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  • 1945-1990 “Conducono molti alla giustizia” (Dan. 12:3) (Parte 3)
    Annuario dei Testimoni di Geova del 2014
    • che la identificava. Ben presto circa 30 persone interessate frequentavano regolarmente le adunanze.

      Per timore di essere arrestati, i fratelli all’inizio predicavano con cautela. Ma con il tempo acquisirono più fiducia e intensificarono i loro sforzi. Nel 1973 quella piccola congregazione distribuì 6.000 volantini. In seguito i proclamatori iniziarono a offrire le riviste in uffici e altre attività commerciali. Poco a poco i funzionari governativi e le persone in generale iniziarono a capire lo scopo della nostra opera e ad apprezzarla. Il 15 dicembre 1993 tutti quegli sforzi, compiuti con pazienza e perseveranza, vennero ricompensati: l’Associazione Cristiana dei Testimoni di Geova della Guinea ottenne la registrazione legale.

  • 1945-1990 “Conducono molti alla giustizia” (Dan. 12:3) (Parte 4)
    Annuario dei Testimoni di Geova del 2014
    • SIERRA LEONE E GUINEA

      1945-1990 “Conducono molti alla giustizia” (Dan. 12:3) (Parte 4)

      La battaglia contro l’analfabetismo

      All’inizio del 1963, durante la sua seconda visita nella Sierra Leone, Milton Henschel si concentrò su un bisogno che la filiale aveva cercato di soddisfare da tempo: intensificare gli sforzi per combattere l’analfabetismo.

      Alcune congregazioni stavano tenendo corsi di alfabetizzazione in inglese. Dopo la visita del fratello Henschel, però, si iniziò a insegnare agli studenti a leggere e scrivere nella loro lingua materna. Ci furono congregazioni in cui si organizzarono classi in due o tre lingue. Questi corsi riscossero un tale successo che un terzo dei proclamatori del paese si iscrisse per parteciparvi.

      Nel 1966 i fratelli della Liberia prepararono un abbecedario illustrato in lingua kissi. Quando lo mostrarono ai funzionari governativi liberiani, questi rimasero favorevolmente colpiti, e decisero di stamparlo e metterlo a disposizione gratuitamente. L’abbecedario venne distribuito in Guinea, in Liberia e nella Sierra Leone, e permise a centinaia di persone di lingua kissi di imparare a leggere e scrivere. In seguito vennero preparati anche altri abbecedari, adattandoli alle esigenze di diversi gruppi etnici e permettendo l’alfabetizzazione di sempre più persone.

      Sia teneva il conto della propria attività di servizio servendosi di cordicelle nere e rosse

      I corsi di alfabetizzazione permettevano alle persone anche di progredire spiritualmente. Prendiamo il caso di Sia Ngallah, una proclamatrice non battezzata di 50 anni che era analfabeta. Sia teneva il conto della propria attività di servizio servendosi di cordicelle nere e rosse. Dopo aver predicato per un’ora, faceva un nodo su una cordicella nera. Dopo una visita ulteriore, invece, faceva un nodo su una cordicella rossa. Sia frequentò un corso di alfabetizzazione, che le permise di segnare più agevolmente la propria attività nel ministero. Fece progresso spirituale, si battezzò e divenne anche più efficace nella predicazione e nell’insegnamento.

      Tuttora nella Sierra Leone e in Guinea ci sono molte congregazioni che tengono corsi di alfabetizzazione. Un esperto funzionario della Sierra Leone disse ai fratelli della filiale: “Oltre a compiere la vostra opera di istruzione biblica, state facendo un lavoro meritorio perché aiutate le persone di questa società ad alfabetizzarsi”.

      Le “pietre” gridano

      Mentre sempre più persone delle varie etnie imparavano a leggere, cresceva il bisogno di tradurre. La maggioranza delle tribù aveva poche pubblicazioni secolari nella propria lingua o non ne aveva affatto. Le persone istruite nella Sierra Leone leggevano l’inglese e quelle in Guinea il francese. Cosa si poteva fare per rendere disponibili pubblicazioni bibliche nelle loro lingue materne?

      Nel 1959 due diplomati di Galaad tradussero in mende un volantino e un opuscolo, ma ne vennero distribuite solo poche copie. Dieci anni dopo, vennero tradotti in kissi gli opuscoli “Questa buona notizia del regno” e Viviamo con la speranza di un giusto nuovo mondo. Di questi opuscoli vennero distribuite circa 30.000 copie, che furono usate per condurre studi biblici.

      Nel 1975 la filiale iniziò a pubblicare gli articoli di studio della Torre di Guardia in kissi. I proclamatori kissi ne furono entusiasti! Un fratello scrisse: “Geova ci ha fatto un dono meraviglioso. Nessuno di noi è andato a scuola. Eravamo come pietre, incapaci di parlare, ecco cos’eravamo. Ma ora abbiamo La Torre di Guardia in kissi e possiamo parlare dei grandi atti di Geova” (Luca 19:40). Vennero poi tradotte in kissi diverse altre pubblicazioni.

      Oggi la maggioranza delle persone nella Sierra Leone e in Guinea legge ancora le nostre pubblicazioni in inglese o francese, le lingue usate alle adunanze. Recentemente, però, il numero di pubblicazioni nelle lingue locali è aumentato di molto. Ora si traduce in guerzé, kissi, krio, maninkakan, mende, pular e susu. In tutte queste lingue sono disponibili gli opuscoli Ascoltate Dio e vivrete per sempre e Ascoltate Dio. Questi ausili didattici sono semplici da usare, e stanno aiutando molte persone che non sanno leggere bene a comprendere il meraviglioso messaggio della Bibbia e ad apprezzarlo.

      Si costruisce una filiale

      Nei primi anni ’60 i fratelli di Freetown iniziarono a cercare un terreno per costruire una nuova filiale. Infine, nel 1965, acquistarono una proprietà su Wilkinson Road con vista sull’oceano, in una delle migliori zone residenziali della città.

      Il progetto definitivo prevedeva un unico bell’edificio con all’interno una Sala del Regno, una casa missionaria e degli uffici. Durante la costruzione, l’intenso traffico lungo Wilkinson Road spesso rallentava fino quasi a fermarsi perché autisti e passeggeri volevano osservare meglio il cantiere. La filiale venne dedicata il 19 agosto 1967. I presenti al programma furono quasi 300, tra cui personalità di spicco della comunità locale e diversi fratelli di vecchia data che erano stati battezzati da “Brown della Bibbia” nel 1923.

      Illustrazione a pagina 123

      Filiale e casa missionaria di Freetown (1965-1997)

      Nella mente di molte persone l’edificio della nuova filiale aveva dato maggiore dignità alla nostra opera. Aveva anche risposto alle critiche di alcuni religiosi secondo cui i Testimoni non sarebbero durati a lungo nel paese. Il nuovo edificio era la chiara prova che invece i testimoni di Geova sarebbero rimasti.

      Missionari zelanti favoriscono la crescita

      Illustrazione a pagina 125

      Un gruppo di proclamatori nell’opera di predicazione si fa strada in mezzo a una fangosa risaia

      A partire dalla metà degli anni ’70 l’afflusso costante di missionari di Galaad diede grande impulso all’opera nella Sierra Leone e in Guinea. Alcuni avevano già servito in altri paesi dell’Africa e si adattarono subito alle condizioni locali. Altri si trovavano in Africa per la prima volta. Come avrebbero affrontato “il cimitero dell’uomo bianco”? Ecco alcuni dei loro commenti.

      “Le persone erano umili e spiritualmente affamate. Osservare il modo in cui la verità migliorava la loro vita mi dava grandi soddisfazioni” (Hannelore Altmeyer).

      “Convivere con il clima e le malattie tropicali era una sfida, ma la gioia di aiutare persone sincere a servire Geova dimostrava che ne valeva la pena” (Cheryl Ferguson).

      “Ho imparato a coltivare la pazienza. Una volta chiesi a una sorella quando sarebbero arrivati i suoi invitati, e lei rispose: ‘Oggi, domani, o forse dopodomani’. Devo esserle sembrata piuttosto sconvolta, perché poi aggiunse: ‘Ma comunque verranno!’” (Christine Jones).

