-
Alla ricerca di spezie, oro, convertiti e gloriaSvegliatevi! 1992 | 8 marzo
-
-
Alla ricerca di spezie, oro, convertiti e gloria
“TERRA! TERRA!” Questo grido di giubilo ruppe il silenzio di quella notte del 12 ottobre 1492. Un marinaio di vedetta sulla Pinta aveva avvistato i vaghi contorni di un’isola. L’interminabile viaggio delle tre navi, la Niña, la Pinta e la Santa María, era stato finalmente coronato dal successo.
Alle prime luci dell’alba Cristoforo Colombo, i suoi due capitani e altri ufficiali giunsero a riva. Ringraziarono Dio e presero possesso dell’isola in nome di Ferdinando e Isabella, i reali di Spagna.
Il sogno di Colombo si era avverato. Adesso egli non vedeva l’ora di scoprire l’oro (gli anelli d’oro da naso degli indigeni non passarono inosservati) e di fare un trionfale ritorno in Spagna. Aveva scoperto la rotta occidentale per le Indie, pensava, e le angosce degli otto anni precedenti potevano essere dimenticate.
Il sogno prende forma
Alla fine del XV secolo c’erano due prodotti che in Europa erano molto richiesti: l’oro e le spezie. L’oro era necessario per acquistare i beni voluttuari che venivano dall’Oriente e le spezie portate dall’Est servivano a rendere più gustosi i pasti nei lunghi mesi invernali. I mercanti europei volevano poter accedere direttamente ai paesi produttori di queste mercanzie.
I mercanti e i navigatori portoghesi, impegnati a crearsi una posizione di predominio nel commercio con l’Africa, trovarono infine una rotta per l’Est circumnavigando l’Africa e doppiando il Capo di Buona Speranza. Nel frattempo i pensieri del navigatore italiano Cristoforo Colombo si erano volti verso ovest. Egli credeva infatti che la via più breve per raggiungere l’India e le tanto desiderate spezie fosse attraverso l’Atlantico.
Per otto lunghi anni Cristoforo Colombo fece la spola da una corte all’altra prima di ottenere l’appoggio del re e della regina di Spagna. Alla fine la sua incrollabile convinzione vinse i dubbi dei sovrani e la riluttanza dei marinai. I dubbi erano giustificati. Il progetto di Colombo non era privo di errori; inoltre, egli insisteva audacemente per essere nominato “grande ammiraglio dell’Oceano” e governatore perpetuo di tutte le terre che avesse scoperto.
Ma le obiezioni principali riguardavano i suoi calcoli. A questo punto la maggioranza degli studiosi non metteva in dubbio che la terra fosse rotonda. La domanda era: Quanto è esteso l’oceano che divide l’Europa dall’Asia? Colombo calcolava che il Cipango, o Giappone — di cui aveva letto nel racconto del viaggio di Marco Polo in Cina — si trovasse 8.000 chilometri a ovest di Lisbona. Quindi situava il Giappone nell’attuale zona caribica.a
Fu soprattutto a causa della sua valutazione troppo ottimistica della distanza tra l’Europa e l’Estremo Oriente che le commissioni reali sia in Spagna che in Portogallo si opposero all’impresa di Colombo considerandola incauta. A quanto pare, l’idea che potesse esserci un grande continente fra l’Europa e l’Asia non venne in mente a nessuno.
Ma Colombo, appoggiato dagli amici che aveva alla corte spagnola, tenne duro, e gli avvenimenti si volsero a suo favore. La regina Isabella di Castiglia, fervente cattolica, era tentata dalla prospettiva di convertire l’Oriente alla fede cattolica. Quando nella primavera del 1492 Granada si arrese ai sovrani cattolici, il cattolicesimo divenne la religione di tutta la Spagna. I tempi parevano maturi per rischiare un po’ di denaro in un’impresa che poteva fruttare molto, sia sul piano religioso che su quello economico. Cristoforo Colombo ottenne il consenso dei reali e il denaro di cui aveva bisogno.
Viaggio verso l’ignoto
Venne subito armata una piccola flotta di tre navi e il 3 agosto 1492, con un equipaggio di circa 90 uomini in tutto, Colombo salpò dalla Spagna.b Dopo avere fatto rifornimento alle Canarie, il 6 settembre le navi fecero rotta verso ovest dirette in “India”.
