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  • g90 22/9 pp. 15-17
  • Civette e gufi: Fatti per vivere di notte

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  • Civette e gufi: Fatti per vivere di notte
  • Svegliatevi! 1990
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Svegliatevi! 1990
g90 22/9 pp. 15-17

Civette e gufi: Fatti per vivere di notte

CIVETTE e GUFI sono uccelli che si possono vedere quasi ovunque. Si trovano su tutti i continenti eccetto l’Antartide. Alcuni sono grandi quanto un passero, altri quanto un’aquila. I più piccoli sono gli elfi e le civette nane; molto più grandi sono i gufi reali dell’Eurasia, i grandi gufi grigi, i grandi gufi cornuti e le civette delle nevi, di eccezionale bellezza, presenti nelle regioni artiche. Le circa 140 specie sono estesamente distribuite in habitat molto diversi come pascoli, praterie, deserti, acquitrini, folto della boscaglia, foreste pluviali e tundra artica. Il loro regime alimentare è vario quanto il loro habitat: lombrichi, insetti, rane, roditori, piccoli uccelli e pesci.

Con la testa grossa e gli occhi grandi e rotondi, di colore arancione o giallo, che guardano fisso in avanti e che spiccano nel mezzo di cerchi facciali con le penne a raggiera, questi uccelli danno l’impressione di essere saggi. È un’impressione che si deve in parte ai grandi occhi dallo sguardo fisso e immobile. Lo sguardo immobile, però, non è dovuto a profonde facoltà di meditazione: gli occhi sono incastrati in orbite che impediscono loro di ruotare o di girare. Comunque sia, sin dall’antichità era attribuita loro saggezza: la civetta infatti era l’uccello sacro ad Atena Pallade, la dea greca della saggezza.

Non tutti gli uccelli di questa famiglia appaiono così saggi. Il piccolo elfo non ha l’aria solenne del grande gufo cornuto, né ce l’ha la civetta delle tane. Gli elfi vivono nelle zone desertiche e occupano le cavità lasciate dai picchi nei saguari giganti. Per essere uccelli così piccoli il loro grido è forte, e quando maschio e femmina cantano un duetto — se di canto si può parlare — pare di sentire i guaiti e gli uggiolii di cuccioli di cane.

Le civette delle tane abitano nelle tane dei cani della prateria o degli scoiattoli di terra e si vedono spesso saltellare su e giù sopra rialzi nel terreno o appollaiate sui pali degli steccati. Quando gli uccellini ancora nel nido sono in pericolo emettono un frenetico ronzio che somiglia al segnale di avvertimento del serpente a sonagli. Eventuali intrusi vengono così dissuasi dall’entrare.

Molti pensano che gufi e civette non vedano molto bene nella luce diurna. Pensano pure che vedano bene al buio. Ma si sbagliano in entrambi i casi. Questi uccelli hanno un’ottima vista. Di giorno la loro visione è eccellente. E anche di notte se la cavano molto bene. Civette e gufi, quasi tutti notturni, hanno la retina abbondantemente provvista di bastoncelli che permettono loro di vedere nella luce più fioca. In ambienti del genere i loro occhi percepiscono la luce debole cento volte meglio dei nostri. Ma nelle assolute tenebre, sono praticamente ciechi. Un ricercatore sparse dei topi morti sul pavimento di una stanza completamente buia e poi vi mise alcuni di questi uccelli. Non riuscirono a trovare neppure un topo.

Quando gli orecchi diventano occhi

Tuttavia, in una stanza completamente buia con delle foglie sul pavimento e dei topi vivi che frusciavano fra di esse, il barbagianni (pagina 15) li prese tutti. Lo stesso avrebbero potuto fare altri uccelli notturni di questa famiglia, ma il barbagianni è senz’altro un esperto. Nelle assolute tenebre i suoi orecchi si trasformano in occhi. Il senso dell’udito del barbagianni è tale che gli permette di giudicare la direzione del suono in modo più accurato di quanto non sia possibile a qualsiasi altro animale terrestre studiato.

Quando vogliamo sentire un suono molto debole, giriamo l’orecchio verso la sorgente e possiamo mettere una mano a coppa dietro l’orecchio per raccogliere le onde sonore e incanalarle nelle nostre aperture auricolari. Il cerchio facciale del barbagianni è fatto in modo da svolgere automaticamente questa funzione e gli permette di udire facilmente suoni molto deboli che noi non possiamo percepire. Un annuario scientifico (Science Year, The World Book Science Annual, 1983) spiega: “La grande capacità del barbagianni di percepire i suoni è dovuta soprattutto alla proprietà del collare — formato dalle penne rigide e fitte che contornano il disco facciale conferendogli la forma di un cuore — di raccogliere i suoni. . . . Come una mano a coppa dietro l’orecchio, l’ampia superficie del collare raccoglie i suoni e li incanala nelle aperture auricolari”.

L’udito del barbagianni non dipende tutto dal suo collare. Esiste un’altra ‘mano a coppa’ per incanalare il suono nell’apertura auricolare. Il succitato manuale la descrive: “Il lembo rosa che si trova sopra l’apertura auricolare del barbagianni somiglia nella struttura all’orecchio esterno dell’uomo. Le penne situate all’esterno del “paraorecchie” e nel collare dietro l’orecchio agiscono come mani a coppa per incanalare il suono nell’apertura”.