      “Nella casa missionaria di Freetown eravamo in quattordici, provenienti da vari paesi e cresciuti in ambienti diversi. Condividevamo due bagni, una doccia, una lavatrice e una cucina. Le provviste di cibo erano poche e di scarsa qualità. L’elettricità veniva a mancare in modo inaspettato, a volte per giorni. Molti di noi contrassero la malaria e altre malattie tropicali. Eppure, per quanto i presupposti non fossero certo dei migliori, imparammo a convivere, a perdonare e a trovare qualcosa per cui ridere anche nelle difficoltà. Predicare era un immenso piacere e noi missionari stringemmo forti vincoli di amicizia” (Robert e Pauline Landis).

      Illustrazione a pagina 126

      Pauline Landis mentre conduce uno studio biblico

      “Il periodo trascorso nella Sierra Leone è stato uno dei più belli della nostra vita. Non abbiamo rimpianti. Ci manca molto” (Benjamin e Monica Martin).

      “Una volta ci fermammo a cena da una persona interessata, che ci offrì da mangiare un piatto che sembrava un po’ strano. ‘È vipera’, ci disse. ‘Ho tolto i denti. Ne volete un po’?’ Declinammo con tatto, ma lei insisté. Nonostante esperienze come questa, apprezzammo molto l’ospitalità che ci veniva mostrata e imparammo a volere molto bene alle persone del posto” (Frederick e Barbara Morrisey).

      “Nei miei 43 anni di servizio all’estero ho servito insieme a più di 100 missionari. È stato un grande privilegio conoscere tante persone, tutte con caratteristiche diverse, eppure tutte impegnate a raggiungere lo stesso obiettivo. E che gioia collaborare con Dio e vedere le persone accettare la verità della Bibbia!” (Lynette Peters).

      “Che gioia collaborare con Dio e vedere le persone accettare la verità della Bibbia!”

      Dal 1947, 154 missionari hanno servito nella Sierra Leone e 88 in Guinea. Molti altri Testimoni sono venuti a servire dove c’era più bisogno. Attualmente ci sono 44 missionari nella Sierra Leone e 31 in Guinea. La loro instancabile attività e la loro devozione altruistica hanno influito sulla vita di tantissime persone. Alfred Gunn, membro del Comitato di Filiale da tanti anni, ha detto: “Pensiamo a loro con grandissimo affetto”.

  • Un distintivo per “passaporto”
    Annuario dei Testimoni di Geova del 2014
    • SIERRA LEONE E GUINEA

      Un distintivo per “passaporto”

      “NEL 1987 più di 1.000 delegati parteciparono all’assemblea di distretto ‘Pace divina’ a Guékédou, in Guinea. L’assemblea si teneva vicino al confine con Sierra Leone e Liberia, così molti delegati di questi paesi decisero di fare il viaggio di andata e ritorno tutti i giorni. Non avevano, però, documenti di viaggio validi. Allora alcuni fratelli responsabili raggiunsero un accordo con i funzionari della frontiera. I delegati avrebbero avuto bisogno solo di un documento: il loro distintivo dell’assemblea di colore arancione! Bastava che la polizia di frontiera lo vedesse, e subito faceva passare i delegati” (Everett Berry, ex missionario).

      Illustrazione a pagina 120

      Un gustoso pasto all’assemblea

  • 1991-2001 “Nel forno fusorio dell’afflizione” (Isa. 48:10) (Parte 1)
    Annuario dei Testimoni di Geova del 2014
    • Illustrazione a pagina 130

      SIERRA LEONE E GUINEA

      1991-2001 “Nel forno fusorio dell’afflizione” (Isa. 48:10) (Parte 1)

      La guerra civile

      Negli anni ’80 i problemi sociali, politici ed economici innescarono conflitti in tutta l’Africa occidentale. Quando la guerra sconvolse la vicina Liberia, molti si rifugiarono nella Sierra Leone. La filiale dispose che i Testimoni rifugiati fossero ospitati nelle case dei fratelli e nelle Sale del Regno, e che i fratelli locali si prendessero cura di loro.

      Grafico a pagina 130

      Sebbene quelli fossero giorni duri, ci furono anche momenti divertenti. Isolde Lorenz, che è missionaria da molti anni, racconta: “Un ragazzino fu mandato da suo padre a riscaldare del cibo sul fornello del giardino dietro la Sala del Regno, all’interno della proprietà della filiale. Quando tornò dal padre, il ragazzino gli disse che quel giorno non avrebbero avuto nulla da mangiare. Il padre gliene chiese la ragione. ‘Perché oggi Geova mi ha salvato dalla bocca del leone!’ esclamò il figlio. Cos’era successo? Mentre tornava indietro portando in mano il piatto con il cibo, si era imbattuto in Lobo, il grosso pastore tedesco della filiale, che era comunque piuttosto innocuo. Si era preso un grosso spavento e aveva steso in avanti le braccia per tenere a distanza il cane. Lobo, naturalmente, aveva considerato quel gesto un invito a servirsi: non si era fatto pregare due volte e aveva vuotato il piatto!”

      Il 23 marzo 1991 il conflitto armato in Liberia varcò il confine della Sierra Leone, dando il via a una guerra civile che sarebbe durata 11 anni. Un gruppo di ribelli chiamato Revolutionary United Front (RUF, Fronte unito rivoluzionario) avanzò rapidamente verso Kailahun e Koindu costringendo la maggior parte della popolazione a fuggire in Guinea. Tra i rifugiati c’erano circa 120 fratelli e sorelle. Altri Testimoni rifugiati provenienti dalla Liberia erano giunti nella Sierra Leone prima dell’arrivo dei ribelli.

      “Per diversi mesi alla Betel di Freetown arrivarono gruppi di fratelli stravolti, emaciati e affamati”, dice Billie Cowan, all’epoca coordinatore del Comitato di Filiale. “Molti erano stati testimoni oculari di atrocità indescrivibili e per non morire di fame avevano mangiato erbe selvatiche. Subito demmo loro cibo e indumenti, e ci occupammo dei parenti e degli interessati che erano con loro. I fratelli e le sorelle locali aprirono il loro cuore e le loro case ai rifugiati. I Testimoni sfollati si diedero immediatamente da fare nel servizio di campo e aiutarono le congregazioni locali. La maggior parte di loro in seguito si trasferì, ma nel periodo che rimasero con noi ci rafforzarono!”

      Illustrazioni a pagina 132

      La Sierra Leone è stata sconvolta da 11 anni di guerra civile

      Si trasmettono conforto e speranza

      La filiale mandò cibo, farmaci, materiali da costruzione e attrezzi ai Testimoni che si trovavano nei campi profughi nella Guinea meridionale. Gli aiuti comprendevano una grande quantità di indumenti donati dalla Francia. Un padre scrisse: “I miei bambini ballavano, cantavano e lodavano Geova; avevano indumenti nuovi da mettersi per le adunanze!” Alcuni fratelli e sorelle dissero che non si erano mai vestiti così bene come allora!

      Ai rifugiati, però, non servivano solo cose materiali. Gesù disse: “L’uomo non deve vivere di solo pane, ma di ogni espressione che esce dalla bocca di Geova” (Matt. 4:4). Perciò la filiale spedì pubblicazioni bibliche nella regione e organizzò assemblee su base regolare. Furono inoltre inviati nella zona pionieri e sorveglianti viaggianti.

      Quando si recò a Koundou, in Guinea, André Baart, un sorvegliante di circoscrizione, incontrò un funzionario del campo profughi che lo invitò a pronunciare un discorso biblico ai rifugiati. Una cinquantina di persone ascoltò il discorso dal tema “Rifugiamoci in Geova”, basato sul Salmo 18. Al termine del discorso una donna anziana si alzò e disse: “Lei ci ha reso davvero felici. Avere del riso da mangiare non risolve i nostri problemi; la Bibbia invece ci mostra come nutrire speranza in Dio. La ringraziamo dal profondo del cuore per averci portato conforto e speranza”.