Fu un viaggio angoscioso per Colombo. Le speranze erano alimentate dai venti favorevoli e poi distrutte dai venti contrari. Malgrado i promettenti avvistamenti di uccelli marini, all’orizzonte occidentale non appariva nulla. Colombo doveva continuamente rincuorare i suoi marinai promettendo loro terre e ricchezza. Quando, secondo i calcoli di Colombo, si trovavano in pieno Atlantico a circa 3.200 chilometri dalla costa, il navigatore comunicò al pilota della nave la cifra di 2.820 chilometri. Come dice il giornale di bordo di Cristoforo Colombo, “l’Ammiraglio dissimulava e comportava cosí fatto errore acciocché la gente [i marinai] piú non si smarrisse vedendosi tanto lontana”.c In molte occasioni fu solo grazie alla sua incrollabile risolutezza che le sue navi non tornarono indietro.
Mentre i giorni passavano lentamente, i marinai si facevano sempre più inquieti. Ma, come risulta dal suo diario, nonostante le loro lamentele Colombo si attenne alla sua decisione di procedere verso ovest. Il 10 ottobre, quando erano in mare da oltre un mese, l’agitazione era aumentata su tutt’e tre le navi. I marinai furono placati solo dalla promessa di Colombo di tornare da dove erano venuti se entro tre giorni non avessero toccato terra. Il giorno seguente, però, quando trassero a bordo un ramo verde fiorito, la fede nel loro ammiraglio tornò. Poi, all’alba del giorno dopo (12 ottobre), i marinai ormai stanchi di navigare si deliziarono gli occhi alla vista di una lussureggiante isola tropicale. Era stata raggiunta la meta del loro memorabile viaggio!
La scoperta e la delusione
Le Bahama erano un posto idilliaco. Gli indigeni nudi, scrisse Colombo, erano “assai ben fatti, bellissimi di corpo e di graziosa fisionomia”. Ma dopo due settimane, durante le quali avevano assaporato i frutti tropicali e scambiato mercanzie con gli amichevoli abitanti, Colombo riprese il mare. Era in cerca di oro, del continente asiatico, di convertiti e di spezie.
Alcuni giorni più tardi Colombo giunse a Cuba. Sbarcato sull’isola, disse che non aveva mai visto “un sito piú bello”. In precedenza aveva scritto nel giornale di bordo: “Secondo i ragguagli che questi indigeni mi danno . . . desumo debba essere Cipango”, cioè il Giappone. Perciò inviò due rappresentanti a contattare il gran can (il signore del posto). I due spagnoli non trovarono né oro né giapponesi, ma gli portarono invece la notizia che fra gli indigeni c’era una strana abitudine, quella di fumare tabacco. Colombo non si scoraggiò, ma si tranquillizzò dicendo a se stesso: “In queste terre vi sono senza dubbio grandi quantità d’oro”.
L’odissea continuò, stavolta mentre facevano rotta verso est. Vicino a Cuba egli scoprì una grande isola montuosa che chiamò La Española (Hispaniola). E alla fine gli spagnoli trovarono una discreta quantità d’oro. Ma alcuni giorni dopo ci fu un disastro. La nave ammiraglia Santa María si incagliò e non fu possibile farle riprendere il mare. Gli indigeni aiutarono volenterosamente l’equipaggio a ricuperare quanto era possibile. “Amano questi il prossimo come se stessi; e hanno un ragionare il piú dolce e mansueto del mondo, allegro, e sempre accompagnato dal riso”, scrisse Colombo.
Colombo decise di creare a Hispaniola un piccolo insediamento. In precedenza aveva scritto una nota infausta nel suo giornale di bordo: “Questa gente in fatto di armi è molto semplice, . . . Con una cinquantina di uomini [le Altezze Vostre] li terranno tutti sottomessi e potranno far di essi quel che vorranno”. Pensando a una cristianizzazione, disse inoltre: “Spero con la grazia di Dio che le Altezze Vostre si determineranno prontamente . . . [a] riunire alla Chiesa cosí grandi popoli e convertirli alla fede”. Una volta creato l’insediamento in un luogo da lui chiamato La Navidad, Colombo decise che lui e il resto dei suoi uomini dovevano affrettarsi a tornare in Spagna per portare la notizia della loro grande scoperta.
