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SennacheribPerspicacia nello studio delle Scritture, volume 2
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Ezechia allora mandò un’ambasciata agli assiri a Lachis offrendosi di pagare qualsiasi tributo Sennacherib avesse imposto. (2Re 18:13, 14) La conquista di Lachis da parte di Sennacherib è rappresentata in un fregio in cui lo si vede seduto su un trono davanti alla città vinta, nell’atto di ricevere le spoglie della città mentre alcuni prigionieri vengono torturati.
La Bibbia non dice se il re Padi, ammesso che sia veramente stato prigioniero di Ezechia, venne rimesso in libertà, ma indica che Ezechia pagò effettivamente il tributo imposto da Sennacherib di 300 talenti d’argento e 30 talenti d’oro. (2Re 18:14-16)
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SennacheribPerspicacia nello studio delle Scritture, volume 2
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Le iscrizioni di Sennacherib non fanno menzione della disfatta subita dal suo esercito. Ma, come osserva Jack Finegan, “dato il tono vanesio che permea le iscrizioni del re assiro, c’è . . . da aspettarci che Sennacherib non avrebbe raccontato una simile sconfitta”. (Luci del lontano passato, trad. di G. Cambon, Milano, 1957, p. 182) Tuttavia è interessante notare la versione di Sennacherib, scritta su quello che è noto come il prisma di Sennacherib, ora conservato al British Museum (prisma di Taylor); una copia si trova nell’Istituto Orientale dell’Università di Chicago. Egli dice in parte: “In quanto a Ezechia, il giudeo, che non si sottomise al mio giogo, io assediai 46 delle sue città forti, fortezze cinte da mura e innumerevoli villaggi dei dintorni, e (le) conquistai mediante rampe (di terra) ben battute, e arieti portati (in tal modo) vicino (alle mura, e con) l’attacco di soldati a piedi, (mediante) gallerie, brecce e anche impiego di genieri. Deportai (da queste) 200.150 persone, giovani e vecchi, maschi e femmine, innumerevoli cavalli, muli, asini, cammelli, bestiame grosso e minuto, e (li) considerai bottino. Lui stesso [Ezechia] imprigionai a Gerusalemme, la sua residenza reale, come un uccello in gabbia. . . . Le sue città che avevo saccheggiate, tolsi dal suo territorio e le diedi a Mitinti, re di Asdod, a Padi, re di Ecron, e a Sillibel, re di Gaza. . . . Ezechia stesso, . . . mi inviò, poi, a Ninive, mia sfarzosa città, insieme a 30 talenti d’oro, 800 talenti d’argento, pietre preziose, antimonio, grossi tagli di pietra rossa, divani (intarsiati) d’avorio, sedili-nimedu (intarsiati) d’avorio, pelli di elefante, ebano, bosso (e) ogni specie di tesori preziosi, le sue (stesse) figlie, concubine, musicisti uomini e donne. Per pagare il tributo e per rendere omaggio come uno schiavo egli inviò il suo messaggero (personale)”. — Ancient Near Eastern Texts, cit., p. 288.
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