      Quando i missionari William e Claudia Slaughter furono inviati a Guékédou, in Guinea, gli oltre 100 rifugiati che componevano la congregazione erano “ferventi nello spirito” (Rom. 12:11). “Molti giovani stavano maturando spiritualmente”, dice William. “Se qualcuno non poteva pronunciare il discorso che gli era stato assegnato alla Scuola di Ministero Teocratico, c’erano dai 10 ai 15 giovani fratelli che si offrivano di sostituirlo. I fratelli partecipavano con zelo alla predicazione in gruppi numerosi. Alcuni di questi giovani volenterosi successivamente diventarono pionieri speciali e sorveglianti viaggianti”.

      Lavori di costruzione nel bel mezzo del conflitto

      Subito dopo l’inizio della guerra civile i fratelli di Freetown acquistarono una proprietà di 6 ettari al numero 133 di Wilkinson Road, a poche centinaia di metri dalla filiale. “Volevamo costruire una nuova Betel su quel terreno, ma eravamo preoccupati per la guerra”, dice Alfred Gunn. “In quei giorni avevamo in visita Lloyd Barry del Corpo Direttivo e gli facemmo presenti le nostre preoccupazioni. Egli rispose: ‘Se permettiamo alle guerre di fermarci, non realizzeremo mai niente!’ Le sue parole di incitamento ci diedero il coraggio necessario per andare avanti”.

      Centinaia di fratelli parteciparono ai lavori, compresi più di 50 volontari provenienti da 12 paesi e molti volenterosi delle congregazioni locali. I lavori iniziarono nel maggio del 1991. “I passanti rimanevano colpiti dalla qualità dei mattoni che venivano prodotti sul posto. La struttura in acciaio era molto diversa dagli edifici locali”, dice Tom Ball, il responsabile dei lavori. “La gente rimaneva ancor più meravigliata vedendo gli stranieri bianchi e i neri del posto lavorare felici e uniti”.

      Il 19 aprile 1997 una gioiosa folla internazionale si radunò per la dedicazione della nuova filiale. Il mese successivo, dopo cinque anni di furiosi combattimenti nelle campagne, il RUF attaccò Freetown.

      Illustrazioni a pagina 135

      Costruzione della filiale di Freetown; la filiale oggi

      La battaglia per Freetown

      Migliaia di ribelli con capelli arruffati e raccolti in bandane rosse si riversarono nella città, saccheggiando, stuprando e uccidendo. “La situazione era al massimo della tensione”, ricorda Alfred Gunn. “La maggior parte dei missionari stranieri fu rapidamente fatta sfollare. Gli ultimi ad andarsene furono Billie e Sandra Cowan, Jimmie e Joyce Holland, io e Catherine.

      “Pregammo insieme ai beteliti locali che si offrirono di rimanere e corremmo verso il punto di evacuazione. Lungo il tragitto fummo fermati da una ventina di ribelli trasandati e ubriachi. Quando offrimmo loro riviste e denaro, ci fecero passare. Ci dirigemmo insieme a un migliaio di sfollati verso un check-point fortificato, controllato da marine americani ben armati. Lì salimmo a bordo di un elicottero militare e fummo portati via in tutta fretta su una nave militare americana. Un ufficiale della nave in seguito ci disse che quella era stata la più grande operazione di sfollamento di civili compiuta dalla marina americana dai tempi della guerra del Vietnam. Il giorno dopo andammo in elicottero a Conakry, in Guinea, e vi stabilimmo una filiale provvisoria”.

      Illustrazioni a pagina 138

      Tra gli sfollati c’erano Alfred e Catherine Gunn

      I missionari attendevano con ansia notizie da Freetown. Alla fine ricevettero una lettera che diceva: “In mezzo al caos stiamo ancora distribuendo Notizie del Regno N. 35, ‘Ci sarà mai amore fra tutti gli esseri umani?’ La gente accoglie positivamente il messaggio e perfino alcuni ribelli stanno studiando con noi. Siamo quindi decisi a intensificare l’attività di predicazione”.

      Jonathan Mbomah, che serviva come sorvegliante di circoscrizione, ricorda: “Tenemmo addirittura un’assemblea speciale di un giorno a Freetown. Il programma fu così incoraggiante che mi recai a Bo e a Kenema per presentarlo anche in quelle zone. I fratelli in queste città dilaniate dal conflitto ringraziarono Geova per il meraviglioso cibo spirituale.

      “Verso la fine del 1997 tenemmo un’assemblea di distretto al National Stadium di Freetown. L’ultimo giorno alcuni ribelli entrarono nello stadio e ci ordinarono di uscire. Li implorammo di lasciarci terminare l’assemblea. Dopo lunghe trattative i ribelli desisterono e se ne andarono. All’assemblea assisterono più di 1.000 persone e i battezzati furono 27. Vari fratelli intrapresero un viaggio pericoloso diretti a Bo e assisterono una seconda volta all’assemblea. Quelle furono assemblee meravigliose, davvero emozionanti!”

      Diamanti di guerra

      DURANTE gli 11 anni di guerra civile, diverse fazioni cercarono di impossessarsi delle miniere ricche di diamanti per sovvenzionare le loro attività militari. È stata una delle scoperte della Commissione per la verità e la riconciliazione della Sierra Leone. Questi diamanti (“conflict diamonds”) venivano contrabbandati all’estero e venduti ad acquirenti che ne ignoravano la provenienza, il che contribuiva tragicamente a prolungare il conflitto.

      Illustrazione a tutta pagina alle pagine 140 e 141
  • 1991-2001 “Nel forno fusorio dell’afflizione” (Isa. 48:10) (Parte 2)
    Annuario dei Testimoni di Geova del 2014
    • SIERRA LEONE E GUINEA

      1991-2001 “Nel forno fusorio dell’afflizione” (Isa. 48:10) (Parte 2)

      La Betel sotto attacco!

      Nel febbraio 1998 l’esercito governativo e le truppe dell’ECOMOG, il gruppo di monitoraggio e d’intervento della Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale, lanciarono un attacco a oltranza per allontanare i ribelli da Freetown. Purtroppo, durante uno di quei feroci scontri un fratello rimase ucciso, colpito da una scheggia vagante.

      Circa 150 proclamatori trovarono riparo nelle case missionarie di Kissy e di Cockerill. Laddie Sandy, uno dei guardiani notturni della Betel, ricorda: “Una volta, a notte fonda, mentre io e Philip Turay eravamo di turno, due uomini armati del RUF si presentarono alla Betel e ci intimarono di aprire la porta di vetro dell’ingresso. Io e Philip fuggimmo per metterci in salvo e loro si misero a sparare ripetutamente alla serratura della porta. Fortunatamente la serratura non cedette e i due non pensarono di sparare al vetro; così, delusi, se ne andarono.

      “Due notti dopo i ribelli ritornarono, questa volta insieme a una ventina di compagni risoluti e ben armati. Immediatamente demmo l’allarme a tutta la famiglia Betel e ci precipitammo nel rifugio che era stato preparato precedentemente nel seminterrato. Tutti e sette andammo a nasconderci al buio dietro due grossi barili, tremando di paura. I ribelli irruppero nell’edificio facendo esplodere dei colpi e fondendo così la serratura della porta. ‘Trovate quei testimoni di Geova e tagliategli la gola’, gridò uno di loro. Rimanemmo rannicchiati in silenzio mentre per sette ore misero a soqquadro l’edificio. Alla fine, soddisfatti di quello che avevano fatto, i ribelli andarono via.

      “‘Raccogliemmo le nostre cose e ci dirigemmo in tutta fretta alla casa missionaria di Cockerill, la vecchia Betel, che non era molto lontana. Nel cammino fummo derubati da un altro gruppo di ribelli. Quando arrivammo alla casa missionaria eravamo sconvolti dalla paura ma contenti di essere ancora vivi. Rimanemmo lì qualche giorno e poi tornammo alla Betel per risistemare tutto”.

      Due mesi dopo, quando le forze dell’ECOMOG avevano preso il controllo della città, i missionari cominciarono a tornare dalla Guinea, ma non sapevano che la loro permanenza sarebbe stata breve.

      Operazione No living thing

      Otto mesi più tardi, nel dicembre 1998, presso il National Stadium di Freetown, centinaia di delegati stavano assistendo gioiosamente all’assemblea di distretto “Il modo di vivere che piace a Dio”. Improvvisamente sentirono un boato e videro una nube di fumo che si innalzava dalle colline. I ribelli erano tornati.