Paradiso perduto
La corte spagnola accolse con grande entusiasmo la notizia della scoperta fatta da Colombo. Il navigatore fu coperto di onori ed esortato a organizzare al più presto una seconda spedizione. Intanto i diplomatici spagnoli si appellarono in tutta fretta al papa spagnolo Alessandro VI perché confermasse loro il diritto di colonizzare tutte le terre scoperte da Colombo.
La seconda spedizione (1493) aveva mire ambiziose. Una flotta di 17 vascelli trasportava oltre 1.200 uomini, fra cui ecclesiastici, contadini e soldati, ma nessuna donna. L’intenzione era quella di colonizzare le nuove terre, convertire gli indigeni al cattolicesimo, e, naturalmente, se si scoprivano oro o spezie, sarebbero stati più che graditi. Colombo intendeva anche continuare a cercare il passaggio marittimo per raggiungere l’India.
Sebbene venissero scoperte altre isole, fra cui Puerto Rico e Giamaica, l’insoddisfazione cresceva. La Navidad, la prima colonia di Hispaniola, era stata decimata dalle accanite lotte fra gli spagnoli stessi, e poi quasi annientata dagli isolani, esasperati per l’avidità e l’immoralità dei colonizzatori. Colombo scelse un luogo migliore per stabilirvi un’altra colonia, più grande, e quindi proseguì la ricerca della rotta per l’India.
Non essendo riuscito a circumnavigare Cuba, concluse che doveva trattarsi del continente asiatico, forse della Malesia. Come dice un libro (The Conquest of Paradise), Colombo “decise che l’intera ciurma doveva dichiarare sotto giuramento che la costa lungo la quale avevano navigato . . . non era affatto quella di un’isola ma in effetti ‘la terraferma, un lembo delle Indie’”. Tornato a Hispaniola, Colombo scoprì che i nuovi colonizzatori non si erano comportati molto meglio dei primi, avendo rapito le donne e fatto schiavi i ragazzi. Lo stesso Colombo accrebbe l’animosità degli indigeni catturandone 1.500 e spedendone 500 in Spagna come schiavi; nel giro di pochi anni morirono tutti.
Altri due viaggi nelle Indie Occidentali non accrebbero di molto le fortune di Colombo. Oro, spezie e la rotta per l’India continuavano a sfuggirgli. Tuttavia la Chiesa Cattolica ebbe i suoi convertiti, in un modo o nell’altro. Le doti di Cristoforo Colombo come amministratore erano di gran lunga inferiori al suo talento di navigatore, e la salute cagionevole lo rese autoritario e perfino spietato con quelli che lo scontentavano. I sovrani spagnoli furono costretti a sostituirlo con un governatore più capace. Il dominatore degli oceani aveva fallito sulla terraferma.
Morì all’età di 54 anni, subito dopo avere concluso il suo quarto viaggio, ricco ma amareggiato, sempre convinto di avere scoperto la rotta marittima per l’Asia. Sarebbe toccato ai posteri dargli la gloria duratura che aveva agognato per tutta la vita.
Ma le rotte da lui tracciate avevano aperto la via alla scoperta e alla colonizzazione di tutto il continente nordamericano. Il mondo era cambiato in maniera sostanziale. Per il meglio?
[Note in calce]
a Questo era dovuto a due gravi errori di calcolo. Egli credeva che l’estensione del continente asiatico in direzione est fosse molto maggiore di quanto non sia. E inoltre ridusse inconsapevolmente del 25 per cento la circonferenza della terra.
b È stato calcolato che la Santa María avesse un equipaggio di 40 uomini, la Pinta di 26 e la Niña di 24.
c Salvo diversa indicazione, tutte le citazioni di questo articolo sono prese dal Giornale di bordo di Cristoforo Colombo, a cura di R. Caddeo, Milano, Bompiani, 1985.
[Cartina/Immagine a pagina 6]
(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)
IL PRIMO VIAGGIO DI CRISTOFORO COLOMBO
SPAGNA
AFRICA
Oceano Atlantico
STATI UNITI
Bahama
Cuba
Hispaniola
-
-
Uno scontro fra due cultureSvegliatevi! 1992 | 8 marzo
-
-
Uno scontro fra due culture
CIRCA cinquecento anni fa, in una cittadina situata nel cuore della Castiglia, alcuni diplomatici spagnoli ebbero una disputa con i loro colleghi portoghesi. Il 7 giugno 1494 le loro divergenze furono appianate e venne firmato un formale trattato: il Trattato di Tordesillas. A motivo di quell’accordo oggi nell’emisfero occidentale centinaia di milioni di persone parlano o spagnolo o portoghese.