Questo “paraorecchie”, però, non è solo un’altra ‘mano a coppa’ per rinforzare la facoltà del collare di raccogliere i suoni. Esso, insieme al collare, è fatto in modo speciale per aggiungere una dimensione completamente nuova alla capacità del barbagianni di individuare la direzione del suono. Le aperture auricolari nel cranio del barbagianni sono simmetriche, cioè l’apertura auricolare destra e quella sinistra sono poste su lati del cranio esattamente opposti. La struttura dell’orecchio esterno, però, non è simmetrica. Sia il paraorecchie che l’apertura esterna dell’orecchio destro sono più bassi e rivolti verso l’alto, mentre il paraorecchie e l’apertura esterna dell’orecchio sinistro sono più alti e rivolti verso il basso. Quindi, l’orecchio destro, con il paraorecchie e l’apertura a coppa rivolti verso l’alto, è più sensibile ai suoni provenienti dall’alto, mentre l’orecchio sinistro, con il paraorecchie e l’apertura a coppa rivolti verso il basso, è più sensibile ai suoni provenienti dal basso. Se il suono è più intenso nell’orecchio destro, l’uccello sa che la sorgente sta in alto; se è più intenso nell’orecchio sinistro, la sorgente sta in basso.

Similmente, se la sorgente del suono è più orizzontale che verticale ed esso è udito prima dall’orecchio destro che dal sinistro, l’uccello sa immediatamente che proviene da destra; se è udito prima dall’orecchio sinistro, sa che proviene da sinistra. Il barbagianni ha la testa piccola, per cui la differenza di tempo tra la ricezione sonora di un orecchio e quella dell’altro è minima, e si misura in microsecondi (un microsecondo è un milionesimo di secondo). La reazione dell’uccello al suono è immediata: entro un centesimo di secondo, il barbagianni si gira verso la sorgente del suono. La sua capacità di elaborare all’istante queste informazioni molto precise è determinante per localizzare la sorgente del suono.

Come già detto, gli occhi di questi uccelli sono praticamente immobili. Non è un errore di progettazione, comunque. Hanno il collo così flessibile che alcuni possono girare la testa di ben 270 gradi, così che possono vedere anche proprio dietro di sé. Inoltre, il fatto che gli occhi non possano muoversi è un vantaggio. Significa che quando un barbagianni ode un suono e gira il capo verso la sorgente, gli occhi vengono automaticamente rivolti in quella direzione. Vede la sorgente del suono un centesimo di secondo dopo averlo udito.

Ali dotate di silenziatori

Le penne di quasi tutti gli uccelli producono rumore quando essi frullano nell’aria. Ma questo non accade con le penne di gufi e civette; sono fatte in modo speciale per essere silenziose. Sono soffici e coperte di lanugine, vellutate al tatto, per cui il vento non produce nessun rumore passando sopra di esse. Le penne remiganti primarie non hanno i bordi diritti e rigidi come quelle della maggioranza degli uccelli, penne che producono un frullio quando smuovono l’aria. Le barbe delle penne di gufi e civette non sono tutte della stessa lunghezza, per cui i bordi sono soffici e frangiati e non producono nessun suono quando sfiorano l’aria.

Allorché questi uccelli comunicano fra loro, però, il silenzio finisce: gridi, gorgheggi, fischi, batter di becchi e battute d’ali in volo. Alcuni ricercatori definiscono canto questi rumori, e alcuni di essi possono essere scambiati per canto dagli uccelli stessi, dal momento che svolgono un ruolo durante il corteggiamento.

Sebbene in origine possano non essere stati creati a questo scopo, gufi e civette sono preziosi per tenere sotto controllo insetti e roditori. Il barbagianni in particolare è considerato l’amico del contadino, in quanto gli libera i campi da topi e ratti e da altri animali nocivi alle colture. In alcuni luoghi gufi e civette sono incoraggiati da apposite “porte” che consentono un facile accesso agli edifici delle fattorie. In Malaysia i coltivatori di palme da olio preparano delle cassette dove i barbagianni possono fare il nido, e non per beneficenza. La coppia che ci vive paga l’affitto, in quanto ogni anno libera il contadino da ben 3.000 ratti che altrimenti gli divorerebbero il raccolto. I barbagianni, inoltre, aggiungono un tocco di bellezza. Sono tra gli uccelli più belli, distribuiti in tutto il mondo, e hanno il disco facciale a forma di cuore, uno dei più affascinanti che si vedano in natura.

Quando pensate ai grandi occhi gialli che percepiscono la luce più fioca, agli orecchi che raccolgono il più lieve sussurro proveniente da qualsiasi direzione e alle penne remiganti che scivolano silenziose nell’aria, non potete fare a meno di meravigliarvi di questi uccelli creati in modo così adatto alla vita notturna.

[Immagini alle pagine 16 e 17]

A sinistra e in alto: Grande gufo cornuto col piccolo

[Fonte]

pagina 16: a sinistra, Robert Campbell; a destra, John N. Dean

A destra: Civetta delle tane

[Fonte]

Paul A. Berquist

Estrema destra: Elfo

[Fonte]

Paul A. Berquist

[Fonte dell’immagine a pagina 15]

Foto: pagina 15, Paul A. Berquist

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