      Nei giorni che seguirono, la situazione a Freetown andò sempre peggiorando. Il Comitato di Filiale prese a noleggio un piccolo aeroplano per trasferire a Conakry 12 missionari, 8 beteliti stranieri e 5 volontari nelle costruzioni. Tre giorni dopo, il 6 gennaio 1999, le truppe dei ribelli lanciarono una spietata campagna omicida: l’operazione No living thing (“nessun essere vivente”). Con una violenza inaudita misero a ferro e fuoco la città massacrando circa 6.000 civili. I ribelli amputarono arti indiscriminatamente, rapirono centinaia di bambini e distrussero migliaia di edifici.

      Edward Toby, un fratello amato da tutti, fu ucciso barbaramente. Più di 200 proclamatori traumatizzati furono ospitati alla Betel o nella casa missionaria di Cockerill. Altri si nascosero nelle loro case. I Testimoni che avevano trovato rifugio nella casa missionaria di Kissy, nella periferia orientale di Freetown, avevano un disperato bisogno di cure mediche, ma attraversare la città era estremamente pericoloso. Servivano dei volontari: Laddie Sandy e Philip Turay, i due impavidi guardiani della Betel, si offrirono immediatamente.

      “La città era nel caos”, racconta Philip. “I ribelli presidiavano diversi posti di blocco, commettendo soprusi a loro piacimento. C’era poi un rigido coprifuoco, da metà pomeriggio fino a metà mattina del giorno dopo, che limitava i nostri spostamenti. Dopo aver viaggiato per due giorni arrivammo alla casa missionaria di Kissy, solo per scoprire che era stata saccheggiata e data alle fiamme.

      “Perlustrando la zona trovammo un fratello, Andrew Caulker, che aveva delle spaventose ferite alla testa. I ribelli lo avevano legato e colpito più volte con un’ascia, ma incredibilmente era sopravvissuto ed era riuscito a fuggire. Lo portammo di corsa in ospedale, dove col tempo si riprese. In seguito Andrew prestò servizio come pioniere regolare”.

      Illustrazione a pagina 143

      (Da sinistra) Laddie Sandy, Andrew Caulker e Philip Turay

      Altri Testimoni si salvarono da morte certa o da maltrattamenti a motivo della loro reputazione di cristiani neutrali. Un fratello racconta: “I ribelli ci ordinarono di indossare bandane bianche e di ballare in mezzo alla strada a sostegno della loro causa. ‘Se rifiutate di farlo vi strappiamo un braccio o una gamba, oppure vi ammazziamo’, ci dissero. Terrorizzati, io e mia moglie uscimmo fuori e pregammo Geova in silenzio. Vedendo la situazione, un nostro vicino di casa, un ragazzo che collaborava con i ribelli, disse al comandante: ‘Questo è un nostro “fratello”. Non si immischia in politica, quindi balleremo noi per lui’. Soddisfatto, il comandante se ne andò, e noi corremmo a rifugiarci in casa”.

      Quando sulla città scese una calma irreale, i fratelli, prendendo tutte le precauzioni, ricominciarono a tenere le adunanze e a predicare. I proclamatori indossavano i distintivi dell’assemblea per essere facilmente identificati ai posti di blocco. Nelle lunghe file che si formavano i fratelli divennero pratici nell’iniziare conversazioni bibliche.

      In città cominciò a scarseggiare tutto, e così la filiale inglese fece arrivare 200 scatole di generi di conforto mediante trasporto aereo. Billie Cowan e Alan Jones volarono da Conakry a Freetown per scortare il carico di viveri che avrebbe dovuto superare una serie di posti di blocco. Il carico arrivò alla Betel appena prima che scattasse il coprifuoco serale. Inoltre James Koroma fece la spola tra Freetown e Conakry, tornando con pubblicazioni e altri beni di prima necessità. Parte di quel cibo spirituale fu poi inviato ad alcuni proclamatori isolati di Bo e Kenema.

      Illustrazione a pagina 145

      Generi di conforto arrivano a Freetown

      Il 9 agosto 1999 i missionari cominciarono a ritornare da Conakry a Freetown. L’anno seguente un contingente dell’esercito britannico spinse i ribelli fuori da Freetown. Per un periodo ci furono ancora sporadici combattimenti, ma nel gennaio del 2002 la guerra terminò ufficialmente. Il bilancio degli 11 anni di conflitto fu di 50.000 morti, 20.000 mutilati, 300.000 abitazioni distrutte e 1.200.000 sfollati.

      Qual era la situazione dell’organizzazione di Geova? Egli l’aveva chiaramente protetta e benedetta. Durante gli anni del conflitto si erano battezzate circa 700 persone. Sebbene centinaia di Testimoni fossero fuggiti dalle zone di guerra, il numero dei proclamatori nella Sierra Leone era cresciuto del 50 per cento, mentre in Guinea c’era stato un aumento del 300 per cento. Cosa ancor più importante, i servitori di Geova avevano mantenuto la loro integrità. Nel “forno fusorio dell’afflizione” si erano attenuti ai princìpi cristiani, dimostrando un’unità e un amore indissolubili, e ‘avevano continuato senza posa a insegnare e a dichiarare la buona notizia’ (Isa. 48:10; Atti 5:42).

  • Da bambino-soldato a pioniere regolare
    Annuario dei Testimoni di Geova del 2014
    • SIERRA LEONE E GUINEA

      Da bambino-soldato a pioniere regolare

      Illustrazione a pagina 147

      AVEVO 16 anni quando i ribelli mi costrinsero a unirmi a loro. Mi imbottivano di stupefacenti e alcol, e infatti spesso combattevo sotto l’effetto di qualche droga. Ho partecipato a molti combattimenti e mi sono macchiato di terribili atrocità, cose di cui mi pento profondamente.

      Un giorno un Testimone di una certa età che era in predicazione si presentò alle nostre camerate. La maggioranza delle persone ci temeva e ci disprezzava, eppure lui era lì con l’obiettivo di aiutarci spiritualmente. Mi invitò a un’adunanza e io accettai. Non ricordo cosa venne detto, ma ho perfettamente chiara nella mente l’amichevole accoglienza che ricevetti.

      Quando il conflitto si intensificò, persi i contatti con i Testimoni. In seguito rimasi gravemente ferito e mi inviarono in una zona controllata dai ribelli dove potermi riprendere. Prima della fine della guerra scappai in una regione sotto il controllo governativo e partecipai a un programma di disarmo e reintegrazione dei combattenti nella società.

      Avevo un bisogno disperato di aiuto spirituale. Frequentavo le riunioni dei pentecostali, i quali però mi chiamavano “Satana”. Mi misi così alla ricerca dei Testimoni di Geova e, dopo averli trovati, cominciai a studiare e a frequentare le adunanze. Quando confessai tutto il male che avevo fatto, i fratelli mi lessero le confortanti parole di Gesù: “I sani non hanno bisogno del medico, ma quelli che stanno male sì. [...] Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori” (Matt. 9:12, 13).

      Quelle parole mi arrivarono dritte al cuore! Consegnai il mio pugnale al fratello con cui studiavo la Bibbia e gli dissi: “Lo tenevo per proteggermi in caso di ritorsioni, ma ora che ho capito che Geova e Gesù mi amano, non voglio più portarlo”.

      I fratelli mi insegnarono a leggere e scrivere. Poi mi battezzai e divenni pioniere regolare. Oggi quando mi capita di predicare a ex commilitoni, spesso mi sento dire che loro mi rispettano per il modo in cui ho ripulito la mia vita. Ho perfino studiato la Bibbia con l’attendente del plotone di cui facevo parte.

      Nel periodo che trascorsi da combattente ebbi tre figli. Dopo aver conosciuto la verità volevo aiutare spiritualmente anche loro. Con mia grande gioia due di loro hanno risposto positivamente: uno dei miei figli è un proclamatore non battezzato mentre il maggiore serve oggi come pioniere ausiliario.

  • 2002-2013 Sviluppi recenti (Parte 1)
    Annuario dei Testimoni di Geova del 2014
    • Illustrazione a pagina 154

      SIERRA LEONE E GUINEA

      2002-2013 Sviluppi recenti (Parte 1)

      “Grazie, Geova!”