Il trattato confermò le bolle papali dell’anno precedente con cui il mondo ancora inesplorato era stato diviso fra le due nazioni iberiche. Venne tracciata una linea di demarcazione da nord a sud “370 leghe a ovest delle isole del Capo Verde”. La Spagna poteva colonizzare ed evangelizzare le terre scoperte a ovest di quella linea (America Settentrionale e Meridionale, a eccezione del Brasile) e il Portogallo tutte le terre a est (Brasile, Africa e Asia).
Facendosi forti della benedizione papale, Spagna e Portogallo — immediatamente seguiti da altre nazioni europee — si accinsero a dominare i mari e quindi il mondo. Cinquant’anni dopo la firma del trattato erano state tracciate rotte oceaniche, erano stati collegati i maggiori continenti e avevano cominciato a formarsi vasti imperi coloniali. — Vedi riquadro, pagina 8.
Questo susseguirsi di scoperte ebbe vaste ripercussioni. I sistemi commerciali e agricoli furono rivoluzionati, e anche la distribuzione delle razze e la diffusione delle religioni nel mondo subirono una trasformazione. Fu l’oro, comunque, a mettere in moto gli avvenimenti.
Sviluppi in campo commerciale
Colombo aveva ragione. L’oro c’era, anche se lui personalmente ne trovò pochissimo. Non passò molto che i galeoni trasportavano in Spagna enormi quantità di oro e argento strappato all’America. La ricchezza, comunque, era effimera. L’afflusso di vaste quantità di metalli preziosi generò una disastrosa inflazione, e il troppo denaro facile in circolazione intralciò l’industria spagnola. D’altro canto, l’oro delle Americhe unse i meccanismi di un’economia internazionale in espansione. C’era il denaro per comprare mercanzie esotiche, che le navi trasportavano dai e ai quattro angoli della terra.
Verso la fine del XVII secolo si potevano trovare argento peruviano a Manila, seta cinese a Città di Messico, oro africano a Lisbona e pellicce nordamericane a Londra. Una volta che i beni voluttuari avevano aperto la strada, prodotti di base come zucchero, tè, caffè e cotone cominciarono a essere trasportati attraverso l’Oceano Atlantico e l’Oceano Indiano in quantità sempre maggiori. E le abitudini alimentari cominciarono a cambiare.
Nuove piante e nuovi cibi
La cioccolata svizzera, le patate irlandesi e la pizza italiana hanno tutte un debito di riconoscenza verso i coltivatori inca e aztechi. Cioccolata, patate e pomodori furono solo tre dei nuovi prodotti portati in Europa. In parecchi casi ci volle del tempo prima che i nuovi sapori, i nuovi frutti e i nuovi ortaggi acquistassero popolarità, anche se Colombo e i suoi uomini furono entusiasti dell’ananas e delle patate dolci sin dall’inizio. — Vedi riquadro, pagina 9.
Alcune piante originarie dell’Oriente, come il cotone e la canna da zucchero, si diffusero estesamente nel Nuovo Mondo, mentre la patata sudamericana divenne infine un’importante risorsa alimentare per molte famiglie europee. Questo scambio di piante servì non solo a rendere più varia la cucina internazionale, ma anche a migliorare sostanzialmente l’alimentazione, il che favorì l’enorme incremento demografico mondiale del XIX e del XX secolo. La rivoluzione agricola, però, ebbe il suo lato negativo.
Razzismo e repressione
I nuovi prodotti agricoli destinati al mercato, come ad esempio cotone, zucchero e tabacco, potevano far diventare ricchi i colonizzatori, a patto che per lavorare le loro terre disponessero di sufficiente manodopera a buon mercato. E l’ovvia fonte di manodopera fu la popolazione indigena.
I colonizzatori europei in generale consideravano gli indigeni alla stregua di animali dotati della favella, un pregiudizio di cui si servirono per giustificare il fatto che li resero praticamente schiavi. Una bolla papale del 1537 dichiarò che gli “indiani” erano “uomini veri dotati di anima”, ma questo non bastò a frenare lo sfruttamento. Come fa notare un recente documento vaticano, “la discriminazione razziale cominciò con la scoperta dell’America”.
