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Saranno così i bambini del futuro?Svegliatevi! 2000 | 22 settembre
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Saranno così i bambini del futuro?
Siamo nel 2050. Nella clinica della fertilità, Melissa osserva con attenzione lo schermo di un computer. È pensierosa. In fondo, scegliere un figlio è una cosa seria, non si può fare in quattro e quattr’otto. Sullo schermo compare l’immagine di una ragazzina sorridente a cui Melissa e suo marito, Curtis, hanno già dato nome Alice. Sia l’immagine che le informazioni riportate sullo schermo dicono molto sul tipo di persona che Alice diventerà, sia fisicamente che intellettualmente.
Alice non è ancora nata. La futura ragazzina è ancora un embrione, conservato al sicuro a 200 gradi sotto zero in una stanza vicina, insieme a decine di altri embrioni. Le caratteristiche genetiche di ciascun embrione sono state analizzate e inserite nel computer per aiutare i due genitori a scegliere quello da impiantare nell’utero di Melissa.
Melissa e Curtis vogliono una bambina, così per prima cosa scartano gli embrioni maschi. Poi vagliano gli embrioni rimasti valutando caratteristiche come prospettive di salute, aspetto e carattere. Alla fine Melissa e Curtis fanno la loro scelta. Nove mesi dopo sono allietati dalla nascita della figlia che hanno scelto: un’Alice in carne ed ossa.
QUESTA storia è condensata da un racconto scritto da Lee Silver, docente di biologia molecolare presso l’Università di Princeton, nel New Jersey (USA). Riflette ciò che secondo lui potrebbe accadere nei prossimi decenni. Le sue idee si basano su ricerche e tecnologie esistenti. Già ora è possibile analizzare gli embrioni umani per determinare se sono affetti o meno da determinate anomalie genetiche. E sono passati più di 20 anni dalla nascita del primo “figlio della provetta”, una femminuccia. Questa bambina, concepita in una capsula di Petri, è stata il primo essere umano ad essere concepito al di fuori dell’utero materno.
Il fatto che Silver chiami la bambina Alice può far ricordare il noto racconto Alice nel paese delle meraviglie. In effetti, il futuro si prospetta a molti come un paese delle meraviglie. Un editoriale della prestigiosa rivista Nature affermava: “Il potere sempre maggiore della genetica molecolare ci pone dinanzi la prospettiva che un giorno saremo in grado di cambiare la natura della nostra specie”.
Nell’articolo che segue analizzeremo alcuni progressi delle biotecnologie, in particolare per quanto riguarda le prospettive di “migliorare” l’umanità. Il lavoro che si sta facendo oggi nei laboratori influirà sulla vostra vita, o su quella dei vostri figli? Molti sono convinti di sì.
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Alla ricerca di una società perfettaSvegliatevi! 2000 | 22 settembre
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Alla ricerca di una società perfetta
SAREBBE meraviglioso vedere un mondo migliore, in cui nessuno è afflitto da dolori, malattie o handicap! Una società mondiale libera da criminalità e conflitti. Una famiglia umana in cui non esiste la morte.
Naturalmente, per raggiungere questi obiettivi bisognerebbe modificare sostanzialmente l’umanità stessa. Le idee su come migliorare la razza umana non sono nuove. Circa 2.300 anni fa il filosofo greco Platone scrisse: “Bisogna che i migliori uomini si accoppino, quanto più possibile, con le migliori donne; e viceversa i peggiori con le peggiori, quanto meno è possibile”.a È stato solo in tempi più recenti, però, che sono iniziati sforzi in grande stile per migliorare la famiglia umana. Questa disciplina è stata chiamata eugenetica, o eugenica.
Il termine “eugenetica” fu coniato nel 1883 da sir Francis Galton, scienziato britannico e cugino di Charles Darwin. La parola deriva da un termine greco che significa “di buona nascita” o “di buona stirpe”. Galton sapeva che vari fiori e animali, se incrociati opportunamente, possono acquisire certe qualità desiderabili. Non si poteva migliorare l’umanità con metodi analoghi? Galton era convinto di sì. Il suo ragionamento era che se una minima parte delle spese e degli sforzi dedicati agli incroci di cavalli o di bovini fosse stata impiegata per “migliorare la razza umana” si sarebbe ottenuto “un mondo di geni”.