      Man mano che la situazione si stabilizzava, i fratelli e le sorelle tornarono a quello che rimaneva delle loro case. Le congregazioni che si erano sciolte durante la guerra ripresero la loro attività, specialmente nella parte orientale della Sierra Leone, dilaniata dalla guerra. I pionieri speciali di una zona raccontarono: “Alla prima adunanza abbiamo avuto 16 presenti, alla seconda 36, alla terza 56 e alla Commemorazione hanno assistito 77 persone. Non riuscivamo a crederci!” Furono formate nove congregazioni, portando il totale a 24. Poi arrivarono altri dieci missionari di Galaad, i quali diedero nuovo slancio all’opera di predicazione. Nel 2004 i presenti alla Commemorazione furono 7.594: più di cinque volte il numero dei proclamatori! Una crescita analoga si registrò anche in Guinea.

      Grafico a pagina 154

      Il Corpo Direttivo mise subito a disposizione aiuti economici per i profughi che tornavano a stabilirsi nel proprio paese (Giac. 2:15, 16). Squadre di soccorso composte da volontari costruirono o ripararono 12 Sale del Regno e una Sala delle Assemblee a Koindu. Edificarono anche 42 piccole abitazioni in mattoni per alloggiare le famiglie la cui casa era stata distrutta. In piedi accanto alla sua nuova casa con il tetto di lamiera ondulata e con lacrime di gioia che le rigavano il volto, una sorella vedova settantenne urlò: “Grazie, Geova! Grazie, Geova! Grazie, fratelli!”

      La filiale cominciò inoltre a costruire Sale del Regno grazie ai fondi destinati ai paesi con risorse limitate. Saidu Juanah, anziano e pioniere della congregazione di Bo Ovest, narra: “Una sorella mi disse: ‘Se vengo a sapere che avremo una nuova Sala del Regno, batterò non solo le mani, ma anche i piedi!’ Quando annunciai che avremmo avuto una sala nuova, la sorella balzò in piedi e si mise ad applaudire e ballare: batté davvero mani e piedi!”

      Nel 2010 la congregazione di Waterloo dedicò una nuova Sala del Regno che può ingrandirsi fino a diventare una Sala delle Assemblee da 800 posti a sedere. Il giorno che la congregazione acquistò il terreno, la proprietaria aveva ricevuto un’offerta più alta da un altro acquirente. Lei però aveva detto: “Preferisco che nel mio terreno sorga un centro per conferenze religiose piuttosto che venga usato per scopi commerciali”.

      Grazie al programma per i paesi con risorse limitate sono state costruite 17 Sale del Regno nella Sierra Leone e 6 in Guinea. Questi luoghi di adorazione semplici ma dignitosi hanno invogliato molte altre persone ad assistere alle adunanze.

      Alla ricerca delle pecore smarrite di Geova

      La predicazione acquistava maggiore impulso e la filiale organizzò una campagna di due mesi per predicare in territori percorsi di rado. I proclamatori distribuirono quasi 15.000 libri ed ebbero molte belle esperienze. Alcune persone chiesero se i testimoni di Geova avrebbero stabilito delle congregazioni in quelle località. Così a suo tempo furono formate due nuove congregazioni. In un villaggio remoto i fratelli trovarono due sorelle sfollate che avevano perso ogni contatto con l’organizzazione durante la guerra. Fu subito stabilito di tenere adunanze regolari e furono iniziati vari studi biblici.

      Nel 2009 la filiale venne a sapere che in Guinea, in un villaggio nel folto della foresta, c’erano alcuni che affermavano di essere testimoni di Geova. La filiale inviò sul posto dei fratelli che scoprirono che un Testimone di una certa età era tornato al suo villaggio dopo essere andato in pensione e che, prima di morire, aveva studiato con alcuni uomini. Uno di questi aveva riposto fede in Geova e aveva cominciato a parlare ad altri di ciò che imparava dalla Bibbia. Aveva anche tenuto delle adunanze servendosi delle pubblicazioni del fratello deceduto. I componenti di quel gruppo avevano adorato Geova per 20 anni prima che un proclamatore si imbattesse in loro. La filiale inviò subito dei fratelli che potessero dare loro aiuto spirituale. Nel 2012, in quel villaggio 172 persone assisterono alla Commemorazione della morte di Cristo.

      Negli ultimi tempi è stato ritrovato un crescente numero di ‘pecore smarrite’, persone che si erano allontanate oppure che erano state espulse dalla congregazione. Molte di loro hanno seguito l’esempio del figlio prodigo, facendo i dovuti cambiamenti e tornando alla verità. Il popolo di Geova li ha accolti a braccia aperte (Luca 15:11-24).

      Musulmani che accettano la verità

      L’apostolo Paolo divenne “ogni cosa a persone di ogni sorta” per diffondere la buona notizia (1 Cor. 9:22, 23). Similmente, molti servitori di Geova della Sierra Leone e della Guinea hanno adattato il loro modo di predicare per arrivare a persone di ogni tipo. Considerate, ad esempio, come alcuni proclamatori ragionano con musulmani tolleranti, tenendo conto che la religione musulmana è la più diffusa in entrambi i paesi.

      Saidu Juanah, che un tempo era musulmano, spiega: “I musulmani credono che prima di essere creato dalla polvere Adamo vivesse in un paradiso celeste. Per trasmettere agli interlocutori l’intendimento esatto, chiedo loro: ‘Da dove viene la polvere?’

      “‘Dalla terra’, rispondono.

      “‘Perciò dove deve essere stato creato Adamo?’, proseguo.

      “‘Sulla terra’, replicano.

      “Per ribadire il punto leggo Genesi 1:27, 28 e domando: ‘Le creature celesti hanno figli?’

      “‘No, gli angeli non hanno sesso’, rispondono loro.

      “‘Dov’erano Adamo ed Eva quando Dio disse loro di avere figli?’, domando.

      “‘Sulla terra’, rispondono.

      “‘Perciò, dove ristabilirà Dio il Paradiso?’, chiedo.

      “‘Qui sulla terra’, replicano”.

      Saidu conclude: “Queste argomentazioni basate sulle Scritture spingono alcuni musulmani a continuare ad ascoltare e ad accettare pubblicazioni bibliche”.

      Momoh, un negoziante musulmano, voleva diventare imam. Quando dei missionari Testimoni ragionarono con lui sulle Scritture, si incuriosì. Assisté ad alcune parti di un’assemblea di circoscrizione e apprezzò le informazioni presentate. Quattro giorni dopo, lui, sua moglie Ramatu e i loro cinque figli assisterono alla Commemorazione della morte di Gesù. Momoh cominciò a studiare la Bibbia con impegno. Dopo che lo studio si era tenuto alcune volte, decise di non vendere più sigarette. Disse ai clienti che le sigarette fanno male alla salute e che Dio le disapprova. Cominciò anche a studiare la Bibbia con la moglie e i figli nel negozio. Se i clienti arrivavano durante lo studio familiare, lui chiedeva loro di sedersi e aspettare, spiegando che lo studio era molto importante per la sua famiglia. Quando lui e Ramatu legalizzarono il loro matrimonio, le loro famiglie iniziarono a opporsi aspramente. Loro, però, non si lasciarono scoraggiare e diedero testimonianza ai parenti, che col tempo hanno mostrato rispetto per la loro ottima condotta. Momoh si è battezzato nel 2008 e Ramatu nel 2011.

      Rispetto per la santità del sangue

      I servitori di Geova sostengono con coraggio le norme morali di Dio, compreso il suo punto di vista sul sangue (Atti 15:29). La loro presa di posizione è rispettata da un numero sempre maggiore di operatori sanitari nella Sierra Leone e in Guinea.

      Illustrazione a pagina 159

      Dei fratelli danno conforto a una sorella in ospedale

      Nel 1978 i fratelli distribuirono l’opuscolo I Testimoni di Geova e il problema del sangue a medici, infermieri, amministratori di ospedali, avvocati e giudici in tutta la Sierra Leone. Poco tempo dopo, una sorella che doveva partorire ebbe un’emorragia interna, ma i medici si rifiutarono di curarla senza sangue. Comunque un medico fu pronto a intervenire perché aveva letto le informazioni chiare e logiche contenute nell’opuscolo Sangue. La sorella diede alla luce un maschietto sano e si riprese del tutto.