I maltrattamenti, insieme alla diffusione delle “malattie europee”, decimarono la popolazione, la quale, secondo alcune stime, fu ridotta addirittura del 90 per cento nell’arco di cent’anni. Nella zona caribica gli indigeni furono quasi annientati. Quando non fu più possibile reclutare con la forza la gente del posto, i proprietari terrieri andarono altrove a cercare braccianti forti e sani. I portoghesi, che avevano buone basi in Africa, suggerirono una soluzione infame: la tratta degli schiavi.
Ancora una volta il pregiudizio razziale e l’avidità causarono terribili sofferenze. Per la fine del XIX secolo convogli di navi negriere (soprattutto inglesi, olandesi, francesi e portoghesi) avevano probabilmente trasportato nelle Americhe più di 15 milioni di schiavi africani!
Dati i suoi risvolti razziali, non è strano che la scoperta dell’America da parte degli europei sia qualcosa che molti indigeni delle Americhe non riescono a digerire. Un indiano del Nordamerica ha detto: “Non è stato Cristoforo Colombo a scoprire gli indiani. Siamo stati noi a scoprire lui”. Allo stesso modo il gruppo etnico dei mapuche stanziato in Cile sostiene che ‘non si trattò di una vera scoperta o di un’autentica evangelizzazione, ma piuttosto di un’invasione del territorio dei loro antenati’. Come si capisce da questo commento, la religione non fu senza colpa.
“Conversione”
La “conversione” forzata dei popoli del Nuovo Mondo procedette di pari passo con l’espansione coloniale.a Dopo che una regione era stata conquistata, la popolazione indigena veniva costretta a farsi cattolica. Infatti il sacerdote e storico cattolico Humberto Bronx spiega: “Dapprima battezzarono senza impartire alcuna istruzione orale, praticamente con la forza. . . . I templi pagani furono trasformati in chiese cristiane o monasteri; gli idoli furono sostituiti con le croci”. Non è strano se tale “conversione” arbitraria portò al sincretismo della religione cattolica con i culti tradizionali, una singolare commistione che perdura ancor oggi.
Dopo la conquista e le “conversioni” fu imposta una rigorosa ubbidienza alla chiesa e ai suoi rappresentanti, specie in Messico e Perú, dove venne instaurata l’Inquisizione. Alcuni ecclesiastici sinceri protestarono contro quei metodi non cristiani. Il frate domenicano Pedro de Córdoba, che fu testimone oculare della colonizzazione dell’isola di Hispaniola, deplorò i fatti dicendo: “Con persone così buone, ubbidienti e miti, se solo dei predicatori fossero andati fra loro senza usare la forza e la violenza cui sono ricorsi questi spregevoli cristiani, credo che si sarebbe potuta fondare una chiesa eccellente come quella dei primi secoli”.
Diverso ma non così nuovo
Alcuni vedono la scoperta, la colonizzazione e la conversione dell’America come uno “scontro fra due culture”; per altri si trattò di “sfruttamento”, e per pochi altri ancora, di “violenza” vera e propria. Giudizi a parte, quello fu indubbiamente l’inizio di una nuova era, un’era di espansione economica e di sviluppo tecnico, anche se a spese dei diritti dell’uomo.
Fu il navigatore italiano Amerigo Vespucci a coniare nel 1505 l’espressione “Nuovo Mondo” in riferimento al nuovo continente. Molti aspetti erano senz’altro nuovi, ma i problemi fondamentali del Vecchio Mondo erano endemici anche nel Nuovo. I futili tentativi di tanti conquistatori spagnoli di trovare il leggendario Eldorado, un luogo di abbondanza e di ricchezze favolose, rivelano che le aspirazioni dell’uomo non furono soddisfatte con la scoperta di un nuovo continente. Lo saranno mai?
[Nota in calce]
a Il desiderio di evangelizzare il Nuovo Mondo fu perfino usato per legittimare l’impiego della forza militare. Francisco de Vitoria, importante teologo spagnolo dell’epoca, sostenne che, essendo autorizzati dal papa a predicare il vangelo nel Nuovo Mondo, gli spagnoli erano giustificati a far guerra contro gli indios per difendere e stabilire questo diritto.