Influenzato dagli scritti di Darwin, Galton era convinto che fosse ora che gli uomini assumessero il controllo della propria evoluzione. Nei primi decenni del XX secolo le idee di Galton godettero di enorme popolarità presso uomini politici, scienziati e studiosi, tanto in Europa che negli Stati Uniti. Riflettendo le idee in voga a quel tempo, il leader di una nazione potente scrisse: “La società non ha alcuna ragione di permettere ai degenerati di perpetuare la propria specie. . . . Se degli allevatori permettessero ai loro migliori capi di bestiame di non riprodursi lasciando che si moltiplichino solo i capi peggiori, sarebbero considerati matti da legare. . . . Un giorno ci renderemo conto che il più grande dovere di un buon cittadino del giusto tipo è quello di lasciare la propria stirpe dopo di sé nel mondo, e che non abbiamo nessuna ragione di consentire che si perpetuino cittadini del tipo sbagliato”. Queste parole furono pronunciate dal 26º presidente degli Stati Uniti, Theodore Roosevelt.
Nelle fiere e nelle esposizioni, sia in Gran Bretagna che in America, venivano illustrate le leggi dell’ereditarietà genetica, spesso su pannelli verticali corredati di una serie di cavie imbalsamate. Queste erano disposte in modo da far vedere come il colore della pelliccia viene trasmesso per via ereditaria da una generazione all’altra. Opportune didascalie spiegavano lo scopo dei pannelli. Una diceva: “Caratteristiche umane inadatte come frenastenia, epilessia, criminalità, pazzia, alcolismo, miseria e molte altre ricorrono all’interno di certe famiglie e si ereditano esattamente come le cavie ereditano il colore”. Un altro tabellone poneva la domanda: “Fino a quando noi americani continueremo a prestare tanta attenzione al pedigree dei nostri maiali, polli e bovini, per poi lasciare al caso la discendenza dei nostri figli?”
Eugenetica all’opera
Queste idee non erano solo esercizi accademici. Decine di migliaia di “persone indesiderabili” furono sterilizzate sia nell’America Settentrionale che in Europa. Naturalmente, la definizione di chi o che cosa fosse indesiderabile dipendeva in larga misura dai punti di vista di chi decideva di imporre la sterilizzazione. Nello stato americano del Missouri, per esempio, fu proposta una legge secondo cui si sarebbero dovuti sterilizzare quelli che erano stati “trovati colpevoli di omicidio, stupro, brigantaggio, furto di galline, attentato dinamitardo o furto di automobili”. Nel tentativo di creare una razza superiore nell’arco di una sola generazione, la Germania nazista si spinse ancora più in là. Dopo la sterilizzazione forzata di qualcosa come 225.000 persone, milioni di altri — ebrei, rom (zingari), disabili e altri “indesiderabili” — furono sterminati con il pretesto dell’eugenetica.
La barbarie dell’epoca nazista mise l’eugenetica in una pessima luce, e molti speravano che questa disciplina fosse stata definitivamente accantonata, sepolta insieme ai milioni di vittime che aveva fatto. Negli anni ’70, però, cominciarono a circolare notizie di progressi nel nuovo campo della biologia molecolare. Alcuni temevano che questi progressi avrebbero potuto favorire un ritorno alle idee che avevano sedotto l’Europa e l’America Settentrionale all’inizio del secolo. Ad esempio, nel 1977 un eminente biologo avvertì i suoi colleghi a un convegno della National Academy of Science sul DNA ricombinante: “Questa ricerca sta per portarci un passo ancora più vicini alla manipolazione genetica delle persone, cioè dove si può immaginare di produrre bambini con le caratteristiche ideali . . . L’ultimo bambino ideale aveva i capelli biondi, gli occhi blu e i geni ariani”.b
Oggi molti considererebbero assurdo paragonare i progressi fatti nel campo dell’ingegneria genetica con i programmi eugenetici di Hitler. Sessant’anni fa si insisteva molto sulla purezza razziale. Oggi si parla di migliorare la salute e la qualità della vita. La vecchia eugenetica affondava le radici nella politica ed era promossa dal fanatismo e dall’odio. I nuovi progressi nella ricerca genetica sono promossi da interessi commerciali e dal desiderio di una salute migliore da parte dei consumatori. Ma nonostante esistano differenze fondamentali, l’obiettivo di modellare le persone in base ai nostri pregiudizi genetici può assomigliare molto alla vecchia eugenetica.