      Nel 1991, il dottor Bashiru Koroma, un chirurgo dell’ospedale di Kenema, lesse l’opuscolo Salvare la vita col sangue: In che modo? Colpito dal suo contenuto, cominciò a studiare la Bibbia e a frequentare le adunanze. Quando un bambino Testimone di nove anni ebbe un incidente che gli provocò la rottura della milza, i medici si rifiutarono di operarlo senza sangue e dissero ai genitori: “Portatelo a morire a casa!” I genitori si rivolsero al dottor Koroma che eseguì con successo l’intervento.

      Il dottor Koroma divenne ben presto il fratello Koroma, uno strenuo sostenitore della medicina senza sangue. Altri medici lo emarginarono per questo, ma i pazienti da lui curati si riprendevano bene. In seguito, alcuni colleghi cominciarono a chiedere la sua consulenza in merito a tecniche chirurgiche complesse.

      Fin dal 1994 il Reparto Informazione Sanitaria della filiale di Freetown ha organizzato Comitati di assistenza sanitaria nella Sierra Leone e in Guinea. Questi comitati hanno amorevolmente prestato assistenza a molti pazienti Testimoni; grazie alla loro attività numerosi medici rispettano la nostra posizione sul sangue.

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    Annuario dei Testimoni di Geova del 2014
    • SIERRA LEONE E GUINEA

      2002-2013 Sviluppi recenti (Parte 2)

      Aiuto per i sordi

      Secondo alcune stime nella Sierra Leone ci sarebbero dai 3.000 ai 5.000 sordi, mentre in Guinea ce ne sarebbero alcune centinaia. Visto che Geova “vuole che ogni sorta di uomini siano salvati”, in che modo questi sordi avrebbero “ascoltato” la buona notizia? (1 Tim. 2:4).

      Michelle Washington, una missionaria di Galaad arrivata nella Sierra Leone nel 1998, racconta: “Io e mio marito Kevin fummo assegnati a una congregazione nella quale c’erano quattro sordi che assistevano alle adunanze. Visto che conoscevo la lingua americana dei segni, volevo aiutarli. La filiale mi invitò a fare da interprete per i sordi durante le adunanze e le assemblee, e informò al riguardo anche le congregazioni vicine. Inoltre organizzò classi di lingua dei segni per proclamatori che volessero aiutare i sordi. Così cominciammo a cercare i sordi nel nostro territorio e iniziammo degli studi biblici con loro. Il nostro sforzo mirato non passò inosservato e ricevemmo molte lodi. Non tutti, però, erano contenti. Un pastore che teneva funzioni per sordi ci bollò come ‘falsi profeti’ e mise in guardia sia loro che le famiglie dicendo che avrebbero dovuto evitarci. Ad alcuni fu detto che se ci avessero frequentato non avrebbero più ricevuto aiuti economici dalla chiesa. La comunità dei sordi ben presto si spaccò in due gruppi: coloro che ci evitavano e sostenevano il pastore e coloro che ci frequentavano e non lo sostenevano. Alcuni di questo secondo gruppo si schierarono decisamente dalla parte della verità e progredirono fino al battesimo”.

      Femi, ad esempio, era sordo dalla nascita e comunicava solo mediante gesti elementari. Non si fidava di nessuno, soprattutto degli udenti, e si sentiva infelice e non amato. Poi cominciò a studiare la Bibbia con i fratelli del gruppo di lingua dei segni. Poco dopo iniziò a frequentare tutte le adunanze e a imparare lui stesso la lingua dei segni. Femi fece un bel progresso spirituale che lo portò al battesimo, e oggi è felice di insegnare la verità ad altri sordi.

      Illustrazione a pagina 161

      Femi (il primo da destra) mentre segna un cantico

      Nel luglio 2010 il gruppo di lingua dei segni americana di Freetown è diventato una congregazione; ci sono anche altri gruppi a Bo e a Conakry.

      Poveri eppure “ricchi nella fede”

      La Bibbia rivela che nel I secolo i cristiani erano per lo più poveri. Il discepolo Giacomo scrisse: “Dio ha scelto quelli che sono poveri rispetto al mondo perché siano ricchi nella fede” (Giac. 2:5). La fede in Geova ha portato conforto e speranza anche ai proclamatori della Sierra Leone e della Guinea.

      La fede spinge molte famiglie povere di Testimoni in zone remote a risparmiare per mesi pur di partecipare alle assemblee di distretto. Alcune, per potersi permettere il viaggio, coltivano la terra. Gruppi di 20 o 30 delegati si stipano in furgoncini per affrontare al caldo, su un terreno polveroso e accidentato, un tragitto che può durare anche più di 20 ore. Altri delegati fanno lunghi viaggi a piedi. “I primi 80 chilometri di strada li abbiamo fatti trasportando un grosso carico di banane”, racconta un fratello. “Durante il viaggio abbiamo venduto le banane, così da alleggerire il carico e mettere insieme i soldi necessari per pagarci il viaggio di ritorno in furgone”.

      Illustrazione a pagina 164

      In viaggio su un furgone per l’assemblea di distretto

      La fede ha anche motivato molti proclamatori a resistere alla tentazione di trasferirsi in paesi economicamente più sviluppati. “Abbiamo fiducia che Geova si prenderà cura dei nostri bisogni”, dice Emmanuel Patton, che si è diplomato alla Scuola biblica per fratelli non sposati. “Vivendo in un paese in cui c’è maggior bisogno di proclamatori del Regno, ci rendiamo conto che il nostro servizio è particolarmente prezioso” (Matt. 6:33). Emmanuel oggi è un anziano di congregazione, e insieme a sua moglie Eunice si impegna strenuamente per promuovere gli interessi del Regno. Altri capifamiglia hanno deciso di non trasferirsi per proteggere l’unità e la spiritualità della propria famiglia. “Ho rifiutato dei lavori che mi avrebbero tenuto lontano dalla mia famiglia per lunghi periodi”, dice Timothy Nyuma, che ha servito come pioniere speciale e sostituto sorvegliante di circoscrizione. “Io e mia moglie Florence ci siamo sempre occupati personalmente dei nostri figli, anziché mandarli lontano e lasciarli nelle mani di altri”.

      Altri fratelli e sorelle hanno dimostrato fede perseverando nelle attività cristiane nonostante varie difficoltà. Kevin Washington, menzionato prima, fa notare: “Molti proclamatori predicano regolarmente e assolvono le loro responsabilità in congregazione anche se affrontano problemi che potrebbero motivarli a rimanere a casa a rimuginare sulla propria situazione. Alcuni, per esempio, hanno malattie croniche e non hanno accesso alle cure mediche né ai medicinali facilmente disponibili in altre zone. Altri invece fanno grandi sforzi per imparare a leggere e scrivere. Se qualche volta penso di fare una critica al modo in cui un fratello svolge una parte, mi chiedo: ‘Se lavorassi a tempo pieno, avessi gravi problemi di salute, non ci vedessi bene e non avessi gli occhiali, avessi una biblioteca teocratica molto limitata e fossi senza elettricità, saprei fare meglio?’”

      Illustrazione a tutta pagina alle pagine 166 e 167

      In questi e in molti altri modi i proclamatori della Sierra Leone e della Guinea danno gloria a Geova. Proprio come i loro fratelli cristiani del I secolo, ‘si raccomandano come ministri di Dio, in molta perseveranza, in tribolazioni, in casi di bisogno, [...] come poveri ma rendendo ricchi molti, come non avendo nulla eppure possedendo ogni cosa’ (2 Cor. 6:4, 10).

      Affrontare il futuro con fiducia

      Più di 90 anni fa Alfred Joseph e Leonard Blackman avevano notato che la Sierra Leone era un campo ‘bianco da mietere’ (Giov. 4:35). Circa 35 anni più tardi Manuel Diogo aveva scritto dalla Guinea: “Qui ci sono molte persone interessate al messaggio”. Oggi i servitori di Geova in entrambi i paesi sono convinti che molte altre persone risponderanno positivamente alla buona notizia.