[Riquadro a pagina 8]
Colombo, precursore dell’era delle scoperte
NEI cinquant’anni che seguirono la scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo la carta geografica del globo fu praticamente rifatta. Navigatori spagnoli, portoghesi, italiani, francesi, olandesi e inglesi, alla ricerca di nuove rotte per l’Oriente, scoprirono nuovi oceani e nuovi continenti. Nel 1542 rimanevano da scoprire solo il continente australiano e l’Antartide.
America Meridionale Prima Colombo e subito dopo Ojeda, Vespucci e Coelho rilevarono la costa dell’America Centrale e Meridionale (1498-1501).
America Settentrionale Caboto scoprì Terranova nel 1497 e Verrazzano fu il primo a risalire la costa orientale dell’America Settentrionale, nel 1524.
Circumnavigazione del globo Fu compiuta per la prima volta da Magellano e da Elcano, che scoprirono anche le Filippine dopo un viaggio avventuroso attraverso l’immenso Oceano Pacifico (1519-1522).
Rotta marittima per l’India passando per il Capo di Buona Speranza Dopo avere doppiato la punta meridionale dell’Africa, Vasco da Gama arrivò in India nel 1498.
Estremo Oriente I navigatori portoghesi raggiunsero l’Indonesia nel 1509, la Cina nel 1514 e il Giappone nel 1542.
[Riquadro/Immagine a pagina 9]
Piante che hanno trasformato la cucina internazionale
LA SCOPERTA dell’America rivoluzionò le abitudini alimentari del mondo. Ci fu un rapido scambio di piante fra il Vecchio e il Nuovo Mondo, e molte piante che venivano coltivate dagli inca e dagli aztechi figurano ora tra le più importanti piante alimentari del mondo.
La patata. Quando gli spagnoli arrivarono in Perú, la patata era alla base dell’economia incaica. La patata attecchì anche nell’emisfero settentrionale, e nel giro di due secoli diventò l’alimento base di molti paesi europei. È a questo umile ma nutriente tubero che alcuni storici attribuiscono il rapido aumento demografico che accompagnò la rivoluzione industriale in Europa.
La patata dolce. Cristoforo Colombo fece la conoscenza delle patate dolci durante il suo primo viaggio. Descrivendole, le paragonò a “grandi carote” con il “sapore proprio delle castagne”. Ora la patata dolce è un alimento base per milioni di persone quasi in ogni parte della terra.
Granturco o mais. La coltivazione del granturco rivestiva una tale importanza per gli aztechi che lo consideravano simbolo di vita. Ora nel mondo il granturco è secondo solo al frumento per estensione di terreno coltivato.
Il pomodoro. Sia gli aztechi che i maya coltivavano il pomodoro, che essi chiamavano xitomatle (più tardi tomatl). Verso il XVI secolo il pomodoro era coltivato in Spagna e in Italia, dove gazpacho (una zuppa fredda a base di peperoni, cetrioli e pomodori), pastasciutta e pizza divennero i piatti preferiti. Altri europei, invece, non furono conquistati dalle sue virtù che nel XIX secolo.
Il cacao. La cioccolata, che si ottiene con il cacao, era la bevanda preferita del re azteco Montezuma II. All’epoca in cui Cortés arrivò in Messico, i semi di cacao erano così pregiati da essere usati come moneta. Nel XIX secolo, quando vi si aggiunsero zucchero e latte per migliorarne il sapore, la cioccolata acquistò fama internazionale, sia come bevanda che sotto forma di tavolette.
[Immagine]
Arrivo di Cristoforo Colombo nelle Bahama, 1492
[Fonte]
Cortesia del Museo Naval di Madrid e con il gentile permesso di Don Manuel González Lopéz
[Immagine a pagina 7]
Copia del trattato di Tordesillas.
[Fonte]
Cortesia dell’Archivo General de Indias, Siviglia
[Immagine a pagina 10]
Vittime dell’Inquisizione cattolica in Messico
Murale intitolato “Il Messico attraverso i secoli”, opera originale di Diego Rivera.
[Fonte]
Palazzo Nazionale, Città di Messico
-
-
Il mondo veramente nuovo che attende d’essere scopertoSvegliatevi! 1992 | 8 marzo
-
-
Il mondo veramente nuovo che attende d’essere scoperto
“UN NOME è una cosa incerta, non ci si può contare!” Questa saggia osservazione si è dimostrata vera nel caso di Cristoforo Colombo.