Trasformare la società attraverso la scienza
Proprio mentre state leggendo queste parole, potenti computer stanno “mappando” sistematicamente il genoma umano, ovvero il complesso delle informazioni contenute nei nostri geni, i quali sovrintendono alla nostra crescita e determinano in gran parte ciò che siamo. Questi computer stanno catalogando le decine di migliaia di geni contenuti nel DNA umano. (Vedi il riquadro “Detective del DNA”). Gli scienziati ritengono che queste informazioni, una volta raccolte e registrate, verranno usate a lungo come fondamento per comprendere la biologia umana e la medicina. E sperano che, una volta decifrati i misteri del genoma umano, si aprirà la strada a forme di terapia in cui si ripareranno o si sostituiranno geni difettosi.
I medici sperano che la ricerca genetica produrrà una nuova generazione di farmaci sicuri ma potenti per prevenire e combattere le malattie. Questa tecnologia potrebbe anche permettere al medico di esaminare il profilo genetico di una persona per determinare in anticipo quale farmaco sarà più efficace nel suo caso.
Oltre a questi vantaggi medici, alcuni vedono nell’ingegneria genetica un modo per risolvere i problemi sociali. Dopo la seconda guerra mondiale e fino ai primi anni ’90, gli intellettuali sostenevano che i problemi sociali si potevano ridurre riformando le economie e le istituzioni e migliorando l’ambiente in cui la gente vive. Negli ultimi anni, però, i problemi sociali si sono aggravati. Molti sono arrivati al punto di credere che la radice di questi problemi vada ricercata a livello genetico. E alcuni oggi credono che i geni condizionino il comportamento di singoli individui e di gruppi più dell’ambiente.
Che dire della morte? Secondo i ricercatori, anche questa si può vincere manipolando il DNA. Alcuni scienziati hanno già raddoppiato la durata della vita di moscerini e vermi, usando tecniche che secondo loro potrebbero un giorno essere applicate agli esseri umani. Il capo della Human Genome Sciences Inc. ha dichiarato: “Questa è la prima volta che possiamo pensare seriamente all’immortalità umana”.
Bambini su misura?
Di fronte alle notizie sensazionali di ciò che si sta facendo e di ciò che si potrà fare in futuro è facile perdere di vista i limiti attuali e i potenziali problemi delle nuove tecnologie. Per fare un esempio, torniamo all’argomento dei neonati. Lo screening genetico è già un procedimento comune. Il metodo più diffuso risale agli anni ’60. Un medico inserisce un ago nell’utero della donna incinta ed estrae un campione del liquido amniotico che circonda il feto. Analizzando questo liquido si può vedere se il feto presenta una qualsiasi di decine di malattie genetiche, come la sindrome di Down e la spina bifida. Di solito questo esame si fa dopo la 16ª settimana di gravidanza. Una tecnica più recente rivela dettagli della costituzione genetica dell’embrione già tra la sesta e la decima settimana.
Queste tecniche permettono ai medici di identificare molte malattie, ma solo circa il 15 per cento d’esse può essere curato. Quando gli esami rivelano un problema genetico o danno un risultato ambiguo, molti genitori si trovano a dover prendere una decisione drammatica: abortire o portare a termine la gravidanza? Il Corriere dell’UNESCO osserva: “Malgrado la proliferazione dei test — tutti brevettati e redditizi —, la genetica non è riuscita finora a mantenere le sue promesse in materia di terapia genica. I medici si trovano spesso di fronte a malattie che non sono in grado di curare e presentano l’aborto come un trattamento”. — Dicembre 1999, p. 23.