      Nel 2012 i presenti alla Commemorazione in Guinea sono stati 3.479, più di quattro volte e mezzo il numero totale dei proclamatori. Nella Sierra Leone i 2.030 Testimoni hanno avuto un totale di presenti pari quasi al loro quadruplo: 7.854. Tra i presenti alla celebrazione c’era anche Winifred Remmie, una pioniera speciale 93enne. Arrivò nella Sierra Leone con il marito, Lichfield, nel 1963. Dopo 60 anni di servizio a tempo pieno era ancora pioniera speciale. Winifred ha esclamato: “Chi si sarebbe sognato che la Sierra Leone sarebbe stata così ricca di fratelli e sorelle spiritualmente forti! Anche se ormai sono vecchia, voglio ancora dare il mio contributo a questa crescita”.a

      I testimoni di Geova della Sierra Leone e della Guinea provano i suoi stessi sentimenti. Come imponenti alberi su un terreno ben irrigato, sono decisi a continuare a portare frutto alla lode di Geova (Sal. 1:3). Grazie alla forza che viene da lui continueranno a proclamare la vera speranza di libertà per tutta l’umanità: “la gloriosa libertà dei figli di Dio” (Rom. 8:21).

      Illustrazione a pagina 163

      Comitato di Filiale (da sinistra): Collin Attick, Alfred Gunn, Tamba Josiah e Delroy Williamson

      a Winifred Remmie è deceduta mentre era in corso la stesura di questo testo.

  • Geova mi ha sollevato
    Annuario dei Testimoni di Geova del 2014
    • SIERRA LEONE E GUINEA

      Geova mi ha sollevato

      Jay Campbell

      • NATA 1966

      • BATTEZZATA 1986

      • PROFILO Poliomielitica che è diventata pioniera regolare.

      Illustrazione a pagina 128

      FIN da bambina sono paralizzata dalla vita in giù e sono cresciuta a Freetown in un compound (un complesso di abitazioni tipico dell’Africa) con mia madre e altre famiglie molto povere. All’età di 18 anni ero uscita solo una volta fuori del compound perché mi vergognavo e avevo timore di come gli altri mi avrebbero considerato.

      Quando avevo 18 anni, Pauline Landis, una missionaria Testimone, venne da noi e si offrì di studiare la Bibbia con me. Le risposi che ero analfabeta e lei mi disse che mi avrebbe insegnato a leggere e scrivere, così accettai.

      Ciò che imparavo dalla Bibbia mi riempiva di gioia. Un giorno chiesi a Pauline se potevo assistere a un’adunanza che si teneva in un’abitazione a un isolato da casa mia. “Mi sposterò fin là sui miei blocchetti di legno”, dissi.

      Quando Pauline venne a prendermi, mia madre e i miei vicini mi osservavano preoccupati. Aggrappata ai miei blocchetti di legno, mi protendevo in avanti e li appoggiavo a terra davanti a me. Poi sollevavo il corpo e passavo oltre i blocchetti di legno. Mentre avanzavo nel cortile i vicini urlarono a Pauline: “La stai obbligando. Ha già provato a camminare altre volte ma non ce l’ha fatta”.

      “Jay, vuoi venire?”, mi chiese gentilmente Pauline.

      “Sì!”, risposi. “È stata una mia scelta”.

      I vicini guardavano in silenzio mentre mi avvicinavo al cancello. Appena uscii dal compound, tutti fecero un grido di gioia e applaudirono.

      Quell’adunanza fu meravigliosa! In seguito decisi che sarei andata alla Sala del Regno, il che avrebbe significato “camminare” sino in fondo alla strada, prendere un taxi e poi essere sollevata da fratelli che mi avrebbero portato su per una collina ripida. Spesso arrivavo bagnata e sporca di fango e dovevo cambiarmi i vestiti in sala. Tempo dopo una sorella dalla Svizzera mi inviò una sedia a rotelle che mi permetteva di spostarmi in maniera dignitosa.

      Leggere le esperienze di altri Testimoni disabili mi spinse a fare di più nel servizio di Geova. Nel 1988 diventai pioniera regolare. Pregavo Geova di sostenermi nel raggiungere la mia meta, quella di aiutare qualcuno della mia famiglia e qualcuno nel territorio a diventare un suo servitore. Le mie preghiere furono esaudite: ho contribuito ad aiutare due miei nipoti e una donna incontrata durante la testimonianza stradale a conoscere la verità.

      Oggi le mie braccia non hanno più la stessa forza di una volta, e devo dipendere dagli altri per i miei spostamenti sulla sedia a rotelle. Soffro anche di dolori cronici. Ho riscontrato però che un buon rimedio contro il dolore è quello di far conoscere Geova al prossimo: la gioia che provo facendo questo allevia la mia sofferenza e mi conforta perché Geova mi ha sollevato e oggi la mia vita ha davvero un senso.

  • Siamo sfuggiti ai ribelli
    Annuario dei Testimoni di Geova del 2014
    • SIERRA LEONE E GUINEA

      Siamo sfuggiti ai ribelli

      Andrew Baun

      • NATO 1961

      • BATTEZZATO 1988

      • PROFILO Quando nel 1991 scoppiò la guerra era pioniere regolare a Pendembu, nella provincia Orientale della Sierra Leone.

      Illustrazione a pagina 148

      UN POMERIGGIO i ribelli entrarono nella nostra città, sparando colpi in aria per circa due ore. Alcuni di loro erano adolescenti e a malapena riuscivano a portare le armi. Erano sporchi, con i capelli arruffati e sembravano sotto l’effetto di droghe.

      L’indomani cominciò la mattanza. Mutilazioni selvagge, donne stuprate ed esecuzioni indiscriminate: la città era nel caos. Il fratello Amara Babawo, la sua famiglia e quattro persone interessate vennero a rifugiarsi in casa mia. Eravamo terrorizzati.

      Ben presto un comandante dei ribelli venne da noi e ci ordinò di presentarci la mattina seguente per l’addestramento militare. Noi eravamo determinati a mantenerci neutrali anche a rischio della vita. Pregammo per quasi tutta la notte. Al mattino ci svegliammo presto e considerammo la scrittura del giorno in attesa dei ribelli, ma non venne nessuno.

      “Fate la scrittura del giorno. . . quindi siete testimoni di Geova”

      Successivamente un ufficiale dei ribelli e quattro suoi uomini mi requisirono la casa. Ci dissero che potevamo rimanere, così continuammo a tenere le adunanze e a fare la considerazione della scrittura del giorno. Alcuni combattenti ci dissero: “Fate la scrittura del giorno. . . quindi siete testimoni di Geova”. Non erano interessati alla Bibbia ma ci rispettavano.

      Un giorno un ufficiale superiore venne per un’ispezione alle truppe che erano alloggiate da noi. Fece un saluto al fratello Babawo e gli strinse la mano; poi, rivolgendosi ai soldati tuonò: “Quest’uomo è il mio capo e anche il vostro. Se qualcuno torce un capello a lui o agli altri che sono con lui saranno guai. Sono stato chiaro?” I soldati risposero: “Sissignore!” Quel comandante ci consegnò poi una lettera che ordinava al Fronte unito rivoluzionario di non farci del male perché eravamo cittadini pacifici.

      Mesi dopo, alcune fazioni di ribelli presero a combattersi l’una con l’altra e così fuggimmo nella vicina Liberia, dove fummo minacciati da un altro gruppo di ribelli. “Siamo testimoni di Geova”, dicemmo. “Allora cosa dice Giovanni 3:16?”, chiese un soldato. Gli recitammo il versetto e ci lasciò andare.

      In seguito ci imbattemmo in un altro comandante dei ribelli che ordinò a me e al fratello Babawo di accompagnarlo. Temevamo di non uscirne vivi; invece l’uomo ci disse che prima della guerra aveva studiato con i Testimoni. Ci diede dei soldi e prese una lettera da noi che consegnò ai fratelli di una congregazione nelle vicinanze. Di lì a poco arrivarono due fratelli con dei viveri e ci portarono in salvo.

  • “Quello della Watchtower”
    Annuario dei Testimoni di Geova del 2014
    • SIERRA LEONE E GUINEA

      “Quello della Watchtower”

      James Koroma

      • NATO 1966

      • BATTEZZATO 1990

      • PROFILO Corriere durante la guerra civile.