In armonia con il significato del suo nome, Cristoforo, in effetti Colombo tentò di essere un “portatore di Cristo”. Dopo tutto i sovrani spagnoli lo avevano mandato “al servizio di Dio e per l’espansione della fede cattolica”. Ma dopo avere insegnato ad alcuni indigeni, con cui era difficile comunicare, a farsi il segno della croce e a cantare l’Ave Maria, egli si occupò di questioni più concrete: trovare l’oro e la rotta per l’India.
Alcuni cattolici sostengono che Colombo dovrebbe nondimeno essere fatto “santo” per il ruolo chiave avuto nell’allargare i confini della cristianità. Ma le “conversioni” in massa che si ebbero dopo le sue scoperte non furono di grande utilità per far conoscere il vero Gesù Cristo agli abitanti del Nuovo Mondo. Il cristianesimo autentico è sempre stato diffuso con mezzi pacifici, non con la spada. L’impiego della forza per diffondere il vangelo è l’esatto contrario di ciò che Gesù insegnò. — Confronta Matteo 10:14; 26:52.
Colombo (spagnolo: Colón) riuscì molto meglio come colonizzatore. Fu lui a fondare le prime due colonie europee del Nuovo Mondo. Anche se queste si dissolsero, ne vennero subito create altre. La colonizzazione delle Americhe proseguì, ma non fu un processo indolore, specie per le popolazioni colonizzate.
Il frate domenicano Bartolomé de Las Casas, che fu testimone della fase iniziale della colonizzazione delle Indie Occidentali, fece a Filippo II re di Spagna le sue rimostranze per la ‘parodia della giustizia che questi popoli innocenti dovevano subire, essendo annientati e sconvolti senza giusta causa o ragione, ma solo per l’avidità e l’ambizione da cui erano animati coloro che commettevano queste opere malvage’.
Sebbene in seguito gli abusi peggiori cessassero, i motivi egoistici e i metodi spietati continuarono a prevalere. Non sorprende se tale dominio era diventato odioso. All’inizio del XX secolo quasi tutti i paesi delle Americhe avevano scosso il giogo coloniale.
Va riconosciuto che cristianizzare interi continenti ed esercitare un dominio giusto su persone di svariate tribù e lingue è un’impresa difficile. E non sarebbe giusto incolpare Cristoforo Colombo di tutti i fallimenti della vasta impresa da lui inconsapevolmente iniziata quando attraversò l’oceano e diede l’avvio a ciò che alcuni chiamano lo “scontro fra due mondi”.
Come fa notare Kirkpatrick Sale in un suo libro (The Conquest of Paradise), “gli europei hanno avuto senz’altro un’opportunità, un’occasione per trovare un nuovo approdo in un paese nuovo, in quello che potevano vagamente riconoscere come un paradiso”. Ma c’è un’enorme differenza tra scoprire un nuovo mondo e creare un nuovo mondo. Non era la prima volta che i tentativi di costruire un nuovo mondo fallivano.
Un altro viaggio straordinario
Duemila anni prima che Colombo salpasse, circa duecentomila persone intrapresero un altro viaggio straordinario. Anziché un oceano, è probabile che abbiano attraversato un deserto. Anch’esse erano dirette a occidente, verso la loro terra d’origine, Israele, che la maggioranza non aveva mai visto. Il loro obiettivo era creare un mondo nuovo, per sé e per i loro figli.
Quel viaggio di ritorno dalla cattività babilonese adempì una profezia. Duecento anni prima il profeta Isaia aveva predetto il loro rimpatrio: “Ecco, io [il Sovrano Signore Geova] creo nuovi cieli e nuova terra; e le cose precedenti non saranno ricordate, né saliranno in cuore”. — Isaia 65:13, 17.
I “nuovi cieli e nuova terra” erano efficaci termini simbolici usati per descrivere una nuova amministrazione e una nuova società di persone. Queste erano necessarie perché l’esistenza di un mondo veramente nuovo presuppone molto più che un territorio nuovo da colonizzare; richiede che governanti e governati siano mossi da uno spirito nuovo e altruistico.
Pochi degli ebrei che tornarono da Babilonia erano animati da un simile spirito. Anche se dapprincipio si comportarono abbastanza bene, circa cent’anni dopo il loro ritorno il profeta ebreo Malachia, descrivendo la situazione esistente nel paese, disse che vi prevalevano l’egoismo e l’avidità. (Malachia 2:14, 17; 3:5) Un’occasione unica per costruire un nuovo mondo per gli ebrei era stata sprecata.
