra espressione sia sempre con grazia, condita con sale, in modo da sapere come dare risposta a ciascuno”. (Colossesi 4:6) Siate positivi, costruttivi, lodate per i miglioramenti fatti.
Abbiate e mostrate empatia
Questo vuol dire che dovete essere in grado di mettervi nei panni dell’altro. Intuite i suoi bisogni. Provate i suoi stessi sentimenti. Come vorreste essere trattati se foste al suo posto? Dovete sapere tutto questo se volete ubbidire alla regola aurea: ‘Tutte le cose che volete che gli uomini vi facciano, anche voi dovete similmente farle loro’. (Matteo 7:12) Questo non è facile. In alcuni casi è impossibile esprimere a parole la propria empatia, solo con le lacrime ci si può riuscire. L’apostolo Paolo raccomandò di mostrare empatia dicendo: “Rallegratevi con le persone che si rallegrano; piangete con le persone che piangono”. — Romani 12:15.
Dopo la morte di Lazzaro, Maria andò da Gesù. Il racconto dice: “Gesù, perciò, vedendola piangere e vedendo piangere i Giudei venuti con lei, gemé nello spirito e si turbò; e disse: ‘Dove l’avete posto?’ Gli dissero: ‘Signore, vieni e vedi’. Gesù lagrimò”. (Giovanni 11:33-35) Gesù sapeva quello che stava per fare, eppure vedendo il loro dolore fu mosso anch’egli alle lacrime. Mostrò empatia.
Non rendete male per male
‘Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te’, dicono alcuni che travisano la regola aurea. Piuttosto, non rendete male per male, ma vincete il male col bene. Geova suscita amore con l’amore che ha per noi. “Amiamo, perché egli per primo amò noi”. (I Giovanni 4:19) Questa non è una semplice teoria; è la natura umana. Una risposta mite allontana l’ira. Porgendo l’altra guancia, forse fermerete l’aggressore. Come attorno alle antiche fornaci venivano ammucchiati carboni per fondere il minerale e separare il metallo, così se voi contraccambiate il male col bene forse placherete l’ira del vostro avversario, fondendola per così dire, e vincendola. D’altro canto, può darsi continuiate a soffrire per le sue cattive azioni, ma avete fatto il possibile per promuovere la pace. Siete stati coerenti con voi stessi, con i vostri princìpi. Non avete permesso a qualcuno che si comporta male di farvi diventare come lui. — Romani 12:17-21.
Per quanto dipende da voi, perseguite la pace
Datevi da fare per ‘perseguire la pace con tutti’. (Ebrei 12:14) La pace non si ha automaticamente. Non sempre è possibile raggiungerla. In alcuni casi ci dovrete rinunciare. “Non ti accompagnare con chi si dà all’ira; e non entrare con l’uomo che ha accessi di furore”. (Proverbi 22:24) Ma, “se possibile, per quanto dipende da voi, siate pacifici con tutti gli uomini”. — Romani 12:18.
Il termine greco usato in riferimento al tipo di amore che Gesù disse di mostrare al prossimo è agàpe. La definizione che dà l’apostolo Paolo di questa qualità, agàpe, riassume le norme per perseguire la pace con il prossimo: “L’amore è longanime e benigno. L’amore non è geloso, non si vanta, non si gonfia, non si comporta indecentemente, non cerca i propri interessi, non si irrita. Non tiene conto dell’ingiuria. Non si rallegra dell’ingiustizia, ma si rallegra della verità. Sopporta ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, soffre ogni cosa. L’amore non viene mai meno”. — I Corinti 13:4-8.
[Riquadro a pagina 5]
Norme relative ai rapporti umani, dal libro biblico di Proverbi (capitolo e versetto)
“La risposta, quando è mite, allontana il furore, ma la parola che causa pena fa sorgere l’ira”. — 15:1.
“Il cuore del saggio fa mostrar perspicacia alla sua bocca, e aggiunge persuasione alle sue labbra”. — 16:23.
“I detti piacevoli sono un favo di miele, dolci all’anima e salute alle ossa”. — 16:24.
“Chi copre la trasgressione cerca amore, e chi continua a parlare di una questione separa quelli che son familiari l’uno con l’altro”. — 17:9.
“Il principio della contesa è come uno che fa uscir acque; vattene, dunque, prima che la lite sia scoppiata”. — 17:14.
“Chi trattiene i suoi detti possiede conoscenza, e l’uomo di discernimento è freddo di spirito”. — 17:27.
“La perspicacia dell’uomo per certo rallenta la sua ira, ed è bellezza da parte sua passar sopra alla trasgressione”. — 19:11.
“È una gloria per l’uomo desistere dalla disputa, ma ogni stolto vi si intromette”. — 20:3.
“Il consiglio nel cuore dell’uomo è come acque profonde, ma l’uomo di discernimento è quello che l’attingerà”. — 20:5.
“Perora la tua propria causa col tuo prossimo, e non rivelare il discorso confidenziale di un altro”. — 25:9.
“Rendi raro il tuo piede nella casa del tuo prossimo, affinché non ne abbia abbastanza di te e per certo ti odii”. — 25:17.
“Hai guardato un uomo frettoloso con le sue parole? C’è più speranza per qualche stupido che per lui”. — 29:20.
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Chi è il mio prossimo?Svegliatevi! 1986 | 22 gennaio
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Chi è il mio prossimo?
‘MI CHIEDETE: “Chi è il mio prossimo?” Ovviamente, il vicino della porta accanto! Quelli che abitano nella mia strada, la gente del quartiere. Sono tutti il mio prossimo’.
Non secondo alcuni che vivevano al tempo di Cristo Gesù. Perfino allora c’era divergenza di opinioni. Lo comprendiamo prendendo in esame la conversazione, riportata in Luca 10:25-37, che ci fu tra Gesù e un uomo versato nella Legge ebraica.