      Illustrazione a pagina 150

      NEL 1997, mentre le truppe governative e quelle dei ribelli combattevano a Freetown, mi offrii come volontario per recapitare la corrispondenza da Freetown alla filiale provvisoria di Conakry, in Guinea.

      All’autostazione di Freetown salii a bordo di un autobus con altri passeggeri. Gli echi degli spari ci facevano gelare il sangue. Mentre percorrevamo le strade della città, sentimmo sparare intorno a noi raffiche di armi da fuoco. L’autista fece marcia indietro e seguì un altro percorso. Poco dopo fummo fermati da un gruppo di ribelli armati che ci ordinarono di scendere. Dopo averci interrogato, ci lasciarono passare. Successivamente anche un altro gruppo di combattenti ci fermò. Siccome uno dei passeggeri conosceva il loro comandante, anche loro ci lasciarono andare. Quando stavamo per uscire dalla città incontrammo un terzo gruppo di ribelli che ci interrogarono ma poi ci ordinarono di proseguire. Mentre ci dirigevamo verso nord passammo molti altri posti di blocco finché in serata il nostro polveroso autobus arrivò a Conakry.

      Nei viaggi successivi portai scatole di pubblicazioni, articoli di cancelleria, documenti della filiale e generi di conforto. Di solito viaggiavo in macchina o in minibus, ma a volte mi servivo anche di facchini o di canoe per trasportare le pubblicazioni nella foresta pluviale e per attraversare i fiumi.

      Una volta stavo portando delle attrezzature da Freetown a Conakry quando il minibus fu fermato alla frontiera dai ribelli. Uno di loro volle ispezionare i miei bagagli e cominciò a interrogarmi con fare sospettoso. Proprio in quel momento vidi un mio ex compagno di scuola tra i ribelli. I commilitoni lo chiamavano “il cattivo”, e dava l’impressione di essere il più spietato del gruppo. Dissi all’uomo che mi stava interrogando che ero venuto per parlare con “il cattivo”, e così lo chiamai. Lui mi riconobbe subito e corse verso di me: ci abbracciamo e ridemmo. Poi diventò serio.

      “Sei in difficoltà?”, mi chiese.

      “Sto cercando di entrare in Guinea”, risposi.

      Ordinò prontamente agli uomini armati di permettere che il nostro minibus superasse il posto di blocco senza essere perquisito.

      Da quel giorno, quando mi fermavo a quel posto di blocco, “il cattivo” ordinava agli altri di lasciarmi passare. Davo ai combattenti copie delle nostre riviste, cosa che loro gradivano. Ben presto divenni conosciuto come “quello della Watchtower”.

  • Qualcosa di meglio dei diamanti
    Annuario dei Testimoni di Geova del 2014
    • SIERRA LEONE E GUINEA

      Qualcosa di meglio dei diamanti

      Tamba Josiah

      • NATO 1948

      • BATTEZZATO 1972

      • PROFILO Prima di conoscere la verità lavorava nelle miniere di diamanti. Oggi è membro del Comitato di Filiale della Sierra Leone.

      Illustrazione a pagina 152

      NEL 1970 lavoravo per una società mineraria britannica nella ricca zona diamantifera di Tongo Fields, a nord di Kenema. Anche nel tempo libero mi dedicavo alla ricerca dei diamanti. Quando trovavo delle pietre preziose mi mettevo qualcosa di elegante e andavo a Kenema per venderle e divertirmi un po’.

      Nel 1972 incontrai i testimoni di Geova e cominciai a studiare la Bibbia. Cinque mesi più tardi ero pronto per il battesimo. Visto che non avevo più giorni di vacanza, chiesi a un collega di fare il mio turno per poter assistere all’assemblea di distretto e battezzarmi. Lui acconsentì ma in cambio mi chiese il salario di una settimana. Il battesimo significava per me molto di più del denaro, così accettai la sua proposta. Quando tornai dall’assemblea, il collega mi disse di tenermi il salario perché servire Dio era la cosa giusta da fare. Sei mesi dopo lasciai il mio lavoro ben retribuito per ‘accumulare tesori in cielo’ intraprendendo il servizio di pioniere speciale (Matt. 6:19, 20).

      Per 18 anni ho prestato servizio come pioniere speciale e sorvegliante di circoscrizione in varie parti del paese. Ho sposato Christiana, una donna leale e sempre pronta a sostenermi, e siamo stati benedetti con una figlia, Lynette.

      Un tempo sognavo di trovare diamanti letterali ma poi ho trovato qualcosa di molto più prezioso: le ricchezze spirituali

      Durante la guerra civile nella Sierra Leone io e Christiana abbiamo fatto i pionieri a Bo, città che si trova in un’altra importante zona diamantifera. Lì abbiamo trovato molti “diamanti” spirituali: veri discepoli cristiani. Nel giro di quattro anni la nostra congregazione registrò un aumento di oltre il 60 per cento. Oggi a Bo ci sono tre fiorenti congregazioni.

      Nel 2002 sono stato invitato a far parte del Comitato di Filiale della Sierra Leone. Io e Christiana abitiamo vicino alla Betel, dove io mi reco tutti i giorni a lavorare mentre Christiana è pioniera speciale. Lynette presta servizio alla Betel nel team di traduzione in lingua krio.

      Un tempo sognavo di trovare diamanti letterali ma poi ho trovato qualcosa di molto più prezioso: le ricchezze spirituali. Ho trovato anche 18 “diamanti” spirituali, o discepoli cristiani. Geova mi ha davvero benedetto più che abbondantemente.

  • Determinati a servire Geova
    Annuario dei Testimoni di Geova del 2014
    • SIERRA LEONE E GUINEA

      Determinati a servire Geova

      Philip Tengbeh

      • NATO 1966

      • BATTEZZATO 1997

      • PROFILO Un rifugiato che ha collaborato alla costruzione di cinque Sale del Regno.

      Illustrazione a pagina 168

      NEL 1991, io e mia moglie Satta fummo costretti a fuggire da Koindu, la nostra città, quando si riempì di ribelli. Negli otto anni che seguirono vivemmo in diversi campi profughi, in cui dovemmo sopportare la carenza di cibo, le malattie e lo stile di vita immorale degli altri rifugiati.

      In ogni campo chiedevamo alle autorità un po’ di spazio per costruire una Sala del Regno; a volte la nostra richiesta veniva accolta e a volte no. Facevamo comunque sempre in modo di avere un luogo per l’adorazione. Eravamo determinati a servire Geova e alla fine siamo riusciti a costruire quattro Sale del Regno all’interno dei campi.

      Quando finì la guerra non potemmo ritornare a casa: gli anni del conflitto avevano trasformato Koindu in una terra desolata. Così ci mandarono in un altro campo nei pressi di Bo, e lì, grazie ai fondi messi a disposizione dalla filiale, costruimmo la nostra quinta Sala del Regno.

  • Innamorata della Sierra Leone
    Annuario dei Testimoni di Geova del 2014
    • SIERRA LEONE E GUINEA

      Innamorata della Sierra Leone

      Cindy McIntire

      • NATA 1960

      • BATTEZZATA 1974

      • PROFILO Missionaria dal 1992. Ha servito in Guinea e in Senegal e attualmente serve nella Sierra Leone.

      Illustrazione a pagina 169

      QUANDO sono arrivata per la prima volta, mi sono bastate due settimane per innamorarmi della Sierra Leone. Mi meravigliai nel vedere la grazia con cui la gente trasportava carichi pesanti sulla testa. I quartieri erano pieni di vita. I bambini ballavano e giocavano per strada, e battevano mani e piedi a ritmi trascinanti. Dovunque c’era movimento, musica e colori.

      La cosa che più mi piace qui è la predicazione. Per i sierraleonesi accogliere i forestieri è una questione importante. Hanno rispetto per la Bibbia e ascoltano il messaggio. Spesso mi invitano a entrare in casa e quando me ne vado alcuni mi accompagnano per un tratto di strada. Tutta questa gentilezza mi aiuta ad affrontare meglio alcuni piccoli disagi, come la carenza d’acqua e i black-out.

      Siccome sono single, a volte capita che mi chiedano se mi sento sola. Beh, in effetti ho così tanto da fare che non ho il tempo per sentirmi sola: la mia è una vita piena di significato.

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