Un nuovo mondo ci attende ancora
Nondimeno, il fatto che i passati tentativi di edificare un mondo nuovo siano falliti non significa che la situazione sia disperata. Nel libro di Rivelazione (Apocalisse) l’apostolo Giovanni, facendo eco alle parole di Isaia, descrive la seguente scena sensazionale: “Vidi un nuovo cielo e una nuova terra; poiché il precedente cielo e la precedente terra erano passati . . . Ed egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi, e la morte non ci sarà più, né ci sarà più cordoglio né grido né dolore. Le cose precedenti sono passate”. — Rivelazione 21:1, 4.
Queste parole ci assicurano che Dio stesso vuole che ci sia un nuovo governo che amministri tutta la terra e una nuova società di persone che ubbidiscano al suo governo. I benefìci saranno incalcolabili. Sarà veramente un mondo nuovo.
L’idea che Dio crei un nuovo mondo può sembrare inverosimile, ma anche la convinzione di Cristoforo Colombo, che ci fossero dei continenti a Occidente, sembrava assurda a molti suoi contemporanei. Allo stesso modo la descrizione del nuovo mondo promesso da Dio può sembrare del tutto incredibile; tuttavia, quanti studiosi del XV secolo avrebbero immaginato che un terzo delle terre emerse era sconosciuto alla scienza?
Ai giorni di Colombo, il fatto che certe nozioni scientifiche fossero sconosciute faceva apparire estremamente improbabile la scoperta del Nuovo Mondo. Anche il fatto di non conoscere i propositi e la potenza di Dio può distruggere la fiducia nel nuovo cielo e nella nuova terra da lui promessi. Ma l’Iddio Onnipotente, dopo averli descritti, dice: “Ecco, faccio ogni cosa nuova. . . . Scrivi, perché queste parole sono fedeli e veraci”. — Rivelazione 21:5.
Non v’è dubbio, tutta l’umanità anela a qualche tipo di nuovo mondo. Lo scrittore messicano Carlos Fuentes ha detto una volta: “L’Utopia riguarda sia il passato che il futuro. Da un lato, è il ricordo di un mondo migliore che fu e che non è più. Dall’altro, è la speranza che un giorno questo mondo migliore, più giusto e più pacifico, verrà”. Coloro che studiano la Bibbia hanno fiducia che un mondo migliore — non un’immaginaria Utopia — verrà davvero perché Dio l’ha promesso e perché Dio può crearlo. — Matteo 19:26.
Un nuovo mondo si profila all’orizzonte
Quando Colombo cercava di convincere il suo equipaggio che la terra era vicina, ci voleva più che semplice fede. Egli doveva avere prove tangibili. La vegetazione fresca trasportata dalle onde, un numero sempre maggiore di uccelli terrestri e infine un ramo fiorito che galleggiava sull’acqua rinnovarono la fiducia dei marinai nel loro ammiraglio.
Anche oggi c’è la prova tangibile che ci stiamo avvicinando a un nuovo mondo. Il fatto che per la prima volta nella storia la sopravvivenza dell’umanità sia in pericolo ci rammenta che la pazienza di Dio nei confronti del dominio dell’uomo sta per esaurirsi. Molto tempo fa egli promise di “ridurre in rovina quelli che rovinano la terra”. (Rivelazione 11:18) L’avidità e l’egoismo hanno generato una serie di problemi globali insolubili, problemi che la Bibbia descrisse con chiarezza in anticipo come sviluppi indicanti l’imminente intervento da parte di Dio.a
Si dice che Cristoforo Colombo, quando cinquecento anni fa mise piede sull’isola di Cuba, abbia esclamato: “Vorrei vivere qui per sempre!” Coloro che entreranno nel nuovo mondo di Dio proveranno lo stesso desiderio. E questa volta sarà esaudito.
[Nota in calce]
a Per un’analisi delle prove scritturali che il nuovo mondo di Dio si avvicina a grandi passi, vedi il capitolo 18 del libro Potete vivere per sempre su una terra paradisiaca, edito in Italia dalla Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova.
[Immagine a pagina 13]
C’è un’enorme differenza tra scoprire un nuovo mondo e creare un nuovo mondo
-