“Maestro”, chiese l’uomo di legge, “facendo che cosa erediterò la vita eterna?”
“Che cosa è scritto nella Legge? Come leggi?”, domandò Gesù.
“‘Devi amare Geova il tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima e con tutta la tua forza e con tutta la tua mente’, e, ‘il tuo prossimo come te stesso’”, rispose l’uomo di legge.
“Hai risposto correttamente”, disse Gesù. “Continua a far questo e otterrai la vita”.
Ma quell’uomo non si accontentò di questa risposta. Infatti chiese: “Chi è realmente il mio prossimo?”
Gli scribi ebrei, contrariamente alla loro stessa Legge mosaica, dicevano nelle tradizioni orali: “Devi amare il tuo prossimo e odiare il tuo nemico”. Gli scribi e i Farisei insegnavano che solo i giudei che osservavano la legge orale erano il prossimo. I giudei che non l’osservavano, e tutti i gentili, erano considerati non come il prossimo ma come nemici. Questi giudei eretici e i gentili non venivano aiutati neppure se la loro vita era in pericolo. Con questo in mente, e per giustificare il fatto che non amava tutti gli uomini, l’uomo di legge chiese: “Chi è realmente il mio prossimo?”
Rispondendo alla domanda, Gesù fece l’illustrazione del buon samaritano (i samaritani erano considerati stranieri ed erano odiati dai giudei).
“Un uomo”, disse Gesù, “scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde fra i ladroni, che lo spogliarono e gli inflissero dei colpi, e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto”. Un sacerdote vide l’uomo ma passò dall’altro lato della strada. Lo vide un levita, che fece la stessa cosa. “Ma un Samaritano che viaggiava per la strada gli venne vicino e, vistolo, fu mosso a pietà”. Gli curò le ferite, lo condusse a una locanda, pagò perché si prendessero cura di lui e disse al locandiere che al suo ritorno avrebbe pagato le altre eventuali spese.
“Chi di questi tre”, chiese dunque Gesù all’uomo di legge, “ti sembra che si sia reso prossimo all’uomo che cadde fra i ladroni?” L’uomo rispose: “Colui che agì misericordiosamente verso di lui”. Allora Gesù gli disse: “Va e fa anche tu lo stesso”.
Il sacerdote sarebbe dovuto essere un adoratore di Geova. Anche il levita. Eppure entrambi passarono dall’altro lato della strada. Nessuno dei due si comportò come prossimo dell’uomo che era nel bisogno. Fu il samaritano, disprezzato e respinto dal sacerdote, dal levita e dalla loro religione, a venire in suo aiuto. Visto in quale triste stato si trovava fu mosso a pietà e lo soccorse. Si rese prossimo dell’uomo. Si comportò da prossimo.
Chi si dimostra oggi vostro prossimo?
Il termine greco plesìon, tradotto “prossimo”, significa basilarmente “vicino”. La Bibbia, però, sia nelle Scritture Ebraiche che in quelle Greche, usa il termine prossimo con un significato molto più ampio.
Per gli scribi e i farisei del tempo di Gesù, solo quelli che osservavano le tradizioni orali della loro religione erano il “prossimo”, per cui limitavano il loro amore per il prossimo a quelli della stessa religione. Geova e Gesù però hanno mostrato il loro amore a tutti. (Matteo 5:43-48) Altrettanto devono fare oggi i veri cristiani. Per non essere cristiani solo di nome devono comportarsi da prossimo verso tutti gli uomini e mostrare questo tipo di amore a tutti.
Quando il samaritano si comportò da prossimo verso il malcapitato, quest’ultimo fu spinto a provare amore verso di lui? Così sarebbe dovuto accadere, anche se non ci è detto come andarono le cose. In modo analogo, quando Gesù venne sulla terra e morì per gli uomini in effetti si comportò da prossimo nei loro riguardi. Li spinse questo ad amarlo e ad avvicinarsi a lui? L’amore che Geova mostrò per il mondo dell’umanità mandando suo Figlio sulla terra come riscatto indusse gli uomini ad avvicinarsi a Dio? Sì. Molti sono stati, e sono tuttora, spinti ad avvicinarsi a Lui. “Amiamo, perché egli per primo amò noi”. — I Giovanni 4:19; Giovanni 3:16; Giacomo 4:8.
Come si mostra questo amore? Non dicendo “Signore, Signore”, ma facendo la volontà di Dio, dando testimonianza ad altri in merito al Regno di Geova. (Matteo 7:21; I Giovanni 5:3; Isaia 43:10-12; Atti 1:8) È l’unico vero e duraturo rimedio per la sofferente umanità. Coloro che, come il buon samaritano, sono mossi a pietà vedendo la triste e pericolosa situazione in cui si trovano gli uomini, e che recano loro la sanatrice buona notizia del Regno di Geova, sono quelli che si comportano da prossimo nei riguardi di tutti. Nessuno è escluso — maschi e femmine, giovani e vecchi, ricchi e poveri, di qualsiasi nazionalità, razza, religione o colore della pelle — tutti sono considerati come il prossimo che bisogna aiutare con la buona notizia del Regno.
Spinti dall’amore per il prossimo, da molti anni i testimoni di Geova danno ascolto al comando di Efesini 4:25: “Dite la verità ciascuno al suo prossimo”. Milioni di persone hanno accolto l’invito, cominciando a loro volta a proclamare questa verità. È la verità relativa al Regno di Geova retto da Cristo Gesù, il Principe della pace. È la verità che mette pace fra ogni persona e il suo prossimo. Soprattutto, è la verità che reca “la pace di Dio che sorpassa ogni pensiero”. — Filippesi 4:7.
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