Naturalmente, con il progresso delle biotecnologie i medici si aspettano di aumentare grandemente la loro capacità di scoprire e correggere i difetti genetici che causano varie malattie o predispongono ad esse. Inoltre, gli scienziati sperano di poter un giorno innestare in un embrione umano cromosomi artificiali per proteggerlo da malattie come morbo di Parkinson, AIDS, diabete e tumore della prostata e della mammella. In questo modo il bambino nascerebbe con un sistema immunitario rafforzato. Un giorno potrebbero anche essere creati farmaci in grado di “migliorare” l’embrione, magari manipolandone i geni al fine di accrescere l’intelligenza o migliorare la memoria.
Anche se persino gli scienziati più ottimisti si rendono conto che ci vorrà molto tempo prima che i genitori possano scegliere da un catalogo il tipo di figlio che desiderano, molti trovano estremamente affascinante l’idea di avere il figlio dei propri sogni. C’è chi sostiene che sarebbe da irresponsabili non valersi della tecnologia per eliminare le malattie genetiche. In fondo, dicono, se non c’è niente di male nello scegliere le scuole migliori e i medici migliori per i propri figli, perché non cercare di avere il miglior bambino possibile?
Preoccupazioni per il futuro
Altri, tuttavia, esprimono preoccupazione. Ad esempio, il libro Il secolo biotech afferma: “Se il diabete, l’anemia falciforme e il cancro possono essere evitati grazie all’alterazione del patrimonio genetico degli individui, perché non si dovrebbero prevenire gravi ‘disordini’ quali miopia, daltonismo, dislessia, obesità, goffaggine? In verità, che cosa può impedire alla società di decidere che un determinato colore della pelle è un disordine genetico?” — Cit., p. 227.
Le compagnie di assicurazione cercheranno di mettere le mani sulle informazioni genetiche. Che dire se un test prenatale rivelerà un potenziale problema? Le compagnie di assicurazione faranno pressione sulla madre perché abortisca? Se lei si rifiuterà di farlo, potranno negare il rimborso delle spese mediche?
Industrie chimiche, farmaceutiche e biotecnologiche fanno a gara per brevettare geni e organismi nonché sistemi per manipolarli. Il motivo che sta dietro a tutto questo, naturalmente, è di natura economica: fare soldi grazie alla tecnologia del futuro. Molti esperti di bioetica temono che questo possa portare a un’“eugenetica consumistica”, in cui i genitori verrebbero incoraggiati a scegliere figli “geneticamente corretti”. È facile immaginare il ruolo importante che la pubblicità potrebbe svolgere in tutto questo.
Naturalmente, è improbabile che le nuove tecnologie divengano disponibili in tempi brevi nelle parti più povere del mondo. Già ora in molte parti della terra mancano le più elementari forme di assistenza sanitaria. Anche nei paesi più industrializzati, le terapie genetiche potrebbero diventare una realtà accessibile solo ai più ricchi.
Una società perfetta
Nella miriade di articoli pubblicati sugli sviluppi attuali nel campo della biotecnologia, spesso ricorre l’espressione “giocare a essere Dio”. Essendo Dio il Progettista e Creatore della vita, è appropriato vedere cosa ne pensa lui della ricerca della perfezione. Il libro biblico di Genesi dice che, dopo aver creato la vita sulla terra, “Dio vide poi tutto ciò che aveva fatto, ed ecco, era molto buono”. (Genesi 1:31) Il primo uomo e la prima donna erano geneticamente perfetti. Fu perché si ribellarono a Dio che assoggettarono se stessi e i loro discendenti all’imperfezione e alla morte. — Genesi 3:6, 16-19; Romani 5:12.
Geova Dio vuole veder finire malattie, sofferenze e morte. Già molto tempo fa prese dei provvedimenti per liberare l’umanità da questi problemi. Il libro biblico di Rivelazione, o Apocalisse, predice un tempo in cui Dio interverrà negli affari umani. A proposito di quel tempo, leggiamo: “[Dio] asciugherà ogni lacrima dai loro occhi, e la morte non ci sarà più, né ci sarà più cordoglio né grido né dolore. Le cose precedenti sono passate”. Questi enormi cambiamenti non saranno il risultato delle conquiste scientifiche degli esseri umani, molti dei quali non ammettono nemmeno l’esistenza di Dio, e tanto meno lo lodano. No, il brano continua dicendo: “Colui che sedeva sul trono [Geova Dio] disse: ‘Ecco, faccio ogni cosa nuova’”. — Rivelazione 21:4, 5.
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